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CUBA: COSI' DEMODE'
Certo è scomodo restare "alleati
virtuali" di Cuba.
Fintanto che la sinistra cavalcava la tigre (ah, i magnifici anni '80!),
era fin troppo facile essere amici di Fidel, di Cuba,
dell'internazionalismo che evoca tanti ricordi di manifestazioni e
cortei dove eskimo e bandiere rosse parevano non finire mai.
In quei cortei studenteschi ed operai che marciavano da un capo
all'altro della città, le bandiere falce e martello mischiate a quelle
di Cuba, coloravano l'azzurro del cielo rendendo allegra una magari
triste giornata di contestazione.
Murales con l'effige del Che, campeggiavano accanto ad ogni tipo di
slogan più o meno romantici, più o meno arrabbiati.
Epoca in cui, ragazzi appena poco che bambini, stringevano il "Diario
del Che in Bolivia", calcando sulla loro testa un basco nero con una
stellina al centro.
Eh si... era troppo facile sentirsi amico di Cuba, amico di Fidel.
Poi?
E poi, sono finiti gli anni 80, sepolti dal piombo, dalle manifestazioni
sempre più impopolari, dalle ulteriori divisioni nel movimento, dalla
scomparsa degli operai incazzati sempre più imborghesiti da un
rampantismo che ha rapito gli interessi, gli ideali, i sogni.
Yuppismo?
Non più ragazzi abbrufolati che amavano trascorrere le ore
confrontandosi, parlandosi, sensibilizzandosi, bensì una nuova
classe che iniziava a seguire un stile made in Usa, fatto di yuppismo,
nerdismo, arrivismo. E, guarda caso, composto proprio dai quei giovani
che, amavano appiattirsi davanti ad uno schermo tv che iniziava a
proporre loro cartoni animati e telefilm di importazione.
Un nuovo miracolo italiano? I primi telefoni portatili, le automobili
sempre più rombanti, le discoteche con la musica house, la cocaina
facile. E un vuoto politico, reso ancor più desolante dalla caduta del
muro, dalla caduta della nostra italica Prima Repubblica, dall'effetto
Mani Pulite che ci voleva vedere reprobi a recitare il mea culpa e a
dire "non lo faccio più". Effetto che ha lasciato i soldi nelle mani di
coloro che li avevano rubati grazie a mazzette smazzettate e reso più
poveri coloro che godevano dei riflessi dei riflessi del cash flow
prodotto dalle ruberie.
Anni 90 con nuovi stimoli (sic!), nuovi partiti politici, nuova classe
dirigente.
Ma si! Via il vecchio, avanti il nuovo. E poco importa se il "nuovo" era
in gran parte rappresentato dal "vecchio" riciclatosi
camaleonticamente...l'importante era partecipare, vivere l'aria nuova...o
solo non perdere terreno.
E poi, la comunicazione rubata da
telenovelas brasiliane e messicane, cartoni animati, talk show, film di
successo, quiz e quizzettini che appiattivano le coscienze mortificando
la creatività , le idee.
E poi, la Bolognina, la scomparsa degli storici movimenti divenuti
troppo ingombranti nel nuovo corso politico, la critica al passato.
Una sinistra costretta dagli eventi (e dal suo precedente immobilismo) a
svuotare l'armadio dei suoi numerosi scheletri, giustificandosi,
negando, glissando sopra a quasi tutte le relazioni politiche ed
impadronendosi del ruolo di coloro che non fanno per non fare maggiori
danni.
Nel clima di lifting dell'immagine politica, la sinistra per forza,
doveva apparire "moderata", "democratica", "liberalsocialista". Insomma,
maggiormente soft e quel rosso acceso delle sue bandiere, iniziava a
scolorirsi lentamente ma inesorabilmente, lasciando a pochi
(Rifondazione? PdCI?) l'onere di accollarsi vecchi luoghi comuni ed
arcaici denominatori di insiemi.
Nel contesto del nuovo secolo, le distanze con Cuba sono divenute
abissali.
Perchè mantenere vivo un gemellaggio ideale con una delle poche nazioni
al mondo (d'altronde, la Cina, mercato altamente appetibile da un
capitalismo agonizzante, deve essere per forza tollerata...) ancora
fedeli ad una linea comunista che non c'è più ?
E quì avviene lo strappo iniziale...anche
se, l'evento Papa a Cuba e Fidel in Vaticano, poteva in qualche maniera
fungere da collante provvisorio.
"Vedi -affermavano- anche Cuba sta aprendosi alla democrazia..."
Invece no. Dopo anni di silenzio (meglio glissare che
prendere posizioni potenzialmente scomode), l'effetto dei tres
fucilados ripropone in maniera imbarazzante la questione del "siete
con Cuba -leggi Fidel n.d.a.-
oppure no?". Per non sbagliare la sinistra accusa, si divide,
litiga. Insomma, fa tutto meno quello che dovrebbe fare. E se da una
parte, i DS accusano apertamente Castro e la sua coorte prendendone
distanza, Rifondazione si spacca in maniera imbarazzante cercando la
diplomatica strada del lasciare scevri da indicazioni di partito la sua
base che, a quel punto, si divide tra coloro del "con Cuba senza se e
senza ma" e gli altri che dicono che Fidel ha "fatto una cazzata".
In questo clima così caotico, il
piccolo PdCI prende invece una posizione netta e favorevole a Cuba
partecipando alla manifestazione nazionale del 28 giugno in difesa di
Cuba.
I commenti circolati a tal proposito sono stati quelli di ridurre questa
scelta a mero opportunismo elettorale...il partito di Diliberto avrebbe
sposato lo stare con Cuba solo per catturare l'elettorato
rifondarolo ribelle.
Quello che appare evidente è il fatto che Cuba non va più
di moda.
E' scomodo parlarne in maniera favorevole perché il dibattito sulla
questione è meglio chiuderlo prima di perdere voti preziosi, merce di
scambio di questo nostro sistema elettorale.
E' inopportuno prendere posizioni prima di vedere come andranno le
cose laggiù dopo che il corso di lider maximo sarà finito.
E' inutile sposare una battaglia senza sapere qual'è la posta in gioco,
tanto più che di battaglie aperte su cui indirizzare la propria
attenzione ce ne sono molteplici.
E i cubanologi di vecchio corso cosa
fanno, cosa dicono, come agiscono?
Molti spariscono e si confondono per uscire dal centro dell'attenzione;
altri seguitano imperterriti sulla loro strada; altri ancora, invece, si
trascinano stancamente pensando che prima o poi finirà.
E' imbarazzante. E' stupido. E'
inutile.
Chi ama Cuba, deve per forza prendere
una posizione: o con Cuba o contro. Non vi sono altre vie di mezzo, non
esiste una zona grigia dove nascondersi. E non si tratta di un gioco con
premi in palio: quì nessuno vince nulla. Se si decide di stare con Cuba
bisogna assumersene tutte le impopolarità del momento, le critiche, le
responsabilità del gesto. Nessuno da Cuba concederà mai titoli
onorifici, tanto meno benefit e medaglie. Ma da Cuba si apprezzerà
lo spirito solidale ed internazionalista del gesto.
E a Cuba, credetemi, si sentiranno meno isolati.
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