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Bush chiude la campagna elettorale promettendo la testa di Castro

L'ultima promessa di George W. Bush agli elettori americani, ed in particolare agli esuli cubani, il cui voto sarà determinante nello Stato della Florida, è la testa di Fidel Castro. Ad una manciata di giorni dalle presidenziali, il candidato repubblicano ha tenuto un discorso a Miami, dove è stato accolto dalla standing ovation degli oppositori del regime.
"Io credo fortemente che il popolo di Cuba debba essere libero dal tiranno - ha affermato il capo di Stato Usa - noi non ci daremo riposo fino a quando il popolo cubano non godrà all'Avana delle stesse libertà che ha conosciuto qui in America".
L'inquilino della Casa Bianca ha quindi promesso che nel prossimo mandato manterrà alta la pressione sull'isola, dando così un seguito alle misure già varate durante questi primi quattro anni di lavoro.

Lo scorso maggio, per esempio, Bush aveva assegnato alla Commissione per l'Assistenza all'associazione "Cuba libre" il compito di vagliare tutti i possibili mezzi di intervento per dar luogo "al rapido declino della dittatura".
Inoltre, la sua amministrazione ha varato di recente nuove risorse destinate alle organizzazioni che proteggono i dissidenti e ai media cubani, che in questo modo vengono incoraggiati a scavalcare la censura del Governo di Castro.
"Non stiamo aspettando il giorno della libertà di Cuba, stiamo lavorando per il giorno della libertà di Cuba - aveva chiarito il presidente - i cubani devono essere al più presto liberati dalla tirannia e noi accelereremo il giorno in cui saranno liberi".
Una promessa ribadita ieri a Miami: "Nei prossimi quattro anni continueremo a tenere forte la pressione per fare in modo che il dono della libertà possa finalmente raggiungere uomini e donne di Cuba".

 

L'Onu contro l'embargo a Cuba. Ma gli Usa non cambiano rotta
 

L'Assemblea Generale dell'Onu ha condannato l'embargo commerciale che gli Stati Uniti d'America sottopongono a Cuba da ormai oltre quattro decenni.
L'esito della votazione, che non ha comunque alcun valore vincolante, è stato schiacciante: a favore dell'embargo si sono espressi solo quattro Paesi (Stati Uniti, Israele, Isole Marshall e Palau), contro i centosettantanove contrari.
E' la tredicesima volta che le Nazioni Unite si esprimono su questo argomento, e in tutte le precedenti occasioni il verdetto è stato lo stesso (mai più di tre Nazioni hanno appoggiato l'azione americana).
I risultati di queste votazioni (che hanno avuto inizio nel 1992) non hanno però finora convinto nessuna amministrazione di Washington a cambiare opinione su questa scottante questione.

E in questi ultimi anni lo staff del presidente George W. Bush ha addirittura incrementato le misure restrittive ai danni del regime di Castro.
Lo scorso maggio il presidente aveva persino annunciato l'invio di nuove risorse economiche alle organizzazioni che proteggono i dissidenti e misure volte ad incoraggiare i media cubani a scavalcare la censura al fine di rivelare informazioni ai propri cittadini.
Inoltre, Bush aveva assegnato alla Commissione per l'Assistenza all'associazione "Cuba libre" il compito di vagliare, con l'ausilio di un rapporto di cinquecento pagine in possesso di Colin Powell, tutti i possibili mezzi di intervento per dare luogo "al rapido declino della dittatura".
"Noi non stiamo aspettando il giorno della libertà di Cuba, noi stiamo lavorando per il giorno della libertà di Cuba - aveva chiarito il Capo di Stato americano - i cubani devono essere al più presto liberati dalla tirannia e noi accelereremo il giorno in cui saranno liberi".

 


da www.centomovimenti.com 

 

 

 

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