AVVENIMENTI
Fidel
Di Graciela Ramírez*
Dall'estate del 94, ho il privilegio di condividere la vita e la
resistenza del popolo cubano. Sono stati anni molto difficili per
questa piccola isola, dove si è messo quasi tutto a prova.
Dalla capacità del governo rivoluzionario per fronteggiare la
situazione che gli è caduta addosso, con la forza di un uragano,
fino a quella del padre di famiglia che doveva dare il bicchiere di
latte al bambino che avesse meno di 8 anni. Semplicemente non c’è
n’era per i maggiori di quell'età. L'abbondanza cubana degli anni
80, si trasformerebbe nella peggiore scarsità della sua storia negli
anni 90.
Bisogna affrontare il “Periodo Speciale” disse Fidel. Lui sapeva
bene perché lo diceva. Sparendo l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti
aumentarono il loro criminale blocco con un solo obbiettivo:
distruggere la Cuba Socialista assediandola a forza di fame e
malattie.
Nella guerra sotterrata e più sporca del secolo anteriore e di
quello che stiamo vivendo, gli USA decretano le leggi
extraterritoriali Torrecelli e Helms-Burton. Leggi fasciste che
proibiscono e sanzionano le imprese di qualunque parte del mondo che
cerchino di commercializzare prodotti i cui componenti siano cubani.
Nei loro paragrafi dice una di loro: una barca che attracchi in un
porto di Cuba non potrà farlo in nessun porto della Costa degli USA
fino a che non passino 6 mesi. A Cuba è ostacolato l'accesso a
crediti di organismi internazionali. Nel suo commercio esterno non
possono realizzarsi transazioni in dollari. Fondi cubani rimangono
confiscati negli USA ed alcuni sono dati ad organizzazioni
criminali.
I mezzi di comunicazione nel mondo contano i giorni per la caduta
dell’ “unico paese comunista dell'America Latina”, fiumi di
inchiostro squalificano gli enormi risultati sociali raggiunti dalla
Rivoluzione Cubana.
La mancanza di petrolio obbliga allo stato a razionalizzare al
massimo le sue risorse. Nei campi torna ad arare con i buoi.
Fabbriche e zuccherifici si vedono obbligati a paralizzare i loro
compiti. Il trasporto urbano rimane ridotto al minimo. La stampa
riduce la tirata dei suoi giornali, quelli che erano giornalieri
passano ad essere settimanali. La scarsità è quasi assoluta, non c'è
carta, manca sapone, non ci sono medicine, mancano alimenti ed i
blackout durano più di 8 ore giornaliere.
La controrivoluzione lavora senza riposo attraverso l'Ufficio di
Interessi degli USA a L'Avana. Durante l'anno 95 e 96 aeroplani
provenienti dagli USA sorvolano la capitale del paese, lanciano
volantini, pesticidi e realizzano ogni tipo di provocazioni durante
26 occasioni.
A metà del 97 esplodono 10 bombe in hotel e posti turistici de
L'Avana, provocando la morte del giovane italiano Fabio di Celmo. La
Legge di Accomodamento Cubano fomenta il traffico illegale di
persone provocando la morte di migliaia di cubani. In settembre del
1998 sono arrestati dall’FBI Cinque giovani cubani che cercavano di
avvisare Cuba sui piani terroristici di organizzazioni criminali con
sede a Miami. Nell'anno 2000 si produce il sequestro del bambino
Elián González.
Dal 2001 fino alla data il governo nordamericano non ha cessato le
sue minacce. Cuba è compresa nella lista dei paesi “terroristi”.
Durante il 2002 e il 2003 si fomenta il sequestro di imbarcazioni
marittime, aerei e mezzi terrestri. “Prima Iraq, dopo Cuba” dicono i
cartelli per strada di Miami, in chiara allusione ad un'invasione
militare.
Il presupposto assegnato dal governo nordamericano ai gruppi
mercenari che rispondono ai suoi interessi si quintuplica. Nel 2004
e nel 2005, Colin Powell, ex segretario di Stato, crea il “Comitato
di Assistenza per una Cuba Libera”. I piani di restaurazione
capitalista, nascosti dietro la parola “transizione” si ripetono un
ed un'altra volta fino alla stanchezza.
Nel decorso del 2006 l'Ufficio di Interessi degli USA in Cuba non ha
cessato di esercitare provocazioni con l'obiettivo di mandare
all'aria gli accordi migratori e provocare un confronto col governo
cubano.
Oltre alle persecuzioni e alle enormi privazioni che ha vissuto
questo popolo durante tutti questi anni, non si chiuse mai una
scuola né un ospedale: “se non ci sono quaderni scriveremo su carta
da pacco” diceva Fidel. Nessun bambino ha dormito per strada e
nessuno è morto per malnutrizione. Nessuna madre o anziano rimase
abbandonato. Né un solo bambino è rimasto senza le sue modeste
scarpe, senza la sua aula, senza il suo maestro e senza il suo cibo
giornaliero garantito.
Mai, in tutti questi anni si bruciò una bandiera nordamericana o si
gettò una pietra negli uffici che rappresentano gli interessi degli
USA a Cuba. Al contrario, c’è un intero monte di bandiere.
In mezzo a questa guerra non dichiarata però che si esercita
quotidianamente da 47 anni, dove la CIA ed ogni governo di turno ha
tentato più di 600 volte l'assassinio di Fidel, mi sono chiesta
molte volte come è stato possibile andare avanti, resistere e
vincere. Scrivo la parola “vincere” nella sua espressione più
profonda, perché ogni giorno di esistenza di questa Rivoluzione
Cubana è un giorno di sconfitta per l'imperialismo che a ferro e
fuoco e da tutti i posti possibili ha cercato di farla sparire.
Questo paese colto, laborioso ed allegro, il cui esempio di
solidarietà internazionale è ineguagliabile, questo paese che
celebra l'alfabetizzazione dei più poveri della nostra America, il
paese che restituisce la vista agli umili e porta le mani
risanatrici dei suoi medici a risanare le ferite in qualunque parte
della terra, ha vinto eroicamente in una battaglia completamente
sbilanciata.
Ha potuto farlo, non solo per il suo alto livello di coscienza, il
suo amore alla Patria, la sua educazione e la sua cultura. Cuba ha
vinto perché il Fidel che assicurava: “adesso sì, vinceremo” dopo lo
sbarco del Granma, quando solo rimanevano 7 uomini con 12 fucili
circondati da 10.000 soldati di Batista, è lo stesso Fidel del
Moncada, quello della Sierra Maestra, quello della Crisi di Ottobre.
Quello che sopportò le lacrime per il crimine delle Barbados e fino
ad oggi sogna che conversa col Che.
È lo stesso Fidel che dice oggi all'impero, vestito di verde oliva
con la sua bandiera cubana nella mano “non potranno sconfiggerci
mai”. La chiave di questa resistenza che non ha paragone nella
storia di lotta dei nostri popoli è Fidel.
Se questa piccola isola ha potuto vincere tante avversità, far
fruttare la sua economia, ristabilire il valore della sua moneta,
tornare ad aprire le sue fabbriche e i suoi zuccherifici,
realizzare, in mezzo a questa guerra, piani di sviluppo impossibili
per il resto dell'America Latina, se questa isola assediata, ha
potuto alzarsi come l'araba fenice come un esempio e per lo stupore
dei suoi nemici, la chiave è Fidel.
Lo stesso Fidel al quale si posarono sulla spalla le colombe, quando
entrò col suo esercito ribelle trionfante a L'Avana. L'uomo più
ricco della terra che non possiede un centesimo nel suo conto in
banca, perché tutto, assolutamente tutto l'ha dato al suo popolo e
all'umanità.
Fidel è l'onestà, la verità, la fermezza, l'orgoglio, la prodezza,
la nobiltà, l'umiltà e la fiducia nel futuro dell'umanità. Fidel è
la staccionata morale della nostra storia e la certezza della
vittoria.
Come Martí, come il Che, Fidel è dentro l'anima di ogni cubano, di
ogni latinoamericano. Non c'è impero che possa vincere né piegare
mai la dignità umana. Questo è per il mio Fidel, la più alta
espressione della coscienza e la dignità dell'uomo.
*L’autrice è una giornalista argentina, corresponsabile a Cuba di
Resumen Latinoamericano ed è la Coordinatrice del Comitato
Internazionale Giustizia e Libertà ai Cinque, e la traduttrice Ida
Garberi è orgogliosa di farne parte, VOLVERAN!
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