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LA PRINCIPALE RELIGIONE A CUBA
Cuba è un paese laico nel quale esiste la libertà di culto. Infatti
molte sono le religioni che si sono distribuite lungo tutto il Paese
durante cinquecento anni ed è possibile, per un credente, rivolgersi a
sacerdoti, pastori, spiritisti e babalaos che praticano i rispettivi
culti in piena libertà e autonomia. In tutta l’isola sono presenti
chiese, templi, seminari, dove i fedeli possono ascoltare i riti che
caratterizzano la loro religione e pregare. C'è massimo rispetto anche
per credenze di origine africana come la Santeria, Palo Monte o Palo
Mayombe, Regla Arará e Società Segreta Abakuá...
(se vuoi continuare a leggere, clicca qui e sarai indirizzato verso un
sito esterno dove potrai scoprire molte altre cose su Cuba)
Magia, mistero, superstizione, filtri
d'amore e di morte, in un miscuglio magico animico e sensuale, la
Santeria, la vera religione di Cuba, si rifà ad antichi retaggi africani
e spagnoli, confondendo in un mix al di fuori delle nostre concezioni ed
aspettative, il sacro ed il profano
La
popolazione di Cuba è meticcia dal punto di vista culturale e lo è anche
in campo religioso, dove convengono varie credenze liturgiche. Anche di
questo si è arricchita la Santeria che in terra cubana ha messo radici e
si è ulteriormente alimentata da nuove fonti.
Conosciuta anche come "Regla de Ocha", la Santeria è la più
importante religione di origine africana trasportata a Cuba dagli
schiavi di quel continente, mescolatisi in seguito nell'isola (il
sincretismo) e praticata fino ai giorni nostri da un gran numero di
fedeli al punto di essersi convertita in una rilevante componente
culturale dell'identità nazionale cubana. QUesto culto è originale
dell'Africa equatoriale, più precisamente della regione compresa tra
l'antico regno del Dahomey. Togo, Benin e il sud-ovest della Nigeria,
dove vissero numerose tribù che avevano come idioma comune il "yoruba".
Oltre alla lingua, queste tribù dividevano tra loro molti tratti
culturali e molte credenze religiose, specialmente quella per gli "orisha"
che erano riconosciuti da tutte le tribù della regione.
Con
l'intensa tratta degli schiavi, che si svolse dal secolo XVI al secolo
XIX per il lavoro nelle centrali di produzione dello zucchero, arrivano
a Cuba questi negri yoruba d'Africa che riuscirono a conservare vive le
proprie credenze religiose grazie alla resistenza opposta nei confronti
dei loro padroni e all'abile identificazione degli "orisha" con i santi
della religione cattolica a partire da alcune caratteristiche comuni (si
fonde così, ad esempio, l'immagine di Santa Barbara con l'orisha Changò,
signore del fuoco e del fulmine, dio della guerra; o quella di San
Lazzaro con Babalù Ayè, anch'egli divinità dei lebbrosi e delle malattie
della pelle).
Il
complesso sepolcro "yoruba" è composto da numerosi "orisha", che alla
loro origine furono personalità reali dotate di "achè" (potere) e
resi santi dai loro discendenti. L'orisha viene trasformato in una forza
immateriale che non diventa percettibile agli esseri umani, se non
quando prende possesso di uno di essi attraverso la cerimonia denominata
"hacerse el santo". Tra gli orisha più conosciuti -dopo Changò e Babalù
Ayè- ci sono Elegguà (signore delle strade, fusosi con il Nino de Atocha
o Sant'Antonio da Padova), Obatalà (creatore della terra e dell'essere
umano, identificato con la Virgen de las Mercedes) e Yemayà (madre della
vita, identificata con la Virgen de Regla). A Cuba ha un ruolo di
rilievo anche Ochùn, dea dell'amore, della femminilità e del fiume che è
stata identificata con la Virgen de la Caridad del Cobre (patrona
dell'isola).
Con
l'abolizione ufficiale della schiavitù (1880) molti schiavi yoruba,
emigrati in zone urbane de l'Avana e di Matanzas (province dove si
produceva molto zucchero) cominciarono a praticare con maggiore libertà
i propri vecchi riti africani già mescolatisi con la religione
cattolica. In quel periodo, nei quartieri di Regla e nei pressi de
l'Avana, si fondano le prime case dedicate a questo tipo di culto. Due
avvenimenti furono decisivi per una definitiva cubanizzazione della
Santeria: l'unificazione di diversi culti yoruba in una unica liturgia
(la denominata Regla de Ocha) raggiunta dal "balalawo" (il
sacerdote dell'orisha Orula, colui che indovina il futuro) Lorenzo Samà
e dalla sua sposa Latuan sul finire del secolo XIX, la definizione
della "Regla de Ifà" (sistema di predizione usato dagli yoruba)
che si deve al babalawo Eulogio Gutierrez (dopo l'abolizione della
schiavitù riesce a tornare in Nigeria, dove però riceve l'ordine divino
di far ritorno a Cuba per stabilire la Regla de Ifà: l'ordine sacro dei
babalawo, gli unici capaci a predire il destino di donne e uomini
mediante la Tavola di Orula).
Il
sistema per predire il futuro usato dalla Santeria, conosciuto appunto
come Regla de Ifà, funziona attraverso la "Tavola de Ifà" o di Orula
(identificato con San Francesco d'Assisi) che è manipolata dal babalawo,
categoria sacerdotale che può essere ricoperta solo dagli uomini e solo
quando un altro babalawo -dopo aver consultato la tavola- scopre che può
essere figlio di Orula.
I
denominati "santeros" -uomini e donne- praticano la predizione
del futuro quando il santo che hanno ricevuto in affidamento li
autorizza per questa attività attraverso un sistema denominato
Caracoles.
La
Santeria, come religione primitiva, ha un carattere pragmatico e
attraverso di essa i suoi affiliati cercano di risolvere i problemi
spirituali e materiali. Sono molto frequenti le feste dedicate agli
orisha con musica e balli, grande quantità di cibo e bevande. Le feste
più importanti sono di solito quelle del 4 dicembre, giorno dell'orisha
Changò.
¡COMO ADORAN AL SANTO
ESTAS TURBA SALVAJE!
Come adorano il santo questi
selvaggi!
Questo dissero probabilmente
gli spagnoli dell’epoca dello schiavismo riferendosi agli schiavi degli
ingenios cubani, che in occasione delle feste religiose, danzavano e
cantavano in onore al santo cattolico.
Si perché la legge della colonia obbligava gli schiavi africani a
battezzarsi, rinunciare alla loro fede e abbracciare il cattolicesimo. E
loro lo fecero, per salvare la propria vita, almeno in superficie.
Le immagini cattoliche sono dense di simbolismo, per gli africani
associare queste immagini alle loro divinità fu un processo lungo, ma
inesorabile, al punto che tuttora, si fatica a distinguere la differenza
tra gli Orishas e i santi della chiesa, nonostante il fatto che la
religione cattolica non sia più imposta e che gli attuali sacerdoti
delle varie religioni di ceppo africano presenti nell’isola stiano
lavorando per separare le due entità.
Fu così che l’Orisha Changò, divinità della mascolinità, della guerra,
del fulmine e del tuono, venne legato indissolubilmente alla figura di
Santa Barbara, come è stato possibile che un Orisha maschio come Changò
fosse abbinato ad una Santa?
Semplice!
Santa Barbara porta le vesti bianche e rosse, ha una coppa in una
mano e una spada nell’altra e, racconta la sua storia, che suo padre
venne ucciso dal fulmine subito dopo averla fatta decapitare perché
cristiana. I colori rituali di Changò sono il bianco e il rosso,
l’Orisha è un guerriero (la spada) e ama bere alle feste (la coppa), in
oltre è il dio del fulmine che usa anche per castigare gli uomini
indegni (il padre della Santa). E ancora, in uno dei racconti che
riguardano Changò, si dice che una volta dovette travestirsi da donna
per sfuggire ai suoi nemici
Quindi il sincretismo tra il santo cattolico e l’Orisha può nascere da
una motivazione profonda o da una similitudine estremamente semplice ed
ingenua, dovuta anche al fatto che gli schiavi africani non sapevano
assolutamente niente dei dogmi della chiesa e credevano che ogni
immagine fosse a se stante, non capivano, e probabilmente non erano
interessati a capire, che due diverse immagini della Vergine, con due
nomi diversi fossero relative alla stessa persona, per loro non aveva
senso!
YEMAYA’
Intorno
al 1660 venne eretto nel casale di Regla, nei terreni del Ingenio
Guaicamar, una casupola che custodiva un immagine della Vergine, la
Regola (Regla) di Sant’ Agostino. (Racconta una leggenda circa il
Vescovo Agostino, detto l’africano nato e morto in Africa (360-436), che
quando era molto giovane ebbe la rivelazione di un angelo che gli ordinò
di intagliare nel legno un’immagine che doveva collocare, ben ornata,
nel suo oratorio. I secoli cancellarono il nome che Sant’Agostino
dovette dare all’immagine, ma sembra che fosse Vergine della Regola.
Diciassette anni dopo la sua morte, un discepolo di Agostino,
conoscitore del segreto della rivelazione, chiamato Cipriano, per
evitare che la figura venisse profanata dai barbari, imbarcò l’immagine
in una piccola nave e arrivò sulle coste della Spagna, vicino al luogo
dove si trova attualmente la Vergine della Regola, nella villa di
Chipiona, Càdiz. Si dice che nonostante una tempesta che li sorprese in
mezzo allo stretto di Gibilterra, l’immagine non si rovinò e non ebbero
pericolo ne Cipriano, ne la piccola imbarcazione, questo è stato
considerato il suo primo miracolo, che venne ampiamente commentato da
marinai e pescatori. Divenne così la patrona dei marinai.) Due anni dopo
la casupola venne distrutto da una tempesta, Juan Martìn di Cyendo, una
uomo pietoso e modesto, costruì con le proprie mani, e con l’aiuto
economico di Don Alonzo Sànchez Cabello, commerciante Habanero, una
cappella . Venne terminata nel 1664, quando arrivò a La Habana una nuova
immagine della vergine, portata da sergente maggiore Don Pedro de Aranda.
La istallarono nella cappella. Lì divenne oggetto di grande devozione e
il 23 dicembre del 1714 venne proclamata patrona della baia. Le sue
feste divennero popolari in tutte le classi sociali. Bianchi, nobili e
negri schiavi, liberati per pochi giorni, bevevano acquavite e
organizzavano lotte di galli e inaspettate corride di tori. Nell’aria si
sentivano allegri cori dedicati alla dolce Maria, ma anche profondi
suoni di batà che evocavano Yemayà, la potente, l’altra madre. Il
sincretismo di Yemayà con la Virgen de Regla risultò naturale, la
Vergine è la madre di Dio, bisogna attraversare il mare per vederla e
risiede sulla sua sponda; Yemayà è la potente madre di tutti gli Orishas,
la misericordiosa regina del mare, che è la sua dimora.
ORISHAS
PRINCIPALI
ELEGGUA’
è il primo orisha ad essere
salutato, il primo a ricevere qualunque offerta, il primo (e l’ultimo)
cui si canta nelle cerimonie e nelle feste ed anche il primo che viene
ricevuto dai credenti, insieme con Oggùn, Ochossi e Osun, in un gruppo
denominato GUERREROS. E’ l’orisha che custodisce la casa, apre e
chiude le porte al destino, rappresenta il bene e il male, la notte e
il giorno, la disgrazia e la felicità. Tradizionalmente la sua figura
è strettamente vincolata a quella di ECHU,
l’incarnazione dei problemi e delle disgrazie dell’uomo. I suoi colori
sono il rosso e il nero, i suoi giorni il lunedì, il martedì e ogni 3
del mese. Viene sincretizzato con il Santo Niño di Atocha, Sant’Antonio
da Padova e l’Anima Solitaria.
OGGUN
il fabbro, violento e astuto è l’orisha
dei minerali, le montagne, gli attrezzi, i fabbri, i soldati.
Rappresenta il raccoglitore, il cacciatore solitario che vaga nel
bosco e ne conosce tutti i segreti. Simbolizza il guerriero brusco,
barbaro e bestiale. E’ il signore delle chiavi, le catene ed il
carcere. E’ considerato come una delle manifestazioni più antiche
degli yoruba. I suoi colori sono il verde e il nero, i suoi giorni il
martedì, il mercoledì e il 4 di ogni mese. Viene sincretizzato con San
Pietro.
OCHOSSI
il cacciatore, patrono di coloro che hanno problemi con la giustizia,
mago, indovino, guerriero, cacciatore e pescatore, lo s’invoca per
avere protezione quando bisogna affrontare un’operazione chirurgica. I
suoi colori sono il blu prussia e il rosso corallo, i suoi giorni sono
il lunedì e il mercoledì e il 4 di ogni mese. Si saluta alzando la
gamba sinistra ed imitando con le mani il lancio di una freccia. Viene
sincretizzato con San Norberto.
OSUN
il messaggero di Obatalà e Olofi, è il
guardiano della testa degli uomini, Orula si appoggia a lui per
ottenere il potere della divinazione e la conoscenza del reale e del
trascendente, rappresenta la vita stessa. Gli appartengono tutti i
colori (Osun vuol dire "pittura"), il suoi giorno è il giovedì. Viene
sincretizzato con San Govanni Battista.
ORULA
l’indovino, il benefattore dell’umanità, il suo principale consigliere
perché gli rivela il futuro e gli permette di influirvi. Personifica
la saggezza, la possibilità di influire sul proprio destino, anche il
più avverso, medico e signore di uno dei quattro venti. Chi non
ascolta i suoi consigli, sia uomo o Orisha, può essere vittima della
mala sorte portata da Echu. Intorno ad Orula si è formato un complesso
religioso che lo singolarizza rispetto a tutti gli altri Orishas. Per
essere sacerdote di Ifà o babalawo, non è imprescindibile essere
santero, anche se normalmente è così. Il suo potere è tanto grande che
quando reclama qualcuno come suo figlio, questi deve abbandonare
qualunque altro Orisha e dedicarsi a Orula. Solo gli uomini (neanche
gli omosessuali) possono essere babalawos, alcune donne hanno accesso
al mondo di Ifà diventando Apetebi e vengono considerate spose della
divinità e partecipano ad alcuni dei suoi segreti. I suoi colori sono
il verde e il giallo, gli appartengono tutti i giorni di festa e il 4
ottobre. Viene sincretizzato con San Francesco d’Assisi.
ODDUA
primo Re di Oyò, rappresenta i misteri e i segreti della morte.
Signore della solitudine, è androgino. I suoi colori sono il bianco,
il rosso e il nero. Il suo giorno è il giovedì. Si sincretizza con il
Nome di Gesù e il Santissimo Sacramento.
OBBATALA’
creatore della terra e scultore dell’essere umano, è la divinità pura
per eccellenza, signore di tutto ciò che è bianco, della testa, dei
pensieri e dei sogni. Venne inviato sulla terra da Olofi per fare il
bene e per governare il pianeta, è misericordioso e amante della pace
e dell’armonia. Tutti gli Orishas lo rispettano. Non permette a
nessuno di spogliarsi in sua presenza o di pronunciare parole
ingiuriose o volgari. Secondo la sua manifestazione può essere uomo o
donna, vecchio e saggio o giovane e guerriero. Il suo colore è il
bianco. Generalmente viene sincretizzato con la Vergine de la
Mercedes.
OKE’divinità
tutelare delle montagne. E’ la forza e il guardiano di tutti i santi.
Si sincretizza con Santiago de Compostela, patrono di Spagna
YEMAYA’
madre della vita, signora del mare, fonte fondamentale di vita. Le
piace cacciare e maneggiare il machete, è indomabile e astuta, i suoi
castighi sono duri e la sua collera terribile, ma giustiziera, ma è
anche madre dolce che ascolta le richieste dei suoi figli e si
preoccupa per il loro sostentamento. I suoi colori sono il blu e il
bianco, veste con sette gonne sovrapposte, un corpetto blu con
serpentine bianche e una cinta con un rombo che copre l’ombelico. Il
suo giorno è il sabato. Si sincretizza con la Vergine della Regola.
CHANGO’
dio del fuoco, del fulmine, del tuono e della guerra. Dei tamburi batà,
della danza della musica e la bellezza virile. Rappresenta il maggior
numero di virtù e imperfezioni umane, è lavoratore, coraggioso, buon
amico, indovino e guaritore, ma è anche bugiardo, donnaiolo, rissoso e
giocatore. Buon padre finché il figlio obbedisce, ma non lo ammette
codardo o effeminato. I suoi colori sono il rosso e il bianco, i suoi
giorni sono il venerdì e il 4 del mese. Viene sincretizzato con Santa
Barbara
OCHUN
signora dell’amore e della femminilità, divinità del fiume, è il
simbolo della civetteria e della grazia femminile, amante di Changò,
amica di Elegguà che la protegge. Accompagna sempre Yemayà. Vive nel
fiume e assiste le gestanti e le partorienti. Viene rappresentata come
una mulatta bella, simpatica, brava ballerina e sempre allegra. E’
capace tanto di risolvere, quanto di provocare, liti tra gli Orisha e
tra gli uomini. Il suo colore è il giallo, ma gli vengono attribuiti
anche il verde acqua e i corallini. Il suo giorno è il sabato. Si
sincretizza con la Vergine della Caridad del Cobre, patrona di Cuba.
IBEYIS
gemelli divini, figli di Changò e Ochùn, cresciuti da Yemayà.
Proteggono i bambini. Sono sincretizzati con i Santi Cosma e Damiano
OYA’ YANSA’
amante di Changò, signora del fulmine e del cimitero. Violenta e
impetuosa, ama la guerra e accompagna Changò nelle sue campagne, con
il suo esercito di spiriti, combattendo con due spade. Vive alla porta
del cimitero o nei suoi dintorni. Con Elegguà, Orula e Obatalà, domina
i quattro venti. Possiede tutti i colori tranne il nero, il suo giorno
è il venerdì. Si sincretizza con la Vergine della Candelora
OBBA
moglie ufficiale di Changò, che la ripudiò quando lei, per amor suo,
si tagliò un orecchio. Signora dei laghi e delle lagune. E’ la
guardiana delle tombe. E’ il simbolo della fedeltà coniugale e viene
rappresentata come una giovane donna sensuale e dalle carni sode. I
suoi colori sono il rosa e il giallo. Il suo giorno è il venerdì.
Viene sincretizzata con Santa Rita da Cascia.
BABALU’ AYE’
divinità delle malattie, santo molto venerato e pregato per ottenere
la grazia della guarigione. Il suo colore è il viola vescovile. I suoi
giorni sono il mercoledì e il venerdì. Si sincretizza con San Lazzaro
ORISHA OKO
divinità della terra, dell’agricoltura e dei raccolti.I suoi colori
sono il rosso e il bianco. I suoi giorni sono il lunedì, il martedì e
il 12 di ogni mese.
Si sincretizza con San Isidoro
OSAIN
signore della natura, la natura stessa. Ha una sola mano, una sola
gamba, un orecchio grande da cui è sordo e uno piccolo da cui sente
tutto, anche il voli degli insetti. E’ il signore di tutte le erbe che
hanno potere magico o curativo, bisogna chiedere a lui il permesso per
raccoglierle. Il suo colore è il verde, il suo giorno il venerdì. Si
sincretizza con San Silvestro.
Francesca del Carmen
Fonti consultate:
Natalia Bolivar Aròstegui
Ashè una revista especializada en Santeria
Per le immagini orishaweb.com
La santeria
qualcosa di più di una religione
di Gordiano Lupi
già
pubblicato su Mystero di marzo 2002
Per capire a fondo la cultura cubana non è
possibile prescindere dalla santeria e dai suoi rituali. E’ forse uno
dei misteri più affascinanti che unisce la variegata popolazione del
caribe, composta da un crogiolo di razze e culture amalgamate da tempo
in un popolo capace di sentire con forza la propria unità nazionale. A
Cuba è una bestemmia solo parlare di razzismo: creoli, bianchi, mulatti
e negri convivono da sempre senza problemi e la santeria ha la sua parte
di merito. E’ vero che l’intensità con la quale si pratica questa
religione non è uniforme, infatti a Oriente (Santiago e Baracoa) la sua
influenza è maggiore che a Occidente, così come nelle campagne la
religiosità è più diffusa rispetto ai grandi centri urbani. Basta
aggirarsi un po’ per i quartieri de L’Avana per rendersi conto che a
Guanabacoa si praticano riti santeri in misura superiore rispetto ai
quartieri centrali del Vedado e Miramar e che là dove la popolazione
nera è in maggioranza la santeria ha una percentuale di pratica e
diffusione notevole. E questo è abbastanza ovvio se solo si pensa alle
origini di queste credenze.
La santeria nasce
nella Nigeria sud occidentale, la patria degli Yoruba, che in pieno
XVII secolo furono deportati nel Nuovo Mondo come schiavi. Fu così che
gli africani trasferirono a Cuba la loro pittoresca e variopinta
mitologia che prese nome di lucumì. Le divinità, chiamate orisha, ci
ricordano molto da vicino gli dei dell’Olimpo greco perché sono un
coacervo di vizi e difetti umani. La stessa religione africana si
diffuse nel resto dell’America centro - meridionale con diverse
modificazioni. A puro titolo esemplificativo diremo che in Brasile dette
vita al candomblé o macumba e ad Haiti al vudù. A Cuba il tratto
fondamentale di quella che si chiamerà santeria è dato da una
commistione e identificazione della mitologia lucumì con la iconolatria
cattolica dei dominatori spagnoli. Gli schiavi africani si preoccuparono
di occultare le loro pratiche magiche e religiose agli occhi degli
spagnoli, che non sono mai stati un esempio di tolleranza. Fu così che
gli orisha presero i nomi dei santi cristiani e i riti magici yoruba
andarono progressivamente a fondersi con le tradizioni della Chiesa
cattolica. Ecco perché è appropriato parlare di sincretismo religioso a
proposito della santeria, che oggi subisce pesantemente l’influenza del
cattolicesimo. Quei santi che servivano inizialmente solo a mascherare
la realtà di un culto che veniva dall’Africa, adesso sono una cosa sola
e inscindibile con i rispettivi orisha. Al giorno d’oggi non c’è santero
che non si dica cattolico e che non sia battezzato. La necessità di un
tempo si è trasformata in una religione nuova che non nasconde più
niente a nessuno, ma è diventata un cattolicesimo sui generis, costretto
a fare i conti con i rituali venuti dall’Africa quattrocento anni fa. A
Cuba la Chiesa non può che chiudere un occhio se vuole convertire e
farsi accettare, perché qua non è possibile prescindere dalla
tradizione. Ed è quello che sta facendo, come a suo tempo ha fatto il
regime comunista, per impostazione culturale ostile a ogni culto
religioso.
La santeria è una
religione terrena, un sistema magico-religioso dove ogni orisha si
identifica con un aspetto della natura e trova il suo corrispettivo
nella tradizione cattolica. Changò è Santa Barbara e governa il fuoco,
il tuono e il fulmine, oltre a essere il simbolo del potere bruto, della
passione e della virilità. Oshun viene raffigurata come Nostra Signora
della Caridad del Cobre, la patrona di Cuba, e simboleggia le acque del
fiume, oltre a essere riconosciuta come dea dell’amore, della fertilità
e del matrimonio. Yemayà è associata a Nostra Signora di Regla, patrona
de L’Avana e simbolicamente rappresenta il mare. A lei si rivolgono le
donne in maternità per ricevere protezione. Elegguà si raffigura come
Sant’Antonio da Padova, ma per la tradizione santera è il bambino degli
dei, imprevedibile e sconcertante. I suoi poteri sono enormi: apre tutte
le strade e governa il destino, rendendo possibile ogni impresa. Obatalà
è Nostra Signora della Misericordia ed è raffigurato come il creatore
del genere umano. Oyà è Santa Teresa e simboleggia i venti, oltre a
vigilare su cimiteri e fulmini. Oggùn si identifica con San Pietro ed è
il patrono di tutti i metalli, proprio per questo protegge agricoltori,
carpentieri, macellai, chirurghi, meccanici e poliziotti e tutti coloro
che lavorano con metalli o armi metalliche.
Abbiamo citato solo le
divinità maggiori, per andare oltre non basterebbe lo spazio di un
articolo, così come interessante sarebbe approfondire le leggende che si
narrano attorno a ogni orisha. La mitologia che si è sviluppata nei
secoli attorno alle singole figure non ha niente da invidiare a quella
classica di tradizione greco – romana.
Gli orisha vengono
propiziati con sacrifici, ma non sempre c’è bisogno di una vittima e di
uno spargimento di sangue. Più frequentemente si offrono frutti, fiori,
candele o i cibi preferiti dagli orisha. Si ricorre a offerte più
importanti solo se si devono risolvere problemi molto delicati e
soprattutto si ricorre al sacrifico di sangue solo quando è a rischio la
vita di una persona.
Fissiamo un altro punto fermo dicendo che
la santeria non è un culto o una pratica magica,come molti nel passato
hanno tentato di liquidarla.
I santeros sono
soltanto la voce terrena degli orisha, così come i babalawos sono
oracoli ancora più potenti, una sorta di sommi sacerdoti della santeria.
Tutti parlano sempre per bocca dei santi e degli dei e tra loro è solo
una questione di gerarchia e di potere. Il santero rispetta il babalawo
e in caso di dubbio interpretativo chiederà sempre a lui una spiegazione
esauriente.
Il Dio supremo non
manca a questa religione ed è chiamato Oloddumare, il creatore di tutti
gli orisha, però l’elemento fondamentale resta il culto dei santi. La
vita di ognuno di noi è governata da un orisha, una sorta di angelo
custode che accompagna ogni azione dalla culla alla tomba e deve essere
individuato prima possibile dall’interessato. La santeria si propaga e
si diffonde per iniziazioni che a loro volta ne producono altre. Il
neofita si dice che prende il santo e per un certo periodo (solitamente
un anno) va in giro vestito di bianco, deve sottostare a certe
proibizioni alimentari e, se si tratta di una donna, deve portare anche
i capelli tagliati molto corti.
Nel culto santero sono di fondamentale
importanza gli spiriti dei morti, chiamati eggun, che vanno sempre
onorati prima degli orisha.
I defunti hanno bisogno di essere nutriti
e per questo motivo in casa di un santero troverete sempre, nel bagno o
dietro le porte, bacinelle di acqua, tazzine di caffè, bocconi di cibo,
mazzi di fiori e candele votive.
Ogni cerimonia
rituale, detta rogacion de cabeza, si apre con l’invocazione e l’offerta
agli eggun e si svolge attorno alla boveda, un tavolino con sopra coppe
per l’acqua e al centro una coppa più grande consacrata alla guida
spirituale del santero. Sulla boveda i santeri depongono fiori, sigari,
rum, alcol aromatico (acqua di Florida), dolci, cibo e caffè. A volte
anche una rosa rossa e un crocifisso. La messa spirituale è una seduta
pubblica in cui i partecipanti siedono intorno a un tavolo spesso
tenendosi per mano. Le cerimonie si svolgono dopo il tramonto e prima di
iniziare ci si deve purificare con l’acqua di Florida. Il santero parla
con una lingua a metà tra l’africano e lo spagnolo, incomprensibile per
chi non è un iniziato. Invoca i morti con un bastone detto palo e prende
le sembianze degli eggun che incontra nella stanza liberi di parlare e
agire. La cerimonia è arricchita da preghiere in tutto e per tutto
identiche a quelle che si recitano in una comune chiesa cattolica e
offerte propiziatrici. Se c’è bisogno di divinare il futuro o di dare
risposta a domande poste dai fedeli si ricorre a noci di cocco e a
conchiglie, che vengono lanciate in aria e il loro modo di disporsi al
suolo viene interpretato come segno di una ben precisa volontà.
Concludiamo dicendo che non si può
conoscere la santeria e apprezzarla in tutto il suo apparato
tradizionale se non ci si cala nella mentalità cubana. La santeria non è
solo una religione, ma uno stile di vita, un modo per conoscere il mondo
circostante. E’ una religione fatta di elementi naturali, di mare,
fuoco, vento, sole e fulmine. Il mondo è un insieme di spiriti
nell’incontro tra cattolicesimo e credenze africane.
Il santero è un personaggio al quale si
ricorre frequentemente per dare una soluzione ai problemi del
quotidiano. E’ un guaritore e un divinatore del futuro, un oracolo e un
preparatore di amuleti. Si va da lui con la stessa facilità con cui ci
si reca da un medico e spesso lo si consulta anche quando la medicina
tradizionale non ci dà speranza.
La santeria è una
religione piena di vita, così come piena di vita è la gente di Cuba,
accompagna l’esistenza quotidiana senza obbligare i praticanti a rituali
pesanti, inaccettabili per la mentalità locale. Non riesco a immaginare
un cubano intento a recitare preghiere buddiste ogni giorno alle stesse
ore e mi è difficile anche vederlo in una chiesa cattolica tradizionale
a sgranare il rosario. La santeria invece ben si attaglia alla mentalità
del posto, perché è una religione fatta di riti che danno un posto
importante a tabacco e rum. E poi talvolta anche una sbronza memorabile
o una frenetica danza in compagnia di una bella ragazze può far parte
del rituale evocativo. A Cuba possiamo assistere a spettacoli di danze
affascinanti ispirate alla vita degli orisha, così come si ascoltano
canzoni di autori come Willy Cirino e Tito Puente che si soffermano su
queste divinità sorridenti e gioiose. Comodamente seduti a sorseggiare
un cuba libre o un mojito ci lasceremo prendere da musiche tribali di
origine africana che scandiscono a colpi di tamburo e maracas i rituali
santeri. E proprio per questo diciamo che la santeria è parte integrante
della cultura cubana, così come lo sono il ballo e la musica. E non vi
azzardate a dubitare con un cubano in merito ai poteri di Elegguà o
Yemaya. Correreste il rischio di essere trascinati a una messa
spirituale, dove il santero di turno vi caccerà via tutti gli spiriti
maligni che infestano la vostra anima a colpi di rami di palma e spruzzi
di rum e tabacco.
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