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“L’UOMO DEGLI
AMERICANI”
Oggi, per trattare il tema, mi soccorre
l’intelligenza del bassotto Nando. Per sputtanare i cani, opina, non
c’è di meglio che lo stereotipo: il cane è per sua natura servile.
Magari ha morso il padrone, ma siccome sta sempre lì, sull’aja o in casa
o in giardino, resta inesorabilmente servile, servo del padrone. Ci
vuole pochissimo a capire che questo, come tutti gli stereotipi, oggi
padroni del linguaggio – e quindi delle idee - come mai in passato (ci
vorrebbe un D’Annunzio, o un Weber, o un Barthes, per i loro diversi
versi, a disintegrarli), nasce da osservazione superficiale, specista ed
antropocentrica, totalmente ignara della psicologia ed etologia del
cane.
Il pensiero di Nando bassotto è
sollecitato da un fenomeno ricorrente che, come tutto il resto, non
manco di sottoporre alla sua analisi. Appaiono siti che per qualche
tempo catturano positiva attenzione sparando bordate di denunce e
argomentazioni antimperialiste e antisharoniane (antisioniste no, per
carità). Poi, un giorno, certi della credibilità conquistata negli
ambienti-target, tra una cronaca di torture americane a prigionieri
iracheni e lo strazio di una vecchia palestinese cui hanno sotterrato
sotto le macerie della casa figli e nipoti, ecco che ti piazzano il
colpo, il discorso che ti disgiunge le sconnessure del mondo. Ci resti
sbigottito ma, tenuto conto di tutto il buon materiale che ti è arrivato
prima, magari superi il dubbio e quel colpo lo prendi per buono. Rimani
appeso all’amo. La crepa si è aperta e promette di diventare voragine,
pronta ad accogliere ben altre nefandezze della disinformazione. Tattica
vecchia come il cucco, ma sempre astuta ed efficace.
Successe con un sito USA, Emperors clothes,
di Jared Israel. Questo Israel lo incrociai parecchie volte in
Jugoslavia, prima e dopo la caduta di Milosevic e della Federazione. Era
tra i più accaniti ed acclamati, dai compagni serbi, denuncianti della
cospirazione imperialista anti-Jugoslavia. Dal suo sito, poi, si
diffusero documentate accuse, non solo sulle tresche Nato e USA contro
quel grande paese ucciso, ma addirittura sconvolgenti rivelazioni sui
retroscena istituzionali degli attentati dell’11/9, cioè sulle dirette,
poi anche altrimenti documentate, responsabilità della banda di golpisti
al potere a Washington. Israel si rovesciò come un calzino nel suo
opposto: un bel giorno incominciò a mitragliare i corrispondenti delle
sue e-mail e i visitatori del suo sito con fantastiche accuse di
nefandezze terroristiche ai palestinesi e agli arabi tutti, riscrivendo
negazionisticamente una storia del conflitto che faceva degli ebrei la
civiltà in arrivo e degli arabi poco più di ignoranti e sanguinarie
belve. Poco mancò che riesumasse quello slogan che mi accolse in
Palestina nel 1967, inviato alla guerra dei Sei Giorni, e che era
affisso su mille muri e sopra cadaveri di soldati egiziani lasciati alle
mosche: “L’unico arabo buono è quello morto”.
Qualcuno ci cascò: ma come, Jared era
stato tanto bravo sulla Jugoslavia! Non poteva non essere credibile
adesso! E le crepe si aprivano.
Non dico che lo stesso discorso valga pari
pari per il sito Al Awda che da qualche tempo ci offre ampi e validi
resoconti non solo sulla Palestina,. ma anche sugli altri gironi
infernali dell’imperialismo USA.
Ma certo sorprende e sconcerta quando, tra
tanta accuratezza e passione, spunta un bel giorno l’inusitato ma non
insolito stereotipo dell’intossicazione Mossad-CIA: “Saddam, uomo degli
americani”.
Vedete, quello di attribuire al leader di
una comunità aggredita e ribelle il ruolo di un doppiogiochista è il
sistema più raffinato e perfido per decapitare una resistenza e minare
la solidarietà a sinistra che le spetta (Saddam si è venduto, ha
contrattato il suo salvacondotto con gli USA in cambio della
dissoluzione del suo esercito). Lo fecero anche con Slobodan Milosevic,
attaccandosi al fatto che aveva fatto uno stage in una banca di New York
e che aveva firmato, spalle al muro con tutto il suo popolo sotto
embargo e minacciato di sterminio, la pace di Dayton. E ricordate come
giocarono sul presunto conflitto Che-Fidel?
L’operazione “Saddam americano” è stata
affiancata dall’operazione “Arafat tiranno”, poi malamente corretta,
operazione per tempistica analoga ai clamori dirittiumanisti pro-società
civile iraniana in simultanea con l’escalation aggressiva USA.
Sono questi tanto uomini degli americani
che vengono perseguitati, incarcerati, uccisi insieme al loro popolo.
Incongruo, vero? Ma veniamo ai fatti, alle accuse di “americanismo” a
Saddam. “E’ un dittatore”. Me ne sono già occupato. Ecco il classico
colonialismo eurocentrico della “Sinistra”. Incapacità di esaminare come
un altro popolo percepisca il suo governo e la sua cultura, espressi da
retroterra, percorsi, valori, tempi totalmente diversi dai nostri, e
totale subalternità ai criteri di valutazione strumentali
dell’imperialismo “dei diritti umani”. La tua democrazia, Susanne
Scheidt, è il sistema perfetto e ultimo. Va totalitariamente imposto a
tutti, che ne sentano la necessità o no. Anche se per diritti umani
questi popoli – vedi anche Cuba o i bolshevichi – intendono per primo la
conoscenza (istruzione gratuita per tutti), la salute (sanità gratuita
per tutti), l’alimentazione (lo Stato che ha fatto mangiare
gratuitamente il 75% per cento della popolazione fino all’ultimo giorno
dell’embargo in quello che l’ONU ha definito “il più efficiente e meno
corrotto sistema di distribuzione di cibo del mondo”), la protezione
(casa garantita a tutti), la riproduzione sociale e biologica (piena
occupazione con in sovrappiù, in Iraq, 2 milioni di lavoratori stranieri
dal mondo arabo), la piena emancipazione delle donne. E magari più in là
il diritto umano individuale e individualistico di dire ognuno la sua,
anche a rischio di far crollare uno sforzo gigantesco e vittorioso di
emancipazione nazionale, sociale e culturale. Facile predicare la
democrazia, poi, dimenticando (ignoranza, malafede?) chi l’ha praticata
nel proprio contesto specifico, governando in coalizione con comunisti e
democratici kurdi fino al 1979, e poi si è ritrovato sotto un assedio
micidiale di aggressori imperialisti, con terrorismi, guerre,
infiltrazioni di spie e sabotatori, compravendita di quisling e ceti
malavitosi. S’è visto cosa è costato a Milosevic l’insistenza a
mantenere, perfino sotto le bombe Nato, una democrazia pluralistica, con
tanto di diritto di associazione partitica e pluralismo di mezzi
d’informazione: tutta l’opposizione comprata e corrotta dai tedeschi,
prima, e dagli USA, poi.
Guerra Iraq-Iran, Iraq al servizio della
Nato e degli USA. Saddam è stato tanto filo-occidentale da fare, nel
1958, una rivoluzione socialista antimperialista, da essere perseguitato
e incarcerato insieme ai comunisti dalla dittatura di Aref dal 1963 al
1968, da fare una nuova rivoluzione con Baath, comunisti, nasseriani e
democratici kurdi nel 1968, rispostando l’Iraq nell’area non allineata e
filo-sovietica, da nazionalizzare il petrolio nel 1972, cacciando le
multinazionali angloamericane dal monopolio del petrolio iracheno, da
concedere ai kurdi un’ampia ed effettiva autonomia con autogoverno e
parlamento a Irbil (prima che gli USA, Kissinger, riattizzassero la
rivolta dei pashà fantocci Balzani e Talabani e che i curdi si
schierassero con il decimatore di kurdi iraniani, Khomeini, per la
promessa di spartizione dell’Iraq e indipendenza kurda); da riunire nel
1979 a Baghdad, contro la resa araba di Camp David (Sadat-Begin) e il
tradimento della causa palestinese, il Fronte del Rifiuto, che raccolse
la maggioranza degli Stati arabi e soprattutto tutte le organizzazioni
sociali, sindacati, movimenti e partiti di sinistra, che da sempre
avevano in Baghdad un punto di riferimento. Non per nulla immediatamente
scoppia la guerra Iraq-Iran, certo istigata dagli angloamericani (Kissinger:
“E’ necessario che queste due potenze, minacciose per Israele, si
dissanguino a vicenda”). L’Iran aveva rimesso in discussione il confine
tra i due paesi, avanzando richieste territoriali (Shatt el Arab) e
aveva minacciato di strangolare l’Iraq laico e apostata chiudendogli lo
stretto di Hormuz, vitali per i suoi scambi. Ero presente io, quando nel
1980, unità militari iraniane, in piena pace, facevano sortite
provocatorie oltre i confini. L’Iran fu subito sostenuto da Israele
(quello sì, strumento degli USA) che, bombardata piratescamente la
centrale nucleare dell’”amerikano” Saddam, Osirak, fornì all’Iran,
istruttori, piloti e mezzi. Ricordate l’Iran-contras: Israele fornisce
armi a Khomeini e col ricavato, attraverso la banca mafiosa e
narcotrafficante BCCI, sostiene i macelli dei contras in Nicaragua. Gli
USA si limitano, per simmetria (Kissinger!) a fornire comprensione
diplomatica all’Iraq. La storia di forniture di armi USA è una bufala:
basta vedere l’armamentario iracheno nelle due guerre del Golfo: neanche
un obice USA, tutta vecchia roba sovietica, francese, italiana e
irachena. Fallita l’aggressione integralista e pari e patta la guerra,
l’imperialismo USA si rivolge direttamente contro un nemico storico (dal
1958) che non pare né distrutto, né domo nel suo appoggio ai palestinesi
(è il paese che in tutte le guerre arabo-israeliane ha fornito il
maggior numero di caduti e, fino all’ultimo, i finanziamenti più
cospicui alla resistenza palestinese). Tanto che Saddam è da anni per
tutti i 300 milioni di arabi (escluse le cliques dirigenti) il punto di
riferimento nella lotta contro l’espansionismo israeliano, la nuova
colonizzazione imperialistica e la classi dirigenti proconsolati e
compratore. Questa è la realtà di massa con cui un comunista, un
rivoluzionario si deve confrontare.
E per venire alle elucubrazioni sulle
“ambiguità” dell’attuale resistenza (l’esercito iracheno dissoltosi, ma,
come si vede ora, saggiamente, per preservare le forze in vista di una
guerriglia che è già poderosa) e sulle perfidie propagandistiche del
sedicente Partito Comunista dei lavoratori iracheno, avanzate da un
altro interlocutore, si chieda se una sinistra antimperialista debba
sostenere i “nazionalisti” del Baath e islamici che, uniti, si oppongono
con la lotta armata di liberazione, avendo per questo scopo sottratto le
proprie forze al macello tecnologico degli angloamericani in fase di
invasione, oppure un partitello “comunista” solidale, in esilio, con la
banda di ladroni venduti del Consiglio Nazionale Iracheno di Londra e
della CIA, che ora saluta l’invasione come necessaria alla caduta del
regime e l’occupazione come utile per la fase di ricostruzione di un
movimento operaio di massa (ma figurarsi cosa ne pensa Paul Bremer).
IL PCI se non è creazione della CIA, poco
ci manca. La solita falsa sinistra, collaborazionista, che serve a
depistare la lotta contro il nemico e che in nessuno dei suoi decennali
documenti ha mai denunciato l’ecatombe dell’embargo angloamericano.
Perché si ignorano le informazioni sui comunisti della Coalizione
Nazionale Irachena, che hanno tenuto insieme ad altre forze progressiste
il loro congresso a febbraio a Parigi e che hanno posto come
contraddizione principale quella nazionale tra Iraq e invasori
imperialisti, tanto che oggi lottano insieme a migliaia di volontari
arabi con i partigiani del Baath?
Si denuncia il carattere “ nazionalista”
della rivolta armata guidata dal Baath e da Saddam Hussein. E meno male
che è nazionalista: non è una nazione che è stata aggredita,
strangolata, disintegrata, squartata? Non è oggi una priorità assoluta,
come nella lotta anticolonialista condotta in egemonia dal Baath contro
gli inglesi, la cacciata dell’occupante dalla nazione tutta? Patria o
muerte. Vuole suscitare scontri etnici? Peccato che, nonostante tutti
gli sforzi USA per suscitare conflitti interetnici, finora il popolo
iracheno (ad esclusione delle bande kurde narcotrafficanti di Barzani e
Talabani) pare fortemente unito nell’obiettivo prioritario della
cacciata del “liberatore” e, ahinoi, lo è sotto la guida di una
resistenza ben organizzata, diffusa su tutto il territorio, la cui
correttezza e sacrosanta giustezza può essere diffamata solo da un
titolo inaccettabile come quello di Liberazione del 26/6, “Soldati
inglesi linciati dalla folla”, passivamente e non innocentemente, temo,
tratta dalle agenzie capitaliste, a rovesciamento non solo della realtà
(vedi il Manifesto) di una battaglia con armi da fuoco tra inglesi,
assassini di civili, e partigiani armati, ma anche del diritto di ogni
iracheno di difendere, anche con le nudi mani, il proprio paese. Ricordo
una pediatra irachena che, nell’imminenza dell’arrivo degli statunitensi
a Baghdad, aveva affilato i propri coltelli da cucina (vedi il video “Un
deserto chiamato pace”).
Per la sinistra, dopo l’imbarazzante
guerra del bandito Bush alla “belva sanguinaria”, ora c’è l’imbarazzo
di scegliere tra l’astuta e unilateralmente disarmante nonviolenza dei
“moderati” e il sostegno a una lotta armata di liberazione popolare,
necessariamente e ineluttabilmente “nazionale”, dove chi ci sta è un
compagno e un patriota e chi non ci sta un rinnegato o un arreso, PCI o
non PCI. PC iracheno che farebbe meglio a denunciare le stragi di civili
in corso a opera degli angloamericani, la natura colonialista
dell’occupazione, il carattere brigantesco e quislinghiano di Chalabi e
Co., la minaccia mondiale dell’imperialismo (e non solo per mascherare
il proprio sostanziale collaborazionismo), e a prendere le armi insieme
ai compagni del Baath e agli islamici, che mettono la vita al servizio
della sovranità e dignità della propria comunità nazionale e della
resistenza mondiale contro gli USA motore del capitalismo e del’imperialismo.
La storia è maestra di verità: la liberazione araba negli anni ’50 e ’60
è stata condotta dalle borghesie nazionali e dalle intellighenzie in
collaborazione con le masse sfruttate dalle monarchie vassalle al soldo
del colonialismo. Pare che questa situazione debba ripetersi. Chi ha più
filo, tesse e fa egemonia.
C’è da trarre una conclusione non
esaltante: palestinesi, iracheni, arabi, cubani, ecc. vanno bene, vanno
sostenuti e compianti quando li si fanno a pezzi, se ne polverizzano le
case, se ne fa un olocausto, se ne uccidono i bambini. Sono terroristi,
nazionalisti, etnicisti quando combattono.
Intifada fino alla vittoria, in Palestina
e in Iraq. Anche con Arafat e Saddam, visto che gli altri si è visto
quanto sono credibili.
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