Vagavo per la città immersa nella sua primavera fatta di
nebbia e sole pallido.
Cuba
e Fidelia erano radicate dentro me in modo indissolubile. Per i miei due
viaggi e tutto ciò ad essi collegato, avevo dato fondo a tutti i miei
risparmi. Non ero ricco, non lo ero mai stato. Avevo avuto la
possibilità, nonostante il fatto che vivessi da single, di accantonare
qualcosa ma, fra regali bollette telefoniche e viaggi per Cuba, avevo
quasi azzerato il mio piccolo capitale.
Ogni
giorno rammentavo la promessa dell'invito fatto a Fidelia e, appena
giunto in Italia, mi procurai tutte le necessarie informazioni.
All'ambasciata cubana mi spiegarono che avrei dovuto compilare una
richiesta ufficiale nella quale mi assumevo tutte le responsabilità di
mantenimento della ragazza, le spese di viaggio e le spese proprie
dell'invito. Poi, avrebbero rilasciato il visto ma, sarei dovuto andare
alla Questura la quale doveva autorizzare il visto provvisorio di
entrata in Italia. Tutta questa trafila implicava la presentazione di
molti fastidiosi documenti che erano, di fatto, dei voluti ostacoli nei
confronti di tutti coloro che, per un verso o per l'altro, non godevano
di una ferma salute economica.
Il
mio pensiero correva alle spese necessarie per l'invito,il viaggio e la
permanenza di Fidelia a Milano che sarebbe costata, anche per via di
tutte le cose che desiderava comprarsi una volta arrivata in Italia.
Durante i momenti trascorsi a Cuba a parlare del suo sogno di venire in
Italia, spesso mi raccontava di cosa avrebbe acquistato per lei e per i
suoi famigliari. Mi parlava dei viaggi e delle città che avrebbe voluto
visitare una volta giunta nel Belpaese. E, la somma di tutte le spese
che avevo preventivato, andava ben oltre a quelle che erano le mie reali
capacità del momento. Non desideravo affatto fare marcia indietro ma, a
conti fatti, sarebbe costato meno un mio improbabile ritorno a Cuba che
non una sua venuta in Italia. Di questa preoccupazione non ne feci
parola durante le lunghe telefonate che, almeno una volta alla
settimana, varcavano l'Oceano. Lei non avrebbe compreso i problemi ed
avrebbe equivocato la mia posizione, collocandomi nella galleria di
coloro che l'avevano già presa in giro. Temporeggiavo anche nelle
lettere, spiegandole che in quel momento, il lavoro mi portava spesso
fuori città e, di conseguenza, una sua visita in Italia sarebbe stata
fuori luogo. Preso dall'ansia, avevo cercato di mettermi in contatto con
Pierluigi per avere un consiglio ma, ogni mio tentativo naufragava
all'incontro con la segreteria telefonica del suo cellulare.
In
quel periodo, solo il ricordo di quella notte all'Avana, mi consolava.
Trovavo conforto solo rifugiandomi nei meandri della mia memoria, dai
quali catturavo episodi vissuti a Cuba durante la mia seconda
esperienza. La mia attività lavorativa proseguiva atona, come tutte le
cose della mia vita, in attesa di poter mantenere fede alla mia
promessa. Quando ero particolarmente triste, entravo dentro ad una
agenzia di viaggio per prendere depliant di Cuba che mi ritrovavo a
sfogliare a casa, ringiovanendo quel dolce ricordo fatto di sensazioni
malinconiche. Il tempo scorreva lento e senza punti di riferimento.
Avevo esaurito la possibilità di ipotizzare un mio ritorno a Cuba, non
più praticabile per via della feroce politica del risparmio che avevo
iniziato a realizzare per racimolare, il prima possibile, i fondi
necessari per invitare Fidelia a Milano.
Nel
frattempo, per dimostrarle il mio reale interessamento, avanzai la
richiesta per il suo invito all'AMbasciata Cubana che, dopo un paio di
settimane, mi inoltrò copia dell'avvenuto atto ufficiale trasmesso in
originale alla Consulteria Juridica dell'Avana. Nelle breve
comunicazione allegata alla fotocopia, mi si informava che l'originale
sarebbe stato inoltrato per posta a Fidelia a Moròn. Alla ricezione di
quel documento, Fidelia avrebbe potuto richiedere il suo passaporto.
Le
telefonai quel giorno stesso per comunicarle la notizia.
"Ciao
amore...ho una bella notizia da dirti" iniziai allegramente.
"Vieni a Cuba?" rispose.
"No.
Ho ricevuto il tuo invito firmato dall'Ambasciata Cubana in Italia. La
tua copia ti arriverà a casa tra breve. L'hanno spedita per corriere
diplomatico all'Avana e da li, la spediranno a casa tua. Con questo
foglio potrai richiedere il passaporto...sei contenta?".
Dall'altro capo del filo potevo seguire rumori di strada e strilli di
bambini.
"Si
-rispose senza entusiasmo- ma per il passaporto devo pagare 150 dollari
ed io non li ho....come faccio?".
"Questo è un problema -mugugnai- non so come farteli avere".
"Ascolta -continuò dando prova di essere già a conoscenza di un sistema
sicuro- Una mia amica ha avuto lo stesso problema. Il suo ragazzo è
andato alla Banca dell'Agricoltura e ha potuto mandarle i soldi
necessari. Fallo anche tu".
"Domani mi informerò su come fare e poi ti telefonerò per dirti come ho
risolto".
La
conversazione fu interrotta all'improvviso: la linea si era interrotta
lasciandomi cretino con la cornetta stretta in mano.
Dovevo spedirle quei soldi per continuare ad alimentare il suo sogno.
L'indomani trovai un intervallo di tempo libero. Nel centro città, il
solito caos fatto di traffico, riempiva l'aria di benzene.
Varcai la soglia della Banca di Piazza Fontana e mi diressi allo
sportello assegnato alle operazioni estere. Quando uscii, avevo in tasca
la ricevuta del bonifico effettuato per 500 dollari e cioè per la somma
che ritenevo necessaria per il pagamento delle spese di passaporto e di
visto di Fidelia.
Quello stesso pomeriggio le telefonai di nuovo per avvisarla dell'arrivo
di quel bonifico ma non riuscii a trovarla. La vicina di casa mi disse
che era partita insieme alla madre per andare in campagna, da un loro
parente, per rimediare qualcosa da mangiare e che non sarebbero tornate
prima di un paio di giorni. Riagganciai deluso e rimasi ad immaginare
cosa stesse facendo in quel preciso momento, senza però riuscire
nell'intento, interrotto dallo squillo del telefono.
"Ehi,
camajan!" era l'allegra voce di Pierluigi.
"Ciao! Non sai che piacere mi fa risentire una voce amica -dissi
entusiasta-. Ti va la solita pizza?" "Certamente -rispose- così mi dirai
della tua esperienza habanera...Ho ascoltato i tuoi messaggi in
segreteria ma ero a Santiago".
"Santiago? E quando sei tornato?" domandai.
"Ieri
e sono ancora un pò fuso, ma una pizza l'accetto volentieri dopo tanto
pescado e congrì" rispose.
Avevano appena servito le pizze nel localino dei Navigli, e dopo averla
ammirata, Pierluigi iniziò a degustare con sano appetito la sua
Quattrostagioni.
"Pizze così a Cuba, però, se le sognano proprio..." disse soddisfatto
del sapore.
"Così
rinunceresti all'Isla per una pizza?" scherzai.
"Non
ho detto questo...ma una buona pizza fa sempre piacere. Ma raccontami,
piuttosto, le tue impressioni sull'Avana" fece serio.
"Come
immaginerai -risposi- hai avuto ragione un'altra volta. Non è possibile
descrivere le sensazioni che si provano vivendo quella città. Sono
entusiasta di tutto, dagli habaneri all'architettura cittadina...".
"E
con la tua novia, com'è andata?".
"Sono
innamorato perso. E' stato meraviglioso lo stare con lei, il conoscerla,
l'apprezzarla. Ho saputo molte cose e molte altre le ho vissute...Ma la
gente -proseguii- spontanea, armoniosa, genuina. E poi, gli scorci, i
panorami, le vedute, i sapori della città vecchia. Mi ha intrigato tutto
quello che ho provato anche se ho molti rammarichi per non aver fatto
molte cose e visto molte altre che avrei voluto".
"Tornerai tra breve" disse lapidario finendo di mangiare un grosso
boccone di pizza.
"Si...e
come? A parte il lavoro e le ferie che ho già esaurito. Ma poi ho un
grande problema. Anche per questo avevo bisogno di vederti, per
chiederti un consiglio".
Pierluigi fece cenno al cameriere indicando i nostri boccali vuoti di
birra sollecitandone altri due pieni, poi ricolse nuovamente la sua
attenzione su di me.
"Dimmi pure, non farti scrupoli di sorta".
"Il
problema è che ho promesso a Fidelia di invitarla in Italia a stare a
casa mia per un mese".
"E
qual'è il problema? Mi sembra bello".
"Sono
stato a Cuba due volte nel giro di pochi mesi e, soprattutto la seconda
volta, tra spese, viaggio, regali...insomma ho quasi finito i miei
risparmi e, per invitarla in Italia, ho bisogno non solo dei soldi del
biglietto ma anche di quelli che sarebbero necessari per farla felice".
"Vuoi
un prestito?" chiese sospettoso.
"No.
Non cercavo soldi. Ho fatto dei calcoli e potrei permettermi quanto
occorre ma solo il prossimo anno, non prima. La mia paura è quella che
lei mi creda uno dei soliti bugiardi che le hanno promesso cose che non
hanno, in seguito, mantenute. Allora...per dimostrarle la mia buona
intenzione le ho già fatto l'invito e le ho spedito i soldi necessari
per le spese del suo passaporto e del visto di espatrio...ma adesso come
mi comporto? Non so come continuare. Non posso confessarle di non avere
le possibilità per farla venire in Italia ma non so come temporeggiare
altrimenti. Ho pensato che tu, forse, potevi suggerirmi qualche
scappatoia per uscire dal vicolo cieco nel quale mi sono cacciato".
Pierluigi guardava perplesso la punta della forchetta sporca di
mozzarella appiccicaticcia, come se stesse osservando chissà quale magia
della natura.
"Claudio -disse emergendo dalla sua ipnosi- non hai che due possibilità:
la prima è quella di dirle tutto e la seconda quella di trovare i soldi
per farla venire a Milano. Nel primo caso potrebbe prenderti per un
millantatore e cessare d'amarti, come potrebbe capirti, aspettando
pazientemente che tu le realizzi il suo sogno anche se, in questo caso,
temo che la sua fiducia nei tuoi confronti svanirebbe inesorabilmente".
Accesi una sigaretta cercando un conforto con non trovavo.
"Lo
immaginavo..." dissi laconico.
"Senti...forse tu non sai che noi abbiamo stabilito un patto non scritto
-disse serio- per il quale, chi si trova come noi, si deve aiutare
reciprocamente. Se mi fossi trovato io nella tua condizione e se tu
avessi potuto aiutarmi lo avresti fatto?" domandò.
Annui
silenzioso non sapendo a cosa mirava il suo discorso.
"Allora, che problema c'è? Per mia fortuna ho possibilità economiche
migliori delle tue e sono in grado di darti i soldi necessari...ovviamente
si tratta di un prestito d'onore. Diciamo che, invece di accantonare
mensilmente i tuoi risparmi, sconterai con me pian piano il tuo debito.
Non vedo altre soluzioni".
Non
riuscivo a crederci. Pierluigi mi offriva la soluzione su un piatto
d'argento. Non ero andato all'appuntamento con l'intenzione di
spillargli dei soldi ma con la certezza di trovare un sollievo alla mia
preoccupazione. Eppure, senza conoscermi da molto tempo, il mio amico
aveva dimostrato una decisa fiducia e generosità, evidenziandosi da un
mondo che non lascia spazio ai rapporti umani, lasciandomi stupito e
senza parole.
Senza
altro aggiungere, estrasse dalla tasca il portafogli e tirò via il
carnet degli assegni compilandone uno che mi allungò sorridendo.
"Penso che questa possa bastare" disse.
Era
molto di più di quello che mi occorreva.
"Ma è
troppo!" esclami convinto.
"Vedrai che ti sarà appena sufficiente. Non conosci bene le cubane, tu"
rispose.
Ero
stordito e non sapevo come continuare la serata, tanto era grande il mio
imbarazzo.
"Perché?" chiesi.
Con
calma accese il pestilenziale sigaro aspirandone l'inizio con celeri
piccole boccate.
"Vedi, Claudio. Io non ho amici. In fondo sono triste qua in Italia. La
mia ex moglie afferma che sono una nullità ma questa nullità quanto le
interessa quando riscuote l'assegno del mantenimento a fine mese....i
miei figli sono già adulti e camminano per la propria strada. Non hanno
nostalgia di me, forse perché, da bambini, non mi hanno conosciuto. Il
lavoro mi ha sempre strappato alla famiglia ed io, per compensare quella
latitanza coatta, stupidamente li riempivo di giocattoli e doni cercando
di ovviare alle mie mancanze. Sono cresciuti viziati e senza conoscere
bene il gioco delle responsabilità perché, tanto, tutto era loro dovuto
facilmente. Non c'è mai stato un forte legame famigliare tra noi e, ben
presto, al sentimento si è sostituito l'interesse".
Ascoltavo in silenzio il suo sfogo attento a non perdere una sola
parola.
"Poi,
c'è stato il mio primo viaggio a Cuba -continuò-. Conoscevo già i
Caraibi. Ero stato nei peggiori trojai di Santo Domingo e Jamaica, tanto
per divertirmi un pò e così, decisi di cambiare isola. Ma, una volta
giunto a Cuba, trovai una serenità che non mi era più nota in Italia.
Assaporavo tutto, con una incredibile intensità. E tutto aveva uno
spessore sconosciuto che mi lasciò istantaneamente stregato. Il passo al
divorzio fu breve ed indolore, ormai avevo asciugato tutte le lacrime
piante. Ho vissuto intense emozioni, le stesse che tu stai provando
adesso, ed ho imparato a conoscere quella gente e la loro realtà. Poi,
ho incontrato la mia prima novia che mi iniziò a far conoscere i
jineteri...dopo cinque anni, mi lega all'Italia solo il mio lavoro,
attraverso il quale, riesco a guadagnare quello che mi occorre per
vivere e divertirmi. Non ho amici e tu sei il solo che frequento perché,
in fondo, un poco mi assomigli".
E
così, quella era la storia di Pierluigi, quello che avevo catalogato
come playboy sul viale del tramonto...
Riprese a parlare dopo aver bevuto un pò di birra scura. "Allora. Quando
mi farai conoscere la tua bella mulatta?" chiese passando ad un tono
scherzoso.
"Adesso dovrò richiederle il visto d'entrata in Questura e poi...comunque,
penso entro un paio di mesi. Ma dimmi, invece, le tue impressioni su
Santiago".
"Devi
assolutamente andarci. Dopo L'Avana è un posto magico. Pensa che fu la
prima città costruita in epoca coloniale ma, a parte l'architettura che
ricorda in alcuni punti L'Avana Vieja, devi scoprire la gente. In
Oriente in cubani sono più schietti ed allegri. Ma, soprattutto, devi
entrare nel mondo misterioso della Santeria".
"Ne
ho sentito parlare -affermai- Ma tu ci credi veramente?".
"Ho
visto riti magici in tutto il mondo -rispose- Da quelli fatti dai
bramini indiani fino ai maestri di voodù giamaicano. Se riesci ad essere
introdotto senza passare per quell'enorme mercato religioso dedicato ai
turisti, puoi assistere a fatti inenarrabili che ti origineranno
parecchi dubbi. Per tornare alla tua domanda, ti rispondo di si: credo
ai Santeri cubani".
Riflettei seriamente anche se non mi ero mai posto il problema. Ero uno
dei tanti cattolici non praticanti che non credono a nessun dogma e non
osservano alcun comandamento ma che sono sempre pronti a pregare Dio, in
caso di propria necessità. Il mondo magico, poi, era lontanissimo dai
miei pensieri e non avevo mai avuto, in passato, alcuna curiosità da
soddisfare.
"Ho
chiesto a Fidelia di farmi una santeria positiva al fine di avere
fortuna" dissi allegramente. Pierluigi mi guardò perplesso.
"Non
devi scherzarci sopra. Potrebbe essere pericoloso" rimandò lui.
La
serata poi terminò in un localino alternativo dalle parti di Brera, dove
brindammo al nostro sviscerato amore per tutto ciò che significava
'Cuba' per noi, tra racconti di vita vissuta e ricordi di emozioni
passate.
Il
poliziotto stava verificando nuovamente il tutto dopo aver già
abbondantemente vivisezionato il dossier contenete la richiesta per la
concessione del visto di entrata in Italia a favore di Fidelia. Aveva
messo ordinatamente a posto i documenti obbligatori previsti da una
severa procedura atta, secondo i migliori propositi, a selezionare
l'arrivo di stranieri in Italia. Ma, la pignoleria quasi ottusa, con la
quale l'agente procedeva nella sua ispezione, mi stava dando i nervi.
Alla fine, riscontrando il fatto di non poter muovere alcun appunto,
rimise il tutto nel dossier e mi congedò, dandomi appuntamento dopo un
paio di settimane per il ritiro del sospirato visto.
Erano
trascorsi tre giorni dall'ultima volta che avevo telefonato a Cuba ed
ora, alla luce degli ultimi fatti, potevo dare la lieta notizia a
Fidelia.
Il
mondo mi sorrideva ora che, egoisticamente, potevo realizzare il mio
sogno. Tanto lontana appariva la gente del Barrio, con le proprie
preoccupazioni così come tanto appariva vicina, la possibilità di
rivivere dei dolci momenti con la mia amata.
Mentre percorrevo le strade della città, iniziai ad immaginare come
potevano apparire agli occhi di uno straniero desideroso di impregnarsi
di tanto consumismo, le sfavillanti luci delle insegne, le colorate
scenografie delle vetrine, il caravanserraglio di negozi del centro.
Chissà come sarebbe apparso tutto questo a Fidelia che immaginavo
percorrere lentamente via Montenapoleone, pronta a meravigliarsi delle
lussuose vetrine, oppure seduta in un Caffè della Galleria intenta ad
assaggiare un dolce, con davanti un cappuccino bollente. Pregustavo la
luce dei suoi occhi, la smorfia sorridente del suo volto, la gioia del
suo spirito. Avrebbe sicuramente apprezzato la caotica Milano con tutti
i suoi difetti e manchevolezze, solamente paragonandola alla sua
minuscola Moròn, così vuota e priva d'attrattive.
Una
volta giunto a casa, mi avvicinai al telefono ancora pieno di gioia,
impaziente di telefonarle. Una voce di uomo rispose dall'altro capo del
filo "Fidelia no esta aquì" e riagganciò brutalmente. Restai senza
parole, pensando di aver sbagliato numero che ricomposi pazientemente e
con più attenzione.
Questa volta una voce di donna aprì le mie speranze.
"Buenos dìas. Quiero hablar con Fidelia Zunigo" dissi nel mio precario
spagnolo.
"Eres
tu Clausio?" rispose sbagliando il mio nome.
"Si.
Claudio" rimarcai.
"Momentito
por favor...." ascoltavo in sottofondo una ridda di voci che parlavano
frenetiche in dialetto che non avrei mai compreso. Un altro
interlocutore venne al telefono, questa volta parlandomi in italiano.
"Hola...-disse
con voce monocorde- Fidelia non sta aquì. E' stata presa dalla polizia.
Sta in prigione".
"In
prigione? Cosa è successo?" chiesi allarmato.
"L'hanno fermata tre giorni fa vicino a Santa Clara e non sappiamo
altro. Forse la liberano oggi o tra una settimana...Quien sabe?"
rispose.
"Ma
il motivo? Potete vederla?" chiesi sempre più preoccupato.
"Non
sappiamo nulla e nessuno può vederla. E' la polizia che
decide..."rispose laconico ed impotente.
"Quando esce dalla prigione, dille di telefonare a Claudio di Milano.
Capito?" urlai sfogandomi con quel poveraccio che aveva avuto l'incarico
di tradurmi i fatti.
"Si,
claro, señor. Hasta luego".
Cosa
era successo? Era stata fermata per un semplice controllo o perché
jinetera? C'entrava la droga, la prostituzione o cos'altro? Mi rigiravo
nel letto, non riuscendo a prendere sonno tanti erano gli interrogativi
che formulavo in continuazione, senza poter elaborare delle risposte
concrete.
Che
strana la vita...quel giorno così serenamente trascorso all'insegna di
una bella cosa pronta a realizzarsi, finito in modo angosciante e senza
gloria. Ero seriamente preoccupato per il prossimo futuro, senza sapere
cosa fare per risolvere quel problema. Non avevo indicazioni e, l'unica
cosa certa, era quella di restare quotidianamente in contatto con Cuba
per seguire gli sviluppi della situazione. Mi addormentai tormentato
dall'angoscia che, ormai, si era impadronita di me.
Ma ne
il giorno successivo ne l'altro ancora avevano portato buone notizie:
Fidelia era come scomparsa. Nessuno sapeva dove realmente fosse e
consideravano quel fatto, come un normale episodio della vita di ogni
cubano. Pierluigi non era raggiungibile attraverso il suo cellulare se
non attraverso il filtro della sua segreteria telefonica.
Mi
era più volte venuta l'idea di partire per Cuba, prontamente, però
scartata dal buon senso. Non avrei saputo dove cercarla e cosa fare una
volta giunto sull'isola.
Convivevo con la mia impazienza continuando a svolgere, come un automa,
la mia solita vita fatta di lavoro, traffico e noia.
L'idea di sapere Fidelia chissà dove mi rendeva insofferente e nervoso
e, anche se era già trascorsa una settimana, non me ne ero affatto
abituato. Come in passato, venne in mio aiuto Pierluigi che, dopo aver
ascoltato i miei numerosi messaggi, venne a cercarmi a casa.
"Credo di aver capito" disse serio, dopo aver ascoltato la storia.
Pendevo dalle sue labbra. Forse, suo tramite, avrei compreso qualcosa a
me poco noto.
"Fidelia è una jinetera e come tante, è schedata dalla polizia. A Cuba,
è prassi per le forze dell'ordine, fare controlli e portare in prigione
le persone sospette o non in regola. In molti casi cercano di farle
collaborare in qualità di informatori...sai il fare nomi di persone
legate a traffici, prostituzione eccetera, promettendo loro l'impunità
futura per il proseguimento della loro attività di jineteri. La tua
novia potrebbe essere incappata in un semplice controllo ed in una
successiva forzatura per costringerla a cooperare ma, se non ha commesso
nulla, debbono rimetterla in libertà entro una dozzina di giorni...". Si
accese l'immancabile sigaro e continuò.
"La
seconda ipotesi è quella che sia stata colta in flagrante mentre compiva
un reato e, quindi, sia stata arrestata e si trovi attualmente in attesa
di giudizio. In questo caso, però, i suoi famigliari dovrebbero
saperlo".
"Loro
dicono di non sapere nulla...neppure dove si trovi adesso. L'unica cosa
che sanno è che il fatto si è svolto a Santa Clara" dissi mogio.
"Se
non sanno realmente nulla -aggiunse- significa che devi considerare
altamente probabile la prima ipotesi che ti ho spiegato".
"Tu
che conosci bene il loro dialetto, potresti telefonargli? Loro, con te,
si spiegherebbero meglio".
Dopo
cinque minuti, Pierluigi stringeva la cornetta nella mano e parlava
spedito un misto di cubano e spagnolo, con l'invisibile interlocutore
dell'altro capo del filo. Osservavo i movimenti delle sue labbra, il
lieve socchiudersi dei suoi occhi, le pieghe che si formavano agli
angoli della bocca man mano che discorreva, cercando così di percepire
il suo stato d'animo e decifrare, in quel modo, il senso della
conversazione in atto.
Dopo
aver riagganciato, gettò all'indietro la testa tenendosi il collo tra le
mani stringendolo nel contempo. Aveva chiuso gli occhi come cercando le
parole giuste per comunicarmi una dolorosa notizia.
"Allora?" feci impaziente.
"Alejandro,
così si chiama il tizio che mi ha risposto, ha chiarito quello che è
accaduto a Fidelia. E' stata arrestata una decina di giorni fa vicino a
Santa Clara perché si trovava in compagnia di uno straniero che ha
subito un furto. La polizia l'ha fermata per accertamenti e,
controllando il suo passato, ha trovato dei precedenti. Al momento è in
prigione in attesa che venga chiarita la sua posizione ma la dovrebbero
rilasciare quanto prima perché è risultata estranea al fatto...hanno
trovato gli autori del furto".
"Allora tutto risolto?" chiesi più sollevato.
"Per
questa cosa sembra di si...ma ci potrebbe essere un problema per il
rilascio del suo passaporto, se risultano carichi a suo nome" disse
preoccupato.
Un'altra bella tegola sopra la mia testa.
"Quando si saprà qualcosa?" chiesi.
"Alejandro
dice che domani deve andare a Santa Clara per avere delle informazioni
e, forse, potrà anche incontrarla. Sarà il caso di mettersi nuovamente
in contatto con lui ma non prima di tre o quattro giorni".
Cercai le sigarette dentro ad un pacchetto ormai deserto e ripiegai sul
Montecristo offertomi da Pierluigi.
L'acre sapore del tabacco nero mi riportò alla mente la fabbrica di
puros che avevo visitato all'Avana dove, da mani abili, venivano rollati
i sigari famosi in tutto il mondo. Restammo in silenzio per un pò,
riflettendo sopra a quella storia che ci univa in un sentimento
fraterno.
Fu
Pierluigi a rompere quel silenzio fatto di solitudine.
"Perché non vai da lei?".
"Scherzi?" risposi però compiaciuto dell'idea.
"Affatto -proseguì- tu attendi che ti consegnino i l visto per Fidelia,
che da come mi hai spiegato, sarà pronto tra breve. Poi, parti per
L'Avana e lì noleggi un auto e prosegui per Moròn...pensa: conoscerai la
sua città, la casa dove vive, il suo mondo. Immagina la sua sorpresa nel
vederti spuntare all'improvviso, tanto più che non le dirai nulla prima.
Poi, la seguirai nei suoi giri per ottenere il passaporto che, a Cuba, è
una questione di un paio di giorni e successivamente rientri con lei in
Italia. E' meraviglioso!" esclamò felice dell'idea.
"Sembra così facile..." pensai ad alta voce.
"Perché no? Potresti prendere le ferie di quest'anno, una borsa e
via..."continuò imperterrito nella sua convinzione.
"Fammi riflettere -dissi-. L'idea mi affascina, inutile negarlo, ma devo
focalizzare molti particolari che...".
Pierluigi lanciò uno sguardo di commiserazione.
"Suvvia. Non inventarti difficoltà che non ci sono se non dentro la tua
caoticità" terminò quasi sfinito da quella assurda competizione coi miei
rimorsi.
Se ne
andò dopo aver terminato il suo sigaro, lasciando nell'aria, oltre
all'aroma del tabacco, anche la dolce prospettiva di un nuovo viaggio a
Cuba.
Varcai il portone della Questura immergendomi nella bolgia della città
stressata dal traffico e dalla confusione. Avevo ritirato il permesso
d'entrata e ancora non sapevo che decisione prendere a proposito
dell'idea suggeritami da Pierluigi.
Qualche giorno prima avevo risentito, con estremo sollievo, la vocina di
una Fidelia spaventata appena rimessa in libertà. Mi aveva spiegato che
gli accertamenti ai quali fu sottoposta null'altro erano che dei
tentativi coatti per ottenere una sua collaborazione. Poi, non riuscendo
nell'intento, l'avevano liberata cercando di minacciarla per conquistare
il suo silenzio sull'intera faccenda. Nel frattempo, aveva ricevuto
l'avviso del bonifico che le avevo fatto ed era felice di poter disporre
di quell'ingente somma per disbrigare tutte le incombenze relative al
rilascio del passaporto e del visto d'uscita, ma aveva sollecitato
l'invio per corriere, del visto d'entrata e del biglietto aereo che
erano fondamentali per raggiungermi a Milano.
A
piazza Cinque Giornate presi la decisione che non poteva più aspettare:
avrei seguito il consiglio del mio amico, sarei andato a scoprire una
Cuba insolita ma, soprattutto, avrei coronato il più bel sogno di
Fidelia.