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TERRORISTI, PROFES-SIONISTI, ANTISEMITI
16/11/03
Sul “Quotidiano comunista” Liberazione,
giornale del mio partito, dal 9 maggio scorso, quando scrissi alcune
verità, poi confermate, sullo scontro “dissidenti”- governo cubano, non
mi è più consentito di dibattere. Non se ne prenderà a male nessuno se
ora mi prendo la libertà di dibattere altrove, sui siti che generosi e
coraggiosi mi hanno invitato, visto che i direttori di Liberazione e lo
stesso segretario nazionale hanno dibattuto contro di me su varie
testate, da destra a sinistra, senza possibilità di replica.
Sono rimasto profondamente disturbato da
quello che a Nassiriah è successo a 19 italiani, carabinieri, soldati,
civili, disintegrati da un autobomba lanciatagli contro dalla
guerriglia irachena. Altrettanto disturbato dall’oscenità della tronfia
melassa patriottarda che ci sta colando addosso da tutti gli schermi, da
tutti i giornali. Incazzato come non mai dallo sprofondo senza luce e
senza nomi, in cui, contemporaneamente, sono stati inabissati
qualcosa come 55.000 iracheni trucidati dal 18 marzo 2003 (secondo
l’ultimo e non completo dato di un istituto di ricerca britannico) e dei
molti più destinati all’ennesimo genocidio dalla civiltà occidentale
giudaico-cristiana. Schifato oltre ogni descrizione dall’ipocrisia e
dalla determinazione criminale dei gaglioffi che, abusando dei loro
titoli, del loro mandato popolare, hanno coscientemente mandato a farsi
ammazzare gente cui non hanno saputo offrire altro vitalizio che quello
della morte prospettata e pagata con 12 milioni di lire per qualche
mese. Sollecitato al vomito da quei gruppazzi di militari, ufficiali e
soldati, che si addensano intorno a compunti demagoghi che si pretendono
inviati speciali, occhieggiando verso il monitor per vedere come
vengono, strizzandosi ghignando l’occhio al di sopra delle bare
imbandierate per comunicare “mi si è visto in tv”. Commiserando quei
subalterni in tutti i sensi che, con sulle spalle come avvoltoi arcigni
superiori, a controllare che si dica la cosa giusta, patriottica,
soldatesca, recitano, con ancora i cerotti in testa, la formuletta della
pace da portare, della gratitudine offerta agli italiani “brava gente”
dai commossi iracheni occupati, del terrorismo che non ci vincerà.
Restando sgomento da un Comune di Roma, retto dal sinistro Veltroni,
che, seguendo l’indicazione dei postfascisti, invereconda e insultante
nei confronti degli inviati al macello, ha distribuito al volgo bandiere
tricolori in onore, non certo dei caduti incolpevoli, ma di una
spedizione sciagurata agli ordini del macellaio di Washington.
Da Schifani, ciambellano del mafia-regime,
a Liberazione, “quotidiano comunista”, formulano e gridano tutti lo
stesso concetto, la stessa definizione: terroristi! E guai, a non
sbraitare nel coro! Col “secolo di sangue e nefandezze” è deceduta anche
la separatezza di giudizio di coloro che, più che cercare un “altro
mondo possibile”, il mondo esistente lo volevano rovesciare come un
calzino per arrivare a quel mondo necessario di uguali, giusti e liberi
che, allora, aveva un solo nome: socialismo. Ora, ecco che col secolo
della rifondazione ci si è tutti riuniti in unica invocazione,
“democrazia!”, e in unico anatema, “terroristi!”.
Guerriglieri, partigiani, combattenti
della libertà, insorti, guerra di popolo, guerra di liberazione, tutta
roba cacciata nell’oblio, quando non offerta graziosamente, nel
minestrone tossico “terrorismo”, ai cannibali della guerra permanente.
Non si poteva far di meglio, in questo
senso, di quanto i subalterni di sinistra hanno prodotto dopo le
esplosioni davanti alle sinagoghe di Istambul, con le teorie più
strampalate, ma tutte congeniali al
prodest cercato da Israele e USA. Pare di sognare: gente che
è cresciuta nell’Italia del terrorismo di Stato, scaturito dalle
centrali dello sfoltimento demografico capitalista, dell’amerikana P2,
dell’amerikano Gladio, degli amerikani servizi, delle amerikane
organizzazioni neonaziste, canta all’unisono gli stonatissimi cori della
“spirale terrorismo-guerra”. Al Qaida nell’acuto dei solisti, Al Qaida,
e implicitamente il “fondamentalismo islamico” (Rossana Rossanda), nel
rombo dei cori, Al Qaida nello squillo dei trombettieri. Per far cosa?
Per dar corpo e bersagli all’antisemitismo dilagante in questa dannata
Europa, congenitamente vocata alla persecuzioni degli ebrei? E, a
seguire, naturalmente Al Qaida come i kamikaze palestinesi, Al Qaida in
soccorso a circa 22 milioni di terroristi iracheni. Anche se poi, in
questa piscina di stronzate senza uno straccio di prova, se non le
funzionali apparizioni, come da calendario delle campagne della guerra
permanente, di Osama Bin Laden, ci sguazzano felici le multinazionali
del petrolio, delle armi, della chimica, dei media e i loro terminali
politici.
Uno ne rimane sconvolto, anche se la
pertinace negazione dell’infiltrazione nelle BR, fomentatrici della
stabilizzazione capitalistico-fascista, la difesa di un illibidinito da
bombe e guerre come Adriano Sofri, fatto passare per vittima di chi
vuole ancora – figuratevi! – vendicarsi del ’68, il serrare gli occhi e
le orecchie davanti alle agghiaccianti scoperte sulle responsabilità
USA, non solo, nell’orrore dell’11 settembre (culmine di una vicenda che
parte dall’affondamento USA della propria corazzata Maine per fare la
guerra alla Spagna nel 1898, al siluramento USA della nave-ospedale
Lusitania, per fare la guerra agli imperi centrali nel 1915, alla
distruzione della flotta di Pearl Harbour, con la provata prescienza
USA, per fare la guerra al Giappone nel 1941, al Piano Northwood USA di
abbattere migliaia di cittadini USA per fare la guerra a Cuba nel 1962,
all’inventato attacco alla flotta USA nel Golfo del Tonchino per fare la
guerra al Vietnam del Nord nel 1964, alle stragi del compare USA
Izetbegovic nel mercato di Sarajevo, per fare la guerra ai serbi), ma
anche nelle stragi di Bali, Casablanca, Arabia Saudita, ci avrebbero
dovuto far crescere selve di peli sullo stomaco.
Non un dubbio nei soloni della sinistra.
Non un sospetto che le bombe alle sinagoghe arrivano nel momento in cui
il popolo europeo e del mondo rilancia la sua passione contro la guerra
e denuncia come massimo pericolo alla pace Israele. Non che qualcuno
possa aver voluto punire una Turchia, che, scandalo!, ha negato basi e
truppe al massacro dell’Iraq, proprio come BR e stragi varie punirono
l’Italia del Moro insensibile alle minacce di Kissinger, per il suo
occhieggiare verso partner e fratelli naturali come gli arabi. Non un
pensierino che tutti questi terrorismi potrebbero ridare fiato e alibi
ai mostriciattoli in difficoltà davanti alle resistenze dei popoli, in
Iraq come in Palestina, come ovunque.Ahi ! come povera e disprezzata
vai, scienza del cui prodest.
Ma cos’è questo torpore, questo abdicare
alla memoria e all’investigazione di classe, se non un alloro sulle
teste dell’idra imperialista! Al Qaida, punta di diamante di un
fanatismo religioso inventato, addestrato, finanziato, armato e
indirizzato dalla CIA e dai servizi subalterni nell’Afghanistan da
liberare dall’Armata Rossa; nella Bosnia della Jugoslavia da squartare,
nel Kosovo da separare e trasformare nel pozzo nero del traffico di
droga dall’Afghanistan, restituito dal fantoccio USA al primato mondiale
dell’eroina, di armi, di donne e bambini, di organi e ONG; nell’Algeria
petrolifera e gassosa da sminuzzare e rendere a pezzetti agli USA; nelle
Filippine popolate da milioni di insofferenti al colonialismo;
nell’Indonesia da riportare ai fasti dell’alleato stragista Suharto;
nell’Arabia Saudita, riluttante al vertice e fremente alla base, sotto
il tallone del padrone colonialista; nell’Iraq e in Palestina degli
attentati spuri a Croce Rossa e ayatollah (le smentite di responsabilità
di Saddam le hanno sentite solo gli arabi), dove rinasce, come al tempo
della dominazione britannica con armi chimiche e bombardamenti ordinati
dall’eroico Churchill, il segnale della possibile vittoria di una lotta
di popolo per la liberazione.
C’è qualcuno che, con un minimo di
consapevolezza storica e tecnica, possa davvero fantasticare che questo
bambino della CIA, più deforme dei milioni di bambini lasciatisi dietro
dalla diossina e dall’uranio USA, possa essere sfuggito dal controllo
dei più potenti e possenti servizi segreti del mondo, Echelon, Awacs,
spie, infiltrati, e andare indisturbato e imprendibile per i cinque
continenti, sbeffeggiando la più grande potenza di tutti i tempi, e non
essere invece attivato per offrire il pretesto “terrorismo” alla più
totale delle guerre della storia, al più sanguinario dei sistemi di
aggressione, oppressione e sfruttamento, ai più criminali dei
governanti?
Migliore Gennaro, conseguentemente, ha
duramente apostrofato e poi schifato una mobilitazione di massa che, nel
deserto delle iniziative di coloro cui sarebbero spettate storicamente
(ohibò), eticamente e politicamente, si era sbilanciata a chiamare alla
protesta contro un macellaio tuttora sostenuto dalla stragrande
maggioranza del popolo che governa e che da 55 anni vota e tollera
governi razzisti e genocidi, senza ripetere la formuletta della
nonviolenza cosmica e del “terrorismo palestinese”. E si era spinta fino
a sostenere quell’”Intifada fino alla vittoria” che, pur esecrata dal
Migliore in pubblica concione, nel mondo ha mantenuto acceso un barlume
di quell’incendio che nel “secolo del sangue” era tuttavia riuscito a
far assaporare una mazzetto di primizie assolute: libertà, dignità,
autodeterminazione. Migliore Gennaro aveva deplorato sentitamente che,
nella piattaforma, non si fosse fatta celebrazione dei dissidenti e
refusenik israeliani, inconsapevole che proprio dalla piattaforma
avrebbe parlato Michal Schwartz, esponente degli esponenti
dell’opposizione israeliana. Gennaro Migliore era ancor più
scandalizzato dall’assenza, anche negli striscioni, sulle labbra, nelle
teste e nei cuori dei manifestanti per la Palestina, del concetto, della
definizione e dell’anatema che, appunto, tutti ci dovrebbero unire in un
unico abbraccio: terroristi! Ne consegue che, per Migliore, sacrosanta,
giustissima, imprescindibile, doverosa per tutti gli uomini di buona
volontà, è “la guerra al terrorismo internazionale”. Bush e la sua banda
di terminator evangelico-sinosti, agli ordini del “dio degli eserciti”,
annuiscono, anche se un poco spettinati dal soffio delle rampogne
pacifiste. L’essenziale è che non ci siano distinguo sul “terrorismo”.
Gennaro Migliore, successore nella
responsabilità per i rapporti internazionali di Ramon Mantovani,
propalatore a sua volta del famoso calembour “né con la Nato, né con
Milosevic” (Carla del Ponte al Tribunale dell’Aja, ha acciuffato al volo
la seconda parte della freddura), ha avuto una risposta, che direi
salutare, nonché definitiva, da Joseph Halevi, professore alla Sapienza
e uno dei più stimati intellettuali ebrei su piazza.
“Trovo sinceramente incomprensibile la non
adesione di Rifondazione alla manifestazione contro il muro di
annessione ed espulsione che il Governo di Israele va costruendo (alla
manifestazione, comunque, hanno aderito non solo un paio di aree del PCR,
ma migliaia di iscritti e militanti del partito. F.G.)… Dovreste essere
più umili ed imparare dai comunisti israeliani, soprattutto dai grandi
dirigenti del PC israeliani come Meir Vilner e Toufik Toubi (tra i
partiti comunisti del mondo, credo che Rifondazione sia l’unico, o uno
dei pochissimi, che adoperi il termine “terroristi” a designare i
guerriglieri palestinesi che reagiscono allo sterminio dei propri civili
colonizzati e, oggi, i resistenti iracheni. F.G.)… Senza addentrarmi
nelle contorsioni della politica italiana, mi sembra che la lettera di
Migliore al Manifesto (Halevi ne è collaboratore. F.G.) testimoni del
vuoto storico concettuale e teorico della dirigenza di Rifondazione e
del fatto che per rilanciare un movimento di ispirazione comunista è
necessario un approccio meno politicistico e meno contingente”.
Lascio ad Halevi la responsabilità delle
sue parole. Ma mi sia consentito di aggiungere qualche considerazione,
una proposta e una disposizione.
Da “operatore dell’informazione” mi
impegno da anni, abbastanza in solitudine in Italia, ma con conforto di
molti e migliori colleghi all’estero e, in particolare nella “pancia del
mostro” (così i pacifisti USA si riferiscono al loro Stato), ad
evidenziare e contrastare quella subalternità alle parole d’ordine
politiche e mediatiche dei cospiratori imperiali e dei loro ascari, che
tanto spesso e con gravissime conseguenze fa scivolare le sinistre
dall’altra parte della barricata. Oggi questa subalternità è andata
oltre la già perniciosissima accettazione degli stereotipi della
propaganda imperialista finalizzati alla “costruzione del nemico” e
all’intossicazione della propria opinione pubblica. Siamo nella coda di
una storia colonialista e imperialista, che ha terroristicamente
cingolato popoli e civiltà prendendo a pretesto il “terrorismo” della
vittima, perlopiù inventato di sana pianta o frutto di provocazioni
efferate. E questa coda ha dato il suo colpo, più che mai, con gli
attentati dell’11 settembre che la ricerca dei controinformatori USA
hanno dimostrato prodotto dalla connivenza, o piuttosto, dall’iniziativa
dei poteri che se ne sono poi avvalsi. Continuare, mentre ne veniamo
strangolati, ad accettare la dicotomia “guerra e terrorismo”, gemelli di
parto imperialista, scimmiottare l’accusa di terrorismo rivolta dai
carnefici a coloro che si dibattono per sopravvivere, è oggettivo
collateralismo. Per quante accuse, a questo punto minate alla radice
perché strategicamente ineffettuali, si vogliano lanciare contro
“l’impero” e quella che eufemisticamente si insiste a chiamare
“globalizzazione neoliberista”, quell’oggettivo collateralismo torna a
galla e inquina, come il petrolio della
Prestige”.
Ogni volta che una persona spara un
“terrorista!” contro la vittima non doma di ag-
gressioni, occupazioni, devastazioni,
uccisioni, eliminazioni, rifornisce di carburante la schiacciasassi
della distruzione planetaria, aiuta a desertificare l’erba della vita.
Ieri in Jugoslavia, spappagallando, appresso alla mitografia pataccara
delle agenzie di intossicazione al soldo del Pentagono, sulla “pulizia
etnica” (che poi, smentita, è stata avvallata dal silenzio, magari, ma
inutilmente, vergognoso, e dalle spalle voltate alla vera pulizia
etnica ai danni di un milione di serbi). Oggi in Palestina e in Iraq.
Fossimo quelli della battaglia di Algeri - senza i tardivi pentimenti di
alcuni – parleremmo di legittima guerra di popolo per la liberazione,
quanto meno così attenendoci alla Carta dell’ONU. Ma, appunto, dal
“secolo di sangue e nefandezze” (come lo definiscono, non molto
diversamente da quelli del “Libro Nero del Comunismo”, e vai con un
ulteriore collateralismo) non per nulla siamo usciti.
La proposta è di lessico. Siate umili,
almeno linguisticamente. Siate accorti. Date del terrorista a Bush, a
Sharon, a Blair (sempre che non ne vadano compromessi i tè delle cinque
con D’Alema), a Himmler, e, dopo una canna, anche a Fini e a Bushlusconi.
Lo avete già fatto. Insistete. Ma, per favore, non utilizzate lo stesso
termine per chi gli lotta contro. Non fate confusione, oro-piombo,
fischi-fiaschi. Anche se un certo modo di lottare non rientra nel vostro
totalitario schema della nonviolenza. Qualcuno ci potrebbe vedere il più
clamoroso dei disarmi unilaterali, ma praticatela pure, la nonviolenza
assoluta e indefettibile, nelle vostre strade, nei vostri convegni e
nelle vostre menti (mi sono sempre chiesto, però, perché i nonviolenti
fisici, fossero i più violenti verbali, campioni assoluti di
mobbing). Ma non fatene
un’alibi per infliggere violenza concettuale e lessicale a coloro che
per vivere, mangiare, conoscere - sono miliardi – devono contrapporsi
all’orco spaccandogli le mandibole. Come gli ha insegnato tutta la
storia umana prima di Gennaro Migliore e Luisa Morgantini. E,
soprattutto, ricordate: il terrorismo doc, e anche quello sui deboli ai
deboli oscenamente attribuito, è tutto intero solo del padrone. Sempre.
Altrimenti NON E’ TERRORISMO.
Trentacinque anni fa battevo articoli per
Paese Sera su un carro armato israeliano che rientrava alla base dopo
aver sradicato coltivi e schiacciato case e moschee palestinesi di mille
anni, talvolta con qualcuno dentro. Quei carristi erano dottori,
insegnanti, rabbini, ragionieri e sputavano sugli arabi morti “unici
arabi buoni”. Erano, apparivano e parlavano come le SS. Trucidi e
volgari.
Terroristi.
Qualche anno dopo, dalla Giordania mi
accompagnavo a pattuglie di fedayin sui 17 anni nella vita tra le grotte
sopra Ajalun, valle del Giordano, nelle azioni oltre il fiume, verso la
terra stuprata e rubata. Sparavano nell’alba a chi era appena arrivato e
gli aveva già distrutto tutto. Sparando, si riprendevano uno squarcio di
futuro, meno per sé che sapevano di poter morire, più per tutti gli
altri. Erano coraggiosi come quegli altri non erano. Erano gentili come
quegli altri non sapevano più essere. Il loro era un linguaggio di
contadini, preciso e lieve come un fascio di grano. Il loro sorriso era
pulito come l’acqua del Giordano prima che Israele ne facesse una fogna.
Nello slabbramento della memoria, ne ricordo i nomi, uno per uno
NON terroristi.
Migliore Gennaro, per concludere, si abbia
una disposizione, non certo della levatura di Joseph Halevi, ma tuttavia
scientificamente calzante. Qualche tempo fa, in una pubblica assemblea a
Torino, davanti a testimoni ahilui troppo loquaci, mi ha dato
dell’antisemita. Che è come dire le feci della feccia dell’umanità. Ha
esultato pubblicamente per la mia cacciata da Liberazione (per aver dato
del terrorista a mercenari degli assassini di Cuba, per lui e per suoi
amici “dissidenti” e “minoranze”, cioè a coloro che danno del
“terrorista” a Cuba) e ha auspicato che presto io venga cacciato anche
da Rifondazione. E’ nello stile dell’uomo. Stia attento però, Gennaro,
che un giorno 300 milioni di semiti arabi, di cui una buona fetta in
lotta per la liberazione e la salvezza dell’umanità, non diano
dell’”antisemita” a lui. Prenda, Gennaro, il quaderno dell’Informazione
Negata e ci scriva cento, mille volte: “Gli antisemiti più antisemiti
del mondo sono i governi israeliani e chi li appoggia”. Poi, volti
pagina è scriva diecimila volte: “Al Qaida è un ufficio della CIA,
targato Islam”. Per un po’ non farà più sbagli.
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