AVVENIMENTI
IIRSA, il mostro silenzioso
di
Andrea Necciai
Un megaprogetto di investimenti
di ampiezza strategica per la spoliazione delle risorse del Cono Sud
.
Dopo il parziale fallimento dell’ALCA
(Area di Libero Commercio delle Americhe), che gli Usa insieme a
multinazionali ed istituzioni finanziarie hanno dovuto incassare, il
Sudamerica deve ora fare i conti con un imponente piano di sviluppo
economico, noto come IIRSA. Il progetto di “Integrazione delle
Infrastrutture Regionali del Sud America” si trova in fase di
attuazione da almeno sei anni e sta già coinvolgendo i principali
Paesi dell’area andina.
L’IIRSA nasce ufficialmente nel 2000 a
Brasilia, nel corso di un vertice dei Presidenti dell’America del
Sud, come proposta di investimento a sostegno dei trattati
bilaterali e regionali di libero commercio. L’obiettivo principale è
la costruzione di infrastrutture logistiche (grandi vie di
comunicazione terrestri e fluviali, porti, aeroporti, ma anche nuove
centrali energetiche, oleodotti ecc…), per rendere più efficiente
l’estrazione delle risorse naturali del Sudamerica e facilitare il
trasporto delle merci, dentro e fuori dal continente.
Fino ad oggi sono stati fissati sulla
carta 507 progetti di costruzione di infrastrutture per i trasporti,
il settore energetico e le telecomunicazioni: il tutto per un
investimento totale stimato di almeno 70 miliardi di dollari, di cui
circa 21 sono già investiti in 145 progetti.
Nonostante il velo d’ombra calato dai
media sull’argomento e le poche informazioni reperibili al riguardo,
la società civile, nella voce di numerose organizzazioni della
regione, ha cominciato ad esprimere la propria preoccupazione per i
rischi socio-ambientali connessi alla realizzazione di questi
megaprogetti infrastrutturali e per il mancato coinvolgimento delle
popolazioni nella discussione sulla loro effettiva “fattibilità”.
Ovviamente, l’iniziativa dell’IIRSA
non è stata pensata a beneficio di uno sviluppo sociale ed economico
dei popoli sudamericani; risponde piuttosto agli interessi di una
serie di investitori che appartengono a grandi società
transnazionali del settore minerario, di quello agroindustriale
(prevalentemente le monocolture OGM) e dei servizi (edilizia, grandi
opere, energia elettrica, gas, acqua ecc…). Il progetto nasce da una
visione strategica dello sviluppo economico e commerciale; “si è
partiti dalla valutazione delle capacità produttive che generano gli
spazi territoriali e dalle loro carenze e “necessità” di servizi e
di infrastrutture – trasporti, energia e telecomunicazioni – per
dare impulso alle attività commerciali. Questo è stato il criterio
utilizzato per definire i cosiddetti 10 assi di integrazione
economica”*, ossia le dieci “macroregioni”, che trascendono i
confini nazionali, in cui si concentrano tutte le attività dell’IIRSA.
Si tratta, nei fatti, del classico
paradigma neoliberale che considera l’ambiente unicamente come una
fonte di sfruttamento di risorse naturali. Al contrario, la
salvaguardia della natura è solo un fattore negativo o meglio, nella
logica mercantilista, un semplice costo in più da doversi sobbarcare
insieme ai “fastidi” - che i fautori dell’IIRSA avranno sicuramente
messo in conto - per le proteste della società civile e di quelle
organizzazioni sociali contrarie ai megaprogetti. Ne citiamo solo
alcuni tra i più imponenti ed ambiziosi:
- “L’Idrovia del Putumayo comprende
Colombia, Perù, Ecuador e Brasile, e pretende di integrare le zone
produttive della Colombia con quelle amazzoniche attraverso il fiume
Putumayo che sarà debitamente dragato per incorporare il nord
dell’Ecuador; si costruiranno strade, si rinnoverà il porto
marittimo di San Lorenzo in Ecuador e il porto fluviale El Carmen,
nel fiume Putumayo. L’impatto maggiore lo avranno le comunità
indigene dei Awa, Siona, Inga e la riserva ecologica Cofàn-Bermejo,
che vedrà alterata notevolmente la biodiversità. Nell’anno 2000 si
parlava di un investimento di 350 milioni di dollari.
- Un altro progetto con un
investimento molto grande (300 milioni di dollari) corrisponde
all’Idrovia del Napo, per trasportare le merci dai porti ecuadoriani
di Esmeraldas y Manta fino al fiume Napo e poi, per via fluviale,
fino all’Amazonas per salire verso l’Atlantico per il Brasile. Una
rete di strade unisce la zona petrolifera del nord del Venezuela e
le Guyane con il Pacifico; il progetto prevede di costruire
aeroporti nell’Amazzonia ecuadoriana.
- Parte principale dell’infrastruttura
dell’IIRSA è la strada interoceanica Perù-Brasile che unirà i porti
peruviani di Ilo e Matarani, nel Pacifico, con la città di Porto
Belho che avrà un tragitto di 3.700 chilometri, con l’attuale rotta
brasiliana di Sao Paulo, in Brasile. I 2.586 chilometri che saranno
costruiti assorbiranno circa 890 milioni di dollari; parchi
nazionali, riserve comunali e nazionali in territorio boliviano
soffriranno un impatto che fino ad ora non è stato calcolato. Allo
stesso tempo, nel nord caraibico si progetta di interconnettere il
Brasile con la Guyana: serviranno altre strade, porti di acque
profonde e centrali idroelettriche.
- Il progetto Rio Madeira (Perù,
Bolivia e Brasile) è il più ambizioso. E’ stato calcolato in 20.000
milioni di dollari e si tratta di un’idrovia che unirà la città
peruviana di Madre de Dios con le popolazioni brasiliane di Rondonia
e Beni, in Bolivia; si costruiranno inoltre quattro centrali
idroelettriche. Si sa che danneggerà 33 specie di mammiferi in
pericolo di estinzione, 750 specie di pesci e altrettanti di
uccelli; danneggerà inoltre l’agricoltura e la pesca e farà migrare
circa 3.000 persone.
- Altri 1.000 milioni di dollari sono
stati calcolati per costruire il gasdotto del nordest argentino con
il Brasile, per fornire di questo combustibile la regione nord
dell’Argentina. Qui i danni maggiori saranno nei territori delle
etnie Toba, Pilagà e Mocovì.” **
A finanziare questa impressionante
serie di grandi opere sono e saranno tre principali banche
multilaterali di sviluppo: il BID (Banca Interamericana per lo
Sviluppo), la CAF (Corporazione Andina di Risparmio) e il FONPLATA
(Fondo Finanziario per lo Sviluppo della Conca del Plata).
I tre istituti si erano già occupati
di finanziare gli studi di fattibilità dei progetti.
In aggiunta all’aiuto delle banche,
“un apporto sostanziale viene dagli stessi Paesi in cui si
realizzeranno i progetti e dal settore privato interessato ad
investire in infrastrutture, con la conseguenza per i governi locali
di dover sottostare alle esigenze delle multinazionali, relegando in
secondo piano l’obiettivo di miglioramento delle condizioni di vita
in America Latina, sostituito dagli interessi di carattere economico
privato.” ***
Il debito di tanti Paesi sudamericani
- già esposti in passato alle ricette economiche dettate dal FMI e
dalla Banca Mondiale e alle loro tragiche conseguenze - potrebbe
tornare a lievitare proprio per effetto dei costi economici
imputabili all’IIRSA. Ma ben più salato sarà il prezzo da pagare per
l’ecosistema andino-amazzonico e per le popolazioni sottoposte al
nuovo saccheggio neoliberale.
Note:
* “IIRSA y RIISA: Dislexia ideológica
sudamericana” di Ramiro Chimuris - Semanario “Siete sobre siete”, da
www.rebelion.org.
** ”IIRSA: le vie del saccheggio del
Sudamerica” di Javier Rodríguez Pardo.
*** “Dossier IIRSA”, da
www.orizzonti.eu. |