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11 SETTEMBRE: UN REICHSTAG
AMERICANO
A due
anni dal più grave attentato terroristico mai compiuto, che ha fornito
l’alibi per la guerra preventiva e infinita,
la
commissione d’inchiesta, sabotata dalla Casa Bianca, finisce nella
sabbia, mentre gli interrogativi e documenti contrari alla versione
ufficiale si moltiplicano, gettando un’ombra agghiacciante
sull’amministrazione Bush
Fu
Walid Jumblatt, uno dei più esperti politici del Medio
Oriente, profondo conoscitore dell’Occidente e degli USA, leader del
Partito Socialista Libanese, più volte ministro, a sparare senza
esitazione l’indicibile: “Se lo sono fatti loro”. Me lo dichiarò a
Beirut il giorno dopo l’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono,
sebbene a un mondo sconvolto dall’orrore e dalla pietà i dirigenti
statunitensi avessero immediatamente e senza il minimo dubbio indicato
una pista, Al Qaida, di cui fin lì nessun aveva sentito parlare. E il
mondo bevve. Ogni interpretazione alternativa appariva irrealistica,
peggio, impensabile. Fuorché nel mondo arabo e, più in generale, nel
cosiddetto Terzo Mondo, quello delle brutalità coloniali, delle cento
guerre per procura o dirette sofferte dagli USA dal 1945, dei colpi di
stato, delle provocazioni sanguinarie, delle operazioni coperte della
CIA. Da Baghdad a Buenos Aires, da Teheran a Caracas, da Gerusalemme a
Mogadiscio, dal Cile a Cuba sentii rieccheggiare le parole e la
convinzione del leader druso libanese: ognuno, da quelle parti, aveva
ben presente il ricordo di capacità terroristiche quali Sabra e Shatila,
lo stadio di Santiago, il Piano Northwood (vedi dopo), Pearl Harbour, il
Golfo del Tonchino. Da noi, qualche pensiero, inaudito, da esprimere se
non nella cerchia più intima, si insinuò nelle riflessioni di coloro che
avevano memoria di Piazza Fontana, di Brescia, dell’Italicus, delle
stragi mafiose del ’93, di Ustica, di Bologna e che avevano
metabolizzato il termine “terrorismo di Stato”. Pensieri subito sepolti,
magari a covare sotto la cenere, obliterati dal rullo compressore della
“guerra al terrorismo”, dell’”integralismo islamico”, della difesa
dell’Occidente, dei diritti umani, della democrazia, di tutto il
ciarpame razzista che ci viene inflitto nel nome della “superiore
civiltà”. E mentre l’imprendibile Osama e l’indefinibile Al Qaida
imperversavano nei titoloni di giornali rimpinzati di velinari e agenti,
nelle segnalazioni delle questure, nei terrorismi allarmistici degli
Scajloa, Martino, Pisanu, pappagallini sul trespolo dei Rumsfeld, Cheney,
Rice, Powell, nei mandati di cattura di immigrati immancabilmente
“cellule” di Al Qaida, ma poi sistematicamente rimessi in libertà perché
semplici venditori di tappeti; e ogni paese significativo veniva
bombardato a tappeto da minacce terroristiche a ponti, grattacieli,
bocciodromi, stadi, metropolitane, mamme e bimbi, l’umanità si giocò un
paio di “stati canaglia” e un’altra fetta di popolazione palestinese. E
a parte il rifiuto della guerra come tale, da parte di qualcuno pure
dell’imperialismo senza se e senza ma, attenuati però dal disgusto,
coltivato da un meccanismo di diffamazione senza precedenti, per le
“belve sanguinarie” che infestavano il mondo, da Belgrado a Baghdad, da
Kabul a Teheran, da Pyongyang all’Avana, pacificamente e passivamente
passò la falsa dicotomia “guerra e terrorismo” E dunque il corollario
ineluttabile della “guerra al terrorismo” portato in vetta a tanti
cortei per la pace e al centro di tanti articoli, ad avvallo di un
equivoco grande come il pianeta.
La
controinformazione USA mina il gigante d’argilla
Dappertutto, ma non negli Stati Uniti.
Nella “pancia del mostro”, organizzazioni antimperialiste, protagonisti
dell’antagonismo sociale e pacifista, gruppi di ricerca, studiosi della
levatura di un Chomsky o di un Chossudovsky, quest’ultimo con il suo
gruppo di superesperti di “operazioni sporche”
Global Research, giornalisti
investigativi, dettero vita a una formidabile campagna di informazione
non subalterna all’immane apparato di propaganda messo in piedi dalla
lobby neoconservatrice al potere. Produssero documenti, dossier, libri
di denuncia delle infinite contraddizioni, bugie, depistaggi messi in
opera dal governo, tutti basati su documenti ufficiali e su dati
incontrovertibili che minarono alla base il teorema dell’attacco
terroristico esterno, ma infelicemente e colpevolmente, non trovarono
che scarsissima e timida eco nei mezzi d’informazione europei, in
particolare italiani. Materiale sconvolgente, ma ripreso in termini
minimalistici e con un ampio alzare di spallucce. Il dilagare, quanto
meno negli USA e in ambienti minoritari di altri paesi, di questa
informazione di contrasto e disvelamento, impose ai dirigenti
statunitensi, dopo lunghe esitazioni, una contromossa, esplicitatasi
ora, a poche settimane dal secondo anniversario degli attentati, nel
rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta, quella che in un
primo momento Bush aveva inteso affidare al famiglio Henry Kissinger,
candidatura subito sepolta dall’irrisione universale e, soprattutto,
dall’indignazione dei congiunti delle 2800 vittime. Furono le incessanti
denunce di costoro a imporre alla fine una commissione cosiddetta
“indipendente”, ma che Bush seppe comunque infarcire di commissari di
sicuro affidamento. Il risultato furono 858 pagine di sostanziale
conferma della versione ufficiale – complotto islamico e dirottatori
arabi di Al Qaida teleguidati da Osama in una grotta dell’Afghanistan –
con qualche riserva, pronunciata in particolare in un protocollo
aggiuntivo, firmato da deputati democratici, circa il boicottaggio
dell’amministrazione, inesorabilmente impegnata a negare collaborazione
e accesso a documenti dell’Intelligence, in particolare ai vitali
rapporti quotidiani forniti al presidente. Più le ormai note
contestazioni circa i numerosissimi avvertimenti che servizi di tutto il
mondo, compresi CIA e FBI, autorevoli inchieste giornalistiche, come
una, sconvolgente, della BBC, avevano fatto pervenire alla Casa bianca
circa addirittura piani in fieri di attacchi alle Torri Gemelle con
aerei di linea, tutti ignorati e archiviati dal governo. Capri espiatori
alcuni dirigenti di questi servizi, subito perdonati e confermati nel
ruolo, come ben ironizzato da Alessandro Ribecchi sul Manifesto:”La CIA
non lo disse all’FBI, l’FBI non lo disse alla CIA. Nessuno dei due lo
disse alla NSA (National Security Agency) e la NSA non disse nulla a
nessuno”. E soprattutto Echelon, che intercetta e analizza tutte le
comunicazioni di tutto il mondo, nulla riferiva su battaglioni di
“terroristi” che, individuati e seguiti, circolavano e operavano
tranquillamente negli USA, in tranquilla tolleranza dell’Intelligence. E
cosi’, in quelle quasi 900 pagine, un silenzio tombale copre gli annosi
rapporti, strettissimi e assai redditizi, tra famiglia Bin Laden e
famiglia Bush, sui soggiorni americani dei presunti kamikaze, sulla
colossale defaillance della difesa antiaerea del militarmente più
agguerrito e tecnologicamente più avanzato paese del mondo, sull’insider
trading, operato da chi sapeva, sui titoli in borsa da
vendere o comprare alla vigilia dello sconvolgimento determinato dagli
attentati (assicurazioni, linee aeree), sulle gigantesche incongruenze
della versione sui voli dirottati e sul crollo di torri e Pentagono.
Cent’anni di “torri
gemelle”
All’attualità si aggiunge la storia. Una
storia che sanziona gli USA come lo Stato - nell’ultimo secolo inseguito
con accanimento da Israele - più terrorista del mondo, quanto meno a
partire dalla fine del XIX secolo. Basta un elenco limitato degli
episodi confermati dagli stessi documenti ufficiali oggi declassificati
e reperibili nei National Security
Archives di Washington. 1898, tempo per la cacciata
dell’ultimo paese europeo dalle sue colonie nello spazio
Latinoamerica-Pacifico, guerra ispano-americana scatenata
dall’esplosione della corazzata “Maine” nel Golfo dell’Avana, con
centinaia di marinai nordamericani a bordo, attribuita agli spagnoli, ma
provocata dai servizi USA per mobilitare l’opinione pubblica
statunitense in favore della guerra. Cacciata degli spagnoli da Cuba,
Portorico, Filippine, colonizzati da Washington al costo di 250.000 e
passa vittime nei paesi aggrediti e di alcune migliaia di soldati
statunitensi caduti. 1915: la nave-ospedale Lusitania viene affondata al
largo delle coste americane, muoiono feriti, sanitari, equipaggio, colpa
attribuita agli U-Boot tedeschi che, però, si dimostrò non avevano
l’autonomia per arrivare fin lì, dichiarazione di guerra agli imperi
centrali. 1941, 9 dicembre, attacco giapponese alla flotta USA del
Pacifico, attacco più volte segnalato da agenti statunitensi a Tokio,
segnali ignorati, compreso quello che alle 9 del mattino del 9 dicembre
giunse nelle mani del generale Marshall (quello del Piano famoso, i cui
doni furono elargiti agli europei dai partiti affiliati ai “liberatori”,
onde imporre un dominio perenne, a partire dalle elezioni del 1948 in
Italia). L’attacco era annunciato per le ore 13 e fino a quell’ora il
ministro della Difesa si tenne il dispaccio in tasca. Finirono ai pesci
2800 marinai, tanti quanti furono le vittime dell11/9…Ma si poterono
giustificare la guerra al Giappone, le zampe sull’Asia. 1962 (Robert
Stinnett, “Il giorno dell’inganno”, Il Saggiatore): fallita l’invasione
della Baia dei Porci, occorre una rivalsa. Il Pentagono approva il Piano
Northwood (National Security
Archives) redatto dai capi di stato maggiore riuniti. Prevede
il bombardamento della base di Guantanamo da parte di statunitensi
travestiti da cubani, l’affondamento di navi di esuli cubani in
navigazione tra Cuba e la Florida, una serie di attentati dinamitardi in
tutti gli States con stragi di vittime e, ciliegina sulla torta,
l’abbattimento di un charter USA carico di centinaia di studenti
nordamericani in volo di vacanze-studio verso il Cerntroamerica, nello
spazio aereo di Cuba, ad opera di un Mig cubano che non sarebbe stato un
Mig cubano, ma un caccia USA ridipinto. Kennedy, ansioso di evitare un
confronto nucleare con l’URSS, rinvia il piano. Mesi dopo viene
assassinato, con ogni probabilità dalla mafia cubana di Miami. 1964,
Golfo del Tonchino: la flotta USA finge un totalmente inesistente
attacco nordvietnamita e ne trae il pretesto per radere al suolo il
Vietnam del Nord e lanciare una guerra, chimica, che costerà la vita a 3
milioni di vietnamiti e a 50.000 GI’s. 1993 e 1995, Sarajevo: gli ascari
musulmani degli USA, sotto Izetbegovic, fanno saltare per aria due volte
una fila di donne e bambini al mercato, colpa attribuita ai serbi
(ancora oggi dal “convertito” Adriano Sofri), bombardamenti Nato.
Inchieste ONU e giornalistiche provano la responsabilità del presidente
bosniaco.
1999, gennaio, Racak, Kosovo: i tagliagole
UCK addestrati dagli emissari USA di Al Qaida, allestiscono la messa in
scena di 45 corpi di “civili” uccisi a freddo e mutilati “dai serbi”,
l’inchiesta dimostra la falsità dell’assunto, ma l’opinione pubblica
mondiale è pronta a sostenere l’aggressione e lo squartamento della
Jugoslavia.
Dai nazisti ai Bush, dai
Bush ai Bin Laden
Una campagna di terrore e genocidi che
costa la vita a centinaia di milioni di persone, la sovranità e libertà
a decine di paesi e che raggiungerà l’acme con l’ultimo rampollo della
dinastia Bush. Quel Bush minore che ha per nonno un signore istruito da
modelli di prima qualità: Prescott Bush, socio del magnate dell’acciaio
nazista Von Thyssen, autore e profittatore per miliardi di marchi del
riarmo di Hitler. Avevano in comune una banca con filiali ad Amsterdam e
New York (Union Banking Corporation), nelle quali il fornitore delle
guerre naziste riversava i suoi utili, poi trasferiti al crollo del
nazismo negli Stati Uniti a perpetua fortuna dei Bush. Lo stesso
Prescott possedeva poi una compagnia di navigazione grazie alla quale
scienziati tedeschi, soprattutto genetisti, poterono rifugiarsi negli
USA e da lì curarne il riarmo biologico. Continuità associativa col
presunto nemico che arriva alle sbalorditive partnership della famiglia
del presidente con la famiglia Bin Laden, soci nella società petrolifera
“Arbusto”; nella Banca BCCI (governata dal comune banchiere Khaled Bin
Mafouz), condannata come principale riciclatrice di narcodollari e
strumento per il finanziamento dei contras in Nicaragua, grazie alle
armi vendute da Israele e dagli USA all’Iran nel corso della guerra
Iraq-Iran; nel gruppo Carlyle, la più grande multinazionale di
armamenti, fornitrice delle FFAA nordamericane e con un’associata,
Bioport, che, unica produttrice negli USA del vaccino anti-antrace, ha
intossicato centinaia di migliaia di soldati statunitensi traendone
superprofitti. Superprofitti poi esaltati dal panico antrace (5 morti e
decine di destinatari di lettere all’antrace, quasi tutti democratici da
persuadere alla guerra infinita) che ha promosso l’acquisto di milioni
di dosi di vaccino. Non solo petrolio, dunque. Noam Chomsky: “La più
rilevante forma di terrorismo è, di gran lunga, il terrorismo di Stato,
cioè terrorizzare complessivamente la popolazione tramite azioni
sistematiche eseguite dalle forze dello Stato stesso. Questo tipo di
terrorismo costituisce parte essenziale di un progetto sociopolitico
imposto dal governo, finalizzato a soddisfare le prerogative dei
privilegiati”. Quanto a partnership tra dirigenti USA e Al Qaida,
all’origine di quel “Reichstag americano” (i nazisti bruciano il
parlamento e danno la colpa ai comunisti, ne segue la liquidazione di
ogni opposizione) che per molti sono gli attentati dell’11/9,
utilizzati come lasciapassare per guerre finalizzate all’eliminazione di
avversari potenziali (Europa, Cina, Russia, India) e al dominio
imperiale sul mondo, nonché alla riduzione a stati di polizia delle
democrazie occidentali sotto perenne minaccia dell’insubordinazione
delle proprie classi lavoratrici, gli elementi di prova sono
innumerevoli e incontrovertibili. Per quanto rapidamente accantonata dai
media ufficiali, resta in molti la memoria della creazione, ad opera
della CIA, di Al Qaida, punta di diamante di un estremismo
fondamentalista che ovunque è stato istigato dagli USA (fino al recente
episodio, denunciato dai responsabili della sicurezza palestinese e da
collaborazionisti confessi, di Israele che ha tentato di allestire un
gruppo Al Qaida nei territori occupati e allo sforzo, finora vano, di
attivare elementi Al Qaida in Iraq per convertire in terrorismo quella
che è una grandiosa resistenza di popolo). I testi delle madrassa
islamiche (scuole coraniche) in Afghanistan e Pakistan, zeppi di
incitamenti alla guerra santa e al terrorismo bombarolo, furono redatti
e stampati negli USA e distribuiti a cura della CIA e del servizio
pakistano fratello, ISI (Interservices Intelligence), per alimentare
quel fanatismo che avrebbe poi portato carne da cannone ad Al Qaida,
prima per la guerriglia contro l’Armata Rossa, giunta negli anni ’80 in
Afghanistan a sostegno del governo progressista dei comunisti, poi per
l’addestramento e il sostegno ai secessionisti bosniaci e kosovari
(guidati direttamente da Osama agli ordini degli USA) e, infine, ai vari
focolai della sovversione terroristica in Indonesia, Filippine, Kashmir,
Algeria. Ogni tentativo delle agenzie di sicurezza USA di intervenire
sui patrimoni e canali di finanziamento dei Bin Laden dopo l’11
settembre viene bloccato da Bush. Osama stesso è visitato in una clinica
di Dubai, nel luglio precedente gli attentati, dal caposervizio CIA
della regione. La sua estradizione, offerta nel 1997 dal Sudan, viene
respinta da Washington, che chiede di spedirlo… in Afghanistan.
Occorre un “trauma di
massa”
La necessità di disporre di uno strumento
di provocazione – che ovviamente sarebbe surrealistico pensare possa
sfuggire a tutti i 12 servizi di spionaggio degli USA, compreso Echelon,
e rivoltarsi contro i propri padrini e foraggiatori, uscendo dalle
caverne afgane per sbattere 4 aerei contro i più difesi obiettivi dello
Stato nordamericano – è stata del resto teorizzata ampiamente dai padri
del Programma per il nuovo secolo americano (PNAC), che dagli anni di
Reagan riunisce un think tank di estremisti evangelici in stretto
rapporto con gli integralisti del sionismo israeliano, oggi al comando
della nave d’assalto statunitense (Perle, Wolfowitz, Cheney, Rumsfeld,
Rice, Ledeen, Brzezinski, Abrams, in buona parte anche alla vetta dell’JINSA,
Istituto Ebraico per gli Affari della Sicurezza Nazionale). Brzezinski
inneggia agli Stati Uniti impero mondiale e, per neutralizzare la
minaccia a questa ascesa costituita ”dall’atteggiamento molto più che
ambivalente della cittadinanza statunitense riguardo alla proiezione
esterna del potere degli Stati Uniti”, raccomanda un “trauma
collettivo”. Per Brzezinski, maestro del neofascista Ledeen, ammiratore
ed emulo di Mussolini, coloro che prediligono le libertà individuali e
la sovranità della propria nazione rappresentano “le forze del disordine
globale” che devono essere sconfitte. Quindi “l’opinione pubblica deve
essere manipolata, ricordandosi che l’opinione pubblica ha appoggiato
l’impegno degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale in gran parte
a causa dell’effetto sconvolgente dell’attacco giapponese a Pearl
Harbour”. Aggiunge, a scopo di chiarezza: “Il consenso di massa potrebbe
essere agevolato da un trauma di massa”, suscitato da “una minaccia
esterna davvero rilevante”.
Il “fallimento” dei più
potenti servizi del mondo
Il trauma di massa più efficace in questo
senso dei nostri tempi è stato indubbiamente l’attacco dell’11/9. Gli
Stati Uniti dispongono della Central Intelligence Agency, del Federal
Bureau of Investigation, della National Security Agency, del National
Reconnaissance Office, del Secret Service e di una schiera di altre
agenzie d’ intelligence e per la sicurezza. Queste agenzie utilizzano
Echelon, che controlla la maggior parte delle comunicazioni elettroniche
mondiali, Carnivore, che intercetta la posta elettronica, Tempest, una
tecnologia in grado di leggere lo schermo di un computer alla distanza
di vari isolati, i satelliti Keyhole, che hanno una risoluzione di 4
pollici, più altre tecnologie di spionaggio delle quali in parte non
sappiamo nulla. In più sono alla loro totale dipendenza i servizi
segreti della maggior parte dei paesi alleati o vassalli e, con buona
pace di Rossana Rossanda e di tutti i fautori dell’autenticità integrale
delle Brigate Rosse, i servizi USA e israeliani hanno dimostrato di
saper infiltrare direttamente o con servizi alleati le formazioni
antagoniste di molti paesi. Nel 2001 gli Stati Uniti hanno speso 30
miliardi di dollari per la raccolta di informazioni di intelligence e
altri 12 miliardi per l’antiterrorismo. Con tutto ciò dovremmo credere
che il governo non abbia avuto il minimo sentore di terroristi che
stavano progettando di attaccare gli Stati uniti dirottando aerei e
schiantandoli sugli obiettivi più importanti del paese. Sappiamo ora che
ne hanno avuto sentore e che non hanno mosso un dito. O ne sono stati i
burattinai?
E’ stato Giulietto Chiesa a riassumere i
termini del primo, in ordine di tempo (dopo gli avvertimenti ignorati),
episodio che dimostra una consapevolezza e, dunque una connivenza, per
quanto si è abbattuto su New York e Washington tra i più alti livelli
dell’establishment statunitense: l’insider trading alla borsa di New
York sui titoli che avrebbero subito fortissimi ribassi o rialzi in
seguito agli attentati.
Giocando in borsa su 2800 vittime
Qualcuno fece montagne di dollari
scommettendo in anticipo sul crollo delle azioni delle due compagnie
aeree – American Airlines e United Airlines – che sarebbero state
coinvolte nell’attacco dell’11/9. Furono oggetto di queste attività
speculative anche la Morgan Stanely Dean Witteer & Co, che occupava 22
piani del WTC, e la Merrill Lynch & Co, che aveva i suoi uffici nelle
immediate vicinanze. Dalle operazioni furono colpite anche Axa
Reinsurance (che possiede il 25% di American Airlines), Marsh & McLennan,
Munich Reinsurance, Swiss Reinsurance e Citigroup. Tutta questa attività
si svolse tra il 6 e il 10 settembre 2001. Chi la gestì? Non arabi, né
musulmani, bensì bianchi, cristiani, cittadini statunitensi, in
particolare, secondo un’indagine FBI subito insabbiata, alti dirigenti
di un’importante banca americana, la Bankers Trust (BT) che piazzarono
un grosso pacchetto di put options
(contratti futures che consentono all’acquirente di
guadagnare se le azioni stanno per crollare) e
call options (azioni che si
acquistano in previsione di forti rialzi). Sorpresa: la BT acquistò nel
1997 la A.B.Brown, una banca minore presieduta da A. Buzzy Krongard, che
divenne dunque vicepresidente della BT. Subito dopo, nel 1998, Krongard
entrò nella CIA, della quale è oggi numero tre, direttore operativo. Chi
lo promosse? George-il minore-Bush e proprio nel marzo del fatale 2001.
Senza contare che la BT-AB Brown è stata denunciata in Senato come una
delle maggiori banche implicate nel riciclaggio del denaro sporco. Torna
il fantasma della BCCI. E si afferma oltre ogni dubbio la preconoscenza
di un altissimo dirigente CIA, se non del suo sponsor, di quello che
sarebbe successo. Niente di strano per un presidente che, dopo aver
polverizzato l’Afghanistan con la scusa dell’11/9, ha governato con i
suoi proconsoli il ritorno delle coltivazioni di oppio in quel paese,
estirpate dai Taleban, con subito un raccolto record di 2800 tonnellate
nel 2002. Da quest’oppio arriva l’85% dell’eroina consumata in Europa,
nonché un utile di 500 miliardi di dollari che entrano nel circuito
finanziario ufficiale, soprattutto degli USA, e sono indiziati di
sostenere la campagna elettorale di chi le elezioni peraltro non le
vince, ma arriva alla presidenza grazie al conteggio della Corte
Suprema, Corte nominata dal papà. Ma anche il fratello Jeb Bush,
governatore della Florida, si è dato da fare, cancellando abusivamente
90.000 elettori dalle liste elettorali della Florida, elettori perlopiù
neri e perciò in maggioranza favorevoli al partito democratico. Oggi 15
miliardi di dollari ottenuti tramite l’insider trading pre-attentati
attendono ancora di essere ritirati. Chi li ha vinti aspetta tempi più
tranquilli.
Aerei fantasma al
Pentagono e piloti elettronici contro le torri
Gli interrogativi più drammatici, però,
riguardano quello che è successo al Pentagono e alle Torri Gemelle e,
soprattutto, quello che non è successo. I dirottatori, secondo quanto
dichiarato per certo dagli investigatori – che in un battibaleno ne
hanno comunicato nomi e nazionalità per quanto nè tali nomi, né
corrispettivi falsi apparissero nelle liste dei passeggeri imbarcati –
avevano frequentato scuole di pilotaggio per piccoli apparecchi
turistici monomotore, tipo Chessna. Quanto agli enormi aerei di linea
Boeing 747 e 757 che si sono schiantati, tutti i comandanti di aviazione
civile più esperti (compresi quelli italiani, in una trascurata
trasmissione di Corrado Augias) hanno negato categoricamente che
avrebbero mai potuto essere pilotati da persone con simile primitiva
preparazione, perlopiù con manovre umanamente quasi irrealizzabili, come
quelle del sorvolo delle Torri, la virata di 360 gradi, la discesa a
bassissima quota in pochi secondi e il centro, in virata, su edifici
equivalenti per tali proiettili a un fiammifero. L’aeronautica USA ha la
capacità di sequestrare in aria grandi velivoli di linea e di guidarli
con comando a distanza, annullando i comandi dei piloti. Esperimenti in
questo senso con Boeing e Global Hawk della Northrop Grumman (simile al
Boeing 737), fatti decollare, volare e atterrare elettronicamente tra
Edwards in California e Edimburgh in Australia, sono stati coronati da
successo. Del resto si tratta di una tecnologia ampiamente impiegata con
i Predator, aerei senza pilota, in Afghanistan. Nel caso specifico,
dirottatori a terra sono in grado di inviare all’aereo un segnale che si
sostituisce al codice del transponder e di impostare al millimetro la
nuova rotta, senza che i piloti a bordo possano fare alcunché. Inoltre
la tecnologia “Home Run” si sovrappone alla trasmissione dei dati delle
scatole nere, cancellandoli irreversibilmente dopo mezz’ora dall’uso.
Quanto alle telefonate fatte dagli aerei a congiunti e addirittura
politici, scoop mediatico di grande impatto emotivo, tutti i tecnici
interpellati negano che si possano fare comunicazioni a terra con
cellulari, alla velocità e all’altezza a cui volavano gli aerei
Come dimostrato con documenti
esclusivamente ufficiali da Thierry Meyssan, giornalista investigativo
francese, nel libro “L’incredibile menzogna” (Fandango Libri), nessun
Boeing 757 può aver colpito il Pentagono. Tutte le fotografie e riprese
scattate subito dopo l’impatto mostrano la totale assenza, fuori e
dentro il Pentagono, del più piccolo rottame di un aereo con 39 metri
apertura alare, 12 metri di altezza della carlinga, quattro grandi
motori. Non vi sono tracce di carburante. L’apertura causata
dall’impatto nei tre cerchi dell’edificio è larga tra i 5 e i 6 metri
per una lunghezza di 100m: esattamente quella che verrebbe provocata da
un missile Cruise. Solo due testimoni, entrambi dipendenti del
Pentagono, affermano di aver visto avvicinarsi un Boeing, tutti gli
altri parlano di oggetti metallici lucenti, simile a missili o a piccoli
aerei. Del resto nessuno ha mai potuto conoscere quanto rivelato dalle
scatole nere ricuperate da alcuni degli aerei dirottati, definite
“inutilizzabili”. Nessun pilota al mondo crede possibile che un aereo di
linea possa scendere in picchiata o a spirale da alcune migliaia di
metri fino a rasentare il suolo, procedere tra alberi e case senza
toccarli e poi colpire un edificio senza…lasciar tracce.
Nel corso dell’ora e mezza circa (dalle
8.48 del volo 11 sulla Torre Nord, alle 10.10 della caduta del volo 93
in Pennsylvania) che è durata l’impresa dei quattro aerei, l’intero
apparato di difesa antiaerea statunitense è rimasto bloccato,
inevitabilmente per un ordine arrivato dal comando supremo del NORAD (lo
stato maggiore dell’aeronautica militare). E’ procedura standard
dell’aeronautica USA e della Guardia Nazionale, collaudata in occasioni
di centinaia di intrusioni involontarie, o di prova, di tenere pattuglie
di caccia pronte al decollo nel giro di 2,30 minuti, capaci di
raggiungere dalle loro basi ogni punto del cielo statunitense in 8
minuti. I quattro aerei dirottati hanno circolato fuori rotta, segnalati
in tempo reale dai radaristi alle basi a terra per oltre 90 minuti e
nemmeno dalla base Andrews, 50 km e un minuto di volo da Washington, si
è alzato alcun velivolo per l’intercettazione. Né sono entrate in azioni
le batterie di fuoco automatico poste attorno alla Casa Bianca, al
Pentagono e al Centro Commerciale Mondiale. Queste ultime dovrebbero
intervenire qualora un intruso si avvicinasse a 5km dalle Torri e avesse
ignorato l’ordine di invertire la rotta comunicatogli a distanza di 12
km dalle Torri. Nessuna inchiesta hai mai voluto approfondire la ragioni
di questo straordinario annullamento delle più elementari procedure di
difesa.
L’autorità dell’aeronautica civile,
Federal Aviation Administration, aveva allertato il comando della difesa
aerea nazionale sull’avvicinamento del voloAmerican Airlines 77 a
Washington (tutti gli aerei dirottati trasportavano passeggeri per meno
del 25% della loro capacità e del numero imbarcato nei giorni
precedenti). Mancavano dodici minuti all’impatto: nessuno trasmise
l’allarme all’aeronautica militare o al Pentagono, l’edificio non fu
evacuato, ma, grazie a un’acrobatica virata finale di 270 gradi, il
presunto “Boeing” evitò il lato del Pentagono dove si trovano gli uffici
del segretario alla Difesa e del capo di Stato Maggiore e colpì l’area
piena di dipendenti civili. Sarebbero bastati meno di tre minuti per
intervenire dalla base Andrews.
Bush nella scuola e nessun dirottatore
sugli aerei
Il presidente Bush, pur considerando le
attenuanti da riconoscersi al suo quoziente d’intelligenza, ha tenuto un
comportamento che neanche il direttore di Gardaland. Ha mentito sulla
sua prima esperienza della tragedia, quando affermò in Tv che aveva
visto lo schianto alla televisione alle 8.45, ora in cui nessuna
emittente aveva ancora trasmesso immagini della tragedia. Il presidente
stava visitando una scuola elementare in Florida. Alle 9 meno 5 un suo
collaboratore gli comunica il primo schianto. Bush rimane tranquillo e
allegro e continua a conversare con i bambini. Stesso comportamento dopo
che gli viene comunicato il secondo impatto, per interi 30 minuti.
Regola imprescindibile per un capo di Stato, perfino nel Nagorno
Karabach, sarebbe stata chiamare immeditamente i suoi collaboratori più
stretti, organizzare la difesa, mettersi al sicuro. Niente di tutto
questo. Del resto, grazie ai servizi, conosceva i dettagli
dell’operazione terroristica in corso da almeno 7 settimane. Se non, in
quanto in cabina di regia, da molto prima.
Di tutti i 19 dirottatori – sette sono
stati segnalati in vita nei loro paesi – non esiste immagine tranne
quella di Mohammed Atta, il presunto capo, su un passaporto di plastica
e cartone, miracolosamente scampato a schianti, fiamme e fumi e volato
fino a quattro isolati dalle Torri. I dirottatori si sarebbero
ovviamente imbarcati nei rispettivi aeroporti dove li avrebbero filmati
le innumerevoli telecamere che in ogni aeroporto statunitense riprendono
tutti, dal momento del parcheggio all’imbarco sull’aereo. Dove sono tali
filmati? Quale prova migliore per convincerci dell’esistenza dei
dirottatori che l’esibizione su tutte le tv, infinite volte, dei nastri
che mostrano i terroristi? E’ che di dirottatori non ce n’erano.
Pompieri inascoltati,
torri esplose
Le torri sono implose, crollando su se
stesse, esattamente come quando si intende abbattere un edificio con
cariche esplosive. Tutti i costruttori di edifici verticali interpellati
hanno negato che questi crollerebbero venendo colpiti lateralmente da
oggetti come i Boeing. Molti testimoni, di cui si è perso traccia,
compreso un giornalista della BBC, hanno distintamente udito il botto di
esplosioni successive agli impatti. Per effettuare un circostanziato
esame del crollo, sarebbe servita l’analisi dei rottami di ferro. Ma le
2800 tonnellate di questi rottami sono stati immediatamente rimossi e
fatti sparire da ditte che la stampa ha collegato alla mafia, le stesse
che si occuparono delle rimozioni delle macerie dell’edificio dell’FBI a
Oklahoma City, dopo l’esplosione attribuita al singolo matto Timothy
Weigh. Esistono registrazioni di pompieri di New York giunti al piano
dove si era verificato l’impatto e quindi l’incendio. Le dichiarazioni
registrate parlano di incendi modesti, domabili e che richiedevano al
massimo il rinforzo di un paio di squadre. Eppure si è parlato di
incendi furiosi che avrebbero fatto fondere le strutture d’acciaio.
Peccato che il kerosene brucia a 800 gradi e l’acciaio fonde solo a
1250-1500. Quei pompieri, sui quali calde lacrime hanno versato Rudolph
Giuliani e lo stesso Bush, sono morti nel crollo presumibilmente causato
da esplosivi. Nessuna inchiesta neanche qui.
Cui
prodest
Lo spazio impone un limite all’elenco di
assurdità, menzogne, inganni, depistaggi, inasabbiamenti. Ma la logica
richiede un minimo di esame del decisivo
cui prodest, degli effetti
ricavati da ciò che Condoleezza Rice, Consigliere Nazionale per la
Sicurezza, aveva auspicato potesse avverarsi: “una grande occasione” per
lanciare la guerra all’Afghanistan e, soprattutto all’Iraq, i cui piani
erano sul tavolo di Bush molto prima che presunti terroristi
costringessero gli Stati Uniti e i loro vassalli alla “guerra contro il
terrorismo”. La Cia ha visto aumentare i propri poteri interni ed
esterni fino alla supervisione sul meno affidabile FBI e il suo budget
del 42%, le forze armate hanno goduto di un incremento finanziario del
37% fino alla cifra siderale di 400 miliardi di dollari. Le “guerre
stellari” di Reagan sono uscite dal coma e hanno oggi (vedi
Chossudovsky,
www.intermarx.com/ossinter/clima.htlm) messo a punto l’arma suprema,
HAARP, lo strumento di onde ad altissima frequenza che agisce sulla
ionosfera e modifica il clima provocando siccità e alluvioni in intere
regioni da destabilizzare. Con il “Patriot Act”, legge promulgata
nell’atmosfera di panico successiva agli attentati, il governo dei
manipolatori delle elezioni in Florida e degli estremisti della
dominazione bianca e biblica ha drasticamente ridotto le libertà civili
negli Stati Uniti, a partire dall’eliminazione dell’habeas corpus e a
finire con i tribunali militari, le detenzioni senza imputazione,
processo, difesa, Guantanamo, l’impunità universale dei propri killer
dall’Afghanistan a Cuba, dall’Iraq alla Jugoslavia. Sulle ali delle
satanizzazioni personali e della demonizzazione di culture e religioni,
da molto tempo praticate sugli avversari dell’imperialismo, da Nasser a
Milosevic, da Ho Ci Min a Castro, da Boumedienne a Saddam, ma rilanciate
con formidabile vigore e la complicità di un sistema informativo ridotto
a totale obbedienza, ci si è mossi a disintegrare Afghanistan, Iraq,
Palestina, Colombia e ci si appresta alla resa dei conti con altre
“realtà canaglia”, da Cuba al Venezuela, dalla Corea del Nord alla Cina,
all’Indonesia, ovunque si pretenda che agisca il tentacolo CIA chiamato
Al Qaida, fino all’antagonismo nazionale e di classe nei paesi
industrializzati.
L’inerzia
dell’informazione “antagonista”
A questa minaccia si è risposto, fatta
eccezione per i coraggiosi centri di controinformazione presenti negli
Stati Uniti e in pochi altri paesi, con imperdonabile timidezza e
pigrizia. Servono le mobilitazioni per la pace, ma serve di più
l’individuazione della natura mostruosa dell’imperialismo e della sua
attuale classe dirigente, fantocci locali compresi. E’ solo
delegittimando questa classe dirigente, rivelandone i crimini e le
strategie genocide, identificando il terrorismo con le classi dirigenti
occidentali, che il rullo compressore della guerra e della
fascistizzazione può essere reso visibile alle grandi masse e, dunque,
neutralizzato. Le stesse sconvolgenti scoperte fatte dai ricercatori
nordamericani e da tanti altri dovrebbero trovare ampio spazio nella
comunicazione e nella mobilitazione delle forze di sinistra, anche se
questo dovesse significare la perdita di uno strapuntino nel “salotto
buono” della politica. Qualcuno dovrebbe gridare, come nei “Vestiti
dell’imperatore” di Andersen: “Il re è nudo”.
“Il potere costituito si ammanta di una
mimetizzazione culturale, utilizzando tattiche per le quali mantiene
senza soluzione di continuità una logica di plausibilità. Una sottile,
onnipresente e spesso non esplicita propaganda (non di rado placidamente
condivisa da chi dovrebbe opporsi) promuove presso l’opinione pubblica
un’estesa fiducia ed accettazione dell’autorità dell’establishment,
nonché delle definizioni di quest’ultimo di bene e male, impedendo così
al pubblico di valutare seriamente la realtà per cui è lo stesso
establishment il male per definizione. Un pubblico distratto
attribuisce i risultati delle intriganti attività dell’establishment ad
eventualità fortuite, oppure a motivazioni considerate essenzialmente
innocue o oneste (non siamo dopottutto in democrazia?). Il progetto
diviene irrefutabilmente chiaro solo nel contesto degli esiti, oppure
indicando le effettive prove dell’ingerenza criminale. Il pubblico è
stato sistematicamente condizionato ad ignorare tali contesti (chi parla
più della Jugoslavia?) e a condannare coloro che richiamano l’attenzione
su di essi (deridendoli e biasimandoli come “teorici della cospirazione”
e “dietrologhi”). Così, il controllo dell’accesso e della diffusione
delle informazioni, che costituiscono il riscontro dell’ingerenza, in
larga parte bastano a proteggere il programma dell’establishment dallo
smascheramento.
Dalla delegittimazione”. (Paul David Collins, “The hidden face of
terrorism, the dark side of Social Engineering, from antiquity to
September 11”, email:
thefaceunveiled@excite.com)
Fulvio Grimaldi
Siti consigliati:
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Il Manifesto, 17/5/3. La Repubblica, 11/4/2, “11 settembre, una strage
evitabile”.
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