STORIA
L’ASSALTO AL
PALAZZO PRESIDENZIALE DEL 1957
13 Marzo - Un testimone eccezionale FAURE CHOMÓN,
Comandante dell’Esercito Rebelde
Commemorando il
49º anniversario del 13 Marzo ricordiamo che oltre alle azioni
armate di quel giorno e dei giorni seguenti avvennero altri episodi.
Cento o forse mille e non solo all’Avana ma in tutta l’Isola.
Ne racconterò uno
per il giorno della stampa.
Nel Palazzo
presidenziale del tiranno c’era un salone dedicato ai giornalisti
per ricevere le notizia che distribuivano i venduti al regime.
Il 13 marzo si
trovava di guardia nel salone un giornalista famoso: Torres Momplet.
Era un giorno
molto caldo e noioso e dopo le tre del pomeriggio l’atmosfera
soffocante lo pose in uno stato di noia e sonnolenza impaziente, in
quell’attesa lunghissima...
Un trillo di
telefono lo svegliò e quando rispose sentì la voce del direttore
d’informazione del quotidiano Tempo Cuba, di proprietà del capo
banda d’un gruppo di criminali della tirannia, “le tigri” di Rolando
Masferrer.
“Dimmi Torres
Momplet, è vero che stanno attaccando il palazzo presidenziale”?
“Ma che dici, qui
non succede niente, tutto è assolutamente tranquillo”!
E riattaccò il
ricevitore. In quell’istante udì una raffica di mitragliatrice che
lo sgomentò perchè comprese che l’attacco era stato già una notizia
prima della sua realizzazione.
Per la prima volta
lui, giornalista, si lanciò al suolo con le mani e le braccia sulla
testa e rimase per ore così, ascoltando i colpi di mitraglia e le
esplosioni che facevano tremare l’edificio, senza sapere con
certezza se si stava svolgendo un combattimento cruento.
Rimase cosi tutto
il tempio sino a quando tacque il ruggito delle armi da fuoco e
cadde un silenzio assoluto che lui lasciò trascorrere cercando di
capire se tutto era davvero terminato.
Finalmente si alzò
in piedi e prestò attenzione al lieve mormorio che si cominciava a
sentire.
Uscì e vide un
capitano, suo amico, che era giunto lì e che con una mano prendeva
per i capelli, uno a uno, i combattenti feriti, mentre con l’altra
mano sparava raffiche con la mitragliatrice. Si sentivano le grida
della moglie del tiranno che scendendo le scale urlava: “Ammazzateli
tutti”!
Quelle scene gli
fecero orrore e lo riempirono d’una impotenza angosciosa perchè non
aveva mai pensato che quel suo amico potesse essere capace di tanta
vigliaccheria criminale. Poteva andarsene, ma il suo ruolo di
giornalista vinse e decise di restare ad osservare il corso degli
avvenimenti.
Dopo gli spari del
capitano si incrementarono anche quelli della soldataglia, che
assassinava i feriti ai piani superiori e per la strada.
Ebbri d’una falsa
vittoria, facevano udire le armi alle quali si univa il rumore dei
carri armati e delle armi pesanti. Sparatorie senza ragione che
simulavano un combattimento che non avevano affrontato,
abbandonando il tiranno solo per tutte le ore di durata
dell’azione.
Il giorno seguente
Batista di riunì con i suoi seguaci.
All’alba Torres
Momplet osservò che si formava la guarnigione nel cortile per far sì
che il tiranno, dal piano superiore salutasse con lieve gesti della
mano, senza dire una parola, perchè diceva Torres Momplet, Batista
aveva perso la voce e i suoi capelli erano diventati tutti bianchi.
”È così che io lo
vidi” affermò Torres Momplet.
Erano passati
alcuni anni dal trionfo della Rivoluzione, un giorno in cui mi
trovavo nel Ministero del Trasporto (Faure Chomon era ministro di
quell’organismo, all’epoca) e ricevetti una telefonata dal
giornalista che mi chiedeva un incontro. Io gli dissi di sì e ci
vedemmo nel mio ufficio. Lui mi raccontò questa cronaca dal Palazzo.
La mia impressione
era che Torres Momplet sentiva rimorsi per aver taciuto quello che
aveva visto e sentito e provava la necessità di comunicare tutti i
fatti che avvennero al termine dell’assalto al Palazzo, dei quali
egli fu testimone accidentale. Non li aveva mai scritti perchè si
sentiva troppo colpito per via del suo amico capitano – che lui
stimava molto - ma che era in realtà un sadico e vigliacco
assassino.
Durante la
tirannia non parlò di quei fatti e dopo la sconfitta di Batista non
incontrò nulla di meglio di confessare tutto a uno dei combattenti
di quell’azione...
Al termine del suo
racconto chiesi il permesso a Torres Momplet di registrare la sua
testimonianza ed egli acconsentì a ripetere il racconto.
Quando si elaborò
il piano di combattimento per l’attacco al Palazzo Presidenziale si
istruirono i membri del commando su come dovevano agire prima di
entrare nei locali dell’edificio. Dovevano lanciare una granata
saltando da un alto all’altro della porta e sparando raffiche di
mitraglia e poi entrare sparando ininterrottamente per neutralizzare
qualsiasi resistenza.
Questo valeva per
tutti i piani del Palazzo meno il terzo, che era la residenza di
Batista e della sua famiglia. Lì si doveva entrare senza sparare per
non ferire la moglie e i figli o qualsiasi altro civile, anche a
costo della vita del combattente.
Compagni
coraggiosi morirono combattendo o furono assassinati quel giorno.
La concezione
etica del combattimento permise la sopravvivenza di Torres Momplet e
di vari impiegati del servizio civile del Palazzo: un contrasto
terribile con quel barbaro stermino a cui furono sottoposti i nostri
compagni feriti nell’azione.
La tirannia non
ebbe il coraggio di fare un processo per i fatti del 13 marzo: non
avevano prigionieri e temevano un’esperienza come quella del
processo dopo l’attacco alla Caserma Moncada, che divenne una
Tribuna della Rivoluzione, quando Fidel Castro fece la sua famosa
difesa, nota come “La storia mi assolverà”, che incise fortemente la
coscienza nazionale.
I prigionieri
erano morti tutti per cui potevano intervenire solamente gli
avvocati rivoluzionari per denunciare i crimini di quel giorno.
Cosi quel 13 marzo
fu anche una sconfitta giuridica per la tirannia.
Questi sono i
Combattenti del 13 Marzo del 1957 morti durante quell’azione o
assassinati dopo l’azione:
José Antonio Echeverría Bianchi
Ramón Alfaro Betancourt
Luis
Felipe Almeyda Hernández
Ormani Arenado Llonch
José Briñas García
Juan Pedro Carbó Serviá (20-4-57)
José Castellanos Valdés
Mario Cazañas Díaz
Adolfo Delgado Rodríguez
Ubaldo Díaz Fuentes
Enrique Echevarría Acosta
Pedro Julio Esperón Álvarez
José Luis Gómez-Wangüemert
Carlos Gutiérrez Menoyo
Norberto Hernández Nodal
Reinaldo León Llera
José Machado Rodríguez (20-4-57)
Pedro Martínez Brito (10-7-58)
Gerardo Medina Cardentey
Pedro Nolazco Monzón Martínez
Menelao Mora Morales
Celestino Pacheco Medina
Eduardo Panizo Busto
Carlos Manuel Pérez Domínguez
Evelio Prieto Guillama (14-3-57)
Mario Reguera Gómez
Abelardo Rodríguez Mederos
Fructuoso Rodríguez Pérez (20-4-57)
Pedro Sayden Rivera
Pedro Téllez Valdés
Joe Westbrook Rosales 820-4-57
|