Il vergognoso
silenzio per l’uccisione dell’italiano Fabio Di Celmo con una bomba
pagata dalla Cia
Gli
schiaffi americani in faccia all’Italia cominciano ad essere un po’
troppi. Dopo l’incredibile vicenda Calipari, che pare inghiottita nel
solito ‘porto delle nebbie’ del palazzo di giustizia romano, è
arrivata l’incredibile faccenda del rapimento dell’imam della moschea
di viale Jenner a Milano, con una grandinata di mandati di cattura
verso altrettanti
agenti della Cia.
A margine
di questa due vicende, c’è da registrare un paio di cose. La prima è
che gli americani in Iraq ai posti di blocco e in pattugliamento
ammazzano tanti di quei civili da
avere
indotto perfino il governo irakeno, che si regge in piedi solo grazie
alle armi Usa, a dire ai liberatori-invasori che devono farla finita
‘con questi incidenti’.
Tradotto
in italiano, significa che anche Calipari è rimasto vittima
dell’arroganza un po’ razzista dei militari a stelle e a strisce. La
seconda è che se per rapire l’imam gli agenti della Cia hanno speso di
soli alberghi quasi 150 mila euro, pari a 300 milioni di lire, come
hanno documentato le indagini, ciò vuol dire che per il centinaio di
rapimenti di sospetti ‘terroristi’ - che a detta della stessa stampa
americana la Cia avrebbe effettuato nel mondo dopo l’11 settembre –
sono stati spesi non meno di 1,5 milioni di euro, pari a ben 3
miliardi di lire. Di soli alberghi!
No
comment. Ciò che però è francamente disgustoso è che ad applaudire o a
giustificare pubblicamente con entusiasmo l’illegalità americana su
suolo italiano ci siano personaggi come Giuliano Ferrara e Gustavo
Selva, oltre a vari uomini politici del centro destra. Che i politici
possano fare spallucce di fronte alla violazione della nostra
sovranità nazionale, sia pure per mano degli amati americani, è
sbalorditivo. Che razza di politici abbiamo? Uomini politici - che in
quanto tali curano gli interessi e anche la dignità nazionale - o
poveri yesmen quacquaracquà? Ferrara di mestiere fa il giornalista,
mestiere svolto anche dall’attuale parlamentare Selva. E’ quindi
particolarmente grave che due personaggi così applaudano o facciano
spallucce per una faccenda sulla quale semmai, in quanto giornalisti,
dovrebbero indagare o almeno apprezzare chi indaga. Che razza di
giornalisti abbiamo?
Desiderosi
solo di farsi pubblicità e di badare alla carriera, ai voti e ai
quattrini? Incredibile poi che possa pontificare uno come Ferrara, che
della Cia è stato – come lui stesso ha ammesso - un collaboratore ben
retribuito. Quando ha fatto il suo outing di spione Ferrara ha
garantito di avere servito la Cia ‘solo’ dal 1985 a fine 1986, ‘per
spiegare agli americani il Bettino Craxi dell’affronto di Sigonella’.
Ricordiamo che Craxi era capo del governo e che in tale veste rifiutò
la consegna del terrorista palestinese Abu Abbas ai militari americani
che il 10 ottobre 1985 avevano intercettato l’aereo su cui viaggiava
costringendolo ad atterrare a Sigonella, in Sicilia.
Ebbene,
dagli archivi americani è emersa nel 2000 la prova che Ferrara mente.
C’è infatti una lettera dell’allora segretario di Stato Shultz
all’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan in cui si legge
che Craxi in gran segreto aveva fatto marcia indietro, concedendo agli
americani già il 15 aprile 1986 l’uso proprio di Sigonella per
permettere ai loro aerei di andare a bombardare la tenda e la caserma
dove Gheddafi dormiva. Ad aprile di quell’anno non c’era quindi più
nessun Craxi ‘dell’affronto di Sigonella da spiegare’ agli americani.
Tanto più
che Shultz nella sua lettera a Reagan spiega che Craxi ci tiene a
dimostrare che l’Italia è sempre il miglior alleato degli Usa per
poterla fare ammettere nell’allora G7, diventato infatti l’attuale G8
proprio con l’ingresso del nostro Paese. Se ad aprile non c’era più la
necessità di ‘spiegare Craxi’, è del tutto evidente che nel resto di
quell’anno Ferrara alla Cia ha ‘spiegato’ ben altro. Sempre ammesso
che sia vero che abbia smesso di fare la spia quando dice lui.
Ma se il
caso Calipari e dell’imam di viale Jenner sono gravi - come del resto
è stato molto grave qualche anno fa il caso della strage della funivia
del Cermis per le bravate di un paio di piloti americani, regolarmente
sottratti alla nostra giustizia – c’è un caso che è ancora più grave.
E del quale nessuno parla. Si tratta della morte del nostro
concittadino Fabio Di Celmo, ucciso nel 1997 a Cuba nell’hotel
Capocabana da una bomba piazzatavi da Posada Carriles, un terrorista
anticastrista al soldo della Cia. Era il periodo in cui il turismo
cominciava a invadere Cuba, apportando valuta e quindi ossigeno
all’economia. La Cia cercò di strangolare il turismo per continuare a
strangolare Cuba, e così arruolò tra gli altri un certo Orlando
Bosch, colui che ha orgogliosamente rivendicato di aver organizzato
l’attentato contro un aereo di linea cubano provocando la morte di 73
persone ( ‘tra cui 5 negrette’, si vanta Bosh nel parlare di cinque
vittime, atlete della squadra cubana di scherma femminile). Bosch vive
tranquillo a Miami. Il suo braccio destro, colui che ha messo di
persona la bomba sull’aereo e che ha organizzato una catena di
attentati a Cuba a causa dei quali è morto l’italiano Fabio di Celmo,
è Posada Carrilles. Arrestato, condannato ed evaso dal carcere in
Venezuela, qualche mese fa è arrivato negli USA e ha chiesto ‘asilo
politico’ per i meriti nella lotta al comunismo, ma su pressione del
Venezuela è stato alla fine ‘fermato’ con l’accusa di immigrazione
clandestina. Il Venezuela ne ha chiesto l’immediata consegna, ma
finora
non è successo niente.
Carriles è
infatti una patata bollente, che il governo di Bush non intende certo
consegnare al Venezuela bolivariano.
Cuba ha
reagito al volo: in tre giorni ha organizzato un grande incontro
internazionale ‘contro il terrorismo, per la verità e la giustizia’,
che ha visto la partecipazione di oltre 600 invitati da tutto il
mondo, compresi uno stuolo di studiosi, di intellettuali e di
ricercatori. Ospite d’onore del convegno, ignorato da quasi tutta la
stampa europea, Giustino Di Celmo, il papà di Fabio. Di fronte ai
rappresentanti di oltre 40 Paesi Giustino ha raccontato della morte di
suo figlio e del silenzio particolarmente vergognoso delle autorità e
dei mass media italiani. Possiamo dargli torto? No di certo.
Balbettii
prolungati e insabbiamento finale in vista per Calipari, definito in
fretta e furia ‘un eroe’ per lavarsene meglio le mani. Violazione
della sovranità nazionale, balbettii e sbugiardamenti del ‘Non ne
sapevamo nulla’ governativo per il sequestro milanese. Silenzio
assoluto, senza neppure il balbettio imbarazzato, per l’uccisione
dell’italiano Fabio di Celmo.
Il nostro ministro degli Esteri
Gianfranco Fini tuona però che nella prossima visita in Brasile
insisterà per la consegna all’Italia di Achille Lollo, per un fatto
vecchio di 32 anni fa, molto ambiguo e con sentenza comunque ormai
inapplicabile.
Ma per Di Celmo?
Silenzio assoluto...
Non c’è
forse davvero di che vergognarci?
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