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rRIVISTA TELEMATICA MENSILE A CURA DI GIOIA MINUTI
STORIA

 

13 marzo  1957: ASSALTATO IL PALAZZO PRESIDENZIALE!

Un gruppo di giovani universitari comandati da José A. Echeverría giunse al punto di giustiziare il tiranno Fulgencio Batista nel suo stesso ufficio

GUSTAVO BECERRA – speciale per Granma Internacional

 

È ancora sconvolgente ascoltare l’acuta e vibrante voce del giovane José Antonio Echeverría registrata casualmente da un radioamatore, quel pomeriggio del 13 marzo del 1957. 

“Popolo di Cuba, in questo momento è stato giustiziato Rivoluzionariamente il dittatore Fulgencio Batista, nel suo covo del Palazzo presidenziale. Il popolo di Cuba è venuto a presentargli il conto... Cubani che mi ascoltate, è appena stato eliminato...”

Poi il tic - tac di Radio Reloj (radio orologio) tacque  e l’emittente rimase muta, senza più parole...

Questo annuncio del presidente della Federazione Studentesca Universitaria - FEU - è divenuto il suo testamento politico, poichè pochi minuti dopo egli moriva, abbattuto nello scontro con la polizia della dittatura, all’angolo tra calle 27 di Novembre e calle L, nel Vedado, in uno dei lati della sua casa per eccellenza, l’Università dell’Avana.

I fatti immediatamente precedenti all’assalto del Palazzo Presidenziale e all’occupazione di Radio Reloj si leggono nella “Carta del Messico” firmata da Fidel Castro e José Antonio, nella quale le due organizzazioni – il Direttorio Rivoluzionario, cioè il braccio armato della FEU e il Movimento 26 di Luglio – avevano deciso di unire solidamente gli sforzi con l’obiettivo di distruggere la tirannia e far trionfare la rivoluzione cubana. 

Al ritorno dal Messico di José Antonio la situazione della direzione studentesca era difficile, poichè gli integranti erano perseguitati dalle forze della tirannia.  All’inizio del mese di febbraio del 1957 e dopo un arduo lavoro il direttorio rivoluzionario era riuscito a raggruppare decine di agguerriti combattenti nascondendoli in case e appartamenti, con grandi difficoltà, poichè nella maggioranza erano attivamente ricercati.

Si stava preparando un’audace ed epica azione: attaccare la sede principale del dittatore per eliminarlo fisicamente. Questo avrebbe reso possibile lo smantellamento della sua macchina politico – militare, facendo anche scatenare la ribellione popolare.

Come parte del piano, con l’occupazione di Radio Reloj, si doveva trasmettere un proclama di José Antonio che annunciava la morte del tiranno giustiziato nella sua stessa tana e che avrebbe anche convocato il popolo nell’Università dell’Avana, come bastione di lotta e di resistenza popolare.  

Sfortunatamente questa parte dell’intervento di José Antonio non fu trasmessa dalla radio per l’interruzione della trasmissione, avvenuta proprio mentre lui parlava.

50 audaci giovani entrarono nel Palazzo Presidenziale, oggi Museo della Rivoluzione, e si precipitarono verso il maestoso edificio con due automobili e un furgone nel quale stava la maggioranza dei combattenti.  

All’interno dell’edificio gli assaltanti svolsero diverse missioni: alcuni andarono sino al secondo piano cercando il dittatore e si resero conto che Batista era fuggito da una scala interna, vicina al suo ufficio.

Il combattimento nel palazzo fu violento. La resistenza della guarnigione crebbe e molti giovani ribelli morirono, mentre gli altri terminarono le munizioni. Fu deciso di retrocedere per chiedere rinforzi e continuare l’attacco, ma l’opzione di sostegno non funzionò.

“Fu un’operazione ben organizzata, un atto di straordinaria audacia e di grande coraggio, nella quale ci furono anche errori e dure sorprese”, avrebbe detto anni dopo il leader della rivoluzione cubana Fidel Castro.

Alle 15,21, nel primo pomeriggio, José Antonio giunse  a Radio Reloj e andò  nella cabina di trasmissione e consegnò agli annunciatori  alcuni volantini nei quali si informava sull’attacco al Palazzo Presidenziale e si diffondeva un presunto annuncio emesso da ufficiali e ribelli che avrebbero preso il comando dell’esercito dopo la destituzione dei più alti capi e ufficiali del tiranno Batista.

Alla fine del bollettino uno degli annunciatori

presentò  il leader della FEU e disse che avrebbe pronunciato alcune parole indirizzate al popolo di Cuba. Immediatamente Josá Antonio iniziò la sua appassionata arringa che emoziona ancora oggi i cubani ogni 13 marzo: egli annunciò la morte di Batista che doveva, secondo lui, avvenire di lì a poco.

L’annuncio venne tagliato quando il leader degli studenti stava ripentendo il discorso, perchè un tecnico interruppe la trasmissione, da una cabina  lontana e  interruppe così il contatto.

In quel pomeriggio del 13 marzo Fidel si trovava sulla collina Caracas, nella Sierra Maestra e stava combattendo la campagna finale della guerra di liberazione. I guerriglieri ascoltavano spesso la radio per sapere quello che succedeva in tutto il territorio.

Durante la commemorazione per i 40 anni dopo quei fatti, Fidel ha ricordato che tra le 15,30 e le 16,00 quel giorno avevano ascoltato proprio il segnale di Radio Reloj, “Con quel tic-tic, toc-toc o tac-tac, non saprei come definirlo bene, ma non si sentiva nient’altro.  

Avevo detto ai compagni: “Sta succedendo qualcosa di straordinario all’Avana e aspettammo sino a che giunsero le notizie dell’assalto al Palazzo.”

“Quel 13 marzo - raccontò Fidel - dopo che la nostra modesta forza rivoluzionaria, era stata attaccata a sorpresa, dissolta e quasi sterminata, pochi giorni dopo lo sbarco, per José  Antonio era divenuto il compimento di quello che secondo lui era un sacro dovere scritto nella Carta del Messico. Rispondeva alle sue convinzioni!”

Con lui lottarono e persero la vita molti eroici combattenti del Direttorio Rivoluzionario fondato da lui stesso il 24 febbraio del 1956.

Dopo l’audace e coraggiosissima azione, il bagno di sangue! Delle forze che avevano firmato quella famosa Carta del Messico non restava praticamente nessuno! 

“Quando Radio Reloj ruppe il suo insolito silenzio e sapemmo quello che era accaduto, fu molto duro ricordare quel giovane appassionato, pieno di vita, di nobiltà e disinteresse, di straordinario coraggio e di profondi sentimenti rivoluzionari!”

“Non potevo nemmeno dimenticare il fraterno affetto che ho sempre ricevuto personalmente da José Antonio!” aveva dichiarato Fidel Castro.

Solo per la differenza di alcuni secondi, un gruppo di giovani non riuscì a giustiziare il tiranno Fulgencio Batista nel suo stesso ufficio.  

Alla sua morte Jose Antonio non aveva ancora 25 anni e quelli che lo hanno conosciuto lo ricordano come un giovane carismatico, quando guidava le manifestazioni studentesche, scendendo la scalinata dell’università, per affrontare un oceano di sbirri, per affrontare le pallottole e i manganelli e più lo picchiavano, più coraggio metteva nell’azione e andava avanti, con

quell’atteggiamento  che gli procurò molte cicatrici e per il quale  tutti lo rispettavano e lo ammiravano. 

Nonostante il fallimento dell’azione, la morte nello scontro disuguale e gli omicidi brutali di decine di patrioti, servirono per svegliare altre coscienze nella popolazione cubana e venne messo in evidenza il coraggio dell’impegno affrontato.

Poi, il Iº gennaio del 1959, quella generazione guidata da Fidel Castro mantenne la parola data in territorio messicano e distrusse la tirannia di Fulgencio Batista e permise l’inizio della trasformazione che il paese intero necessitava.