NARRATIVA - LIBRI
Gabriel de la Concepción Valdés
di B. Consoli
Gabriele
della Concezione Valdes, conosciuto sotto il pseudonimo letterario
di Placido, figlio naturale d'una bella ballerina spagnuola e d'un
piantatore mulatto, nacque il 18 marzo 1809 all'Avana, dove fu
collocato nell'Asilo dei trovatelli.
Dovette
imparare subito un mestiere: quello di fabbricare pettini, mestiere
certamente onorato ma non fra i più redditizi.
Così il
ragazzino ebbe a lottare con la miseria, pur cercando d'istruirsi
nelle ore libere; la sua naturale intelligenza lo fece notare da
alcune persone che si divertirono a fargli fare imitazioni e parodie
in spettacoli familiari nelle loro case.
Trasferito il suo domicilio a Matanzas, sposò una mulatta, popolana
come lui, ma dotata di spirito alacre, che spronò il marito a
studiare per sviluppare il suo istinto lirico.
Così,
sotto il nome di Placido, divenne noto e presto celebre in tutta
l'isola: paragonato poi al gran bardo scozzese Roberto Burns, fu il
cantore della vita rurale cubana, tanto che fu chiamato il poeta dei
"guajiros", ossia dei contadini cubani.
Fra le
sue poesie liriche sono notissime: "Il fiore dell'ananas", "Il
bocciolo del caffè", e sopra tutto quell'ode ispirata del "Fiore
della canna da zucchero", così dolce e sentimentale:
O
contadinella,
bella brunetta dalla pelle scura,
abbi pietà di chi sì ardentemente t'ama.
Ricordati che non posso vivere di sole vane speranze,
consumato dall'attesa
e scosso dal fato crudele,
come un fiore di canna da zucchero spazzato dalla brezza…
Placido
viveva così tranquillo a Matanzas, idolatrato come il poeta degli
umili, quando fu falsamente accusato d'avere capeggiato una congiura
di schiavi che volevano ribellarsi ai loro padroni bianchi.
Arrestato, fu condannato a morte. All'alba del 28 giugno 1844, il
poeta e dieci altri sedicenti congiurati, confortati da undici
sacerdoti, furono condotti sulla Plaza, dove, secondo la
regola spagnuola, si schierarono di fronte a loro 44 soldati, dei
quali 22 mirarono al petto e 22 alla testa degli undici infelici.
Placido
morì fissando negli occhi gli esecutori della crudele condanna ed
esclamando:
Addio mondo, addio Cuba.
Moriva così a 35 anni il più grande poeta lirico
dell'isola, mentre le sue opere venivano bruciate e la lettura delle
sue poesie severamente proibita… ciò che doveva renderle più
ricercate da tutti e crescere la fama del giovane bardo
Tratto da: B. CONSOLI, "Nell'interno di Cuba", in
Le vie d'Italia e dell'America Latina, anno XXXIV, n. 2,
febbraio 1928, pp. 129-138
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