LATINOAMERICA
DA CARACAS:
FULVIO GRIMALDI |
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FULVIO GRIMALDI
CARACAS, 20/8/04
Questa è una città bellissima, abbruttita dal potere ma
riscattata da questa sua umanità variopinta, nel senso
etnico-estetico del termine, che mimetizza la devastazione
cementizia - magniloquenza fascistoide del dittatore Hímenes,
speculazione alla Ciancimino del ladrone Carlos Andres Perez,
velleità manhattiane dell'ultimo sovrano della Quarta
Repubblica, Caldera, sopraffatto da Chavez e dalla rivoluzione
della Quinta - con la sua pervasiva e allegra motilità, una
nuova-antica musica che permea calcestruzzi e asfalti, lo
sconfinato rosso della testimonianza rivoluzionaria in tessuto
di maglia e di bandiera, il formicolio dell'economia informale
che secerne trovate e trovatine sempre nuove. E' una città che
corre per il lungo, con per spina dorsale un rapido, elegante e
mortalmente condizionato metrò,sempre zeppo di gente, mamme con
bimbi disinvolti, già un po' bolivariani, tutti sempre premurosi
e gentili. Come un fiume ha, sulle sponde ripide, la pioggia
delle favelas, qui ranchos, rosse di tegole e traforati che, col
procedere da ovest a est, degenerano in villette e villone dei
quartieri alti. E' un percorso di classe e, qui piu`che altrove,
antropologico,quello lungo il metrò da ovest a est. Prima Sucre,
groviglio di superfetazioni tuguriali e improvvisazioni edilizie
nate fatiscenti, ora in rapido risanamento, 90% chavisti,
proletari e anche quelli che qualcuno con scarsa equità definì "lumpen",
straccioni un po' malviventi, sottoproletari, ma che qui sono
l'ossigeno della rivoluzione altrochè, dopo le forze produttive
di Lenin, Stalin e, ahinoi, moderate da Togliatti, dopo la
rivoluzione possibile anche con i contadini senza passare per il
capitalismo, almeno fino a Mao, rivoluzione di sottoproletari e
soldati, poi di contadini e poi di operai. E pare che funzioni.
Poi Bellas Artes, Capitolio, Plaza Bolivar e Plaza Candelaria,
cuore commerciale, microcommerciale, dei servizi, piccole
imprese, pubblico impiego, focosamente chavista anch'esso, più
da ideología che da bisogno. La transizione nei quartieri Sabana
Grande e Chacaito, dove tutto si mescola ed emerge quel ceto
medio urbano che la rivoluzione vorrebbe "positivo", ma che
ancora si fa fatica a sottrarre ad aspirazioni e condizionamenti
culturali fasulli. Quindi l'orrore post- e neocolonialista
creolo di Altamira e La Castellana, zeppo di grottescherie alla
Telefoni Bianchi, con le ghette, o con i cappelli alla
principessa Margaret, in stile anni '30, ma subitissimamente
disponibili a precipitarsi al di sotto di ogni stile, nella
barbarie di una volgarità tutta borghese, disposta a tutto pur
di tenere il tacco sul collo degli altri, quelli meno
bianco-lividi, meno malati, meno degradati in deriva genetica e
intellettuale. Sono, dal punto di vista fisico i più brutti,
peggio assai anche dei drop-out barbuti e barboni che ancora di
notte rovistano nei monti di basura, ancora sfuggiti a quegli
incredibili programmi - misiones - di emancipazione sociale che
la rivoluzione, con grande aiuti umani cubani, ha iniettato
nella società: sanità, istruzione, alfabetismo, casa, terra,
sport, cultura.
Il casino che vanno facendo i sopravvissuti dello sfacelo
borghese, sempre foraggiati e istigati dai vampiro planetario
del Nord, per quanto buon viso a cattivo gioco vadano facendo in
questi giorni del trionfo irrimediabile di Chavez, nasce dalla
coscienza di essere cadaveri insepolti, un film dell'orrore
girato e rigirato alla disperata, con l'innesto ematico
flebizzato da Washington, scienziato pazzo che non demorde e
manda la sua creatura a sfogare la sua impotente mostruosità
sulle forme di vita che invece fioriscono. Hanno chiesto, con
pretesti da farsa, di verificare i risultati del referendum,
divenuto da revocatorio imperiosamente confermativo, l'hanno
chiesto in forma irrituale, senza ricorrere alla Corte Suprema
con tanto di argomenti minimamente credibili, solo pestando
nevroticamente i piedi agganciati a quel "vedremo, una volta
dissipati i dubbi e le ombre" dei furbi statunitensi, dei vili
europei, della fetida Chiesa cattolica, immemore dei crimini
inflitti alle genti di questo continente. Generosamente, ma
anche sicurissima del fatto suo, la Commissione Elettorale
Nazionale (tre membri onesti, due assoldati dall'elite
fascistoide e golpista) e gli Osservatori Internazionali,
compresi gli ex-amici fidati dell'oligarchia, Centro Carter e
OSA, ora rinnegati (fecero il diavolo a quattro per far
riconoscere un milione circa di firme di deceduti e replicanti
per imporre il referendum) hanno accettato. Hanno tirato a sorte
150 seggi, sono usciti gli stessi identici risultati offerti
dall'elettronica, anzi, ulteriori conteggi di sezioni con
procedimento manuale hanno portato la quota dei NO dal 58,25% al
59,60%. E allora hanno disconosciuto anche questa verifica,
hanno disconosciuto tutto, anche che a mezzogiorno sono le
dodici, e hanno proclamato la delegittimazione del governo.
Non scherziamo, sono diventati più pericolosi. Il 26 settembre
si giocano quanto rimane, cioè niente. Ci saranno quelle che qui
chiamano elezioni regionali, quelle nei 22 Stati, in ognuno dei
quali ha vinto Chavez (perlopiù con percentuali del 65-75%,
bravi contadini, indigeni, cooperative, meno nei grande
agglomerati urbani) e, sull'onda di quanto è successo domenica
15 agosto, è assolutamente prevedibile che la rivoluzione,
finora a capo di soli 13 Stati, li conquisti tutti quanti . E
allora sarà la fine davvero: la omogeneizzazione rivoluzionaria
del paese, lo sradicamento dei caudillo che hanno governato su
piedistalli feudali di privilegio e corruzione, sistematicamente
mettendo i bastoni tra le ruote al lavoro rivoluzionario,
all'emancipazione sociale delle campagne dei militanti
bolivariani: circoli, pattuglie, unità di battaglia, così si
chiamano, con buona pace di Lidia Menapace. Linguaggio
militaresco? Ebbene sì, linguaggio da combattimento e se non è
combattimento quello che queste masse e le loro organizzazioni
conducono contro l'imperialismo e i locali golpisti fascisti
pronti a tutto, che gli hanno sequestrato il capo
democraticamente sette volte eletto, che gli hanno inflitto una
serrata padronale pari a un embargo di taglio iracheno,
che hanno disseminato terrorismo per le strade del
paese, che hanno cospirato con la Cia e con il Mossad, che hanno
assoldato killer, che brigano con il mafiopresidente colombiano
per squartare la propria nazione, e che da sempre hanno rubato,
rubato, rubato...
Oggi questa marmaglia da Notte dei morti viventi, vista la
tenaglia in cui si trova incastrato il padrino Bush tra
criminalità organizzata di Miami, che reclama il pagamento del
debito contratto con il golpe elettorale della cosca
sion-fascista del gennaio 2000, e prezzo del petrolio che la
fantastica resistenza irachena infligge alle sue speranze
novembrine di rielezione e il cui calmiere solo Chavez può
assicurargli, pensa di poter forzare la mano agli USA lacerando
le vene del paese. Mendoza, governatore dello Stato di Miranda e
capo della cosiddetta Coordinadora Democratica, cupola
mafiofascista dell'opposizione, e Cisneiros, berlusconide
mediatico, si sono precipitati in Florida a raccattare sostegno
al terrorismo. Si tratta di mandare in vacca le elezioni di fine
settembre, niente più elezioni visto che le vincono gli altri, è
la tradizionale lezione della classe dirigente USA. E allora che
si spari nelle strade, che i deputati dell'opposizione vadano
sull'Aventino, che si ricuperi tra gli amici nel pianeta una
fiducia, ora persa per la disfatta, attraverso la
delegittimazione istituzionale, che si torni a parlare del
"colonnello golpista", dell'autoritarismo pseudodemocratico del
tiranno, delle brigate armate clandestine a promozione della
rivoluzione....
C'è già un precursore. L'Italia, come spesso di questi anni e
decenni, fa una figura di merda. E mica il governo, mica i
forzaitalioti, anzi, hanno riconosciuto, sulla scia di tutto il
mondo, la vittoria di Chavez, magari contorcendosi dagli spasmi.
Qui c'è un giornale di destra, massimo organo dell'oligarchia,
una specie di "Libero" con meno indegnità professionale, che si
chiama "El Nacional", fonte prediletta, anzi, unica, dell'ANSA.
Ieri pubblicava con fierezza, uno accanto all'altro due articoli
omologhi. Uno di tale "famoso costituzionalista" Hermann Escarrà,
faccia alla Bondi (e basterebbe), che, vista la caduta di tutte
le opzioni per la rivincita, si rivolge alle Forze Armate e,
democraticamente, le invita a ricordarsi che non devono essere
"leali a un uomo, bensì alla nazione, specie quando le
istituzioni sono delegittimate". Un chiaro invito al golpe e, se
non funziona, ci sono sempre i paramilitari riabilitati e i
militari di Uribe.
Accanto, appunto, foto e parole, entrambe rivoltanti nel
contesto, di tale Ignazio Vacca, dirigente dei DS, mi auguro,
per il decoro della famiglia, non parente di Salvatore. Vacca,
osservatore internazionale del referendum, non ufficiale per
eccesso di sputtanamento, ma invitato e accreditato dalla
Coordinadora, cioè da quelli del golpe dei 17 morti ammazzati,
della serrata che ha fatto perdere 10 miliardi di dollari al
paese e la salute a tanti deboli,degli attentati terroristici di
questa primavera, del rifiuto di
stare a qualsiasi regola del gioco. Un DS!
Vi potete sbigottire solo se non sapete che fu preceduto qui
come corifeo dell'oligarchia golpista da D'Alema, questo Vacca,
che nell'intervista arriva a minacciare, dopo diffuse
imprecazioni contro la "democrazia non articolata"
dell'autoritario Chavez ed esaltazioni della politica sociale e
inclusiva dei fantaccini Cia di Plaza Altamira (di cui apprezza
le componenti progressiste), "l'intervento contundente della
comunità internazionale" qualora Chavez non mettesse la coda tra
le gambe.
Peggio di questo cialtrone diessino e del suo capo opusdeista
solo il cardinale Castillo Lara, presidente emerito della
Pontificia Commissione per lo Stato Vaticano, cui è stata messa
a disposizione per certe farneticazioni revansciste addirittura
la Radio Vaticana. Il prelato, che figura tra i papabili e
sicuramente sarebbe degno del predecessore finto pacifista e
disintegratore della Jugoslavia e dei poveri di America
Indio-afro-latina, si dice sicuro del 65% per cento conquistato
dal "sì" alla revoca di Chavez, illuminato come tanti dallo
Spirito Santo, e afferma di sapere che ai poveri Chavez ha dato
60 dollari a testa perchè votassero "no". Moltiplicate 60 per
quasi sei milioni e avrete gli introiti petroliferi del paese
per un semestre. Costo un po' alto per uno che ha dietro da sei
anni la maggioranza del popolo. Del resto, la conferenza
episcopale del Venezuela non è stata da meno: guai a non
dissipare i dubbi, a non cancellare le ombre del voto...
Ho parlato con tanti amici qui: Rodrigo Chavez, coordinatore
nazionale dei Circoli Bolivariani, i soviet di questa
rivoluzione, Hector Navarro, ministro dell'istruzione superiore,
Efraim Andrade, ex-ministro e iniziatore della prima vera
riforma agraria mai fatta in America Indio-afro-latina, il
deputato Willian Lara, coordinatore nazionale del MVR,
organizzatore straordinario della campagna elettorale, braccio
destro di Chavez, i compagni del PCV, la coordinatrice nazionale
della Scuola Bolivariana, pure una compagna, l'altro deputato
Rafael Lacava. Una squadra di tutto rispetto per una rivoluzione
di tutto rispetto. Se si appaiano ai nostri politici viene da
farsi flagellanti. I loro giornali non si arrendono alla logica
e alla disinformazione imperialiste: terrorismi, moltitudini,
disobbedienze, menate varie. Dovreste vedere come la TV di Stato
e il quotidiano della rivoluzione "Diario VEA" trattano la
resistenza irachena, con che rispetto,
con che dettaglio, con che gratitudine per questa eroica
avanguardia della lotta antimperialista. Ieri, per esempio,
paginone centrale e grandi servizi tv sul 60. anniversario della
conquista di Parigi da parte dei partigiani francesi, grandi
ricordi di Garcia Lorca, assassinato in questo giorno del 1936,
e della battaglia rivoluzionaria dei repubblicani di Spagna.
C'era pure la foto del comandante Luigi Longo. E ora qui ci si
presenta un Ignazio Vacca! Non fanno confusione qui tra
terrorismi e guerriglia, tra provocatori e resistenti e ogni
Intifada è sacra fino alla vittoria.
Mi ha detto Rafael Lacava, che pure frequenta Bertinotti,
Gennaro, anagraficamente Migliore, un Marco Consolo che si
occuperebbe ( a noi pare un po' clandestinamente) di Sud
America, di trovare inconcepibile che si possa stare insieme a
un D'Alema che qui appoggia apertamente i fascisti, che ha
bombardato e squartato la Jugoslavia, che accetta altre guerre.
A questi venezuelani qui, non credo che i compagni di RC abbiano
raccontato cosa dicono e fanno a proposito di Cuba (e di chi
Cuba difende con l'arma della verità), o la massima del detto
Migliore che "Intifada fino alla vittoria non sarà mai la nostra
parola d'ordine". Non gli sarebbe convenuto... E, infatti,
Lacava aggiunge: noi qui abbiamo vinto e da sei anni vinciamo
perchè al popolo abbiamo proposto un programma totalmente
alternativo, per una società totalmente diversa, non ci siamo
confusi con i residui del vecchio regime, AD (Azione
Democratica) o Copei (Socialcristiani, si fa per dire), con un
corredo di ex-trotzkisti che ancora si chiamano "Bandera Roja" e
altri fasulloni detti "MAS" (Movimiento al Socialismo), non
siamo stati moderatamente diversi. Avremmo perso. A copiare ci
si rimette sempre". C'era da pensare a Treu, Bersani, Turco,
Fassino... e ai loro futuri alleati.
Ho fatto un bell'incontro ieri, al CNE (Commissione Elettorale
Nazionale).
La più importante figura della sinistra sudamericana, la più
rivoluzionaria, quella che ai portoalegristi d'antan sbattè la
porta in faccia quando questi no-global e disobbedienti
rifiutarono la presenza di Fidel e delle FARC colombiane. L'anno
dopo, poi, venne lì Chavez, fu un trionfo e dei disobbedienti si
parlò sempre meno, con i risultati poi visti a Mumbai. Hebe de
Bonafini, la madre delle Madri di Plaza de Majo, qui anche lei
come osservatrice, accanto all'altro grande, Eduardo Galeano, mi
racconta come fosse assai perplessa, anzi contraria, su Chavez,
"per via delle sue origini militari". E aggiunge: "Ma da quando
ho capito chi fosse Chavez, cosa volesse e cosa facesse, lo vedo
con occhi ben diversi: Il suo è un processo che aiuta tutti noi
latinoamericani, un processo rivoluzionario impegnato,
intelligente e ingegnoso. Il presidente Chavez è un saggio, un
tipo che se se ne ascoltano discorsi, si capisce quello che
dice, si sente uno che sa molto, che ha letto, che si spiega in
modo che lo si comprenda. Sono pochi i presidenti che hanno
queste qualità: Fidel Castro e Chavez, non ne conosco altri. E'
così che vediamo il processo bolivariano con occhi assai
positivi. Questo presidente non retrocede, va avanti, cammina,
cammina, cammina... e avanza. C'è una bella differenza, del
resto, tra militari argentini e militari venezuelani. I primi
vengono dalla borghesia, dai terratenientes, i secondi, da
quando Chavez e i suoi vi lavoravano negli anni '80, sono figli
del popolo, dei poveri e dei ceti medi". Del resto, arricciare
il naso perchè uno viene dal militare, almeno da queste parti, è
come arricciarlo di fronte a chi proviene da un ghetto nero.
Se lo dice Ebe. E quasi sei milioni di venezuelani...
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