Il giornalismo
a Cuba non è una merce
Iniziamo con
queste riflessioni di un giornalista e diplomatico, José Luis “Pepe”
Ponce, che è anche il direttore del Centro della Stampa Internazionale,
compito assai scabroso.
I giornalisti
onesti che vengono a Cuba dovrebbero accreditarsi presso questo centro
per lavorare in regola con le leggi e i regolamenti di Cuba.
Troppo spesso però
non succede: quasi tutto “il giornalismo” che gli stranieri praticano a
Cuba è di rimbalzo, sono cose “per sentito dire” di seconda e terza
mano, spacciate per testimonianze. Quasi mai si va alle fonti, quasi mai
questi giornalisti che scrivono di Cuba hanno una seppur minima
conoscenza di quest’Isola, della sua gente, delle abitudini, storia
desideri e soprattutto scrivono dettando giudizi (gratuiti), facendo
strani paragoni e applicando regole con una mentalità colonialista che
impressiona.
Un esempio quasi
comico si poteva leggere in un reportage di un giornalista italiano che
quando seppe che negli anni più duri (1992 – 1994) a Cuba non si
trovavano quasi più i deodoranti, scrisse tranquillamente che “tutti i
cubani puzzavano come capre”... e ovviamente non era vero. Il popolo
cubano è uno dei più puliti del mondo e i cubani stessi sono i primi a
fare commenti molto forti se una persona, in un autobus zeppo e a 33
gradi manda...un certo profumo!
Ma quel
giornalista scrive con estrema superficialità, per sentito dire, e non
sa nulla di come vive una famiglia cubana, e nemmeno dell’infinita
attenzione che si fa nell’uso dell’acqua, bene prezioso e scarso nel
mondo, anche grazie agli spots.
Vogliamo quindi
offrire ai lettori di Si Por Cuba varie riflessioni, risposte,
interrogativi di coloro che sono responsabili della stampa cubana, come
Tubal Paz per esempio, o Gabriel Molina Franchossi e altri giornalisti
con una grande esperienza internazionale per parlare di come si scrive
a Cuba, di come si cerca di usare al meglio la poca carta a
disposizione, delle grandi difficoltà per dare un servizio sociale, per
costruire tutti insieme quel mondo diverso e migliore al quale
aspiriamo. Poi parleremo con i lettori.
Un mondo dove tre
quarti degli abitanti hanno fame e muoiono di fame, e gli Stati Uniti
rifiutano di ammettere che l’alimentazione è un diritto umano, un mondo
dove una donna palestinese di 27 anni, incinta di cinque mesi, decide di
legarsi sulla pancia due chili di esplosivo e farsi saltare assieme a un
gruppo di persone sconosciute in Israele, un mondo dove milioni di
milioni di persone non hanno casa, acqua, assistenza medica protezione
ma solo dolore e privazioni, non lo si può spacciare
per un mondo
sviluppato e civile solo perchè ci sono alcuni paesi ricchi che
sfruttano tutti gli altri da secoli e fanno finta di esistere solo
loro... non è giusto e si deve lottare contro tutto questo se si è
Persona e non solo egoisti e asociali, come si dice a Cubaa personaggi
di questo genere. La bramosia e l’ossessione di denaro e delle cose che
si vivono nei paesi ricchi si leggono assai bene nei giornali e nelle
riviste. Questo modo di fare giornalismo non ha nulla a che vedere con
Cuba e con i suoi mezzi di comunicazione. La bramosia e la smania di
ricchezza sono indice di mancanza di educazione e di cultura e la
Rivoluzione vive per creare coscienze, seminare idee, sviluppare
l’intelligenza e tutti i migliori sentimenti degli uomini.
Il giornalismo non
è una merce: è comunicazione, è aiutare a comprendere e non ci sono
soldi sufficienti per pagare la verità!
Alcune
riflessioni del Direttore del Centro della Stampa internazionale di
Cuba, José Luis “Pepe” Ponce
Stimati colleghi,
Ancora volta
abbiamo il privilegio di poter condividere questo giorno festeggiando
“La giornata della stampa cubana” per ricordare la pubblicazione del
primo numero di Patria, una pubblicazione dell’Eroe Nazionale di Cuba
José Martí, il 14 marzo.
Questo nostro non è un classico gruppo di professionisti della stampa
cubana. Noi stiamo condividendo con i colleghi dei mezzi di diffusione
nazionali il lavoro, le radici comuni e il cuore, per guardare, ammirare
e amare la nostra Patria.
Il gruppo di
giornalisti cubani che è qui riunito ha la responsabilità di sforzarsi
per correggere il modo in cui si cerca di distorcere la nostra realtà da
parte dei mezzi di comunicazione internazionali, alcuni dei quali
costituiscono esattamente il centro del vostro lavoro di ogni giorno.
Abbiamo la
responsabilità di ribaltare il processo di “demonizzazione” della nostra
cara Patria, che è indispensabile, contro gli sforzi di alcuni che
tentano di distruggere con la forza e in pochi minuti 45 anni di sforzi
e di sogni realizzati.
Parlando così
francamente mi assumo la responsabilità di sentirmi dire che sono andato
al di là delle mie responsabilità o che sto dettando condizioni
inaccettabili, ma io mi assumo questa responsabilità perchè sono
convinto che tutti voi siete disposti a fare tutto quello che c’è da
fare per evitare che la nostra Patria, attaccata vessata o occupata
venga governata da una potenza nemica.
Lo faccio con il
convincimento che abbiamo tutti noi funzionari del nostro centro del
Ministero degli Esteri, che lavoriamo ogni giorni con voi, che il vostro
cuore è fatto con le stesse fibre del nostro.
Per la stampa
cubana in questi tempi di guerra del pensiero esistono tre principi
basici ed etici irrinunciabili nell’ordine professionale e sociale.
Intendere
l’informazione come un bene sociale e non come una merce.
Mantenere
l’obiettività informativa e il rispetto della verità considerando sempre
che non è possibile essere imparziali nel bene e nel male, tra oppressi
e oppressori, sfruttati e sfruttatori.
La migliore
notizia non è quella che si da per primi, ma quella che si da meglio.
Io credo che
questi siano principi con i quali voi siete d’accordo e che considerate
nel lavoro quotidiano. Etica e obiettività devono primeggiare ogni
giorno e il bilancio non può pregiudicare la Patria.
Vorrei ricordarvi
le parole di Jose Martí che indicavano il senso e il proposito della
rivista Patria:
“... La stampa è
una e la sua libertà è grande quando in una repubblica sicura si lotta
senza altro scudo che la stampa, per difendere le libertà di coloro che
la invocano per violarla, di coloro che la rendono una merce e di coloro
che perseguono come nemica dei loro privilegi e della sua autorità. La
stampa però è un’altra quando si ha davanti il nemico.
Allora a voce
bassa si passa la parola d’ordine. Quello che il nemico può udire non è
altro che il segnale dell’attacco...”
Tutti noi
scambiandoci i migliori auguri, pensiamo che in giorni come questi nei
quali dobbiamo affrontare il nemico che ci sta di fronte, siamo certi
che ci troviamo nella stessa trincea!
Gioia Minuti
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