AVVENIMENTI
Quello
che successe con il papa in Nicaragua (1983)
di
Ernesto Cardenal
su vari articoli
online del 04/04/2005
Questo è
uno scritto di Ernesto Cardinal, già sacerdote, rivoluzionario , e
poi ministro della cultura del governo sandinista del Nicaragua.
Ricorda la visita del papa in Nicaragua, ed è decisamente
rappresentativo su quello che è stata, la funzione politica di
questo pontificato, soprattutto negli anni '80, quando a braccetto
con la politica di Reagan, si caratterizzò come un eccezionale
crociato contro qualsiasi rivoluzione sociale.
Ma in Nicaragua qualcosa gli andò male...
Ciò che successe con il Papa in Nicaragua
"Bienvenido a Nicaragua Libre gracias a Dios y a la Revoluciòn",
recitava uno striscione messo all'aeroporto quando arrivò il Papa.
Se Giovanni Paolo II lo lesse sicuramente gli provocò più
arrabbiatura di quella che aveva già dentro.
Analisti religiosi fecero notare che era stato molto effusivo e
cordiale durante tutto il suo giro per il Centroamerica. Aveva
accarezzato i bambini, salutato i ragazzi e le ragazze ed alcuni
menomati, ma non fu lo stesso in Nicaragua perché rimase molto serio
e rigido, senza nessuna spontaneità affettiva, senza alcun gesto che
non fosse controllato. E questo accadde prima della confusione che
si generò durante la Messa in piazza.
Una delle prime cose che il Papa fece toccando suolo nicaraguense fu
l'umiliazione pubblica che mi fece all'aeroporto davanti a tutti i
mezzi di informazione. Nonostante questo non mi colse di sorpresa
perché me lo aspettavo ed ero preparato.
Il Nunzio Apostolico già mi aveva avvertito che sarebbe potuto
accadere. Il Papa non voleva che i sacerdoti che formavano parte del
Governo venissero ad accoglierlo all'aeroporto, ma solo a me
successe questo. Il Padre Miguel D'Escoto, che era Ministro degli
Esteri, era ad una riunione a Nueva Delhi. Mio fratello Fernando,
che sarebbe poi diventato Ministro dell'Educazione, ma che era già
dirigente della Juventud Sandinista. Il Padre Parrales, che aveva un
incarico diplomatico a Washington. Solo io, come membro del Governo,
dovevo essere presente all'aeroporto. Dissi alla Direzione Nazionale
che non avevo nessun interesse nell'essere presente al ricevimento e
che sarebbe stato meglio darmi un incarico da qualche altra parte
dato che, per l'arrivo del Papa, era una negoziazione continua. Chi
sarebbe salito sulla scaletta per accompagnare il Papa a terra, se
si toglieva il mural con i fondatori del Frente Sandinista dietro
alle spalle del Papa quando avrebbe celebrato la messa (non fu
tolto). Anche le cose più apparentemente insignificanti si
discutevano perché, quando viaggia il Papa, nulla è insignificante.
Per quello che mi riguarda la Direzione non cedette e mi dissero che
dovevo stare lì perché, oltre a far parte del governo, ero anche una
gloria nazionale.
Venimmo minacciati di sospendere il viaggio del Papa, ma siccome
poco tempo prima Reagan aveva fatto un giro in tutto il
Centroamerica ed aveva evitato il Nicaragua, per il Papa sarebbe
stato molto brutto ripetere la stessa cosa. Alla fine il Governo
fece una proposta: il Papa avrebbe salutato i Ministri da lontano in
modo da non venire a contatto con me.
Il Cardinale Silvestrini, che era il Vicesegretario di Stato mentre
il Cardinale Casaroli era il Segretario, arrivò una settimana prima
per definire tutti i dettagli e disse che questa era una soluzione
geniale e che così si sarebbe fatto. Il Papa, però, decise in un
altro modo.
Dopo tutti i saluti di protocollo, compresi quelli della guardia di
onore ed alla bandiera, il Papa chiese a Daniel, che lo portava a
braccetto, se poteva salutare i Ministri e lui disse naturalmente di
sì. Si diresse verso di noi. Affiancato da Daniel e da Casaroli il
Papa cominciò a dare la mano ai Ministri e quando mi si avvicinò, io
feci quello che ero già pronto a fare in base ai consigli del
Nunzio: mi tolsi il "basco" e mi inginocchiai per baciare l'anello.
Lui non permise che glielo baciassi e brandendo il dito come fosse
un bastone, mi disse con tono di rimprovero: "Lei deve regolarizzare
la sua posizione". Siccome non dissi nulla ripeté la sua brusca
ammonizione. Mentre tutte le telecamere del mondo stavano
riprendendo la scena.
Un giornalista del Atlantic Monthly scrisse che quando raccontai il
fatto a mia mamma, dispiaciuta per l'incidente, mi disse: "Pensavo
che ti avrebbe trattato da padre" ed io risposi: "Mi ha trattato da
padre, ma non da madre". Francamente non mi ricordo di questo.
Credo che tutto questo fu premeditato dal Papa e che le telecamere
fossero allerta. Il fatto è che queste immagini furono diffuse in
tutto il mondo e continuano ad esserlo: ancora adesso, 22 anni dopo,
mi hanno informato che le hanno tirate fuori in occasione di un
recente viaggio del Papa in queste zone.
In quella occasione, il nordamericano Blase Bonpane, scrisse una
lettera aperta al Papa dicendogli che era scandaloso quello che mi
aveva fatto e che doveva chiedermi perdono pubblicamente e gli fece
notare che, mentre a me aveva fatto questo, in Salvador aveva
abbracciato l'assassino di Monseñor Romero.
In effetti l'atto del Papa era stato ingiusto dato che la mia
situazione con la Chiesa era già regolarizzata. Il Vescovo locale mi
aveva già dato l'autorizzazione ad avere incarichi pubblici e così
anche gli altri sacerdoti che avevano questi tipi di incarichi e
questa autorizzazione era stata resa pubblica (Fu solo dopo che il
Vaticano ce lo proibì).
La verità è che la cosa che più dava fastidio al Papa era che la
Rivoluzione nicaraguense non perseguitava la Chiesa. Lui avrebbe
preferito un regime come quello polacco, anticattolico in un paese
altamente cattolico e quindi, impopolare.
Quello che meno voleva era una rivoluzione appoggiata in modo
massiccio dai cristiani, in un paese cristiano e quindi una
rivoluzione molto popolare. E la cosa peggiore era che si trattava
di una rivoluzione con sacerdoti!
Non era così la posizione del Cardinale Casaroli. Io ero stato
ricevuto da lui in Vaticano un anno prima. Il suo ufficio era sotto
a quello del Papa. Incominciò a dirmi che io sapevo benissimo quale
era la posizione del Vaticano rispetto a sacerdoti che avevano posti
di Governo, ma che credeva che il Nicaragua poteva essere
un'eccezione perché era una cosa nuova. Lui era solito dire in
Vaticano: "In Nicaragua tutto è nuovo". Mi domandò di Solentiname e
quando gli dissi che volevo rinunciare all'incarico per tornare là
vidi uno sguardo preoccupato sul suo volto. Mi disse che era una
decisione da non prendere con leggerezza e che doveva essere pensata
e consultata. Quando gli dissi che gli incarichi per i sacerdoti
nella Rivoluzione non erano onorifici, ma tra i più fondamentali,
vidi che rimase molto impressionato come fosse qualcosa a cui non
aveva pensato. Quello di Ministro degli Esteri era l'incarico più
importante in un Governo, quasi paragonabile al suo che era
Segretario di Stato. A Fernando gli avevano affidato la formazione
della gioventù, che era il futuro della Rivoluzione. Quello della
Cultura era il Ministero ideologico della Rivoluzione: incaricato
delle pubblicazioni, letteratura, cinema, teatro, arti plastiche,
musica, biblioteche, Case della Cultura. Mi disse nuovamente che
dovevo pensarci bene prima di tornare a Solentiname. Anche a lui,
quello che più gli piaceva, era dare lezioni di Filosofia, ma che
aveva rinunciato per il lavoro che gli avevano affidato in Vaticano.
Mi disse che conosceva bene il marxismo perché era stato Nunzio nei
paesi socialisti per 8 anni e che non avrebbe avuto nessun problema
con un marxismo che non obbligasse ad essere ateo e gli dissi che
questo era il marxismo della Rivoluzione in Nicaragua.
La notte precedente alla grande Messa del Papa a Managua, nella
stessa piazza mentre si facevano i preparativi per la messa, il
Governo e la gente celebrarono insieme i funerali di 17 ragazzi in
età scolare che erano stati uccisi dalla Contra.
Questo fu il primo attacco forte della Contra in Nicaragua. Non si
era ancora conformato l'esercito e la difesa era gestita dai giovani
che non avevano esperienza militare e nemmeno buone armi (quando li
attaccarono non avevano nemmeno messo la guardia). Il sangue era
fresco in questo posto e ci si aspettava, da parte del Papa, almeno
una parola in favore della pace.
Negli altri paesi centroamericani l'affluenza era stata dalle 75
mila alle 100 mila persone, ma a Managua ne arrivarono 700 mila ed
avevano viaggiato giorni per poter sentire il Papa. Vennero da tutte
le parti del Nicaragua con camion strapieni e tutta Managua era
piena di questi camion. La massa di gente era lì dalla mattina
presto sopportando il sole tremendo. Si era decretato giorno festivo
per l'arrivo del Papa ed il trasporto era gratis in tutto il paese.
In tutto il paese si formarono commissioni con le autorità civili,
militari e con il prete di ogni parrocchia per permettere l'arrivo a
Managua di tutti coloro che volessero ascoltare il Papa e tutto
questo, costò 50 mila dollari all'impoverito Nicaragua. Il Governo
fece tutto il possibile affinché la piazza si riempisse di gente
perché, riempirsi di gente, voleva dire riempirsi di rivoluzionari.
In quel tempo il Nicaragua aveva 3 milioni di persone e ne
arrivarono 700 mila e cioè un quarto della popolazione. Anche la
destra portò tutta la gente che poté e ne arrivarono 50 mila
capeggiate dal Padre Carballo che li accompagnò la notte precedente
per prendere i posti davanti.
Rimasi molto perplesso quando il Papa, all'aeroporto, disse che gli
dispiaceva per la gente a cui non avevano permesso di venire come
avrebbero voluto fare. Durante la messa lo ripeté varie volte e ci
metteva un'enfasi perversa in ogni sillaba affinché si capisse che
pensava che erano molti quelli a cui non avevano permesso di venire.
Sarebbero per caso potute venire più di 700 mila persone? E siccome
il discorso era già scritto ed era stato portato da Roma, come
potevano sapere che erano molte le persone a cui non si era permesso
venire?
All'inizio del pomeriggio di quel 4 marzo del 1983 eravamo già tutti
sudati perché quello è uno dei mesi più caldi in Nicaragua e ci
potevano essere 40°, ma nessuno poteva sapere che gli animi si
sarebbero riscaldati più di quei 40°.
In modo inatteso la Messa cominciò con un intervento del Vescovo
Obando. La Rivoluzione si era sforzata così tanto per riempire
questa piazza e tutto per sentire, ora, l'arcinemico della
Rivoluzione stessa. Durante tutte le negoziazioni non si era mai
contemplato che Monsignore Obando parlasse e lui dette il benvenuto
al Papa paragonando il suo arrivo in Nicaragua a quello di Giovanni
XXIII quando visitò un carcere di Roma. Mi colpì questo paragone del
Nicaragua con un carcere, ma mi colpì ancora di più l'applauso della
piazza. Il popolo si stava forse rivoltando contro di noi?
Le Letture della messa non furono casuali e si vedeva che erano
state scelte appositamente per usarle contro i sandinisti.
Dall'Antico Testamento si lesse il pezzo sulla Torre di Babele: gli
uomini che volevano essere uguali a Dio. Dal Nuovo Testamento si
lesse la parte del Buon Pastore: solo Cristo può esserlo e gli altri
sono ladri. Il tema dell'Omelia fu sull'unità della Chiesa che
voleva dire un attacco alla chiamata "Chiesa popolare" o "Chiesa
parallela": i cristiani rivoluzionari che venivano accusati di voler
distruggere questa unità.
Fernando ed io eravamo seduti vicini nella tribuna del Governo e
poco prima che cominciasse la messa, lo chiamò Daniel Ortega per
chiedergli di dire ad un gruppetto di teologi, che erano pronti ad
assessorare in caso di emergenza, che non c'era nulla da temere
perché aveva letto l'Omelia del Papa e non era conflittuale.
Il problema era che non sembrava conflittuale a chi la leggeva
velocemente , ma lo era se letta dal Papa. L'aggressività non era
nelle parole usate, ma nel tono accusatorio con cui venivano dette
ed a volte, gridate. Una cosa era dare un'occhiata ad un testo
innocuo, un'altra cosa era ascoltarlo letto dal Papa.
Era chiaro che il Papa odiava la Rivoluzione sandinista ed era
venuto in Nicaragua per scontrarsi. Quello che era più sconcertante
era che, ogni volta che finiva una frase, la folla scoppiava in un
applauso ed in Viva per il Papa. Ci sono stati momenti in cui ho
pensato che la Rivoluzione sarebbe crollata e che, se continuava
così, a tutti noi del Governo ci sarebbe toccato fare le valigie il
pomeriggio stesso. Fu in quel momento che finirono i grandi applausi
e quelli che applaudivano erano solo i 50 mila portati dal Padre
Carballo ed il resto della piazza aveva cominciato a protestare
contro il Papa.
Più tardi mi resi conto che l'orientamento della Rivoluzione in
tutto il Paese era stato di non gridare slogan politici e di
applaudire ed invocare il Papa ad ogni frase dell'Omelia perché,
come accordato con il Vaticano, si pensava che i contenuti sarebbero
stati solo di tipo Pastorale.
Se uno vede il video della Messa può rendersi conto come ci fu un
cambiamento progressivo tra la gente nella piazza. Prima smisero di
applaudire e poi cominciarono a protestare sempre di più mano a mano
che si rendevano conto che il Papa, parlando della Chiesa, stava
parlando contro la Rivoluzione e contro i cristiani ed i sacerdoti
della Rivoluzione stessa.
Quindi non fu, come molti hanno poi detto, un attacco premeditato al
Papa da parte della Rivoluzione, ma fu il Papa che attaccò per primo
ed il popolo rimase confuso e dubbioso per 20 minuti e poi reagì
contro il Papa.
Più volte aveva detto che il Nicaragua era la sua "seconda Polonia"
e questo fu un grande errore perché il Nicaragua non era la Polonia.
Pensava ci fosse un regime impopolare rifiutato dalla maggioranza
cristiana e che la sua presenza belligerante avrebbe creato una
sollevazione popolare contro i Comandanti della Direzione Nazionale
e contro la Giunta di Governo che erano presenti nella piazza. Che
sarebbe bastato parlare contro la Rivoluzione sandinista per avere
l'appoggio di tutta la piazza. Il Papa venne in Nicaragua per
destabilizzare la Rivoluzione e se non si fosse sbagliato tutti i
giornali avrebbero detto che il popolo rifiutava la Rivoluzione e
questa sarebbe stata la sua fine, come io ho per un attimo temuto.
Siccome il popolo appoggiò la Rivoluzione e rifiutò il Papa la
notizia che girò per il mondo fu "sull'affronto subito dal Papa in
Nicaragua". Il popolo mancò di rispetto al Papa, è vero, ma il Papa
fu il primo a mancare di rispetto al popolo.
All'inizio le madri dei 17 ragazzi uccisi chiesero al Papa una
preghiera per i loro figli e lui non le diede retta. Poi si
avvicinarono all'altare e cominciarono a chiederlo gridando. Altri
chiedevano una preghiera per la pace e poco dopo, erano in molti a
gridare "Vogliamo la pace" e ciò fece sì che il Papa rispondesse
alla moltitudine gridando: "La Chiesa è la prima che vuole la pace".
Più tardi, mentre la protesta cresceva sempre di più, prese il
microfono e gridò a pieni polmoni: "Silenzio!". Ciò fece ancora più
arrabbiare il popolo che non era abituato a che i loro dirigenti gli
gridassero in quel modo. "Silenzio!". Da quel momento la mancanza di
rispetto fu totale. Il Papa voleva recitare le parole della
Consacrazione, il momento più solenne della Messa , ma non poteva
per le grida della gente. "Vogliamo la pace", "Potere Popolare",
"Non passeranno!" Vi erano anche grida in favore del FSLN mentre, le
migliaia di persone di destra inneggiavano al Papa. In un video si
sente una donna che grida: "Non è un Papa dei poveri, guardate come
è vestito!".
Ancora due o tre volte il Papa gridò di stare zitti e per la prima
volta nella storia un papa veniva umiliato dalla gente. Nei video lo
si vede sconcertato per quello che stava succedendo e molte volte
dava segni di vacillamento con la voglia di abbandonare l'altare.
Alla fine della messa riuscì appena a dare la benedizione dopo
averci tentato per tre volte davanti alla moltitudine che stava
cantando l'inno del Frente Sandinista.
Il Papa andò direttamente all'aeroporto con un auto accompagnato
solo dal Vescovo Obando e durante il percorso nessuno dei due disse
una parola. L'autista della macchina, che era un ufficiale del
Ministero degli Interni, raccontò poi che il Papa era taciturno e
non disse nulla su quanto era successo.
Arrivato all'aeroporto volle salire sull'aereo senza nessun
protocollo di saluto, ma fu fermato e gli fu impedito di andarsene
in questo modo.
L'Ambasciatore del Nicaragua in Vaticano, il mio amico Ricardo
Peters, mi raccontò che, terminata la messa, si avvicinò a Monsignor
Casaroli per chiedere una sua opinione e gli disse: "Il Papa è
venuto a fare un atto politico in Nicaragua e Sua Eminenza ha visto
il risultato". Casaroli sembrava essere d'accordo e disse che
avrebbero visto come riparare questo a Roma, ma non fu mai riparato.
Casaroli era stato propenso a mantenere buone relazioni con il
Nicaragua e magari fu anche contento di ciò che era successo perché
dava ragione a lui e dimostrava che la politica del Papa era
sbagliata. Quello che accadde fu che Casaroli fu sospeso
dall'incarico di Segretario di Stato (il numero due del vaticano ed
un possibile futuro Papa) e mandato in un'oscura parrocchia in
Italia dove non so se avrà avuto la possibilità di dare lezione di
Filosofia come diceva. Monsignore Obando divenne Cardinale e prima
di tornare in Nicaragua si fermò a Miami per riunirsi con gli
esiliati nicaraguensi che lo accolsero con giubilo.
Quello che hanno detto il Vaticano, i mezzi di comunicazione
dell'informazione capitalista del mondo intero, molti vescovi, fu
che il regime marxista del Nicaragua aveva commesso un oltraggio
contro il Sommo Pontefice e si parlò di sacrilegio e di profanazione
della messa papale. In altre città di paesi centroamericani che
visitò dopo furono celebrate messe per recuperare il fatto.
Certamente fu gettato discredito sulla Rivoluzione, ma cosa sarebbe
successo se il popolo avesse continuato ad applaudire? Mi sembra che
fu una prova di fuoco per la Rivoluzione e che ne uscì trionfante.
Era una popolazione prevalentemente cattolica quella che era
presente e nemmeno tutto il prestigio ed il potere spirituale del
papa di Roma riuscì a farla rivoltare contro i propri dirigenti, ma
si rivoltò contro il Papa.
Negli Stati Uniti il giornale cattolico National Catholic Reporter
scrisse che il Papa in Nicaragua si era rifiutato di parlare di pace
come aveva fatto in altre paesi centroamericani e la moltitudine gli
si era rivoltata contro come aveva fatto San Paolo con il primo
Papa.
Altri segnalarono che nelle varie messe campali in Centroamerica il
messaggio del Papa fu di pace, meno che in Nicaragua, dove era
ancora di più necessario perché stava affrontando una guerra. Non
pregò per la pace e nemmeno per i caduti. Venne anche segnalato che
nei paesi latinoamericani dove esisteva una guerriglia il Papa si
rivolgeva ai guerriglieri esortandoli a deporre le armi. In
Nicaragua non lo fece nonostante soffrisse una guerra finanziata da
Reagan ed era un posto dove la sua esortazione avrebbe potuto
sortire qualche effetto dato che venivano commesse atrocità e
crimini invocando il suo nome.
Pochi mesi dopo circolò per il mondo un documento segreto dal quale
il Papa prese spunto, informandolo sulla situazione politica ed
ecclesiastica, per la visita che avrebbe fatto in Nicaragua. Teologi
spagnoli dissero che l'attitudine del Papa sembrava derivata dal
fatto di essersi attenuto letteralmente alle proposte di questo
documento e che da qui si può ricavare una spiegazione al suo
comportamento. La rivista francese Informaciones Catolicas
Internacionales commentò: "Sembra più un documento fatto dal
Consiglio di Sicurezza degli Stati Uniti che un documento pastorale.
Tutto il testo riguarda la politica ed i rapporti di forza; non
esiste nessuna preoccupazione pastorale o evangelica". Si scoprì che
l'autore era il nicaraguense Humberto Belli, un fanatico di destra
che dopo il trionfo della rivoluzione diresse la campagna ideologica
del giornale La Prensa in campo religioso. Collaborò strettamente
con Monsignore Obando e più tardi, con gli Stati Uniti, organizzò
una campagna di diffamazione sulla Rivoluzione sandinista e sui
settori della Chiesa che l'appoggiavano. Le tesi di Belli,
sintetizzate da una équipe specializzata nordamericana, furono date
al Papa con una struttura grammaticale e sintattica presa
dall'inglese e da queste, elaborarono il discorso del Papa in
Nicaragua.
Inoltre c'è altro che il Vaticano ha tenuto segreto e sono molto
pochi quelli che l'hanno saputo. Con il Papa in Nicaragua arrivarono
anche 20 giubbotti antiproiettile ed insistettero affinché ne usasse
uno durante la messa, ma lui non volle. Per me questo è un fatto
molto chiaro: sapevano che il Papa avrebbe fatto un discorso di
fuoco in Nicaragua e che avrebbe potuto rovesciare il Governo e che
quindi, avrebbe potuto subire un attentato.
Il Superiore Generale di un ordine religioso molto vincolato al
Vaticano ha rivelato in confidenza che il Papa Giovanni Paolo II era
molto vendicativo e che non si è mai dimenticato di ciò che era
successo in Nicaragua. Questo mi venne confermato quando, anni più
tardi, il Papa tornò in Nicaragua per vendicarsi dei sandinisti e
non perse l'occasione per umiliare i dirigenti che lo avevano
umiliato e che avevano perso il potere politico dopo la sconfitta
elettorale. Ottenne anche che il National Catholic Reporter
scrivesse questa volta che il Papa, che aveva visitato un carcere di
Roma per perdonare la persona che aveva attentato contro la sua
vita, non era riuscito a perdonare i sandinisti.
Questa seconda volta il Papa, durante la sua messa campale, disse
che questa volta finalmente erano potuti arrivare in piazza tutti
quelli che avevano voluto dimostrare la loro fede e senza che
nessuno glielo impedisse: nonostante che il pubblico presente non
fosse nemmeno un terzo di quello che era arrivato la prima volta.
Si riferì al Nicaragua della prima volta chiamandolo "la notte
scura" nonostante quella volta la messa fu a metà del pomeriggio in
pieno sole.
Ed è vero che per molti cattolici, quella volta, quando verso sera
si allontanarono dalla piazza coperta di fogli, quelle che caddero
furono tenebre e vacillò la fede di molti e molti la persero.
E forse chi interpretò nel modo migliore la maggioranza di coloro
che colmarono la piazza fu un venditore di noccioline che disse: "Il
Papa non ci ha detto niente, ci ha lasciato un vuoto".
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