AVVENIMENTI
Bolivia e Sudamerica: quale via?
Nella Bolivia dei movimenti sociali di base la presa di coscienza di
classe sta bruciando le tappe costruendo un importante processo di
transizione al socialismo
di
Enrico Campofreda
Luciano Vasapollo, docente di Economia Applicata della Facoltà di
Filosofia presso “La Sapienza” e direttore scientifico del Centro
Studi di Trasformazione Economico-sociale, ha partecipato nella
veste di Osservatore internazionale alle verifiche sulle elezioni
boliviane del 6 dicembre scorso che hanno ribadito la fiducia
popolare a Evo Morales con un plebiscitario 63% dei suffragi.
D.: Era dal 1964 che un
politico boliviano non riceveva dalle urne un secondo mandato. Si è
svolto tutto con regolarità e cosa rappresenta questo voto
Professore ?
L.V.: “La regolarità del
voto e la lezione di democrazia del popolo boliviano sono sotto gli
occhi di tutti. Il locale Comitato Elettorale, quarto organo di
potere di quel Paese che è riconosciuto costituzionalmente e
presiede le elezioni in posizione di terzietà, ha svolto un immenso
lavoro. Vedere nei seggi coloro che fino a poco tempo fa erano
uomini analfabeti ha rappresentato un’intensa emozione. C’è stato un
solo rischio, che 400.000 persone (su 5 milioni del corpo
elettorale, ndr) non potessero votare perché non avevano ricevuto la
scheda. Questione comunque risolta in extremis. Ora
che ho dismesso i panni dell’osservatore posso chiosare che costoro
erano tutti campesiños, dunque potenziali elettori del Mas, e
quel mancato recapito aveva il sapore d’un boicottaggio al
presidente uscente. E’ importante sapere che ha votato il 92% degli
aventi diritto e se si considera che schede bianche e nulle
ammontavano al 4%, quelle vinte da Morales sono state fra le
elezioni più partecipate del mondo. Questo voto dice che un popolo
dotato di dignità e una componente politica rispettosa della sua
essenza sociale possono vincere. In quattro anni Morales ha
aumentato di ben dieci punti il consenso, la gente ha premiato gli
effetti virtuosi del suo programma basato su istruzione, assistenza
sanitaria, ridistribuzione della ricchezza, fattori importantissimi
per il processo di trasformazione sociale”.
D.: Sostegno degli indio
e dei ceti subalterni è il mix vincente del presidente aymara.
L.V.: “Per comprendere
la Bolivia occorre guardare oltre la questione etnica, gli indio
sono il 70% della popolazione e costituiscono gran parte della
classe lavoratrice. Il consenso al programma di Morales viene dunque
da questi strati sociali. La novità sta nella qualità della sua
politica che si compenetra e s’arricchisce del rapporto con gli
umili. I cocaleros, i mineros, i comitati di quartiere, le donne,
il movimento dell’acqua sono protagonisti del processo di
trasformazione e vengono rispettati. E’ l’esatto contrario di quel
che fa la Sinistra occidentale sempre pronta a servirsi dei
movimenti per assorbirli e strumentalizzarli. L’esperienza boliviana
mostra il rapporto di autonomia e correttezza fra la base sociale e
il partito che la rappresenta. Una linea capace di produrre quella
straordinaria partecipazione che ha colpito anche me che sono un
buon conoscitore del Sud America. Vedere file interminabili di
persone che si recano coscienziosamente a piedi ai seggi (nelle ore
di voto era vietato il traffico veicolare, ndr) è stata una
dimostrazione d’attaccamento al sistema consultivo diventato in
altre parti del mondo un rituale stanco, privo di coinvolgimento”.
D.: Nelle zone minerarie
di Santa Cruz, Pando, Beni Morales non ha prevalso, possono nascere
da lì azioni antigovernative dei restanti padroni delle riserve
minerarie?
L.V.: “La destra locale
ha riperso le elezioni ma è pericolosa. Ad aprile c’è stato un
tentativo di colpo di mano da parte di gruppi paramilitari che
agiscono nelle zone citate - la cosiddetta area della Mezzaluna -
dove la destra ha seguito elettorale e riceve finanziamenti. Lì
hanno agito per anni le multinazionali e un’oligarchia interna in
rapporto diretto con gli Stati Uniti. Lì s’è radicata una destra
estremista e paramilitare sostenuta una sorta d’Internazionale
fascista vicina alle Intelligence che agisce in America Latina. E’
vero che in quei distretti Morales non ha sfondato ma mentre nel
2005 il suo divario era del 25% oggi il gap è ridotto a circa il 9%.
In soli quattro anni anche in quelle zone ostiche la sua lista ha
recuperato il 16% dei consensi. Naturalmente la vigilanza del
governo dovrà essere alta per impedire iniziative eversive ancora
possibili”.
D.:I primi orientamenti
del secondo esecutivo Morales parlano d’ulteriore espansione del
controllo statale sulle risorse naturali di gas e minerali. C’è poi
la volontà di riscrivere testi normativi del settore energetico e
ridistribuire ai poveri il reddito proveniente da imprese statali,
sarà possibile attuare il “vivir bien” contro gli interessi
delle multinazionali ?
L.V.: “In quattro anni
questo governo ha fatto tantissimo, abbiamo già ricordato tre
elementi vitali per la popolazione: assistenza sanitaria, istruzione
e nazionalizzazione delle risorse che spariglia giochi economici e
interessi non solo del moderno capitalismo. Se pensiamo ai
cinquecento anni di colonizzazione che hanno sedimentato nella
popolazione locale abbrutimento e sfruttamento, il processo di
transizione per la costruzione d’una coscienza di classe sta
bruciando le tappe. Tale processo però ha bisogno di periodi lunghi
per mettere radici. In Bolivia è in atto una transizione al
socialismo che deve creare programmi alternativi all’imperialismo
attraverso culture e strumenti sociali diversi. La grande novità di
quest’esperienza è che il socialismo marxista e il sindacalismo di
classe si sono contaminati col collettivismo indio tentando una via
completamente nuova. Parte degli interessi delle multinazionali sono
ancora lì, c’è anche l’italiana Eni, però devono fare i conti con un
sistema che sta cambiando. Rispetto a prima queste aziende prendono
meno del 15% di ricavo eppure continuano il proprio business,
vuol dire che i profitti sono ancora elevati”.
D.: Insomma quarant’anni
dopo il Che le plebi boliviane sembrano aver trovare la strada per
il riscatto, la rivoluzione ha fatto a meno del fucile?
L.V.: “Un processo
rivoluzionario si misura per la concretezza di quel che realizza non
per la presenza delle armi. Quando in un paese il popolo va al
governo e attua un percorso di transizione con riforme radicali che
cambiano gli assetti d’una nazione siamo di fronte a una
rivoluzione. Oggi in America Latina si riescono ad attuare
trasformazioni sociali vincendo le elezioni e, vivadio, ne siamo
lieti e ci auguriamo che possa continuare. I rivoluzionari a volte
sono stati costretti a difendere con le armi le proprie conquiste o
come nel caso di Guevara e Fidel a usarle con il popolo, e
sottolineo con il popolo, per spodestare governi dittatoriali. Il
rivoluzionario non nasce con l’idea del fucile, la sua idea è di
mettere al servizio della classe una strategia per il riscatto e la
trasformazione sociale. E’ ciò che fa Morales con una rivoluzione
democratico-partecipativa”.
D.:Solidarietà,
cooperazione, autodeterminazione, coscienza collettiva come
s’inseriscono nel panorama economico globalizzato?
L.V.: “Un conto è
parlare di socialismo di mercato, altro è parlare di socialismo con
mercato. Il primo è già di per sé una follia perché il socialismo
nei suoi princìpi d’attuazione non accetta le leggi di valore,
profitto, accumulazione anzi il socialismo si crea per superare i
mezzi di produzione capitalistici quindi per abolire l’accumulazione
e il profitto. Il socialismo con mercato significa prendere atto che
in un mondo globalizzato in chiave imperialista il singolo paese non
può essere autosufficiente quindi nelle relazioni internazionali,
pur restando fermi i suoi princìpi, deve vivere e farlo in un mondo
che non è il suo. Non può sottrarsi al mercato, può però attuare
pratiche di solidarietà, ridistribuzione; l’abolizione graduale
della legge del valore, e l’abolizione immediata della legge
d’accumulazione fanno parte d’un programma di attuazione pratica.
Comunque al di là della correttezza delle analisi vengono i fatti. E
il fatto che in Venezuela e in Bolivia, nazioni da decenni
annoverate fra le più povere e arretrate, ci sia adesso
un’alfabetizzazione del 90%, che quei popoli godano d’assistenza
sanitaria, è stato possibile applicando quella solidarietà presenti
nel mondo socialista grazie alle migliaia d’insegnanti e medici
cubani che hanno lavorato in questi Stati. Mi piace ricordare come i
cubani siano intervenuti nelle più diverse situazioni di necessità a
sostegno di molti governi anche di centro destra, in Sud america e
altrove. Cuba non ha risorse primarie, ha forgiato esseri umani
colti che offrono il proprio sapere dove serve, la rivoluzione ha
creato questo e lo mette a disposizione di altre collettività. Ecco
un modo differente di vivere, di vivere bene, non di vivere meglio,
nel mondo globalizzato dove tutto diventa merce, profitto e
sfruttamento”.
D.: Morales ha già
annunciato che non correrà per una terza candidatura, una mossa che
vuole evitare l’ingombrante ruolo della presidenza a vita. Si tratta
d’un approccio diverso dall’egocentrismo di Chavez ?
L.V.: “In Occidente, a
destra come a sinistra, si valutano le posizioni altrui col proprio
metro, s’accusa Chavez d’egocentrismo col proprio egocentrismo,col
proprio eurocentrismo. Ho visto politici e intellettuali della
cosiddetta Sinistra europea tornare da incontri politici in
Venezuela ed elargire pagelle. In certi casi dovremmo avere l’umiltà
di non salire sempre in cattedra bensì osservare e comprendere le
lezioni altrui. Sarebbe opportuno constatare come Bolivia e
Venezuela stiano vivendo profondi processi di cambiamento ideologico
che si basano sul volere e l’azione della gente. Questi processi non
hanno bisogno di figure carismatiche, se sono radicati proseguiranno
e dureranno a lungo”.
D.: Quanti influssi
della Cuba socialista ci sono nei programmi anticapitalisti
boliviani e dell’America Latina?
L.V.: “Cuba rispetta in
maniera assoluta l’autodeterminazione delle genti latinoamericane,
non ha mai influenzato direttamente i governi di Venezuela e
Bolivia. Una cosa è praticare anche minute ingerenze, altro è
mettere a disposizione la propria esperienza non solo politica ma
costruttiva d’un sistema diverso dal capitalismo che fa leva sui
valori precedentemente citati. L’esperienza cubana con la resistenza
a embarghi e al terrorismo organizzato dagli Usa che ha prodotto
3.800 vittime è certamente un riferimento per le novità geopolitiche
del Sud america”.
D.:Con le rivoluzionarie
Bolivia, Venezuela, un presidente tupamaro in Uruguay sta nascendo
un Sud america apertamente antimperialista?
L.V.: “In Sud America ci
sono processi diversificati. Cuba, Venezuela e Bolivia rappresentano
il fronte della transizione socialista quindi più a carattere
anticapitalista poi ci sono paesi come Nicaragua, Ecuador,Paraguay,
lo stesso Uruguay o il Brasile del riformista Lula, che hanno
praticato una svolta democratica e progressista. Costoro possono
rientrare in una sfera antimperialista che non si piega ai dettami
del FMI, della Banca Mondiale, della prepotenza delle
multinazionali, dei predomini statunitense ed europeo e marcia verso
l’autodeterminazione. Si realizza la grande idea che prima di Che
Guevara è stata dei rivoluzionari Martì, Bolivar e di quei
pensatori che già nell’Ottocento lottavano per un’America “Nuestra”
indipendente fuori dai dettami dell’imperialismo”.
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