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NOI,CUBA
ED IL PENSIERO UNICO
Sabato 25 giugno si è
svolta a Roma una affollata assemblea sul tema dell'autonomia di Cuba
organizzata dal Comitato 28 Giugno. Il nome stesso del Comitato evoca
la grande e appassionata manifestazione svoltasi nel 2003 a Piazza
Farnese per ricordare che Cuba rappresenta molto di più che uno "Stato
canaglia" come vorrebbero semplificare l'Amministrazione Bush ed i
governi conservatori europei. Da allora qualcosa è cambiato, Aznar non
c'è più e la presenza di Zapatero sta lentamente spostando la
direzione dei comportamenti europei nei confronti dell'Isola
rivoluzionaria. Tuttavia, non passa sotto silenzio l'inasprimento
delle politiche statunitensi nei confronti del popolo cubano e del suo
governo, che spende milioni di dollari per finanziare chiunque si
opponga a Castro dentro l'Isola e fuori, con qualsiasi mezzo, dalla
poesia agli attentati, alle stragi. Comunque la si pensi, qualunque
sia il giudizio che si dà sul governo rivoluzionario della Repubblica
di Cuba, non si può non vedere come gli sforzi della Casa Bianca siano
assolutamente sproporzionati sia alla consistenza della Repubblica
stessa, sia al suo ruolo geopolitico nell'area. In più, emerge con
chiara evidenza, che tali sforzi non hanno finora sortito il benché
minimamente apprezzabile risultato in termini di creazione di
un'opposizione reale al sistema ed alla leadership del Paese. Perché,
ci si chiede? Come mai a Cuba non funziona quello che è avvenuto
nell'Est, dalla Polonia in poi? Come è possibile che questo popolo,
che i media occidentali dipingono come schiavo, non si ribella alle
belve sanguinarie che lo opprimono? Eppure i Cubani hanno sempre
dimostrato di essere valorosi combattenti, orgogliosi indipendentisti
e non certo meno inclini alla lotta dei Colombiani o degli Ecuadoregni.
La risposta, per quanto semplice, sfugge ai detrattori della
Repubblica caraibica, che non si sognano neppure di pensare che in
realtà una distinzione fra il popolo ed il governo cubano non è
realistica, poiché fu il popolo a fare la sua rivoluzione, che non fu
importata né decisa da alcun partito fratello. Alcuni anche a
sinistra, partiti importanti come i Ds o capi riconosciuti di pezzi di
sinistra radicale come Fausto Bertinotti, ancora cercano una formula
equivocamente bipartisan per mettersi la coscienza a posto e le spalle
al coperto, dichiarando sì una flebile sensibilità internazionale di
maniera, ma badando bene di non schierarsi contro le scelte
dell'impero americano. E così cadono nel ridicolo sostenendo di stare
"con il popolo ma non con il governo di Cuba", frase che a chi conosce
anche molto superficialmente la situazione cubana e i soprusi che il
suo popolo deve subire per colpa dell'imperialismo nordamericano,
suona come cinica battuta di cattivo umorismo macabro.
La sala del Centro
Congressi di via Cavour non è bastata, e nel corso dell'assemblea sono
state aggiunte molte sedie per la gente che continuava ad arrivare.
Gli interventi sono stati così numerosi, che anche ai dirigenti
nazionali di partiti e movimenti presenti è stato limitato il tempo a
disposizione in soli cinque minuti. Ma sono stati minuti densi, perché
veniva fuori una consapevolezza: difendere Cuba oggi non vuol dire
solo onorare la memoria dei suoi eroi rivoluzionari, né solo chiedere
che l'autodeterminazione del suo popolo venga rispettata, insieme ai
diritti umani che ignobilmente sono calpestati dall'imperialismo,
bensì qualcosa che ci riguarda tutti molto da vicino. Il tema
all'ordine del giorno, ormai, è diventato un altro: da quando la
guerra è diventata preventiva ed il diritto un'opzione limitata e
condizionata alla compatibilità con gli affari delle multinazionali,
difendere il diritto di un popolo ad essere lasciato in pace significa
anche rivendicare per noi stessi il diritto all'opposizione.
Significa, cioè, comprendere che il salto di qualità della politica
internazionale è la difesa degli stessi parametri di democrazia che
altrimenti sono compromessi per tutti, ed ancor più a livello
nazionale. Ossia, se il pensiero unico dominante viene accettato come
parametro indiscutibile delle compatibilità in base alle quali
ciascuno è valutato ed è riconosciuto come soggetto di diritto,
nessuno potrà più mettere in discussione non solo i risultati di
specifiche politiche di governo, né l'applicazione pratica delle linee
decise dai poteri forti, bensì lo stesso modello di società, costruito
a misura del capitale e non passibile di riforma né di cambiamento
"radicale". Cuba fa paura, come il Venezuela, non certo perché hanno a
che fare con il terrorismo, che anzi subiscono (vedi Posada Carriles,
i colpi di stato della Cia, le varie operazioni Condor, le Contras,
gli attentati in tutto il Sudamerica, ecc.); né perché hanno "armi di
distruzione di massa", e neppure perché violano i diritti umani o
perché regolamentano gli ingressi turistici nei loro Paesi (come del
resto facciamo anche noi e gli Stati Uniti). Essi sono da distruggere
perché rappresentano una contestazione non solo teorica ma viva e
praticata della possibilità, necessità e urgenza di un altro mondo.
Molto più dei Forum, pur importanti, Cuba rappresenta la possibilità
di far nascere politiche diverse e solidali in tutto il Continente,
capaci di ridurre all'impotenza le ignobili pratiche di accerchiamento
economico promosse da USA e FMI, come ALCA, Nafta e simili.
Si stanno già
muovendo, i governi di tre quarti dell'America Centromeridionale, e
stanno già realizzando potenti strumenti di indipendenza, fondati
sulla reciproca solidarietà. Il sogno di Bolivar e di Martì, di
Allende e Che Guevara si sta realizzando in forma nuova, democratica,
pacifica. Questo non è ammesso da chi intende la democrazia come
sottomissione delegata, come sudditanza con espressione di consenso
controllato. Noi abbiamo il dovere di resistere a tutto questo, e non
solo perché non possiamo tollerare che i popoli siano sottomessi ai
desideri di poteri a loro estranei: lo dobbiamo fare perché è in gioco
anche il nostro diritto a considerare legittima l'opposizione, a
continuare a ritenere la democrazia come qualcosa che non riguarda i
più furbi, e neanche solo le maggioranze, ma che è stata inventata
perché i diritti di molti siano difesi dai privilegi di pochi. Ecco
perché non comprendiamo come la sensibilità della sinistra sul tema di
Cuba sia così evanescente, spesso addirittura intrisa di
contraddizioni scandalose. L'agenda dei nostri dirigenti, dei nostri
amministratori, dei nostri sindacalisti è troppo spesso lontana da
questi temi, eppure è da queste lotte che nasce la possibilità di
mantenimento e di avanzamento delle condizioni per ulteriori
conquiste, qui ed in prospettiva.
Lo dobbiamo a noi
stessi, quindi, per difendere le condizioni di vita del posto dove
viviamo, dove alleviamo i nostri figli. Lo dobbiamo ai nostri
Partigiani, che hanno rinunciato a tutto per darci questo.
Giovanni Morsillo
Partito dei Comunisti Italiani
Sezione "T. Filancia" - Roccasecca
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