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Ricordando Shafick 

 

Molti dirigenti politici hanno ricordato l’amico e compagno Shafick Handal in una cerimonia triste e intensa, molto emozionante che si è svolta nel grande cortile della sede centrale del ICAP, l’Istituto di Amicizia tra i popoli.

Tutti lo ricordiamo perfettamente questo grande uomo, trascinatore, coraggioso, battagliero, pieno di vita e di fede nell’umanità, che ha avuto una vita durissima, ma anche grandi soddisfazioni.

L’ultima forse lo ha emozionato troppo.

Io lo ricordo a Plaza de la Revoluciòn veemente e nel Palazzo delle Convezioni, nell’Incontro Internazionale contro il Terrorismo  sempre cosi battagliero, analitico, simpatico e  disponibile con quegli occhi vivi...

Schafick Handal è morto. Aveva 75 anni e il suo cuore gli ha fatto un brutto scherzo poco dopo l’atterraggio nel suo amato El Salvador, dopo aver assistito emozionato all’elezione ufficiale a presidente  di Evo Morales, in Bolivia.

Un’agenzia di notizie lo ha definito emblematico, questo ex capo dei guerriglieri, mentre altri mezzi di comunicazione hanno riconosciuto la sua lunga dedizione alle lotte sociali e politiche, oltre alla sua militanza comunista.

Ha guidato il Partito Comunista in El Salvador negli anni difficili e eroici della lotta contro i regimi repressivi e e venduti ed ha continuato anche dopo la guerra, quando è stato fondato il Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale.

È stato uno degli uomini più ricercati dagli Stati Uniti e dagli squadroni della morte al loro servizio nella più piccola repubblica americana, la Pollicina, come si chiama popolarmente.

Erano i tempi della detta guerra di bassa intensità lanciata dall’amministrazione Reagan in America centrale, quando i guerriglieri del FMLN davano scacco matto all’esercito dell’oligarchia addestrata e armata sino ai denti di Washington.

Dopo gli accordi di pace del 1992, Schafik era diventato la principale figura dell’ex guerriglia diventata un partito politico, del quale fu candidato alla presidenza nelle elezioni del 2004.

La destra e i mezzi di comunicazione al suo servizio lo chiamavano ortodosso e dogmatico, che  era la maniera di attaccare la difesa intransigente di Shafik del socialismo e non fu per caso che scatenarono una sudicia campagna mediatica contro di lui, pagata tra gli altri con i milioni della mafia cubano americana di Miami.

Shafik era nato il 14 ottobre del 1930 a Usulután,  figlio di emigranti palestinesi dalla città di Belen. Era il maggiore di sei fratelli, uno dei quali fu uno tra le migliaia di desaparacidos del suo paese.

La lotta contro la dittatura di Maximiliano Hernández fu l’impatto con la battaglia politica. Ha vissuto buona parte della sua vita in clandestinità, in esilio, perseguitato.

Ha difeso a oltranza la Rivoluzione Cubana e ha mantenuto una calda e stretta relazione con Fidel, suo amico, suo fratello.

Come non ricordarlo quando parlava al popolo cubano, tante volte, come lo ha fato di fronte alla folla che colmava  Plaza de la Revolución dell’Avana il  1º Maggio del 2005?

Allora aveva condannato la complicità della Casa Bianca con il terrorista Luis Posada Carriles che anche in El Salvador aveva preparato e eseguito i suoi orrendi crimini. In quella storica giornata aveva detto: “I popoli hanno il diritto di liberarsi dal neoliberismo, dal capitalismo, che sono terrorismo e i popoli sanno che il socialismo è umanesimo!” e quella frase fu applaudita da migliaia di cubani là riuniti.

Un mese dopo era tornato all’Avana come delegato all’incontro internazionale contro il terrorismo, per la verità e la giustizia.

Era pieno di ottimismo per i cambiamenti che stanno avvenendo in America Latina.

E con questa fede è morto, ma prima ha abbracciato Evo e ha confermato alla Bolivia sofferente che il futuro è dei popoli e degli uomini come lui. (G.M. e O.O.L.)

 

servizio fotografico Samuel Hernandez (Siporcuba)
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Esteban Lazo membro del Burò Politico

studenti salvadoregni

presidenza dell'Atto

pubblico presente all'ICAP

rappresentante del FMLN in Avana