CULTURA CUBANA


INTERVISTA A DEBORA PETRINA
 


 

     

Debora Petrina, pianista di formazione classica (diploma cum laude e perfezionamento con borse di studio presso le Accademie di Lubiana e Budapest), ha optato negli ultimi anni per un percorso personale, sia come interprete, anche vocale, sia come compositrice, arrangiatrice e autrice.
Nella musica moderna e contemporanea rivolge una speciale attenzione ai compositori dell’Europa centrale, alla Nuova Musica americana del secondo Novecento, alla musica afroamericana del 19. e 20. Secolo, nonché al jazz, alla musica popolare e al rock.  Ha suonato in prima esecuzione italiana diverse opere di John Cage, Morton Feldman, Nino Rota, Eunice Katunda, Leos Janácek, György Kurtág, George Enescu, e affronta programmi con accostamenti di autori del passato e del presente, sia in Italia sia all’estero (Francia, Giappone, Slovenia, Svizzera, Ungheria).
Ha effettuato registrazioni per la Radio nazionale ungherese e la RAI, a Roma e a Milano.
Ha recentemente collaborato come pianista accompagnatrice nell'ultima produzione di Karole Armitage alla Biennale Danza di Venezia. Sta attualmente sviluppando un approccio personale all’esibizione solistica, integrando diversi materiali come danze popolari, canzoni, elementi di jazz e popular music alle sue proprie composizioni e improvvisazioni, servendosi anche della voce: in questa veste è stata invitata alla 1. edizione del MantovaMusicaFestival (marzo 2004) e ha effettuato registrazioni per RAI/Radio3.  Per uno dei suoi progetti (Ojos de Pepa) si è recentemente esibita a Roma (Giornate della cultura cubana) e a Milano (Festival Musica/Realtà). Questo progetto sarà presentato anche al Teatro Nazionale de la Havana, dove è stata invitata dall’Istituto della Musica di Cuba. Ha registrato negli Stati Uniti un CD contenente composizioni inedite di Morton Feldman (Early and Unknown Piano Pieces, OgreOgress Productions), ha preso parte al CD A Call for Silence del Sonic Arts Network (Gran Bretagna), e sta lavorando a diversi progetti discografici che tematizzano la musica pianistica cubana del 19. Secolo, i lavori per più pianoforti di Morton Feldman e le sue proprie composizioni
http://www.debora-petrina.com

 

Prima della sua partenza per Cuba dove terrà due concerti (mercoledì 8 dicembre - Teatro Amedeo Roldán TERRE E MOTI, dai Radiohead a Frederic Rzewski, nelle composizioni  pianistiche e vocali di Debora Petrina e venerdì 10 dicembre - Casa-museo José Martí DIFERENCIAS CON RESPECTO, variazioni e rielaborazioni delle danze di  Manuel Saumell, e di canzoni tradizionali cubane e nostrane) , incontriamo Debora Petrina alla quale rivolgiamo alcune domande sul suo lavoro e su Cuba.

D. Come ti sei ritrovata, da italiana, ad  intraprendere un viaggio nella cultura musicale e  nella terra cubana?

R. Questa mia avventura è iniziata dall'incontro  con un autore sconosciuto ai più: Manuel Saumell,  un compositore e pianista attivo nella   metà del  secolo 19°, padre fondatore della musica nazionale cubana.
Ho fatto la sua conoscenza seguendo un corso  sulla letteratura pianistica afro-cubana tenuto da Stefano Zenni, grande esperto dell'argomento,  e Marco Fumo, pianista e didatta. Mentre gli  altri allievi preferivano l'eleganza stilistica e  la grazia espressiva delle danze di Ignacio  Cervantes (altro nume della musica cubana, più giovane di Saumell), io ero attirata dalla rozzezza, ma anche dalla varietà e vivacità delle  danze del Nostro.
Le sue Contradanzas infatti, lunghe non più di  una paginetta, contengono in nuce moltissimi
elementi, ritmici soprattutto, della musica cubana che più conosciamo.
Devo dire che è stata proprio la brevità di  queste danze a portarmi fortuna, dal momento che non ho potuto resistere alla tentazione di  prolungarle a modo mio; la giustificazione mi  veniva dalla certezza che siffatte danze venivano  sicuramente improvvisate per dar modo ai
ballerini di proseguire il divertimento: ho scritto delle nuove Contraddanze, attingendo alla mia cultura classica (ci sono qua e là citazioni di temi musicali che l'autore poteva conoscere, e quindi eventualmente inserire nelle sue  composizioni, accanto a temi decisamente improbabili per un uomo dell'800), oltreché ad una personale propensione per il jazz e l'avanguardia.

D. Come hai potuto far conoscere il tuo lavoro?

R. Mi sono recata all'Ambasciata di Cuba in Roma per approfondire la ricerca e avere informazioni per un'eventuale viaggio di studio laggiù; ho  fatto sentire il mio lavoro all'allora
Consigliere culturale Josè Carlos Ruiz, che mi ha subito proposto di suonare il programma nel corso della terza edizione delle Giornate della Cultura Cubana, indette ogni anno a Roma dall'Ambasciata. Il concerto, che ha avuto luogo all'Istituto Italo Latinoamericano (IILA) il 7 ottobre 2003, ha raccolto un grande entusiasmo e mi ha fruttato l'invito a suonare in uno dei più importanti teatri dell'Avana, il teatro Amedeo Roldàn.

D. Come sei riuscita a trovare delle sovvenzioni per questo viaggio?

R. Effettivamente è stata un'impresa lunga e difficile. E' ben noto a tutti quanto precaria sia la situazione economica a Cuba; e ne risentono anche le istituzioni. Vale a dire che l'invito, per quanto ufficiale e prestigioso, non presumeva il benché minimo  rimborso delle spese di viaggio e quant'altro.
Da qui l'inizio delle mie peregrinazioni telematiche alla ricerca di un patrono, dagli Amici di Cuba a Gianni Minà. Non ho ottenuto  niente, se non l'ironia degli amici: c'è perfino che si è inventato l'uscita del mio prossimo libro, 'Dirotta su Cuba', in cui si racconta di una giovane musicista che, pur di riuscire ad andare a suonare a Cuba, dirotta un aereo. Ma il comandante prende in mano la situazione, fa atterrare l'aereo a Cagliari e fa credere alla  musicista di essere arrivata a Cuba. I cagliaritani stanno al gioco e si fingono cubani,  e portano infine la musicista a suonare nel loro teatro, nel quartiere che da allora ha preso il
nome di 'Havana sarda'...
A parte gli scherzi, è stata davvero dura. Fino al giorno in cui ho raccattato un giornalino  di annunci locali nel panificio del mio paese  natale, Fontaniva: fra pubblicità di agriturismi  e corsi di danza del ventre ho trovato un bando di concorso che sembrava fatto apposta per me; si trattava del progetto 'Movin' up' indetto  dall'Associazione per il Circuito dei Giovani
Artisti Italiani (GAI), che seleziona ogni anno giovani artisti invitati da istituzioni straniere e contribuisce a pagare le spese di viaggio. Ho presentato la mia domanda, e ho vinto la borsa.

D. Dunque si va a Cuba, e non per un solo concerto, ma per due.

R. Sì, saranno due appuntamenti distinti: nel  primo, quello al teatro Amedeo Roldàn, suonerò e canterò un programma molto vario e libero, ricco di canzoni e composizioni pianistiche fresche di penna.
Fra l'altro ci sarà qualche assaggio del mio più  recente progetto, 'Don't forget Amnesiac', dove rielaboro a modo mio alcune canzoni contenute  nell'album Amnesiac dei Radiohead, che a mio vedere rappresentano un esempio straordinario di  modernità musicale calata nel contesto sociale e politico dei nostri giorni. E ci sarà pure una mia versione di 'To the earth', di Frederic Rzewski, pianista e compositore americano più famoso forse per le sue  ciclopiche variazioni su 'El pueblo unido': la parte originale, per vasi di terracotta e voce recitante, è divenuta, nella mia rielaborazione, una specie di lunghissima canzone accompagnata dal pianoforte; le quattro note riservate originariamente ai vasi percossi, con tutta la loro complessità ritmica, vengono cantate con le parole del recitato (si tratta di un inno omerico
tradotto nell'nglese), mentre il pianoforte dipana una partitura scaturita dalle mie dita, che getta un'altra luce, a mio vedere, sul testo. Ma ci saranno anche brani più 'cantautorali', come la canzone 'Niente dei ricci' al cui testo, vagamente autobiografico, sono molto affezionata.
Il secondo concerto, alla casa-museo di Josè Martì, presenterà invece le danze di Manuel Saumell 'allungate', di cui ho parlato sopra, inframmezzate da omaggi alla cultura popolare  cubana e a quella veneta, da cui provengo: si tratta di una serie di canzoni, da quelle di lotta, a quelle d'amore, alle ninne nanne, che rivisito, con la voce e il pianoforte, in modo personale.

D. Che cosa ti aspetti da questo viaggio?

R. In realtà il modo migliore per affrontare un viaggio in un luogo così 'altro' è di non aspettarsi niente.
Credo che al mio ritorno avrò molte cose da raccontare.
 

 

 

Abbiamo ottenuto da Debora la promessa che, al suo rientro in Italia, ci racconterà la sua avventura a Cuba.

 

ascolta alcuni brani di Debora

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