Reporters
Senza Frontiere: spudorati e condannati
RSF si dovrebbe
chiamare: Reporters senza Decenza. Pochi giorni fa la giustizia
francese, di nuovo, ha condannato questa assai poco etica
organizzazione non governativa, con sede a Parigi, per aver violato
la risoluzione legale con la quale le era stato proibito l’utilizzo
della celebre immagine del Che Guevara scattata da Alberto Korda e
usata in una campagna di comunicazione contro Cuba.
Il 9 luglio
dell’anno scorso il Tribunale per le Grandi Istanze di Parigi aveva
multato RSF e aveva ordinato di non utilizzare e distruggere tutto
il materiale che riproduceva l’infame manipolazione dell’immagine di
Che Guevara.
La denuncia era
partita da Diana Diaz, figlia di Alberto Korda e sua erede
universale.
Il capo di RSF,
Roberto Menard, non solamente ha conservato tutte le copie dei
libelli con le immagini, ma ha anche avuto la sfacciataggine di
mostrarle nuovamente in un canale della TV francese la scorsa
settimana.
Pochi giorni
dopo, con un ordine giudiziario, è stata perquisita la sede di RSF
dove sono state trovate migliaia di cartoline e adesivi e il
manifesto che Robert Menard aveva posto a una parete del suo ufficio
e che era stato ripreso dalla televisione.
“È evidente, ha
commentato Diana Diaz, la mala fede di questo individuo e io ho
posto nuovamente nelle mani del mio avvocato la querela.” Il giudice
ha stabilito che la denuncia della figlia di Korda era giusta e ha
decretato il pagamento di una multa. La somma verrà consegnata alla
società “Korda Handicap, un gruppo di solidarietà francese che
promuove l’opera dell’artista cubano e raccoglie fondi per le
istituzioni cubane dove si assistono i bambini handicappati.
“Menard è cosi
cinico che ha cantato vittoria perchè l’ammontare dell’indennizzo
non manderà sul lastrico la sua organizzazione” ha commentato
amaramente Diana Diaz.
“La bassezza di
Menard non gli permette nemmeno di comprendere che si tratta di un
diritto morale. Mio padre non avrebbe mai permesso l’utilizzo di
un’immagine sua e soprattutto del Che in una campagna contro la
Rivoluzione cubana!”
RSF ha una
lunga carriera come promotrice di attività contro Cuba. Tra le
ultime azioni c’è quella di voler aprire un ufficio a Miami dove
vivono i più stretti collaboratori, membri molto attivi della mafia
cubano - americana.
RSF è stata
sospesa per un anno dalla ONU come Organizzazione non governativa
per mancanza di etica nel suo operato e la famiglia del cameraman
spagnolo ucciso in un albergo a Baghdad, José Couso, ha vietato
all’organizzazione di intromettersi nella causa e ha denunciato la
sua posizione sempre evidentemente venduta all’impero.
“La pace è
noiosa!” si intitola un articolo di Der Spiegel, la rivista tedesca,
pubblicato nel 2003 quando le truppe nordamericane pensavano di aver
conquistato Baghdad.
L’eroe in quel
testo firmato da Klaus Brinkbaumer era il tenente colonnello Philip
De Cmap della US Army. Un mese prima De Camp aveva ordinato il
criminale bombardamento dell’Hotel Palestina nella capitale
irachena. Lo stesso De Camp è stato il testimone centrale nella
relazione truccata di Reporters Senza Frontiere – RSF- sulla morte
del cameraman spagnolo José Causo.
“Se devi
camminare la guerra non è così divertente: è meglio farla su un
carro armato!” aveva commentato De Camp che stando al giornalista
tedesco ha partecipato all’invasione in un M1A1 Abrams, che vale 4.3
milioni di dollari.
Il giornalista
ha chiesto al nordamericano: “Quanti iracheni ha preso, Sir?”
usando il “Sir” regolamentare di quando un subalterno parla con un
superiore. “Questo non ha importanza!” ha risposto l’ufficiale. De
Camp è nato a Fort Benning, in Georgia, da un padre generale, in una
famiglia dove tutti sono militari per tradizione. Gli è stato
imposto il nome di Alexander Philips, in onore di Alessandro il
grande e Philip Le Camp. De Camp ha vissuto a Washington, Nuova
Orleans, a Vilseck in Germania ed ha partecipato alla Guerra del
Golfo sferrata da George Bush padre.
L’intervista
del giornalista tedesco è stata realizzata nell’ufficio dell’ex
capo di stato iracheno. De Camp, bevendo Cola ha raccontato molti
aneddoti tra i quali la scoperta di una bottiglia di Dom Perignon
del 1985, che si è portato a Fort Stewart, la su a casa - base
negli USA.
Poco prima
aveva concesso un’altra intervista a David Zucchino del Los Angeles
Times, con la stessa arroganza imperiale. Questa intervista l’aveva
concessa dalla ex residenza di Hussein. De Camp ha raccomandato di
usare questa residenza come sede del governo di transizione,
segnalava il giornalista e così è stato.
Gli inganni:
chi beneficiano?
Tutto questo
non è molto importante se non fosse che De Camp è chi ha ordinato il
bombardamento dell’Hotel Palestina a Baghdad l’8 aprile del 2003,
dove si trovavano centinaia di giornalisti stranieri, provocando la
morte dal cameraman spagnolo José Couso e del suo collega ucraniano
Taras Protsyuk. Non avrebbe importanza se Jean Paul Mauri,
giornalista del settimanale Le Nouvel Observateur, autore della
condiscendente relazione di RSF su questo atto criminale non fosse
amico intimo di questo ufficiale della US Army.
Le conclusioni
di questa relazione scusano e discolpano gli autori materiali e
noti della sparatoria contro l’Hotel Palestina partendo dalla dubbia
imparzialità di giornalisti “troppo interessati” e delle
testimonianze degli autori e responsabili della sparatoria, come
hanno segnalato i familiari di Couso nel documento con il quale
rifiutano con sdegno le conclusioni di RSF.
La famiglia di
Couso ha indicato che la relazione di RSF si basa sulla
testimonianza dei giornalisti vincolati alle forze nordamericane
(troppo interessati), come Chris Tomlinson, di AP, che ha fatto
parte per sette anni dei servizi segreti dell’esercito USA.
Un’assoluta
mancanza di delicatezza è la biografia “così umana” degli assassini
di José Couso e Taras Protsyuk che termina con molti ringraziamenti
a questi militari nordamericani che hanno collaborato alla stesura
della relazione – come si legge nel testo del 16 gennaio scorso.
Questi
ringraziamenti confermano le strette relazioni del
“progressista
di sinistra” Robert Menard, con la destra più conservatrice degli
USA che gli garantisce le sovvenzioni e gli apporti finanziari da
parte di istituzioni come la USAID, la USIA e la NED. Queste somme
vengono offerte a Menard per svolgere il suo lavoro contro Cuba e
altri paesi che non piacciono agli Stati Uniti come il Venezuela o
la Cina.
Menard non
viene pagato per difendere delle cause giuste, ma per organizzare
campagne contro Cuba e il Venezuela e in tutti i paesi dove RSF ha
una sede. Nascondere verità come quella sulla morte di Couso (se
vengono posti in gioco gli interessi nordamericani), finanziare
pseudo giornalisti indipendenti come avviene a Cuba è il suo lavoro
di informatore dei servizi di sicurezza statunitensi con altri
compiti similari.
I fatti del
bombardamento dell’Hotel Palestina sono noti e si possono leggere
anche scritti in maniera molto trasparente nella querela depositata
dalla famiglia Couso presso il tribunale spagnolo. È stato De Camp
però, un buon amico, a dare l’ordine criminale di sparare da uno dei
suoi carri armati Abrams M1A1 - che verranno elogiati nella rivista
tedesca citata - contro l’albergo che, era più che noto, ospitava
tutta la stampa estera presente a Baghdad.
Questo è il
testo:
I Killers della
Compagnia A
Alle 10.46 del
giorno 8 aprile i carri armati del Reggimento Blindato del 4º
Battaglione dell’esercito degli Stati Uniti si situarono a un
estremo del ponte Jumhuriya, che si trova a un Km. e mezzo
dall’Hotel Palestina, dove alloggiavano circa 300 giornalisti e
inviati speciali della stampa internazionale, fatto ben noto sia
alla coalizione anglo nordamericana che agli iracheni.
Poco dopo le
11.00 il carro armato degli USA, Abrams M1 della compagnia A del 64º
Reggimento girò la sua torretta e dopo alcuni minuti sparò un
proiettile contro l’albergo all’altezza del quinto piano.
José Causo,
cameraman e giornalista di Tele 5, spagnolo di 37 anni, venne
colpito mentre stava filmando dalla stanza 1403 dell’hotel Palestina
di Baghdad e morì poche ore dopo nell’ospedale Ibn Nafis per le
ferite.
Il carro armato
Abrams M1 che sparò volontariamente contro l’Hotel Palestina
apparteneva alla Divisione di Fanteria Corazzata degli Stati Uniti,
2ª Brigata del 64º Reggimento dei Blindati, Compagnia A.
La persona che
ha sparato dal carro armato è il sergente Gibson e lo stesso, come
ha trasmesso Tele 5 il giorno 8 di maggio in vari notiziari, disse
che “c’era qualcuno che osservava con un binocolo dall’hotel. Gibson
ha detto “Non ho sparato immediatamente, ho chiamato i miei capi e
ho detto quello che avevo visto. Dieci minuti dopo mi hanno detto di
sparare sull’hotel e io l’ho fatto!” (nastro registrato B di 1 ora
11 minuti e 45 secondi)
Il capitano
Philip Wolford è colui che ha autorizzato la sparatoria come è stato
pubblicato da Le Nouvel Observateur. Egli è uno degli artiglieri del
carro armato dove avevano visto che qualcuno stava guardando con un
binocolo dall’hotel...
Philp Wolford è
il responsabile dell’unità blindata della Compagnia A, conosciuta
con il grazioso nomignolo di The Killers (gli assassini), come ha
pubblicato il Boston Herald.
Wolford
appartiene al 64º Reggimento blindato e si trovava esattamente
dietro al carro armato nel momento dello sparo. Chi ha ordinato di
sparare è stato il tenente colonnello De Camp, superiore del
Capitano e responsabile del 64º Reggimento di blindati del quale fa
parte la Compagnia A, come è stato dichiarato al Los Angeles Times
il giorno 11 aprile.
Aznar nella
campagna di menzogne con Bush e Powell
La relazione di
RSF non dice nulla di nuovo. Semplicemente ha aggiunto alla campagna
di menzogne già diffuse dal governo nordamericani e dal suo servile
alleato di Madrid, José Maria Aznar, una nuova confusione, maggior
disinformazione e false notizie.
Un mese dopo
(ricorda l’investigatore James Hollander) la morte di Jose Couso -
www.rebelion.com - il presidente Aznar andò a Washington per
affermare la sua lealtà a Bush. In una conferenza stampa un
giornalista spagnolo ebbe l’ardire di chiedere a George Bush una
dichiarazione sulla morte di Couso e del suo collega, chiedendo se
gli USA avrebbero chiesto perlomeno scusa.
“Credo che la
guerra sia un luogo pericoloso e credo che nessuno ammazzerebbe un
giornalista intenzionalmente!” ha risposto irato Bush.
Aznar ha
aggiunto che gli USA riconoscevano che era stato un errore - e anche
questa è un’enorme falsità perchè non è mai stato detto - e
inoltre non è mai stato nemmeno riconosciuto. Aznar ha dimostrato
la sua posizione, cioè che è pronto a sacrificare non si sa bene
quanti cittadini spagnoli, tutti quelli necessari comunque,
sull’altare della sua lealtà al capo imperiale. Aznar ha dichiarato
che quanto commentato doveva essere più che sufficiente!
Va ricordato
che Aznar è uno dei vassalli usato dagli USA per condizionare a
arrestare la posizione di molti paesi ispano americani in relazione
alla immunità per i soldati nordamericani nel Tribunale Penale
Internazionale dell’Aia. Se al presidente della Repubblica di Spagna
( sic !) così lo ha chiamato il colto Jeb Bush, la morte di
migliaia di civili iracheni o la protesta della popolazione
spagnola per la partecipazione alla guerra dell’impero, sarebbe
ingenuo pensare che la semplice morte di un giornalista potrebbe
commuovere Aznar.
Le piroette
dell’impero
Per RSF la
morte di Couso e del suo collega sono “un incidente” che si può
cancellare con alcune piroette, assolvendo comodamente tutti gli
autori del crimine con la complicità della stampa commerciale che si
auto definisce e pretende libera e lasciando la responsabilità a una
gigantesca macchina statale che ha già scartato il tema.
Il metodo
Menard è caratteristico: 48 ore dopo la morte di Cuoso e di Protyuk,
RSF, la ONg che non ha mai menzionato nemmeno una volta gli Stati
Uniti nella sua ultima relazione sulla libertà di stampa, ha dato
tutta la suo Home Page del sito Web alla “mancanza di libertà di
espressione a Cuba.”
I casi come
quello di Couso hanno messo chiaramente in rilievo il vero senso dei
costanti sforzi di Menard per orientare la sua ONG, finanziata dagli
Stati Uniti e da multinazionali delle comunicazioni, in accordo con
gli orientamenti dei servizi segreti nordamericani.
Dopo la morte
del reporter spagnolo, la famiglia di Couso mantiene un sito Web
www.josecaouso.info
nel quale si
pubblicano centinaia di messaggio di solidarietà e commenti tra i
quali questo apparso con il titolo “Reporters senza decenza”:
“Proteggimi dai
compagni di Reporteres senza Frontiera di Couso - ha scritto
l’autore anonimo - che dei nemici mi incarico io...”
Pedro de la
Hoz- Jean Guy Allard - Gioia Minuti
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