CUBAOGGI


CUBA CI DEVE FAR DISCUTERE
(e mobilitare)


Report da e su Cuba





Nella prima settimana di ottobre, abbiamo avuto l'occasione di partecipare alla XI Conferenza del Centro Studi Europei di Cuba alla quale eravamo stati invitati e che si è svolta in una fase molto delicata per i rapporti tra Cuba e la politica europea.

Il CSE negli anni scorsi ha avuto la funzione di aprire al massimo le relazioni di Cuba con istituzioni, centri studi e ONG europee. Questa funzione aveva fatto sì che alla conferenza annuale fosse venuta crescendo anche la presenza di fondazioni, istituti, ONG vicine ai partiti socialdemocratici e cattolici europei.

Alla luce di quanto accaduto in questi mesi - con le dure misure adottate dalle autorità cubane e le prese di posizione ostili a Cuba prese sia dall'Unione Europea che dai partiti della sinistra europea - la conferenza ha assunto una grande rilevanza nell'agenda politica cubana e i suoi rapporti con la società civile europea.

La Conferenza si è articolata su tre giorni di lavori con quattro sessioni quotidiane e parallele di discussione sui vari temi (conseguenze politiche e militari dell'allargamento a est dell'Unione Europea, conseguenze dell'unilateralismo USA sull'Europa, la dinamica degli investimenti esteri nell'Europa dell'Est; i criteri della politica di cooperazione allo sviluppo dell'UE verso il terzo mondo; le relazioni tra Cuba ed Unione Europea).

Nella Conferenza, come delegazione italiana ci sono state assegnate le relazioni di una intera sessione di lavoro (dedicata alle conseguenze sociali, economiche e politiche del processo di unificazione europea) e la presidenza dell'ultima, significativa, sessione a cui ha partecipato anche il Ministro degli Esteri cubano Felipe Roque Perez.

Nei vari momenti di dibattito che sono seguiti alle varie relazioni nelle sessioni di lavoro, ci siamo trovati spesso a dover rintuzzare sistematicamente le posizioni degli altri invitati europei (soprattutto quelli legati alla SPD tedesca ed a Izquierda Unida spagnola, posizioni che non fanno certo rimpiangere quelle dei DS italiani). Su questioni come l'uso strumentale e asimmetrico delle sanzioni da parte della UE (applicate alla Jugoslavia ma non a Israele, applicate a Cuba ma non ad altri paesi), sulla rimozione/omissione delle responsabilità europee nell'aggressione NATO alla Jugoslavia, sulla "ritirata" politico-diplomatica nella questione palestinese, fino all'ultima sessione in cui abbiamo dovuto "mettere sulla graticola" l'ipocrisia della sinistra spagnola che pontifica sui diritti umani a Cuba ma tace e consente sulla ferita democratica in corso ormai da due anni in Spagna dove sono stati messi fuorilegge partiti politici, chiusi giornali, documentati numerosissimi casi di tortura, imprigionate con l'accusa di terrorismo centinaia di persone. E' curioso dover registrare come in Europa i prigionieri politici siano tutti ritenuti "terroristi" mentre a Cuba i terroristi dovrebbero tutti avere la dignità di "prigionieri politici".

Sul piano politico dobbiamo sottolineare il persistere di una diversa visione dell'Europa tra noi e i compagni e gli studiosi cubani. Mentre la nostra analisi la delinea come un polo imperialista nascente e competitivo con gli USA (una Europa dunque che diverge strategicamente dagli interessi USA ma ne assume i connotati liberisti, reazionari e aggressivi sul piano sociale ed internazionale), i cubani - che prima contavano sull'Europa come sponda alternativa agli USA - adesso la leggono come una struttura ancora subalterna sul piano politico agli Stati Uniti. Occorre però rilevare positivamente come il nostro punto di vista venga oggi esaminato con maggiore attenzione e minore superficialità che in passato.


Una situazione inquietante

In questa fase i cubani stanno dando priorità alla battaglia politica in Europa. Alla Conferenza del Centro Studi Europei sono intervenuti in tre giorni diversi dirigenti di rilievo come Angel Dalmau (viceministro degli Esteri), Riccardo Alarcòn (Presidente dell'Assemblea Nazionale, ex ministro degli esteri ed ex ambasciatore presso l'ONU), Felip Roque Perez (l'attuale e giovane ministro degli esteri).

E' il segno dell'importanza affidata alla Conferenza, della preoccupazione per la piega che stanno prendendo le cose e per il rischio che un isolamento di Cuba possa spianare la strada a nuove operazioni aggressive da parte degli USA (vedi le recenti dichiarazioni dell'amministrazione Bush sulle armi di distruzioni di massa che ci sarebbero a Cuba come minaccia per la sicurezza nazionale degli USA e le nuove misure anticubane adottate dagli Stati Uniti con l'obiettivo aperto del rovesciamento politico del governo cubano).

A Cuba si ha l'impressione di essere diventati una sorta di "pedina di scambio" tra Unione Europea e Stati Uniti. L'UE sarebbe disposta a dare mano libera agli USA nella loro area di influenza (America Centrale) rieditando una nuova dottrina Monroe in cambio di maggiori spazi in altre aree geopolitiche di maggiore interesse per l'Europa (Balcani, Medio Oriente). Cuba potrebbe dunque essere una "pedina sacrificabile" sul piatto delle relazioni tra Stati Uniti ed Unione Europea.


Preoccupazioni sul Forum Sociale Europeo di Parigi

In un contesto come questo, i compagni cubani sono molto amareggiati e preoccupati dal clima che si respira alla vigilia del Forum Sociale Europeo di Parigi, dove c'è un aperto ostracismo contro le organizzazioni e gli studiosi cubani e dove gli organizzatori francesi vorrebbero far intervenire invece solo i "dissidenti cubani" nelle assemblee plenarie.

Il problema grave e preoccupante anche per la sinistra in Europa, è che in Francia a guidare le iniziative contro Cuba oltre alla ambigua sezione francese di "Reporters Sans Frontiér" (che tanto ricorda MSF/Francia e il ruolo aggressivo del suo leader Bernard Kouchner contro la Jugoslavia) ci sono ATTAC, gruppi trotskisti ma anche l'attuale maggioranza del "PCF rinnovato" quindi il settore dominante del FSE in Francia.

Nelle valutazioni fatte dagli studiosi cubani sono proprio Francia, Spagna e Italia i paesi europei dove si è maggiormente concentrata l'ostilità politica dei governi di destra (Chirac, Aznar, Berlusconi) contro Cuba. La complicità con questa politica da parte del PCF, IU e DS dovrebbe far riflettere seriamente i militanti, gli elettori e i simpatizzanti di questi partiti. Una riflessione analoga dovrebbe viaggiare anche dentro il composito movimento antiliberista che ha posto - giustamente - in agenda la necessità di un altro mondo possibile in aperta opposizione ai signori della guerra e ai padroni del mondo.

Nel contenzioso storico e politico tra l'esperienza cubana e l'aggressività degli Stati Uniti non solo non si può essere neutrali ma non si possono liquidare con un colpo di spugna l'originalità, le difficoltà e le conquiste sociali e politiche di un processo rivoluzionario come quello cubano. Mettere sullo stesso piano e decontestualizzando la norma e l'eccezione (nel caso dell'attuazione della pena capitale), repressione di massa e misure coercitive specifiche in un clima di guerra preventiva a largo raggio, un modello originale di partecipazione politica e pluralismo liberale, è un errore di valutazione tragico che imprigiona le coscienze e depotenzia l'alternativa politica e sociale nella nostra Europa sempre più reazionaria.

I compagni cubani chiedono quindi di concentrare tutte le forze disponibili nel FSE di Parigi per dare più forza alla battaglia politica di chiarezza e solidarietà con Cuba in quella sede e nelle altre iniziative in cantiere in Europa.

Il convegno nazionale su Cuba in preparazione in Italia ad Arcore per il 22 e 23 novembre prossimi, a nostro avviso, si deve inserire in questo dibattito a livello europeo per impedire ogni forma di complicità dell'Italia e dell'Unione Europea nel blocco economico e nell'aggressione statunitense contro Cuba. Questa consapevolezza deve diventare il minimo comune denominatore per procedere ad una discussione franca, leale ed aperta su Cuba, le sue conquiste, i suoi errori, le sue potenzialità e le sue difficoltà.

Interessanti incontri bilaterali

La partecipazione alla XI Conferenza del Centro Studi Europei all'Avana, è stata anche l'occasione per una serie di incontri bilaterali con istituti e centri di ricerca cubani. Dall'Associazione degli Economisti Cubani ai vari centri studi (Centro Josè Martì, Centro Studi Europei, Centro studi sull'Africa, l'Istituto Cubano per l'Amicizia tra i Popoli, le varie università, Radio Avana etc.) l'interscambio politico/culturale bilaterale è stato notevole e viene riconosciuto positivamente. All'università di Pinar del Rio abbiamo potuto tenere una conferenza sul "modello economico italiano" ai docenti di economia dell'università. Lo scambio di articoli tra riviste cubane con le riviste Proteo, Nuestra America, Contropiano e le possibilità di progetti di scambi culturali tra le varie università e centri studi è un terreno estremamente fertile, stimolante e importante. E' un terreno che qui in Italia non possiamo e non dobbiamo trascurare, anche perchè questi sono i centri di formazione della nuova generazione politica cubana ed a questa formazione viene dedicata grande attenzione. Sulla scena politica si sta affacciando una nuova generazione politica che mostra - al momento - buone capacità e diventa decisiva nella transizione del "dopo-Fidel" di cui si comincia a parlare senza troppi tabù, senza le suggestioni che circolano qui in Italia ma anche senza eccessive preoccupazioni sulla tenuta del processo rivoluzionario. A Cuba l'intellettuale collettivo sembra funzionare molto meglio del leaderismo imperante in Italia. La vecchia generazione sta assumendo la funzione di "consigliera" trasmettendo esperienza ai più giovani e assicurando la continuità politica in una situazione piuttosto critica sul piano economico ed internazionale.

L'incontro con i dirigenti del Dipartimento Esteri del Partito Comunista Cubano è stato estremamente interessante. Vi hanno partecipato il vice responsabile esteri del partito (Oscar Cordovés), la compagna del CC addetta ai rapporti con l'Italia (Jamila Pita), il presidente del Centro Studi Europei (Dennis Guzman).

Nei giorni precedenti abbiamo avuto un incontro al Ministero degli Esteri con Angel Dalmau che è il Viceministro degli esteri addetto ai rapporti con l'Europa.

Inoltre abbiamo avuto un interessante incontro con Leonel Gonzales - responsabile esteri della CTC (il sindacato cubano) - spiegandogli l'esistenza in Italia del sindacalismo di base (di cui non erano a conoscenza) e aprendo la strada al possibile confronto tra il sindacalismo di base e la CTC anche in presenza di un raffreddamento totale da parte della direzione della CGIL, mentre sopravvivono contatti e progetti con singole federazioni locali o di categoria.

Non abbiamo incontrato Fidel Castro, ce ne rammarichiamo perchè gli avremmo detto chiaramente che, per quanto ci riguarda, "la storia lo ha già assolto".

Abbiamo inteso socializzare la sintesi di questa nostra esperienza a Cuba, per fornire a chi avrà la voglia, l'interesse o la curiosità di leggere questo report, elementi di riflessione che ci sono parsi utili al dibattito su Cuba nel nostro paese e in Europa.

Saremo lieti di confrontarci con chi lo riterrà utile e vorrà farlo anche pubblicamente.



Luciano Vasapollo (direttore del CESTES)

Rita Martufi (coordinatrice editoriale di Proteo)

Sergio Cararo (direttore di Contropiano)

Maria Grazia Orsati (direttrice di Nuestra America)


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