AVVENIMENTI
Quel ragazzotto leggeva col viso al
cielo . Il ricordo della casa del Che a Guayaquil
di
Davide Matrone
Las Peñas, in
Ecuador, ancora oggi, insieme a Cerro Santana, è il quartiere
"aristocratico" della città di Guayaquil. Infatti sono due quartieri
che hanno dato ben cinque Presidenti della Repubblica Ecuadoriana
(Alfredo Palacio, Gustavo Noboa, Abdalà Jaime Bucaram, Léon Febres
Cordero e Osvaldo Hurtado) e che continuano ad essere due centri
importanti della vita sociale e politica della città costiera. Qui,
passeggiando per le strade variopinte del centro storico, ti accorgi
che la realtà è ben diversa da quella della capitale. Guayaquil è la
seconda città dell'Ecuador ma è la prima se si parla di finanza e
commercio. Qui le lobby economiche e politiche influenzano molto la
scelta dei candidati della Presidenza della Repubblica dell'Ecuador.
Guayaquil e Quito rappresentano le due facce dello stesso paese. La
prima calda e umida che conserva un ambiente molto simile ai
caraibi, la seconda manifesta la sua natura andina selvatica e
dirompente. La prima, capitale finanziaria ed economica del Paese,
la seconda capitale politica ed amministrativa. In questo Paese
dalle differenti realtà cosi vicine e promiscue, un giorno di oltre
cinquant'anni fa giunse Ernesto Guevara de la Serna.
Nell'ottobre del 1953 Ernesto Guevara, durante il suo secondo
viaggio in America Latina con l'amico Carlos Ferrer, raggiunge la
città ecuadoriana di Guayaquil. Qui, nel quartiere di Las Peñas,
incontra l'avvocato Ricardo Rojo, un esule argentino che grazie ad
una rocambolesca fuga riuscì a rifugiarsi nell'ambasciata del
Guatemala di Buenos Aires e riuscì così ad arrivare sano e salvo in
Ecuador nella città di Guayaquil.
L'incontro tra Rojo e Guevara risulterà molto produttivo e ispirerà
quest'ultimo a partire per il Guatemala. Ricardo Rojo racconterà al
giovane medico argentino, della straordinaria esperienza del
Presidente guatemalteco Jacobo Arbenz che con coraggio stava
sfidando la prepotenza della multinazionale bananera United Fruit
Company.
Dopo essere stato eletto, Arbenz tentò di nazionalizzare la suddetta
multinazionale bananera, una compagnia situata negli Stati uniti che
controllava gran parte del terreno agricolo della nazione. In base
alla legge internazionale, deve essere concesso un giusto compenso
per le proprietà straniere nazionalizzate. Venne calcolata una cifra
di 600 mila dollari, sulla base del valore sottostimato dei terreni
che la United FruitCompany (Ufc) aveva dichiarato per non pagare le
tasse e che la compagnia, ovviamente, non ritenne sufficiente. Alla
fine la riforma agraria attuata da Arbenz consentì ai contadini
guatemaltechi di ricevere dallo stato ben 200 mila acri di terreno.
Ernesto Guevara, affascinato da questo atto di coraggio, non esiterà
molto ad andare in Centroamerica in compagnia di Ricardo Rojo. I due
raggiungeranno il Guatemala, via Panama, qualche mese dopo. In
Guatemala Ernesto conoscerà la sua prima futura moglie, la peruviana
Hilda Gadea che lo metterà in contatto con un nucleo di
rivoluzionari cubani.
Questo viaggio in Guatemala rappresenterà una tappa fondamentale per
la crescita rivoluzionaria dell'argentino Guevara e sarà oggetto di
discussione tra i leader della rivoluzione cubana in merito alle
scelte politiche da realizzare i primi anni della Rivoluzione.
Infatti uno dei primi atti del nuovo Governo Rivoluzionario Cubano
sarà proprio la riforma agraria, che s'ispirerà molto a quella
guatemalteca del Presidente Arbenz, nel frattempo destituito con un
colpo di stato della Cia nel 1954.
Nell'incontro
dell'Alba dell'aprile 2009 in Venezuela, il Presidente della
Repubblica di Cuba Raùl Castro ci tenne a dire, in merito a questo
fatto: "Il 17 maggio 1959, si approvò la prima Legge di Riforma
Agraria nel nostro paese; la legge più importante dopo la vittoria
della Rivoluzione, fino a quel momento. Per me quello è stato il
nostro Rubicone; passarlo significò la condanna a morte della
Rivoluzione Cubana da parte di quelli che decisero sette anni prima
l'invasione del Guatemala, della United Fruit Company - di cui
Foster Dulles era l'avvocato- quella che a Cuba fu la United Sugar
Company che subì l'impatto della riforma agraria".
Quando Ernesto Guevara giunse a Guayaquil, alla fine del 1953,
trascorse due mesi nell'esotico quartiere di Las Peñas, soggiornando
in una modesta casa color pomodoro nei pressi del piccolo parco
pubblico. Nel quartiere di Las Peñas viveva anche la famiglia Aviles,
un modesto nucleo familiare di impiegati pubblici. Il figlio Polo
Aviles, di 24 anni, con grande entusiasmo stava iniziando la sua
carriera nella marina militare ecuadoriana.
Il Che visse proprio di fronte alla finestra della famiglia Aviles
e oggi, a raccontare del passaggio di questo giovane medico
argentino c'è il signor Polo che conserva ancora una foto in bianco
e nero della "casa del Che" come la chiamano qui nel quartiere.
Non è stato facile trovare la casa. All'inizio pareva quasi una
leggenda, di quelle leggende metropolitane fatte per rafforzare
l'identità di un luogo. E a dare lustro al quartiere di Las Peñas
forse non bastavano i cinque presidenti. Forse ci voleva qualcosa in
più, come il passaggio di un personaggio di importanza
internazionale per aumentare l'aura della zona, quindi la figura del
Che era perfetta. Ma le voci erano tante, e dunque, anche per una
smentita era importante partire alla ricerca sella famosa casa. In
giro qualcuno mi guardava incredulo e accennava un sorriso. Le
persone più anziane mi raccontavano di questa presenza nel quartiere
di qualche tempo fa. Mi menzionavano una casa color pomodoro e un
museo. Non riuscivo a capire il nesso. Alla fine, la costanza è
stata premiata ed ecco apparire la casa color pomodoro, oggi sede di
una casa museo di quadri d'arte moderna e contemporanea. Proprio
all'ingresso mi si avvicina un signore, che si presenta come Luis.
E' un artista, un pittore, conferma che questa è stata la casa del
Che e mi racconta che nel quartiere quasi tutti conoscono la sua
storia del e quella del suo arrivo a Las Peñas. E aggiunge: "La
municipalità non ha fatto niente per recuperare la memoria storica
di questo luogo, anzi ha sempre ostacolato qualsiasi iniziativa in
tal senso. Qualche anno fa nel quartiere è nato un comitato
promotore per dar vita ad un museo del Che, ma poi non si è fatto
più nulla. Ora, con la nuova amministrazione di destra, è ancora più
difficile riprendere questo lavoro. Ogni tanto giunge qualche
giornalista straniero per dei reportage, ma non c'è altro. Chi,
indirettamente, realizza un lavoro di recupero storico di questo
luogo siamo proprio noi che lavoriamo qui. In realtà la casa in cui
ha abitato Ernesto Guevara non è questa, bensì quella dove
attualmente abbiamo un modesto magazzino in cui riponiamo i nostri
strumenti e il materiale necessario a lavorare. Oggi ha un altro
aspetto rispetto al passato". Mentre il signor Luis continua la
descrizione raggiungiamo il magazzino. È pieno di luce, con la
finestra che si affaccia sul cortile e da cui se ne vede un'altra,
quella di casa Aviles. "E' proprio di fronte, e per saperne di più
sul Che, meglio rivolgersi a Polo Aviles, che ai tempi era il suo
dirimpettaio". Detto fatto. Luis sostiene che in quartiere lo
conoscono tutti, così parto verso una tiendita (un negozietto) dove
per pochi centesimi si acquistano degli squisiti succhi di frutta
tropicale. Chiedo del signor Polo e della casa del Che; mi sorridono
come a farmi intendere che non sono il primo a fare ricerche su
questa casa. Si alzano in due e mi indicano dove poter incontrare il
signor Polo. Ancor prima di salutarli aggiungono :"El abuelito (il
nonnino) è sempre affacciato alla finestra, passa la sua giornata
praticamente lì e, mi raccomando quando chiedi qualcosa, avvicinati
perchè è sordo". Ringrazio e dopo alcuni metri di ricerca lo trovo
alla finestra del suo modesto appartamento, come mi era stato già
detto. Mi vede arrivare con una macchina fotografica e un quadernino
dove appuntare le informazioni. Per lui sono già un giornalista
televisivo, così mi chiede a quale televisione appartengo, ma io gli
rispondo semplicemente che sono affascinato dalla storia di questa
casa nel quartiere. Dopo questo breve approccio mi accorgo che si
avvicina per ascoltare meglio ciò che dico. Il suo sorriso cordiale
mi dà fiducia e m'invita ad entrare a casa sua.
Giunto nel bellissimo patio coloniale della sua dimora cominciamo a
chiacchierare. Polo, non appena gli chiedo del Che, si alza e con
passo lento ma deciso va a prendere alcune foto che custodisce in
una piccola scatola di latta, dove probabilmente qualche tempo fa vi
erano dei biscotti.
Prende la prima foto ingiallita, ma ancora nitida, e inizia il suo
racconto: "Ernesto Guevara viveva qui di fronte, in questa casa
color pomodoro dove oggi si espongono dei quadri. Di fianco, come
vedi, c'è un piccolo parco pubblico con alcune panchine. Allora le
panchine non c'erano. Lì Ernesto si sdraiava a terra, con il viso
rivolto al cielo, con le gambe incrociate e restava ore ed ore a
leggere tranquillamente. La sua presenza seppur silenziosa era molto
comunicativa. Nel quartiere non passava inosservato, in quanto qui
ci si conosceva tutti e questo bel ragazzotto suscitava interesse
soprattutto tra le ragazze, ossia tra le nostre amiche. Ricordo un
particolare interessante. Lui tutti i giorni andava a far visita ad
una famiglia argentina che viveva qui in zona. Una famiglia molto
conosciuta e rispettata, tra l'altro. A dire il vero allora non
ricordavo il cognome di questi argentini e purtroppo col tempo è
divenuto ancor più difficile. Si sapeva poco di questa famiglia, era
molto riservata. In giro non si sapeva molto di questo ragazzo, lo
chiamavano semplicemente l'argentino. Solo dopo alcune settimane
seppi del nome Ernesto". E Polo, prosegue: " Non so se riesci a
immaginare cosa abbiamo provato quando alcuni anni dopo lo abbiamo
visto sui giornali e alla televisione.Sto parlando della vittoria
della rivoluzione cubana, sei anni dopo. E' stato un fatto
impressionante. Una vera sorpresa il rivedere quel ragazzo
silenzioso tutto intento nelle sue letture trasformato in un
effervescente rivoluzionario. A parlarne mi viene ancora la pelle
d'oca".
Nel frattempo all'esterno della finestra si avvicinano dei
ragazziincuriositi della mia presenza che vogliono ascoltare la
conversazione. Evidentemente non tutti conoscono la storia del Che
in Ecuador e cosi ne approfittano per saperne di più. A loro si
aggiungono altre persone, tra cui una dottoressa che coglie
l'occasione per intervenire e dire la sua.
"Anch' io ricordo di questo ragazzo qui nel quartiere. Allora avevo
16 anni, ero più piccola del signor Polo, ma mi ricordo bene del
"Che". Quando passavo di qui con le mie amiche notavamo sempre
questo bel giovane impegnato a conversare con alcune persone della
zona. A dire la verità, passavano di qui anche quando non era
necessario. Ma non sapevamo molto su di lui. Sentimmo parlare del
Che solo alcuni anni dopo, quando nel 1959 ci fu la rivoluzione a
Cuba. Qui nel quartiere iniziò a circolare la leggenda del giovane
che leggeva nel parco come il rivoluzionario d'America Latina.
Quando si sono viste le foto abbiamo capito che non era una favola,
ma era la realtà".La signora Livia, oggi dottoressa dell'ambulatorio
del quartiere, aggiunge: "Non sono mai stata a favore del
socialismo, ma che uomo incredibile fu il Che! E' impossibile non
ammirarlo "
Questa breve chiacchierata è l'occasione per continuare a stimolare
la conversazione con il signor Polo che continua a narrare la sua
testimonianza: "Quando entrai a far parte della marina militare
ecuadoriana, a 24 anni, era il 1955 e qui nel continente c'era
un'aria pesante. Nell'esercito c'era una rigida disciplina e un
indottrinamento inimmaginabili per chi non li ha provati. Il
pericolo e il nemico principale da combattere erano rappresentati
dai 'rossi'. La guerra fredda cominciava il suo corso. Devo
confessare che quell'atmosfera mi ha aiutato ad avere più coscienza
di ciò che stava accadendo nel continente da un punto di vista
politico. Prima non avevo assolutamente interesse per questa
tematica. E cosi, quando giunse il 1 gennaio del 1959 con la
vittoria della Rivoluzione Cubana, nel nostro ambiente non si
parlava d'altro. Cosi mi ricordo del Che, di questa figura che su di
un carro entrava vittorioso nella capitale cubana. I nostri
superiori ci dicevano che quanto era accaduto a Cuba, sarebbe
risultato un fuoco di paglia. Hanno peccato d'analisi politica e di
lungimiranza. Quel fuoco di paglia, nel frattempo, è diventato un
fuoco ardente che è divampato in tutto il continente".
Il sorriso tenero del signor Polo mi accompagna alla porta. Lascio
il suo appartamento e mi dirigo al parco per vivere solitariamente
questo luogo cosi silenzioso e pieno di vita dove lui si sdraiava a
terra per leggere con lo sguardo verso il cielo. Mi viene in mente
una foto del Che ad un balcone di Buenos Aires nel 1948 . In quella
foto il ventenne Ernesto rivolge il suo sguardo intelligente al
cielo, lo stesso descritto dagli abitanti del quartiere di Las Peñas
che non hanno dimenticano quel bel ragazzotto silenzioso e perso
nelle sue letture.
|