LATINOAMERICA
IL POPOLO DEL
SUD SPINTA PROPULSIVA PER OGNI RINNOVAMENTO |
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Il popolo del Sud
spinta propulsiva per ogni rinnovamento
michele capuano
La lezione che viene
dal Venezuela, le trasformazioni in atto in Brasile o in Ecuador, la
Resistenza in Colombia e la difesa del socialismo a Cuba (contro il
terrorismo e un pluridecennale blocco economico) sono di grande valore
storico e non ragionarle è limitare le possibilità stesse di edificare
società alternative per tutti e tutte coloro (organizzati o meno) che
intendono seriamente mutare lo stato di cose presente: il riscatto dei
popoli passa essenzialmente attraverso la valorizzazione del “Popolo del
Sud”. In Venezuela, ad esempio, non si è ripetuto, per ora, quanto
accadde a Jacobo Arbenz nel 1954 in Guatemala e nello stesso anno a
Getulio Vargas in Brasile e l’anno dopo a Juan Domingo Peron in
Argentina e nel 1973 a Salvador Allende in Cile (esempi limitati alla
sola America Latina). Accadimenti drammatici che non solo riportarono
indietro le lancette della storia di quei popoli ma che condizionarono
fortemente le politiche di innovatori e rivoluzionari in altri parti
del globo (valga per tutte la scelta del “compromesso storico” del PCI
dopo i fatti del Cile fino, caduta l’URSS, allo scioglimento dello
stesso e all’accettazione di un capitalismo ipotizzato riformabile e non
da contrastare). Ciò che indubbiamente riacquista vigore è anche una via
democratica al socialismo nelle condizioni che lo consentono. Una
strada, questa, non scontata né indolore, che implica una totale
mutazione della tattica e della strategia dei suoi proponenti insieme ad
una rivoluzione culturale (dell’uomo) e alla credibilità (e la
chiarezza) di un programma come condizioni imprescindibili: oltre,
naturalmente, alla non sottovalutazione che l’insieme dei rapporti di
produzione che formano la struttura economica della società stessa sono
sempre collegati ad una superstruttura politica, giuridica, culturale
ecc. che si tende a rendere conforme ai detentori dei mezzi di
produzione (non solo del proprio cortile di casa), alla capacità di
rendere “scienza” l’unità dei mezzi con il fine, della teoria con
l’agire, del resistere con l’avanzare, di ogni piccola battaglia con lo
scopo finale (e mai ultimo). Ma soprattutto, fuori da ogni modello
passato e anche presente (e senza rinunciare ad indagarli), bisogna
specificare che cosa deve essere la società nuova per la quale si lotta
coscienti che il primo dovere, per ognuno ed ognuna, per ogni
organizzazione, è conquistare il diritto al pieno esercizio
dell’indipendenza, della sovranità e della giustizia e del benessere di
ogni nazione, di ogni continente, rafforzando e sviluppando la
democrazia attraverso una consapevole e non subordinata partecipazione
delle genti a partire dal movimento dei lavoratori. E’ stato dimostrato,
a Cuba ad esempio o nella contraddittoria piazza argentina, che la
storia si scrive essenzialmente nelle piazze e in questo luogo i popoli
ne possono essere, appunto, artefici. Il “Popolo del Sud” può e deve
essere un riferimento non sostituibile per la protesta di Seattle o di
Genova o di Porto Alegre o Barcellona ed ovunque ci si organizza per
contrapporsi a questa neo-globalizzazione. Il Popolo del Sud è in Italia
non solo il suo Meridione ma il Meridione del Nord e le periferie di
ogni metropoli. Il Sud sul Mediterraneo si allarga all’Africa e vive in
tutto il Vicino Oriente. Il Sud in America del Nord entra nel Bronx e
vive nelle lotte di ogni schiavizzato del passato e di ogni migrante di
oggi. Il nostro Sud è, dunque, al Sud di nessun Nord. Mentre è indubbio
che a partire dall’America Latina, dagli esempi di Martì, Bolivar,
Zapata, Mariategui, Guevara, Sandino e tanti altri e tante ancora e,
poi, dai nostrani Gramsci e dalla “non storia” di popoli depredati,
dagli europei ora Masaniello ed ora nuove Luxemburg, dal Chiapas e dai
movimenti per la terra e la casa, dai senza voce e senza nome un
socialismo nuovo è possibile, è possibile dare un futuro ad ogni seme
che si pianta, è possibile conquistare l’emancipazione concreta dei
popoli… Il “Popolo del Sud” è la grande diga (anche in quello che viene
chiamato Mondo Occidentale o Orientale), quindi, per arginare gli enormi
disastri del neo-imperialismo. Il “Popolo del Sud” non ha subito
unicamente il “furto” di ogni sua ricchezza (dal petrolio ad ogni
materia prima, dagli uomini e dalle donne da rendere forza-lavoro
schiavizzata alle risorse naturali, dal patrimonio storico alle
libertà…) ma anche il tentativo, mai domo, di espropriarlo della sua
“memoria”, storia e tradizioni affinché lo sviluppo per alcuni non si
identifichi immediatamente (come di fatto accade) con il sottosviluppo
di molti. Ecco perché non esiste il Terzo Mondo ma un sistema (quello
capitalistico) al quale appartiene il Terzo Mondo quanto ogni altra
barbarie di cui è responsabile. Esiste, non astrattamente, il
capitalismo (e la nuova globalizzazione non ha eliminato affatto mire
neo-imperiali ma è esattamente vero il suo contrario) con le sue
miserie, oppressione, sfruttamento, violenza ecc. e, pertanto, la
speranza di costruire un mondo nuovo è possibile solo uscendone fuori.
Il “Popolo del Sud” è al centro di ogni contraddizione scientificamente
dimostrabile e soprattutto di quella della società divisa in classi
nella quale solo il 20% degli esseri viventi gode delle ricchezze
prodotte dall’umanità intera. Ed è per mantenere questo privilegio che
questa banda esigua, esaltando ogni ipocrisia, manipola l’informazione,
ordisce guerre, alimenta il terrorismo, inventa golpe, genera la miseria
di massa, inasprisce drammi sociali e, al tempo stesso, illude gli
abitanti delle sue roccaforti di essere i migliori e, quindi, se mossi a
pietà, anche i soccorritori di deboli e poveri per evitare olocausti
ancora più impressionanti di quelli generati. Un popolo senza coscienza
è solo massa e un esercito che non sa emanciparsi e dirigenti che non
sanno farsi dirigere e che non sanno creare nuovi dirigenti sono
destinati alla sconfitta. Un popolo al quale si promettono o per il
quale si realizzano solo bisogni (essenziali) materiali immediati è
destinato a dimenticare da dove viene e a smarrirsi nel cammino verso la
società nuova. Il sistema capitalistico è anche “compassionevole” e non
rifiuta, per necessità o costrizione, compromessi sociali. Per
sopravvivere (per gestire, cioè, la sua crisi strutturale) non ha
limiti: non disdegna, infatti, edificare ponti d’oro alla criminalità
organizzata, ai produttori di morte, ai costruttori di immensi campi di
concentramento e di lager, a dittature spietate e a socialdemocrazie
plaudenti, ad assassinare migliaia di Galileo Galilei o ad asservirli, a
manipolare coscienze o a regalare computer e antenne paraboliche, ad
esaltare fanatismi religiosi o a preoccuparsene… Avanza, per questi
motivi e non solo, un pensiero unico e una cultura di massa che in
realtà nega ogni vera “universalizzazione” della stessa e il porre,
oggettivamente, tutti e tutte come uguali dinanzi ai fatti di cultura
appunto. Il nuovo e necessario “intellettuale collettivo” si deve
concretizzare nel “Popolo del Sud” che non può escludere e né potrebbe,
per non essere mortificato, il partito pur sapendo che il solo partito
non basta, che questo deve essere una cellula già in atto della società
nuova che s’intende edificare, che la sua funzione è temporanea quanto
dovrebbe esserlo quella della società divisa in classi (e le classi non
si presentano mai ad uno stato puro e il Popolo del Sud non può
trascurare l’essenzialità di una programmatica politica delle alleanze
da rendere storica ed organica)… L’internazionalizzazione disegnata
dalle classi dominanti è quella delle privatizzazioni, delle
corporazioni multinazionali, delle illusioni, di una militarizzazione
emisferica per imporre un potere sempre più di pochi e renderlo
“naturale”, non sostituibile e, tuttavia, disponibile ad accogliere
alcune lamentele e alcune richieste dei “consumatori” e “sudditi”
generando ulteriori egoismi, rassegnazione, incomunicabilità o “false
vittorie” che sostanzialmente non modificano i rapporti di forza tra le
parti in antagonismo e neppure la realtà. Il “Popolo del Sud” ha
incrementato la sua capacità combattiva, ha unito tante diversità, ha
inventato nuove forme di democrazia (a partire dal basso), ha
identificato le ragioni storiche dei lavoratori con quelle della
ribellione indigena, degli studenti o dei senza diritti, dei deboli e
degli emarginati, di intellettuali e di illuminati “senza classe” e
“provenienti” da una cultura piccolo-borghese o borghese. Ha unito la
difesa della democrazia con il suo allargamento e la propria peculiare
storia con quella di un’umanità nuova senza confini e la sovranità di un
singolo popolo con quella di ogni nazione. Il Venezuela insegna anche
questo. E Cuba ci ricorda, resistendo al bloqueo USA e non limitandosi
(nonostante numerose difficoltà) alle prime conquiste della rivoluzione,
lavorando per l’emancipazione del popolo e per allargare libertà e lotta
alle ingiustizie, che un altro mondo è in costruzione. In questi giorni
gli USA, non casualmente, in cambio di favori (con un ruolo asservito
del Fondo Monetario Internazionale e di altre strutture internazionali),
tentano di far criminalizzare l’isola di Fidel da altre nazioni della
stessa America Latina (Uruguay, Perù), dall’Europa. Gli USA sono i
grandi artefici di piani aggressivi e lesivi delle libertà altrui noti
come Plan Panama in Messico, Plan Colombia, e sono i protagonisti cinici
della mortificazione dei popoli in Argentina o in Nicaragua, nella
Costa Rica o in Guatemala ad esempio… Gli Stati Uniti: un gigante dai
piedi d’argilla che attraverso il piano definito ALCA, già sperimentato
in tanta parte dell’Africa, il piano Nafta (noi abbiamo in Europa le
falsità di Maastricht e il tentativo di rendere operativo un Accordo
Multilaterale tra profittatori) e altre nefandezze tenta disperatamente
di gestire la crisi che attraversa la sua stessa società e che sta
attraversando l’intero pianeta. Anche per queste ragioni la nostra
identità deve vivere in un programma e nel definirci “Popolo del Sud”
dobbiamo lottare contro i nostri stessi limiti e iniziare a guardare il
mondo attraverso gli occhi di tutti e tutte coloro che ne sono parte.
Gli Stati Uniti: un rimbambito orco che rade al suolo ogni autonoma
capacità di sviluppo tecnologico oltre la sua egemonia, culture “altre”,
Costituzioni nate da identità diverse e in confronto, ambiente, la
stessa libertà di realizzare un moderno avanzamento industriale autonomo
per popoli interi, di produrre riforme per lo sviluppo e nel farlo
monopolizza ogni sapere e ne annienta i valori. Gli Usa: un baro al
tavolo da gioco che falsifica il passato (il suo stesso passato) e
oscura il presente rendendo ogni Prepotente un uomo virtuoso, ogni
sfruttatore un genio e ogni suo fantoccio un amico da venerare finché
non deve diventare il suo contrario. Comprenderlo non basta, divulgarlo
neppure se non cresce una “cultura per tutti e tutte” da vivere
ragionando e se l’uomo non trasforma se stesso. Il “Popolo del Sud” deve
trasformarsi, sempre di più, nel costruttore del rinnovamento
democratico e socialista del pianeta e deve farlo partendo dalle proprie
radici, dalla sua “diversità”. Viviamo in un mondo dove ogni giorno
migliaia di persone muoiono di fame, dove dallo sfruttamento e dalle
guerre non sono risparmiati neppure bambini e bambine, dove alcune
stragi di innocenti sono chiamate effetti collaterali, dove il nucleare
non è la ricerca di nuove fonti di energia, dove gli analfabeti sono non
statisticamente misurabili, dove si costruiscono bombe anziché scuole e
case e ospedali, dove acqua ed energia per molti sono chimere, dove
impazzano fondamentalismi e fanatismi degni dei primi abitanti delle
caverne, dove criminali senza scrupoli non solo corrompono governi ma
essi stessi, insieme a lobbies e possessori di finanza e mezzi di
produzione, diventano governanti, dove ancora esiste la tortura e la
pena di morte, il colonialismo (per quanto nuovo) e i genocidi e dove
alcuni paesi sono poveri semplicemente perché un continuo saccheggio ne
ha resi pochi altri “benestanti”, dove per alcuni c’è lo spreco e la
miseria di altri è vissuta come minaccia a perpetuarlo, dove alcune
bestie godono di lussi tali che milioni di esseri umani che camminano su
terre nere di petrolio e scintillanti di diamanti ed oro neppure
immaginano e intanto al Sud del Mondo e nel Mondo si spende senza limiti
per gli armamenti e per prodotti di cui potremmo, vivendo felicemente,
fare tutti volentieri a meno. La lezione del Venezuela è, infatti, come
lo fu per il Cile e per altri popoli, anche un capitolo che afferma: il
possedere “patrimoni, risorse e cose” e capacità di gestirli per il
proprio progresso nel Sud del Pianeta equivale ad una condanna quanto
possedere la miseria. Ma la condizione sociale e l’avere coscienza, il
sapere e l’informarsi, l’organizzarsi e la stessa fantasia sono le basi
per una lotta contro le guerre, per la rivoluzione contro la barbarie,
per il riscatto dei popoli e del mondo del lavoro contro il furto, per
la dignità del vivere contro l’umiliazione. E questa sfida del “Popolo
del Sud” se cresce smaschererà il potere (per quante maschere utilizzi),
combatterà lo sterminio e il terrorismo (anche se non è raro che i
terroristi definiscano tali le loro vittime), riconsegnerà alla storia
milioni di desaparecidos che hanno subito quanto di più atroce (dopo
Hitler tra gli ultimi occidentali) e infame la storia dell’umanità abbia
visto. I colpevoli non sono invisibili e conosciamo le mani di chi,
animato dall’odio, è responsabile di tali “primitivi” scelte e per quali
interessi e privilegi sono compiute nella società del Profitto. Il
“Popolo del Sud” diviene popolo acquistando un “senso comune unitario”,
inventando un “nuovo conformismo” che ancora non possiede e valorizzando
la funzione storica del mondo del Lavoro per un nuovo Rinascimento.
Diviene popolo rifiutando compassione e pietà e creando una nuova
solidarietà che si chiama cooperazione e che implica la sovranità di
tutte e di tutti. Combattere e sconfiggere il gendarme del Pianeta è
dunque un obiettivo prioritario per poter continuare a rendere credibili
alternative al presente. Il neoliberismo è il fulcro di mire
imperialistiche e il programma stesso del capitalismo che pretende una
subordinazione senza condizioni dei paesi periferici ai centri di potere
e un assoggettamento del pesce più piccolo verso il più grande anche tra
i propri alleati. Il modello che si intende rendere “normale” è un
modello imposto che si vuole legittimare con ogni mezzo e attraverso
varie forme di potere che però devono sempre penalizzare percorsi
elettorali plurali e democratici (e non ridotti al partitismo e meno che
mai ingabbiati da furbesche logiche bipolari), partecipazione popolare,
diritti (lavoro, istruzione, cura, abitare, trasporti, cultura, sport
ecc. ecc.) e restringere le stesse possibilità di lotte rivendicative
anche con l’uso spregiudicato della forza. Avanzano privatizzazioni
selvagge anche nei servizi, diminuiscono salari e lavori qualitativi,
aumentano privilegi per il capitale speculativo e clandestino e si
massacra qualsiasi ipotesi di sviluppo sostenibile provocando nuove
povertà ed eliminando conquiste consolidate. Solo la riscoperta del
ruolo storico dei lavoratori e solo l’irrompere nella storia del “Popolo
del Sud” possono creare le condizioni per una fuoriuscita dallo status
quo e per un’integrazione nell’economia internazionale di nazioni ed
aree (soprattutto di quelle normalmente escluse o soggiogate) che
garantisca una produttività per migliori livelli di vita, benessere
sociale ovvero distribuzione del reddito ed emancipazione dei suoi
realizzatori pratici liberando tempo e consegnandolo alla vita stessa e
corrispondendo ad esigenze attualmente calpestate fino a valorizzare i
rapporti più intimi. Il “Popolo del Sud” che si unisce oltre interessi
di parte ed esclusivi, che sa andare aldilà del solo terreno economico,
che sa restituire qualità di vita anche all’ultimo indigeno di questo
pianeta sta iniziando a cambiare l’uomo, a praticare la madre di ogni
rivoluzione: quella morale e culturale. La battaglia inizia da qui e
deve proseguire in un impegno per sconfiggere il modello neoliberista e
il predominio delle èlite degli Stati Uniti sul proprio e altri popoli,
riformando totalmente le strutture di Bretton Woods e l’ONU, sciogliendo
la NATO, costruendo democrazia politica reale, partecipazione e
protagonismo dei popoli, socializzando informazione, eliminando senza
condizioni debiti esteri imposti e liberando tempo al lavoro, tutelando
l’ambiente e realizzando riforme essenziali a partire da quella agraria
per arrivare alla garanzia di un salario degno e di una degna pensione
per ogni essere vivente, trasferendo risorse dal Nord al Sud del pianeta
per riequilibrare gli stessi diritti e doveri, disarmando le nazioni,
favorendo contro razzismo e xenofobia ogni essere umano viaggiante,
tutelando e allargando ogni diritto, processando i responsabili di
crimini veri contro l’umanità a partire dal capitalismo illegale,
ritenendo un crimine un solo morto per fame, per una malattia
curabilissima, la vittima di un’ingiustizia, un espropriato dalla
cultura e dal fare e vivere sport, liberando tempo per intensificare i
rapporti umani e portare avanti il “processo di umanizzazione” della
nostra specie, regalando libertà ad ogni diversità. Forse queste cose ci
sono già state lasciate in eredità da liberatori e da popoli fieri che
liberandosi sapevano che dovevano farlo da sé ma quando le vediamo
rinnovate nella resistenza del popolo cubano, nella determinazione
attuale di quello venezuelano (con circa l’80% di poveri), nella piccola
comunità del Chiapas e in un accampamento di contadini in Brasile,
nell’onestà intellettuale e morale di alcune coerenti organizzazioni di
classe, del lavoro, comuniste, in comitati di quartiere che sfidano il
Palazzo, in assemblee sociali e in forum che vogliono trasformare anche
i sogni in cose possibili allora possiamo accettare, senza
tentennamenti, anche ulteriori e laceranti sconfitte, consapevoli che
non saremo spettatori della catastrofe e che un socialismo nuovo è
possibile. Dobbiamo, cioè, schierarci ancora al fianco della classe
operaia e invitare ogni popolo in lotta ad organizzarsi in “Popolo del
Sud” per un progetto di liberazione dell’umanità intera.
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