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XXXIII Convegno Internazionale di Americanistica

 

Perugia, 2-9 maggio
Roma, 10 maggio
Salerno, 11-13 maggio
Padova, 12 maggio 2011

 

 

Il Centro studi americanistici, ultratrentennale associazione di Perugia, realizza quest’anno il 
XXXIII convegno internazionale di americanistica. Intervistiamo la dott. Claudia Avitabile, 
vice-presidente dell’evento. 
 
Cara Claudia, ci puoi dire di quali tematiche tratterà il convegno?

Il XXXIII Convegno Internazionale sarà il luogo in cui circa 250 studiosi di tutte le discipline americanistiche e provenienti da numerosi Paesi europei e americani si riuniranno per confrontarsi, fare il punto, lavorare insieme sulle realtà in trasformazione che partono dalle Americhe ma coinvolgono tutto il mondo. Il Convegno si articolerà in 22 sessioni, che spazieranno tra molteplici argomenti, toccando tematiche storiche, antropologiche, archeologiche, artistiche, etnomusicali, letterarie, politiche e sociali, relative alla globalizzazione, di grande interesse non solo per gli esperti in materia, ma per tutti coloro che, nella costruzione di una società sempre più multiculturale, vogliono procedere ad una conoscenza della diversità rappresentata dall’“Altro”.

 
Perché oggi è importante l’Americanistica?

In un mondo in cui il locale è spesso soppiantato dal globale, ce lo chiediamo spesso anche noi. Però gli oltre trenta anni di Convegni Internazionali realizzati ci hanno fatto capire che l’obiettivo originario, intuito in quel maggio 1977 e poi sempre più razionalizzato, di offrirci ed offrire strumenti per una formazione antropologica come contributo alla costruzione di un mondo più dignitoso per ogni suo abitante, era ed è importante. In questa prospettiva di fondo, le culture delle Americhe sono un laboratorio, un paradigma dell’incontro, della diversità e spesso dell’ingiustizia sociale, della multiculturalità, dei conflitti; ogni Paese delle Americhe, dal Nord al Sud, senza dimenticare la storia della “conquista”, racconta ogni giorno mille incontri fra diversi.

 

Ma come realizzate questo obiettivo? Con quali attività? 
Solo tra studiosi (e di fronte al pubblico) durante il convegno annuale?

Assolutamente no. Nella vocazione del Centro Studi, che oggi è una onlus, c’è l’accessibilità libera e gratuita delle conoscenze nel campo americanistico alla popolazione interessata, garantita dal lavoro volontario dei soci. Attraverso i volontari, infatti, le attività che realizziamo sono molteplici; oltre all’aspetto convegnistico, c’è l’attività editoriale (che vede la realizzazione di “Thule. Rivista italiana di americanistica”, della quale è in stampa un numero doppio sui diritti dei popoli, e gli Atti del Convegno, interni alla Collana “Quaderni di Thule”); la gestione del patrimonio documentario, comprensivo di una biblioteca di Americanistica, che fa parte delle biblioteche pubbliche della città di Perugia, una collezione etnografica che comprende circa 2000 pezzi e un centro documentazione audio e video. Svolgiamo poi progetti internazionali sia di ricerca – con il Messico e con la Colombia – che di cooperazione allo sviluppo – in particolare con l’Argentina, il Cile, il Perù ed il Messico. Infine, abbiamo deciso di sostenere a distanza alcuni bambini dello Yucatan e appoggiare alcune comunità del Chiapas attraverso un progetto equo-solidale.

 
Quindi accanto all’impegno scientifico c’è anche quello sociale?
 

Certo che sì. Entrambi sono imprescindibili per noi. E l’abbiamo voluto evidenziare anche nel Convegno, che aprirà con la Tavola rotonda “Diritti indigeni: una discussione transnazionale” che, grazie all’impegno umano e professionale della coordinatrice, prof. Maria de Lourdes Beldi de Alcântara vedrà la partecipazione di Pedro García Hierro, dell’International Working Group for Indigenous Affairs, Danimarca, e di João Pacheco de Oliveira Filho (Museu Nacional, UFRJ, Brasil). Gli argomenti della Tavola rotonda toccheranno le autonomie indigene, i processi di democratizzazione in America Latina, i diritti violati delle donne in Messico, la libera determinazione dei popoli originari, l’interculturalità nel costituzionalismo, l’educazione differenziata, il pluralismo giuridico. Tutte tematiche, dunque, urgentemente attuali e che, dalle Americhe, spaziano ad ogni angolo del mondo. Anche nella scelta del logo abbiamo voluto tener presenti le tematiche dell'accesso alle risorse, della sostenibilità globale e dell'inquinamento che si incrociano con ambiti culturali quali il ripensare la crescita ovvero decolonizzare il pensiero e concepire in termini di minimo impatto l'azione umana, quindi il petroglifo sintetizza l'idea dell'uomo quale animale in relazione paritaria con gli altri animali. Generalmente questo tipo rappresentazioni "preistoriche" ritraggono l'uomo nella veste di cacciatore o sciamano. In questa invece l'uomo non ha una prevalenza sugli altri e non compie azioni su di loro. Addirittura è il serpente che occupa uno spazio di maggiore rilevanza. Questo Eden non gerarchizzato l’abbiamo voluta vedere come l’immagine simbolo del rispetto ambientale, nel quale trova spazio anche il diritto dei popoli, il diritto consuetudinario che precede le norme di proprietà ed espropriazione.

 


Per ulteriori informazioni:

Centro Studi Americanistici “Circolo Amerindiano” Onlus
Via Guardabassi n. 10 - 06123 Perugia, ITALIA
Tel./fax (+39) 0755720716
http://www.amerindiano.org         E mail: convegno@amerindiano.org

 


Comunicato stampa conclusivo

Missione di cooperazione allo sviluppo con il villaggio di Paso del Bote, Veracruz, Messico

15 dicembre 2010  - 1 gennaio 2011

 

Domani, 8 gennaio 2011, nel villaggio messicano di Paso del Bote, inizieranno i corsi di musica e danza tradizionale, il Son Veracruzano.

Nella piccola comunità di contadini e allevatori da anni nessuno sa più suonare e quindi non si danza nemmeno più. C’era una famiglia, fino a trent’anni fa, in cui lo zio sapeva suonare l’arpa e l’aveva insegnato al nipote. Ma dopo di loro si è spenta la musica, almeno quella tradizionale, dal vivo.

La Chiesa valdese, con i fondi dell’8 per mille, ha deciso quest’anno di credere nella speranza di riportare le note e le coreografie nel villaggio, attraverso la mediazione del Centro Studi Americanistici “Circolo Amerindiano” onlus, che da anni frequenta il villaggio per interessi archeologici e antropologici.

È stato quindi contattato – e poi contrattato – un maestro di danza e musica, in particolare degli strumenti tipici del Son veracruzano, una piccola chitarra detta Jarana e altre tipologie di chitarre a quattro ed a cinque corde, che vengono accompagnate dal violino, dall’arpa e dalla voce di uno dei musicisti.

Questo genere musicale è conosciuto anche in Italia grazie al successo che, qualche anno fa, fece “La bamba”, nella versione di Ritchie Valens e poi dei Los Lobos per il film sulla vita dello stesso Valens. È quindi, a livello di sonorità, molto piacevole e armonico anche oltre i confini regionali. Il balletto, che non ha avuto la stessa fortuna mediatica della canzone, è comunque riproposto grazie ad alcuni gruppi folklorici, ma all’interno dei confini nazionali.

Nella missione di lavoro appena conclusasi sono state fissate le date e le scadenze dei corsi, che si propongono di formare un gruppo musicale che poi possa proporre la propria arte nei vari villaggi e nelle città della zona, ed è quindi stato firmato il contratto con il musicista insegnante. L’orgoglio dei suoi occhi nel momento di apporre la firma è stata una delle grandi soddisfazioni di questa cooperazione. La sua felicità nel poter insegnare la sua amata musica tradizionale grazie all’interessamento di un centro studi italiano che crede nelle potenzialità di quella gente ci ha confermato nella nostra progettazione.

Anche gli adolescenti ed i ragazzi del villaggio, che avevano chiesto di aiutarli a realizzare questa attività, sono stati entusiasti di vederla concretizzare e di potervi partecipare.

Il Veracruz nell’ottobre 2010 è stato colpito da inondazioni e straripamenti dovuti a piogge torrenziali. Molte migliaia di persone sono state evacuate. I danni sono stati ingenti e sembra che il numero definitivo dei morti non tenga conto di tanti mini-villaggi che sarebbero stati interamente spazzati via. Anche a Paso del Bote l’acqua è arrivata; non ha ucciso, ma ha bruciato il foraggio e le piantagioni. Ora è difficile riprendere.

Questi corsi e la musica non nutriranno le persone né gli animali da allevamento da cui queste ricavano un certo sostentamento; ma per l’emergenza ci sono fondi nazionali e internazionali ed aiuti che stiamo cercando di far arrivare.

Attraverso la creazione di un gruppo di musicisti e ballerini speriamo, in tempi medio lunghi, di invogliare i ragazzi del villaggio a non emigrare illegalmente negli Stati Uniti, ma a rimanere nella loro terra ed a cantarne le bellezze.

 

Ufficio stampa

Claudia Avitabile

 

 

 

 

 

info@siporcuba.it

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