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QUELLA CUBA DI CUI PROPRIO NON SI PARLA

di RENATO BALDI



Vorrei, in questa breve nota, accennare ad un aspetto di Cuba che, nei vari dibattiti e discussioni, non viene mi trattato. Cuba è, sotto molti aspetti, prigioniera delle passioni politiche derivate dalla sua unica storia, delle sue bellezze, della sua cultura così ben "coltivata", anche dei suoi anche luoghi un po' comuni (Musica perenne, bailo ecc...). Se voi andate per strada a La Habana alle 6 del mattino e state attenti, scoprireste anche un'altra realtà. Già a quell'ora molta gente si muove e fa una cosa: va a lavorare.


Cuba, nel momento in cui il partner sovietico è crollato, ha dovuto far fronte ad una imponente riorganizzazione del proprio sistema produttivo, ed alcuni cambiamenti importanti sono passati proprio attraverso questa fase tuttora in corso. Inchiodata da un lato dall'inasprimento del bloqueo (Leggi Torricelli ed Hems Burton in primis) e dalla chiusura dei mercati dell'est, Cuba si è trovata di fronte a problemi tipici di chi si affaccia in un libero mercato, problemi concreti di approvvigionamento di materie prime e di sbocchi interni ed esterni per i propri prodotti. Nel caso specifico il governo cubano si è trovato di fronte alla necessità di passare da un mercato politico privilegiato ad un mercato di trattative da pari a pari per determinare il valore della propria produzione ed ha innescato un processo di rididentificazione di priorità di settori e ricerca di nuovi partners.


Questo processo ha comportato anche un notevole sforzo per impadronirsi di strumenti operativi nuovi per la cultura e l'economia cubana. Non voglio tediare con aspetti tecnici, ma è necessario citare almeno alcuni fondamentali passaggi: nuove leggi sugli investimenti stranieri, creazione delle zone franche, apertura a limitate possibilità di lavoro in proprio. Particolarmente importante il rilancio del turismo.
Tutto questo con alla base una decisione importante: le infrastrutture e i servizi sociali come catalizzatori del reinvestimento statale, per non disperdere le buone cose fatte nei decenni precedenti. 
L'organizzazione produttiva cubana, completamente statale, ha abbandonato l'ottica, cara a CheGueara, della compensazione tramite bilancio, preservandola però come sistema per garantire, tramite entrate di altri settori, scuola, salute, cultura. Questo anche a discapito del possibile innalzamento dei salari dei lavoratori. 


Oggi questo sistema sta arrivando ad un punto critico,in quanto la strozzatura economica attuale non permette al governo cubano di procedere ad innalzare il reddito, e quindi la capacità di consumo, ai cittadini cubani. In pratica, si stanno formando, già da parecchio tempo, due grosse contraddizioni: più merci presenti, meno possibilità di acquisto, più possibilità di arricchimento per chi lavora a contatto con imprese straniere (turismo, ma non solo), ma tramite il proliferare di situazioni illegali di mercato nero, aumentando la corruzione non solo ai vertici, ma anche alla base (Chi si appropria di merce rivende poi ad altri).
Se il governo cubano non risolverà questa situazione, credo che il malessere da economico, diventerà politico. Non credo che i cubani potranno continuare a dire: come siamo acculturati ed essere felici guardando un piatto di riso e fagioli e dovendosi quotidianamente inventare qualcosa per trovare un paio di scarpe. Anche a Cuba si è creata e si sta sviluppando una diseguaglianza economica sociale tipica di società da libero mercato.

 
Io penso che il governo faccia bene a tentare di mantenere le priorità che distinguono Cuba da altri modelli di sviluppo, ma esiste la necessità di innalzare anche il benessere materiale dei lavoratori cubani (e delle persone in generale).

 
Nel 1997, in un mio intervento a Metanica, fiera annuale del Ministero cubano dell'industria metameccanica, elencavo le grosse possiblità di Cuba di utilizzare la globalizzazione per proporre un modello diverso e vincente rispetto la liberismo : essendo un modello centralizzato, utilizzare l'economia capitalista per produrre profitto non privato, ma reinvestibile nel sociale. Il profitto per tutti: questa una sfida attuale per Cuba, e non solo, ma per l'America Latina che ora affianca Cuba, meritevole di non essersi arresa e di aver sempre rappresentato un punto di riferimento per l'alternativa ai modelli, ora anche chiaramente distruttivi, proposti dall'economia liberista.


Con l'indebolimento e, si spera, la fine del bloqueo, Cuba diventa anche un possibile laboratorio di collaborazione, investimenti e ritorni, per aziende che hanno ancora presente il fine sociale dell'impresa