AVVENIMENTI
Elian,
cinque anni dopo
Elián aveva quasi
sei anni quando sua madre ingannata da false promesse, dalla
criminale Ley de Ajuste nordamericana e da un uomo che non l’amava
con il cuore, perse la vita affogando nello stretto della Florida,
in una notte terribile, con altre 12 persone. Ma prima di morire
quella giovane mise Elián, il suo bambino che non aveva ancora sei
anni, su uno pneumatico di camion e gli diede una bottiglia d’acqua
ben stretta nelle mani. La zattera si era spaccata in due, c’erano
pescecani attorno ... Elián per due giorni e due notti rimase solo
in mezzo al mare, sino a quando una barca dei pescatori lo avvistò.
Lo portarono all’ospedale. Il bambino disse di chiamare suo padre,
diede il suo nome e il suo indirizzo. A Cuba. I pionieri cubani
imparano tutto questo da piccolissimi...
Intanto a
Matanzas il padre Juan Miguel con i nonni, disperati, stavano
affrontando l’assenza di Elián e di sua madre...
I rapporti tra
i due genitori erano ottimi e la mamma stava con Elián tutte le
volte che lo desiderava.
Poi la
notizia: il bambino è negli Stati Uniti. Un fratello del nonno
paterno lo ha portato a casa sua! La madre è annegata!
Il piccolo
divenne da quel momento un ostaggio della mafia di Miami. Quell’indegna
persona - che è anche una congressista, povera America! - che si
chiama Ileana Ros – Lethinen, la donna lupo come la denominarono i
cubani, maltrattò questo bambino solo e impaurito nel più bieco dei
modi: lo avvolse nella bandiera nordamericana, fece “lo zoo del
bambino cubano che adesso è libero e starà con noi!”
Era un inferno
mafioso, con falsi parenti che sfruttavano l’occasione per ricevere
benefici sostanziosi. (per rapire Elián quelli erano “parenti
stretti”, mentre ora per il governo nordamericano, con le nuove
misure di Bush contro le famiglie cubane, nemmeno i cugini sono
parenti...)
Elián aveva lo
sguardo spento e triste; un microfono di un giornalista captò la sua
vocina mentre diceva a un aereo che solcava il cielo : “Per piacere
portami a Cuba!”
La lotta
nell’Isola cominciò rapida. La famiglia si era rivolta al Ministero
degli Esteri per svolgere rapidamente la parte burocratica, con
tutta la fiducia nell’aiuto della Rivoluzione e di Fidel
personalmente, ma quando ci rese conto della realtà, cioè che il
bambino era divenuto un ostaggi politico per quella gente criminale,
Elián divenne il figlio di tutti i cubani.
Undici milioni
di persone si mobilitarono per ottenere il suo ritorno. Le marce
davanti all’Ufficio di Interesse degli Stati Uniti erano quasi
quotidiane. Iniziò la Battaglia delle idee e Fidel per primo la
guidava. Disse: “Vediamo se resistono contro di noi!”, perchè
sapeva che Elián sarebbe tornato a Cuba. Negli Stati Uniti, il paese
meno informato del mondo, si fece una battaglia per diffondere la
notizia del bambino ostaggio e l’opinione pubblica comprese e fece
sì che il piccolo potesse tornare a casa sua.
Io ricordo il
padre e la nonna materna, che è morta di recente, nei momenti più
difficili e sconfortanti con tutte le difficoltà che si presentavano
ogni giorno.
Ricordo lo
sdegno che provavo quando i moderni colonizzatori, cioè gli
stranieri – italiani - che sanno tutto e credono nel dio denaro,
disturbati perchè il traffico sul Malecón era spesso bloccato per
le marce e le sfilate in difesa di Elián dicevano: Ma questi cubani
che fessi! Per un bambino disturbano tutti quanti, ma perchè non
pagano degli avvocati migliori?” E non capivano quella lotta come
non capiscono la frase del Che: “Sino a quando ci sarà una persona
offesa e sfruttata non dovremo avere pace.” Egoismo e denaro, solo
quello conta...
Ma nessuno
mollò a Cuba tra i cubani e gli amici dell’Isola. Il viso di Elián
era su mille magliette, il suo banco lo aspettava, i suoi compagni
andarono a salutarlo in Florida quando la brutta avventura stava per
finire...
Poi finalmente
una notte, una donna poliziotto, Betty Mills, lo prese tra le
braccia, scappando dalla casa e dicendogli di non avere paura
perchè lo portava da suo papà. Lo avevano nascosto in un armadio per
non farlo prendere dalle autorità che avevano ricevuto l’ordine
ufficiale di riscattare il bambino. Elián era terrorizzato, c’erano
uomini armati pronti a sparare. Un incubo
La gentaglia
di Miami bruciò le bandiere nordamericane, gridò maledizioni al
presidente, al governo, a Fidel... Pregò ad alta voce che l’aereo
della Cubana che volava verso Cuba con Elián e la sua famiglia a
bordo precipitasse.
Questi sono i
cubano americani di Miami di estrema destra, quelli protetti dalle
amministrazioni di Washington per 45 e più anni, vigliacchi e
crudeli, e sono coloro che pagano i detti dissidenti, falsi
giornalisti, falsi pacifisti e poeti nell’Isola, a loro volta
complici di questi fascisti.
Elián tornò a
Cuba il 22 aprile di cinque anni fa; la Battaglia delle idee
continua più ampia che mai. È il primo della classe e ieri sera
nella Tribuna Anti Imperialista José Martí ha ringraziato tutti,
anche il popolo nordamericano per il suo felice ritorno a casa. Gli
specialisti dicono che non soffre traumi per gli orrori che ha
vissuto. È un bel bambino intelligente, molto allegro e
disciplinato.
Suo padre Juan
Miguel, negli Stati Uniti ha rifiutato quattro milioni di dollari
che gli regalavano se si fermava là...
La lotta a
Cuba adesso è per la libertà dei Cinque Eroi ingiustamente reclusi
negli Stati Uniti, ma la criminale Legge de Ajuste Cubano, questa
maledizione inventata dai cervelli biechi dell’esecutivo
nordamericano pende come una spada sui cubani più ingenui meno
onesti, ingannati anche dai trafficanti di persone... Piedi
bagnati, piedi asciutti dicono a Miami: ma solo se riesci a superare
lo stretto pieno di pescecani su imbarcazioni pericolose.
Gli USA
premiano chi rischia la vita ma negano il visto che dovrebbero
concedere dopo le firme degli accordi di emigrazione. Ora le visite
sono permesse solo tra stretti familiari - stabiliti dal governo
Bush- e ogni tre anni! Nemmeno Hitler aveva inventato crudeltà di
questa portata...
Quello che
vogliono la mafia e il governo di Washington è la morte, la
sofferenza e il dolore della popolazione cubana e nulla più.
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