AVVENIMENTI
Guerra e pace
all’italiana
ARLEEN RODRÍGUEZ
DERIVET
Giornalista cubana
in viaggio di lavoro in Italia
Se si dipingessero
affreschi come quelli che raccontano l’eternità di questa
affascinante città museo, si dovrebbe dipingere una di queste
giornate, quando la bandiera multicolore della pace sventolava sulle
aste, alle finestre, sulle spalle, nelle tribune e nei giardini,
sotto il cielo e sulla terra e in tutti i casi per due
preoccupazioni molto differenti.
È chiaro che a
Roma come in tutta l’Italia la manifestazione dello scorso19 marzo
non è stata solo una di più nel coro universale che in molte città
del mondo ha chiesto la fine di una guerra inutile e ingiusta! Per
la maggioranza popolare si tratta di una domanda fondamentale anche
se il grido, come tante altre volte, ritornerà indietro senza eco
sulla volontà dei governi. Per altri si tratta invece solo di una
bandiera politica di moda...
L’Iraq, dove
l’Italia mantiene 3000 soldati contro ciò che dichiara la sua stessa
Costituzione - articolo 11 - è una voce molto sensibile nel pese
soprattutto dopo il riscatto drammatico della giornalista Giuliana
Sgrena, terminato a raffiche di mitragliatrice sparate contro Nicola
Callipari, oggi eroe, morto nell’azione. Le raffiche hanno ferito
anche l’altro agente ed all’inizio si parlava persino di un terzo
ferito che poi è scomparso... Questo fatto è un capitolo molto
oscuro nella guerra illegale contro il paese arabo.
L’atto glorioso
divenuto una tragedia per il “fuoco amico” delle truppe degli USA,
non si può separare dall’altra ferita al sentimento italiano
propiziato da coloro che comandano nella guerra e che la stampa
locale descrive brillantemente come un semplice gioco di parole:
l’annuncio del ritiro e il ritiro dell’annuncio!
Tutto il carisma
di Berlusconi è stato insufficiente per spiegare con dignità minima
perchè nel programma più seguito della TV italiana, Porta a Porta,
il primo ministro ha annunciato il ritiro delle truppe dall’Iraq a
settembre, ma poi, dopo una telefonata e una pubblica correzione di
Bush e di Blair alle dichiarazioni di Berlusconi, questi ha
dichiarato che non aveva detto quello che aveva detto.
La burla peggiore
è stata fatta ai deputati perchè i parlamentari avevano già
approvato un nuovo finanziamento per queste truppe che sono a
Nassirya durante una sessione ignorata da Berlusconi olimpicamente.
Alcuni hanno ricordato che il Cavaliere preferisce così tanto la TV
che nelle elezioni del 2001 andò a Porta a Porta per firmare il
detto “contratto con gli italiani” e persino il Presidente della
repubblica Ciampi, in visita a Londra si è sorpreso per l’ultima
performance del capo del governo davanti alla TV.
Comunque sono
pochi quelli che credono che questo discredito costerà la poltrona a
Berlusconi nel 2006. Il Cavaliere ha saputo superare i momenti più
duri, aiutato dalla divisione e dalla debolezza di una sinistra che
ha deciso di ricomporsi solo poco prima delle elezioni.
Poco prima delle
elezioni regionali che si svolgeranno il 4 il 5 aprile, decisive per
la continuità o l’alternanza dal potere, i partiti politici di
sinistra alleati in un’unione finalmente e quelli di destra da
sempre alleati, si distinguono uno dall’altro solo per i simboli o
per le discrepanze attorno al ruolo della penisola in una guerra che
quasi tutta la popolazione condanna come metodo di soluzione per un
conflitto.
Se la maggioranza
dei politici parla adesso di pace e di guerra è solo per motivazioni
elettorali, commentano molti italiani. Alla fine questo è il solo
tema nel quale le due tendenze sono meno discrepanti, non come nei
gravi problemi economici e sociali che si avvicinano e che già si
sentono, ma esibiscono alcune differenze e non sono radicali.
Con l’eccezione
onorata del Partito dei Comunisti italiani, che ha votato per il
ritorno immediato delle truppe, il resto delle forze politiche
all’opposizione coincide nel chiedere un ritiro graduale per cui non
sono state fissate date sino all’annuncio a sorpresa di Berlusconi
che ha ottenuto un vantaggio sugli avversari per perderlo poi
rapidamente dopo i rimproveri di Bush, obbligato a fare ammenda con
la stampa. Il capo ha giustificato con un sospiro che il suo era
solo un augurio.
Resta da
vedere che cosa succederà nel parlamento e se l’opposizione avrà il
coraggio di superare la proposta di Berlusconi o se ha appreso la
lezione che insegna che in questo tema come in tanti altri, l’Italia
non decide senza il consenso di Washington, perchè la democrazia è
una faccenda molto relativa!
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