CUBAOGGI


BUSH NON ANDRA' DA NESSUNA PARTE

 


 

Le voci dell’emigrazione: la mafia di Miami non rappresenta la comunità cubana all’estero ma è solo una ricca alleata del presidente dell’impero

Le parole di alcuni delegati che partecipano alla Conferenza “La Nazione e l’Emigrazione”

Ricardo Cesa Chang

“Bush non andrà da nessuna parte!”

Ricardo Cesa Chang non è una figura nota dell’emigrazione. Vive da dieci anni a Miami dove lavora come umile operaio della costruzione e fa grandi sforzi per inviare aiuti economici alla famiglia a Cuba.

“Bush non ha il diritto di stabilire la quantità di denaro che possiamo mandare e ogni quanto tempo possiamo venire nell’Isola! È un presidente che non andrà da nessuna parte!  Tutto quello che ha fatto è stato ammazzare esseri umani nel mondo! Lo stesso popolo nordamericano è cosciente di che razza di persona è! Di quello che sta soffrendo l’emigrazione cubana! La cosa peggiore è che un piccolo gruppo che si dice cubano sostiene le sue pretese imperiali e la possibilità sempre più reale di un’aggressione militare contro Cuba!

Ricardo è uno di quelli che sono partiti di recente, forse per la necessità di conoscere il mondo...

“Questo mi ha permesso di affrontare una realtà esterna e scoprire che a Cuba io ero ricco con quello che avevo! Quando ho visto la miseria di un mondo così mal ripartito ho capito che io avevo cose migliori e ho sempre cercato di avere contatti con la mia Patria e soprattutto adesso che so che il governo cubano è aperto all’avvicinamento”.

“A Cuba, ha detto emozionato, ho quasi tutta la mia famiglia e i miei figli stanno per entrare all’università. Mia figlia frequenta la scuola per lavoratori sociali di Coijmar e il maschio sta terminando il servizio militare e cominciando ingegneria civile alla CUJAE. Lo racconto sempre a tutti quelli che conosco a Miami, perchè ogni volta che un emigrato viene a Cuba trova una realtà che non è certo quella che vende la stampa di lassù, dove si dipinge Cuba come un inferno!”

Ismaele Loras

 

“Voglio venire senza correre rischi!”

Da 24 anni Ismaele Loras vive negli Stati Uniti e adesso in California dove lavorava come cuoco prima di restare disoccupato. “Mi intristisce non poter venire ogni tre mesi, dice con la voce strangolata, o non poter mandare aiuti a mia madre che ha quasi 90 anni e non se ne va da Cuba perchè non le piace l’idea di vivere negli USA. Mi danneggia  sentimentalmente e in ogni forma!

Per 14 anni, aggiunge Ismaele, ho fatto parte dei Pastori per la Pace la cui edizione no 15 comincerà il 9 luglio se Dio vorrà e questa è la mia terza conferenza. Vengo per cercare di migliorare le relazioni tra Cuba e gli USA e per questo sono disposto a fare qualsiasi cosa! Non mi occupo di politica, ma credo che le cose debbano essere come si deve, che deve esistere amicizia tra i due popoli e che si possa venire a Cuba senza correre rischi!”

Virginia Benjamin

 

“Cuba è la mia Patria!”

Virginia Benjamin è partita da Cuba 47 anni fa, prima del trionfo della Rivoluzione e vive a Washington DC. Assiste per la prima volta alla Conferenza La Nazione e l’Emigrazione.

“È importante stare qui per sostenere i miei fratelli cubani Ho due fretelli, una nipotina e una bis nipotina e più o meno cinquanta altri nipotini e niente mi impedirà di aiutarli. Noi cubani non permetteremo che ci dicano che non possiamo venire a Cuba e non possiamo inviare denaro  che è nostro e che guadagniamo lavorando!”

“Sapete che non permetteremo mai che aggrediscano Cuba! Io personalmente non temo rappresaglie. Che cosa potrebbe succedere? Che mi butteranno fuori? Non mi importa! Cuba è la mia Patria!”

Alexis Figueredo

 

Sarà un boomerang per Bush!”

Cammina con un sigaro Habano tra le dita per il Palazzo delle Convenzioni ed è pronto al dialogo. Si chiama Alexis Figueredo Nápoles, ha 39 anni e vive a Miami da 13. Insegna come professore di grammatica in un club per bambini anglosassoni e dice che è venuto a Cuba per diverse motivazioni.

“La necessità come cubano di mostrare la volontà politica, ideologica e di affinità con la Rivoluzione, prodotto di una presa di coscienza attraverso uno studio e una riflessione del processo cubano in me stesso. Penso che esista un dovere morale di principi, di etica, di civiltà dei cubani che si devono pronunciare dovunque stiano, lasciando da parte le differenze e posponendo i problemi interni per salvaguardare la nazione cubana.

Il discorso del cambio è quello che a breve o medio tempo deciderà il cambiamento in Florida, perchè le misure annunciate da Bush sono controproducenti, poichè oltre ad essere oscene, volgari ed ostili, hanno toccato le fibre più sensibili dei cubani che stanno a Miami o in Messico o a Madrid! Siamo in presenza di un boomerang per Bush e i suoi sostenitori!”      

( da un articolo di Granma)

 

 

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