|
PARLA UNO SCOMODO
PARTIGIANO
E' questa, una intervista che può risultare scomoda a molti. Si parla di
un periodo della nostra storia italiana che ha visto crudeltà e dolori,
sommarsi alle brutalità di una guerra non voluta e da una invasione
barbarica di truppe naziste, assistite dalla parte estrema del nostro
becero fascismo. Umberto Fusaroli Casadei all'epoca aveva 18 anni e,
anziché pensare di vivere la sua gioventù in modo spensierato o
desistendo e tentando di imboscarsi come la maggioranza degli italioti,
imbracciò il fucile e partecipò alla resistenza. Da allora in poi, la
sua vita è stata una continua guerriglia, prima in Italia, poi in
Mozambico, poi ancora in Italia.
Questa è la sua storia e la nostra intervista.
Il vecchio rivoluzionario è tornato a casa con più anni, più delusioni e
un cupo segreto, la chiave di un grande mistero africano: la morte
violenta di un presidente. "Non è un segreto", dice lui, scaldandosi e
ricordando che lo ha gridato ai quattro venti, laggiù, solo che nessuno
ha voluto ascoltarlo. Umberto Fusaroli Casadei non è un uomo facile da
raccontare. Ha vissuto almeno due vite, una in Italia, da partigiano,
l'altra a sud dell'Equatore, tra guerriglie e rivoluzioni africane. Il
monumento ai Caduti per la Libertà di Bertinoro (Forlì) presenta sul
cippo di pietra bianca i nomi e le fotografie di suo padre Antonio,
dello zio Gaetano e di altri tre cittadini massacrati dai nazifascisti
il primo maggio del '44. Umberto aveva allora diciotto anni e già era un
esperto cacciatore di fascisti. Iniziò a studiare il da farsi subito
dopo il 25 luglio 1943, sotto la guida del padre Antonio, iniziando a
raccogliere armi, da prima tentando di organizzare la resistenza in
Bertinoro, dirigendosi ai primi di marzo 1944 verso l'8ª Brigata
Garibaldi e poi dal 4 agosto nella 29esima Brigata Gap, prima fu
promosso alle funzioni di commissario politico di compagnia e poi di
comandante del 2° distaccamento gapista in Forlì. " Dopo che liberammo
Forlì, nel novembre 1944, ne uccisi a centinaia, come avevo fatto prima
nell'8ª Brigata Garibaldi, risultante dalla proposta di medaglia di
argento per il fatto di Fragheto e per l'altro di Dovadola, non
concessami perché i miei sempiterni nemici fascisti, infiltrati,
ampiamente, tra i cosiddetti "tutori dell'ordine" avevano fatto, del
tutto falsamente, figurare che fui condannato per duplice omicidio a
scopo di rapina,mentre di rapina non ero mai stato neppure imputato,
come ora risulta dal mio foglio matricolare, dopo che inoltrai opportuna
istanza al Comandante del Distretto Militare di Bologna, allegando la
sentenza di condanna per omicidi per " motivi squisitamente
politici";ma nonostante le mie segnalazioni in proposito a chi di dovere
nessuno fu perseguito,neppure in sede disciplinare, essendo io stato,
dal giorno del passaggio della giurisdizione dall'Allied Military
Government al Governo Italiano, relegato, ante litteram, nella
condizione dei prigionieri ora ristretti a Guantamano, in una specie di
apartheid giuridico, uno scandaloso buco nero per la democrazia, la
catastrofe del "pensiero unico", privato di tutti i diritti
costituzionali per cui delitti di ogni specie, compiuti a mio danno, gli
esecutori anche se perfettamente noti ed identificati, furono sempre
dichiarati non perseguibili o assolti con formula piena, anzi qualsiasi
mio nemico in numerosi occasioni e senza mai alcuna eccezione, nel corso
dei degli ultimi decenni, anche in processi in cui io non avevo nulla
da spartire, in un epoca in cui il foro forlivese era infiltrato da
almeno due membri della P2, sia il tribunale con un presidente che si
dimise ed un sostituto procuratore penalizzato dal CSM, ma per le
ingiuste persecuzioni a mio danno e dei miei famigliari nessuno fu mai
perseguito, nonostante che si fosse tentato,ad opera di un piduista
allora in auge di coinvolgere mia sorella Enrica nelle mie persecuzioni
giudiziarie, fino a quando un onesto Cancelliere ed un altrettanto
integro ed anziano Giudice Istruttore non lo obbligarono a desistere dai
suoi propositi. Spesso ancora mi chiedo se,almeno moralmente ed anche
giuridicamente, fossero assai più degni di biasimo di noi, giustizieri
di nazifascisti, i fedifraghi "padri della patria" che uccisero per la
seconda volta i nostri compagni Caduti, mandando esenti da pena i loro
assassini ed anche di coloro che, nel mio paese natale,
falsarono,artatamente, la storia della Resistenza, omettendo di
pubblicare i nomi dei torturatori ed assassini ed assassini
repubblichini, in libri finanziati dall'erario comunale, risultanti da
una sentenza transitata in giudicato che io gli avevo fornito, nomi
riportati anche da "l'Unità" e da "il Giornale dell'Emilia" del tempo
della condanna, da me pure forniti al Sindaco, recuperandoli
nell'emeroteca di Forlì, a mie spese. Non rispettando neppure mio
Padre,martire della Resistenza, tanto onesto che, durante il periodo in
cui rimasi a capo della mia compagnia, dopo la distruzione dell'8ª
Brigata, mi mandava soldi perché pagassi ai contadini i viveri necessari
per il nostro sostentamento, fino a quando non gli scrissi di non
preoccuparsi, dato che ci rifornivamo, a sufficienza, dai nazifascisti
che transitavano per le strade. Io tentai sempre di seguire l'esempio di
mio Padre, incorrendo nel pericolo di guai anche con gli Inglesi,
quando mandato oltre le linee a catturare prigionieri per interrogarli,
ignorando che il comandante delle SS in Italia era indaffarato a
trattare la resa delle armate naziste operanti nel nostro territorio,
catturammo alcune SS e trovategli in tasca fotografie di civili
impiccati per i piedi, il mio buon compagno Ebreo si limitò ad
impiccarli per il collo, con la compiacenza anche del sottotenente
Inglese che ci accompagnava, che mi chiese di assumermi la
responsabilità dell'esecuzione, sostenendo che non eravamo riusciti a
riportarli fino alle nostre linee, essendosi quelli, improvvisamente,
ribellati, ma che la sera seguente saremmo andati a catturarne altri,
come in effetti avvenne, con mutua soddisfazione anche dei soldati
austriaci caduti in nostre mani, assai felici di attendere in
prigionia la fine di quella dannata guerra."
Non ha pudore a rivendicare che per lui la guerra non finì neppure il
25 aprile del '45 e nemmeno ora, anche se deve limitarsi per l'età
avanzata, a scrivere, correndo il rischio di farsi ammazzare, come hanno
già tentato dopo il suo ritorno dall'Africa ed è, di quando in quando,
minacciato in vari modi, persistendo, senza discontinuità, la
limitazione dei suoi diritti costituzionali e di difesa. Nel marzo
1944, dopo le prove prestate in azione, era stato ammesso dai Compagni
Sovietici a pronunciare il "Giuramento del Partigiano Sovietico", unico
italiano dell'8ª Brigata al quale fu concesso tale onore e conseguente
onere: "Giuro di essere fedele alla Patria fino alla morte. Giuro di non
abbandonare il mio fucile finché l'ultimo nemico non sarà sterminato.
Per la mia Patria oppressa, per i villaggi bruciati, per la morte delle
nostre donne e dei nostri bambini, per le torture, le violenze e gli
scherni del mio popolo, giuro di fare sul nemico giustizia sommaria,
spietata, inesorabile, senza stancarmi mai finché avrò vita. Sangue per
sangue, morte per morte a tutti i fascisti, per sempre!" Ritenendo che
fosse suo dovere rispettarlo, nessuno avendolo forzato a pronunciarlo,
cercò sempre di fare il suo dovere al meglio delle sue capacità,
purtroppo di gran lunga inferiori alla complessità ed enormità del
compito, incorrendo nel sabotaggio e nelle ire degli attendisti e dei
vigliacchi che, una prima volta, tentarono, in pianura, di farlo
ammazzare dai nazisti e quindi decidendo di provvedervi in proprio, fato
al quale sfuggì per ragioni estranee alla loro volontà, essendo stato
inviato a Dovadola(FO), a seguito della morte dell'eroico capobanda
Silvio Corbari, per riorganizzarne i resti, quanto per il sollecito
arrivo a Forlì degli Alleati, nella prima decade del mese di novembre
1944. Invece del sole dell'avvenire le sue speranze tramontarono in un
dedalo di guai giudiziari, architettati dai suoi nemici repubblichini,
intrufolati nelle istituzioni così dette democratiche ed istituzionali.
Ma lui risorse e partì, dopo un fallito tentato omicidio superiormente
architettato contro di lui ed un coacervo di persecuzioni giudiziarie e
di vario altro genere anche contro i suoi famigliari, per la sua seconda
vita. Nel '70, con la moglie Marisa, arrivò nell'Africa, nell'allora
Rodesia razzista, donde conseguì di entrare in contatto col Presidente
Samora, dirigente del FRELIMO, basato in Dar es Salaam ed allora sede di
tutti i movimenti di liberazione in lotta per l'indipendenza. In Rodesia
fu arrestato, su segnalazioni dei servizi segreti italioti, del tutto
illegali in quanto per decisione dell'ONU era stati interrotti, anche
dal Governo Italiano i rapporti diplomatici, ma, ottenuto che ebbe la
libertà su cauzione, fuggi in Zambia, attraverso la Diga di Kariba, dove
fu di nuovo arrestato senza alcuna imputazione e trattenuto in custodia
a disposizione del Presidente della Repubblica Kaunda, come permetteva
la legge, fino a quando non arrivò il Vice Presidente del FRELIMO
Compagno Dos Santos a chiedere la sua liberazione, permettendogli di
trasferirsi a Dar Es Salaam. Là divenne confidente e consigliere di
giovani africani rivoluzionari come lui, ricchi di idee e poveri di
quattrini. In Dar es Salaam, capitale della Tanzania, all'epoca rifugio
di tutti i fuorusciti dell'Africa nera ed anche delle Americhe, la
moglie prese in gestione la mensa della raffineria TIPER,
italo-tanzaniana, dove quegli smunti idealisti, mai paganti, trovavano
sempre da mangiare. Così nascono le grandi amicizie. Anche là, com'era
avvenuto in Rodesia, dove fu perseguito dai suoi nemici repubblichini,
annidati nelle varie burocrazie italiote, tentarono di dargli addosso,
ma quale membro del FRELIMO nulla poterono in via legale, trovandosi
forzati a ricorrere ai metodi mafiosi usati in Italia, ma anche a quelli
sopravvisse, armato com'era e con molti amici per la pelle, dopo di che
fu lasciato in pace. Passò qualche anno, i ragazzi affamati di Dar es
Salaam combatterono e vinsero, divennero i leader dei loro Paesi e
Umberto si ritrovò amico di presidenti e primi ministri. Più di ogni
altro, di Samora Machel, carismatico capo della guerriglia mozambicana
e, dal '75, capo di Stato. Umberto e Marisa si trasferirono a Maputo, la
capitale del Mozambico, abbandonata dai portoghesi, una delle più belle
città dell'Africa, affacciata sull'Oceano Indiano e - così pareva allora
- sull'avvenire. Ma la sera del 19 ottobre 1986, il bireattore Tupolev
sul quale viaggiava il presidente mozambicano si schiantò al suolo
disintegrandosi e iniziò di nuovo il suo calvario, subendo due altri
tentati omicidi da parte dei mafiosi locali, ammanigliati con la
burocrazia corrotta, e gravi ferimenti, scampando fortunosamente alla
morte.
PARLA FUSAROLI
Nacqui il 25 marzo 1926, ex comandante partigiano, il Padre, lo Zio, un
Cugino trucidati dai mostri repubblichini, la fiorente attività
commerciale del Padre distrutta, i beni in parte rapinati o rubati, la
casa colpita da una bomba alleata, tre ferite riportate in diversi
combattimenti contro i nazisti, anche il caro cane Febo abbattuto dai
repubblichini ed i gatti Marcon e Nerina scomparsi, non per morte
naturale, sei anni di carcere scontati per avere continuato la lotta al
fine di rendere giustizia ai nostri Caduti ed una infinità di
persecuzioni poliziesche, mai interrotte, combattente contro il fascismo
colonialista Portoghese, insieme al Presidente Samora Moisés Machel,
ferito gravemente altre due volte quando esercitai le funzioni di
amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale di Maputo, a
richiesta della banca statale truffata, dei beni di due mafiosi in
Maputo, imputati e latitanti, dopo che il Presidente Samora fu
assassinato e il marasma della corruzione travolse le istituzioni.
In Mozambico fui regolarmente iscritto negli albi dei dottori
commercialisti e degli avvocati, ora cancellato essendomi allontanato
dal Paese per anni, a causa di un grave incidente stradale sofferto il
31 marzo 2004 dal quale non mi sono ancora rimesso, rimanendo assente,
a seguito del quale, come sempre, mi è occorso tutto ed il contrario di
tutto, essendosi le molte tabe d'Italia incancrenite e aggravate
progressivamente.
Mio padre Antonio, nato nel 1883, fiero mazziniano, ritornò dagli USA,
dove lavorava come muratore, con alcuni suoi fratelli, nel 1914, per
partecipare alla grande guerra, guadagnandosi una croce al valore,
invece della medaglia d'argento che il suo comandante gli disse di
essere intenzionato a proporgli; gestore nel dopo guerra di una
cooperativa di consumo repubblicana, distrutta dai fascisti, mettendosi
in proprio e conseguendo il primato nel commercio, nella piccola
Bertinoro, soffrendo continue persecuzioni dai carabinieri, polizia e
guardie di finanza, ma mai fu assalito dai fascisti, durante il
ventennio, memori della sua forza fisica e coraggio leonino.
Nella decade 1930 progettò, insieme a due comunisti, un attentato al
duce in Riccione, da eseguirsi durante la stagione balneare, importò a
sue spese una carabina di precisione dalla Svizzera, a richiesta dei
suoi due compagni aderì al fascio per sottrarre, nei limiti del
possibile, a rappresaglie i comunisti detenuti e al confino, se fosse
stato scoperto, e quando giunse il tempo dell'azione, gli mancò
l'indispensabile appoggio di quei due filistei, uno dei quali aveva la
disponibilità di una casa donde si sarebbe organizzare l'attentato, che,
infine, fu vietato dai maggiorenti del PCI, di uno dei quali i suoi
complici avevano vantato l'approvazione, forse inesistente, dato che in
quel tempo avevano elaborato la stolida teoria dello "ENTRISMO",
consistente nell'aderire alle organizzazioni fasciste, incluso il
partito, per conquistarle dal di dentro!
Fu una badiale inattuabile fantasia, una fuga dalla realtà, come tante
altre, ma fu con quella allucinazione, balorda quante altre mai, più di
un viaggio sulla luna in bicicletta, che si fece svanire l'ultima
speranza e possibilità di impedire che l'Italia precipitasse nel baratro
verso il quale la vanagloria, la megalomania e l'insipienza mussoliniana
e degli italioti l'aveva incamminata da circa un ventennio.
Mi educò al coraggio, insegnandomi che la paura é fatta di niente e che
poteva solo peggiorare qualsiasi situazione, senza migliorarne alcuna,
che era meglio morire in piedi che vivere in ginocchio, che chi non ha
paura di morire e padrone della vita dei re e muore una volta sola,
mentre i vigliacchi ogni ora della loro insulsa vita; mi portò di notte
al cimitero per vaccinarmi contro la paura dei morti ed una volta ad un
circo equestre, elargendo cinquanta lire a due serventi che portavano in
braccio dei leoncini perché me ne affidassero uno durante lo
spettacolo,al fine di farmi perdere anche la paura innata delle bestie
feroci.
Il 25 luglio 1943 dette un sonoro ceffone al segretario del fascio e con
questo ritenne saldato ogni suo credito, quando giunse l'8 settembre e
la prima colonna di blindati tedeschi transitò per Bertinoro, lasciando
un bertinorese morto, spiaccicato contro un muro, si arrabbiò; avrebbe
voluto fare qualcosa ma era disarmato non avendo più nemmeno la pistola,
donatagli dal suo comandante alla fine della grande guerra,
sequestratagli in una delle tante perquisizioni della guardia di finanza
e malaticcio, quasi ogni anno si buscava una polmonite che lo mandava
sull'orlo della tomba, ma mi diede i soldi per comprare armi dai soldati
in fuga o dai contadini presso i quali le avevano abbandonate in cambio
di vestiti civili, utili per mimetizzarsi. Appena comparve il primo
manifesto fascista, di notte tempo, vi scrissi sopra:"Bastone tedesco
l'Italia non doma!" e iniziai, svaligiando la casa del fascio e
asportando, aiutato da un compagno di Collinello, frazione di Bertinoro,
più anziano, tutte le armi dei mostri, come mio Padre indicava i
repubblichini, quindi la sarabanda che non doveva più fermarsi: con una
bomba a mano incendiai una auto nazista, ma avendomi abbandonato tutti i
miei compagni d'azione non potei fare di più, quindi disarmai due
tedeschi senza ucciderli, essendosi messi a piangere invocando "No kaput."
Redarguito da mio Padre che al lume della sua esperienza comprese che se
fossi arrestato e posto a confronto con loro sarei stato fucilato,
terminando con me ogni conato di resistenza in Bertinoro e, come sempre
previde il futuro, perché durante la resistenza nessuna azione fu mai
programmata ed eseguita se non da me.
Avendo appreso che sugli Appennini vi erano gruppi di "ribelli"
sovietici, come venivano chiamati ai primordi i partigiani, mio Padre
che mi aveva insegnato tutto quello che sapeva in materia di guerra, mi
consigliò di contattarli e vi riuscii, partecipando ad una girandola di
attacchi: in Toscana assaltammo e disarmammo una caserma di allievi
ufficiali e sottoufficiali dell'aeronautica, rastrellando una quantità
tale di armi e munizioni che a stento riuscimmo a trasportare anche coi
mezzi equatori sequestrati, nessuno di loro aveva combattuto contro la
resistenza e trattandosi di giovani di leva che non presentandosi
avrebbero corso il pericolo di essere fucilati, gli ottenni clemenza,
dietro promessa di ritornare alle loro case e di non intrupparsi più coi
nazifascisti ed alcuni si unirono a noi, infine partecipando con quei
valorosissimi compagni all'assalto contro la caserma della guardia
repubblichina di Galeata, dove furono annientati tutti gli otto fascisti
che la presidiavano, sui quali i loro camerati inscenarono una turpe
speculazione, evirandoli ed esibendoli in quello stato miserando alla
popolazione, addebitando ai "ribelli" quella atrocità in una camera
ardente approntata all'uopo, facendovi sfilare anche i bambini delle
scuole. Io ritornai subito a Bertinoro per continuare
nell'organizzazione della Resistenza, ma la paura faceva novanta, come
sempre, raccolsi da solo altre armi e nella primi settimana di marzo,
ritornai, definitivamente sugli Appennini, sapendo dalle voci correnti
della maialata inscenata dai mostri a Galeata, mi resi conto che il tiro
gli era uscito per la culatta, infatti i montanari mi offrivano da
mangiare, sperando che gli raccontassi la reazione degli odiati fascisti
quando gli tagliammo i coglioni, infilandoglieli in bocca, come si
vociferava, sollevando un concerto di omeriche risate tra i presenti;
quando sorridendo smentivo il truculento racconto, dicendogli che ciò
era avvenuto da morti e ad opera dei loro camerati, ci rimanevano assai
male, tanto li disprezzavano, concludendo, in più occasioni. "Per
fortuna che c'è il buon Dio che li avrà sprofondati nell'inferno." A
Bertinoro riuscii a racimolare altri sei compagni tutti più attempati di
me per raggiungere l' 8ª Brigata Garibaldi, dove fui nominato
commissario politico della 9ª Compagnia in formazione, inizialmente
composta di soli 32 compagni, armati di 5 o 6 vecchi moschetti con una
decina di caricatori in tutto ed un mitra Berretta con 2 o 3 caricatori
da venti colpi ciascuno; le armi che avevamo quando arrivammo furono
requisiti da un furbastro con la promessa che ci sarebbero state
restituite appena saremmo stati assegnati alla compagnia in formazione,
ma non avvenne; si trattava di arrangiarci e ritornammo a Bertinoro dove
la notte del 7 aprile '44 abbattemmo due tedeschi, infelicemente armati
solo di baionette. In quella occasione accadde un fatto esilarante, un
gruppetto di mostri locali, udita la sparatoria si recò sul posto e fu
incontrato a depredare i morti dai nazisti accorsi dal loro vicino
accantonamento, furono disarmati ed a calci e con accompagnamento di
altre piacevolezze naziste furono sospinti fino a Bertinoro, per circa
un chilometro, dove nella piazza del Municipio era albergato un capitano
nazista che, avendoli visti abbandonare le loro libagioni, dopo
l'echeggiare degli spari, li salvò dalla fucilazione ed evitò anche le
abituali rappresaglie contro la popolazione locale, essendo rimasto nei
nazisti il fondato sospetto che gli omicidi fossero stati effettuati da
altri fascisti, dileguatisi prima del loro arrivo, avvertiti dal rumore
degli autocarri, essendo sparite le baionette che i due soldati
portavano, ma tutto il resto di cose fungibili trovato addosso ai
repubblichini. Di ritorno sugli Appennini incontrai i reparti di due
divisioni tedesche in rastrellamento, col seguito di repubblichini in
funzione di tirapiedi che, quando i nazisti avevano sgombrato il
terreno, stupravano, rapinavano, torturavano e trucidavano uomini, donne
e bambini: la nostra Brigata era composta di circa 800 uomini, di cui
400 male armati e con scarse munizioni e gli altri inermi, oltre
duecento dei quali furono massacrati; solo la mia Compagnia uscì e
rientrò due volte nel cerchio senza colpo ferire, per rifornirsi di armi
intanto paracadutate dagli Inglesi.
Io solo rimasi ferito mentre, essendomi con altri avviato, ognuno in
diverse direzioni, in cerca di cibo ed avendo io incontrato i compagni
sovietici, ottenni una mitragliatrice leggera Lewis, usata negli aerei
da caccia della prima guerra mondiale, con dieci caricatori perché gli
coprissi la ritirata ed in quel compito per quattro ore impedii il passo
a una forte colonna tedesca, riportando una ferita, essendosi
surriscaldata e inceppata la mitragliatrice, quando tre tedeschi
sopravvissuti alle mie raffiche e giunsero nei pressi e mi vennero
contro sparando, mentre ero indaffarato a rimetterla in funzione;
riuscii ad abbatterne due con la pistola, ma il terzo mi giunse,
inavvertito, addosso e mi sferrò un colpo col calcio del fucile alla
regione ciliare sinistra, fortunatamente attutito dall'elmetto che avevo
raccattato nei miei guizzi tra una sparatoria e l'altra e nel mentre si
apprestava a sferrarmene un altro, da terra, dov'ero stramazzato, lo
abbattei con un colpo della mia pistola, rimisi di nuovo in funzione la
Lewis e, sanguinante com'ero, rintuzzai altri attacchi, cambiando spesso
posizione, come mi avevano insegnato i russi nella guerra della pulce
contro il leone, dopo di che si fece avanti un ufficiale con la bandiera
bianca che mi parlò in russo, ritenendo che fossi un sovietico, abituato
a non chiedere né a concedere quartiere, ma non ricevendo risposta, non
comprendendo io cosa mi diceva, provò a parlarmi in Italiano: " Il mio
comandante, per il tuo valore, ti offre l'onore delle armi ed un
salvacondotto." Infuriato che mi credesse tanto scemo da abboccare mi
alzai in piedi, gli gridai: "farfluten saizen", una ingiuria che i Russi
mi avevano detto avesse a che fare con la merda e con un colpo di
pistola lo fulminai.
Loro risposero con una musica lancinante che mi sembrò un incentivo
primordiale all'uccisione e alla morte ed eruppe un inferno di fuoco, a
base di salve di mortai, cannoni e raffiche di mitraglia, correndo
all'assalto in massa, decisi a farla finita, senza più precauzioni;
mutando posizione, ripetutamente, quando giunsero a tiro iniziai il
fuoco, ma dovetti abusare della magnifica Lewis che, quando stava per
esaurire l' ultimo caricatore, scoppiò senza però ferirmi ed io me la
squagliai: "gambe mie non è vergogna camminar quanto bisogna", mi aveva
insegnato mio Padre.
Nella proposta di medaglia d'argento è scritto che cagionai al nemico
"centinaia di perdite", io so che sparai quasi un migliaio di colpi e ne
vidi cadere tantissimi, senza prendermi la rogna di contarli,
divertendomi i loro capitomboli all'indietro provocati dall'impatto
delle mie pallottole.
Nell'ultima settimana di aprile, avendo appreso, mentre ero al comando
dell'unica compagnia sfuggita integralmente dal rastrellamento, da due
mostri catturati mentre stavano rientrando in servizio alla Rocca delle
Camminate, in Predappio, residenza del duce,appresi che vi operava una
banda di torturatori che usavano anche un cane lupo addestrato a
sodomizzare i malcapitati che rifiutavano di tradire, i quali erano
drogati e fotografati e quindi si sentivano dire "Se continui a fare
l'eroe, mostreremo questa bella fotografia ai tuoi famigliari perché
comprendano perché ti abbiamo ammazzato." Appresi che era in loro mani
anche una compagna, già arrestata in precedenza a casa sua, quindi
liberata non esistendo contro di lei altra accusa che di essere la
sorella di un partigiano e da me inviata a casa mia, lontana decine di
chilometri, nell'errata speranza di preservarla da altre persecuzioni,
invece era stata di nuovo colà sequestrata ed io, con i Compagni Gnaf e
Saetta, mi precipitai a Bertinoro per conferire con mio Padre e decidere
il da farsi, avendo anche appreso che il torturatore era un mostro
bertinorese.
Pochi si salvarono dalla tortura con offe di denaro, al quale i mostri
erano dediti come ad un Dio irresistibile, mentre quella compagna,
catturata in casa mia, fu liberata qualche tempo dopo la strage di
Bertinoro, quando il capo dei mostri della Rocca delle Camminate,
tenente Giacinto Magnati, incorse nell'ira del duce non essendo
risultato alcun elemento a carico dei cinque assassinati per suo
ordine; ma la povera compagna si suicidò dopo oltre un decennio da
quella tregenda, non avendo conseguito di superare il ricordo orrendo e
indelebile di quelle stigmate, vivendo con quel tormento, senza aprirsi
con nessuno per non aggravare l'orrore.
La notte del 30 aprile '44, in Bertinoro, io conseguii di giustiziare
quel mostro ed il segretario del fascio locale che lo accompagnava, ma
non il tenente Magnani, sostituito da un altro mostro bertinorese; io
avevo impartito precise e ripetute istruzioni al Gnaf, avendoci chiarito
mio Padre che usualmente erano in tre di pattuglia, incluso il
torturatore, fino di fronte alla Chiesa di San Rocco, di sparare a
quello che stava alla mia sinistra, incaricandomi io di quello di mezzo,
mentre Saetta avrebbe dovuto sparare a quello alla mia destra, cioè
ognuno di noi a quello che si sarebbe trovato di fronte; quando,
dall'alto della scalinata della chiesa, li vidi profilarsi in
lontananza, insegnai di nuovo col dito il bersaglio di ognuno. I fatti
si svolsero tuttavia in maniera differente: io abbattei il mio con una
corta raffica, il Gnaf atterrò il suo che tuttavia iniziò a lamentarsi,
mentre Saetta errò il bersaglio assegnatogli oppure sparò sul mio; mi
preoccupai di zittire quello steso a terra dal Gnaf e sbirciai per il
terzo scomparso, poi decisi di tentare di localizzalo da terra, a basso
della scalinata, mentre scendevo il Gnaf lanciò una bomba Balilla che mi
tolse la visuale, illuminandomi, continuando a scendere
vidi sbattere contro il muro, a mezzo metro da me, un proiettile,
risposi con una raffica alla cieca e il tiratore si zittì, io ordinai:
"Andiamocene, attenzione all'altro" e ci avviammo, io di fronte, senza
fermarmi per impadronirci della armi dei caduti, stante la pericolosa
situazione determinatasi con la sparizione del terzo mostro che,
tuttavia, non fece più foco. Fatto un centinaio di metri udimmo una
raffica pervenire dalla finestra di un mostro abitante nei pressi, ma
noi eravamo giunti in posizione defilata e non risposi, lasciando
cadere per terra il mio berretto con una vistosa stella rossa ed uno
scassato caricatore di Sten, sul quale avevo inciso: "Con gli omaggio
dell'8ª Brigata Garibaldi", per controbattere la propaganda nemica che
la dava per distrutta. Non essendo la prima volta che i miei compagni
dimostravano notevoli deficienze di tiro, per difetto di munizioni che
impediva le necessarie esercitazioni, nel futuro adattai una tattica
differente, portando con me una Lewis, con un caricatore da cento colpi
e istruendo i miei compagni che io avrei sparato per primo e che loro si
preoccupassero di abbattere quelli che mi fossero sfuggiti; avendo io
conseguito una tale capacità di trio per cui la mia arma costituiva una
prolunga del mio braccio entro il suo raggio di azione, così
risparmiavano munizioni e più non andammo incontro a problemi di quel
genere. Nulla fu riportato nel bollettino della Brigata, circa quell'azione,
come in parte accadde per i due nazisti abbattuti nella prima settimana
di quello stesso mese e da noi riferiti come tali al Comandante Libero,
ben certi della loro morte, essendo stati entrambi colpiti da una
raffica di mitra, sparata dal Comandante Tom, mentre io ne finii uno a
terra con una bomba SIPE rinforzata e l'altro con un colpo del mio
grosso revolver in testa, mentre furono riportati solo come un morto ed
uno ferito, quando quel bollettino fu redatto, dopo la fine della
guerra, mentre io ero in carcere, riportandovi altre bestialità e
menzogne senza precedenti ad opera del Comandante Pietro che si spinse
tanto oltre da tacciare quali delatori i nostri compagni catturati e
trucidati dai nazifascisti, esempio forse unico nella storiografia
resistenziale. Quando noi ritornammo in Brigata era già in corso il
terribile rastrellamento di aprile ed evidentemente andò perduta la
relazione che io scrissi e sottoscrissi, a richiesta del Comandante
Libero, ed anche dal Comandante Tom; come non risultano nei bollettini
dell'8ª Brigata i due repubblichini giustiziati il 1maggio 1944, in
Bertinoro e da me riferiti al Comandante Pietro, insieme ad altri
abbattuti in diverse località, quando egli apparve nella nostra zona
oltre la fine di giugno 1944. Nel pomeriggio del 30 aprile mio Padre si
trattene per diverse ore con me, trasferendomi tutta l'esperienza di una
vita e dandomi le istruzioni per non fallire il colpo, ma tenendomi
nascosto che il gestore dell'Albergo del Sole, ora Colonna, gli aveva
confidato che la notte del 7 di quello stesso mese, i mostri, come li
chiamava mio Padre, avevano stilato una lista di antifascisti da
uccidere per rappresaglia o prima di abbandonare il paese di fronte
all'avanzata alleata, nella quale il primo nome era il suo.
Io prevedendo che potesse quanto meno essere arrestato lo pregai di
farsi accompagnare presso la casa della staffetta in Teodorano, dove
saremmo passati dopo l' azione, ma egli mi tacitò: "Io non ti ho mai
insegnato la vigliaccheria. Pretendi forse di insegnarla a me? Tu
comandi molti uomini e fai la guerra con le armi, io nell'unico modo che
ancora posso."
Poco prima mi aveva mostrato un ritaglio dell' "Osservatore Romano" dove
si qualificavano come vittime i 32 nazisti abbattuti in via Rasella,
come uccisi le vittime delle Fosse Ardeatine per colpa dei codardi che
non si erano costituiti e lui, come bene intesi, volle dimostrare che i
partigiani non erano affatto codardi, rimanendo inerme a fronteggiare i
mostri.
Fu massacrato con oltre trenta colpi, insieme al fratello Gaetano ed
altri tre, dopo avergli inflitto un profondo squarcio sul viso che lo
rese irriconoscibile alla sorella Annunziata, abitante nei pressi, poi
gli squarciarono il costato con una bomba e vi urinarono, ma nessuno di
quei mostri che sfuggì alla giustizia partigiana, dopo essere stati
condannati da una Corte d'Assise Straordinaria fu giustiziato e dopo
pochi anni furono rimessi in libertà.
Occorrerebbe un libro per narrare tutti i combattimenti in cui fui
coinvolto: dirò solo di quelli citati nella proposta di medaglia
d'argento: capo pattuglia con altri due uomini, incappammo, il 22 luglio
'44, verso le 23, in due compagnie dell'esercito di Graziani, attestate
attorno e dentro a Ranchio di Sarsina(FC); ne seguì uno scontro coi mie
due compagni feriti da schegge di bombe a mano che quei mostriciattoli
si lanciavano tra i piedi, rimanendo io solo e ferito da una proiettile
di moschetto che prima aveva trapassato un mostro, sparatogli nella
schiena da un suo camerata e poi anch'io, ma liberandomi di lui, nel
mentre stavo per abbatterlo con la pistola, essendosi inceppato lo Sten
[una assai efficiente pistola mitragliatrice inglese] permettendomi di
riarmarlo e di sparare tutti i 32 colpi rimasti sul gruppo che in preda
al panico gridava "Mamma aiuto, mamma aiuto", poi ritiratomi dietro
l'angolo della via, gridando "Stalin Urrà" che maggiormente terrorizzava
i mostri nazifascisti ed in particolare i fascisti, lanciai due bombe
offensive inglesi, una tra i caduti ed una il più lontano possibile tra
quelli in fuga.
Nel bollettino della Brigata vennero accreditati quattro morti e vari
feriti, ma a me parvero di più, anche se, come sempre, non mi preoccupai
di contarli, avendo ben altro di cui interessarmi in quegli istanti
cruciali, ma quando il Comandante Pietro scrisse le sue relazioni, era
bene al sicuro ed assillato dalla sola preoccupazione di diminuire e di
annullare i miei exploit, come di diffamare, orrendamente, non meno
delle torture inflittegli dai mostri repubblichini, gli altri suoi
dipendenti vivi ed in particolare i morti, impossibilitati a difendersi.
Il Compagno Pirini alla mia destra, fu ferito al petto da schegge di
bomba e raggiunse la base prima di me, io cambiando il caricatore allo
Sten, mi accorsi di essere ferito e sentendomi un sapore dolciastro in
bocca mi preoccupai che una emorragia non mi impedisse il ritorno e mi
diressi verso la base, se non che sulla strada che dovetti attraversare
notai una mitragliatrice Breda abbandonata, con caricatore innestato e
lo sparai verso il basso della via dal quale udii pervenire lo
scalpiccio di passi, dopo di che estrassi la massa battente e ritornai
alla base. Fortunatamente il proiettile aveva leso solo di striscio il
parenchima polmonare destro e dopo pochi giorni erodi nuovo sul
sentiero di guerra.
Fantini, alla mia sinistra, armato di Sten non ne fece uso, essendo
stato attinto dalla vampa agli occhi, da una delle tante bombe Balilla,
quasi inoffensive, lasciate cadere per terra dai mostri terrorizzati,
tra i loro stessi piedi, si rifugiò su un frondoso gelso, al mattino
facendosi accompagnare da una ragazza in una casa, dove fu medicato dal
parroco di Ranchio che lo convinse a consegnarsi per salvare dieci
ostaggi dalla fucilazione ed il borgo dall'incendio, minacciato dal
comandante della piazza di Forlì, giunto con rinforzi, sembrando che
fosse rimasto ucciso anche un tedesco, ad opera delle truppe fasciste
perché non rivelasse la loro pessima performance.
Fantini, dopo efferate torture, nel primo pomeriggio del 23 luglio, fu
impiccato per lo scroto e per il collo, di fronte alla popolazione
forzata ad assistere, fornendo ad uno il destro di fotografarlo ed a me
di recuperare l'istantanea, mezzo secolo dopo che, debitamente
ingrandita, costituisce un sanguinoso documento della mostruosità
nazifascista.
A Fantini fu proposta e concessa la medaglia d'argento per fatti di cui
non si era reso affatto artefice, essendo arrivato in Brigata, insieme
al fratello, solo alcuni giorni prima, invece della medaglia d'oro che
gli sarebbe spettata di pieno diritto per l'atto di eroismo
effettivamente compiuto; io negli anni scorsi chiesi, inutilmente, la
riparazione del torto fattogli, ma l'Italia non cambia mai! Per
corroborare e sostanziare la mia proposta mi recai a Ranchio per
ottenere una copia fotostatica della pagina del diario del parroco di
allora, ma mi fu negata chiedendomi, dopo che mi ero qualificato, che
cosa mai ritenevamo di poter fare contro i tedeschi ed io risposi
"Qualcosa di meglio e di più del vostro papa che quanto meno non ebbe il
coraggio di opporsi a Hitler." Avevo tuttavia già fotocopiato le pagine
di un libro dove è citato il mio nome, ma senza riportare la verità dei
fatti. Io mi scontrai duramente col Comandante della Brigata che si
rifiutò di mandare alcune compagnie, esistenti nei paraggi, a recuperare
la mitragliatrice e soprattutto il Fantini e quando appresi, dopo alcuni
giorni, che il mio caro Compagno Aslan era stato ucciso per suo ordine,
col barbino pretesto che non parlava bene il russo, mentre non lo poteva
essendo un montanaro del Cuban che aveva trascorso tutta la sua vita a
fare il guardia boschi, prima che si scatenasse la guerra e fosse
arruolato nell'Armata Rossa, fatto che a seguito della pregressa
uccisione del suo predecessore Comandante di Brigata Libero e della
Compagna Zita, staffetta del comando, mi fece imbestialire tanto che
tentai di farmi ammazzare, sul fare della sera, dalla sentinella del
Comando, non rispondendo alle sue intimazioni, salvato per l'intervento
del Commissario della Brigata che mi riconobbe, ordinando alla
sentinella di non sparare. Tuttavia nel successivo incontro col
Comandante della Brigata proposi le dimissioni, con l'autorizzazione a
portare con me le mie armi, accendendo un nuovo scontro che fu risolto
dall'intervento del Commissario della Brigata Compagno Bernardo e del
Vice Comandante Battaglia, i quali, essendo pervenuta la richiesta di
fornire un comandante di distaccamento alla 29ª Brigata GAP, in Forlì,
mi proposero di accettare quel compromesso.
Sorvolerò sui pericoli e le traversie occorsemi a cagione degli "attendisti",
una sottospecie bastarda di pseudo partigiani, che per evitare pericoli
e rappresaglie, pretendevano di attendere, con le mani in mano, l'arrivo
degli Alleati e di fatto così si comportarono, impedendo a me di
combattere, come agli altri di buona volontà, come riportato anche da
Amendola nelle sue relazioni alla Direzione del PCI, anche se,
posteriormente, in suo libro vi aggiunse una postilla dove smentisce
quella sua constatazione, invece del tutto conforme a verità. In agosto
'44 furono catturati dalla parti di Castrocaro(FC) ed impiccati, prima
lassù e poi in piazza Saffi nel centro di Forlì, lo stato maggiore della
Banda Corbari, dal nome del suo eroico Comandante, medaglia d'oro,
insieme a Iris Versari, sua compagna di martirio e a due membri del suo
stato maggiore, ed a me furono evitati ulteriori tentativi di
assassinio, mandandomi a riorganizzarne i resti, conseguendolo in parte,
dato il poco tempo disponibile, ma compiendo il più eclatante fatto
d'armi riportato nel bollettino della Brigata, introducendomi,
travestito da milite fascista ferito, sporco del sangue di un coniglio
sacrificato alla nostra mai abbastanza saziata fame, nel posto radio che
manteneva i contatti del fronte sulla Linea Gotica col comando della
Wehrmacht, distruggendolo, dopo avere abbattuti un capitano e due
tenenti.
Nella ritirata riportai ferite ancora ben visibili al padiglione
auricolare destro, al cranio ed alle gambe da schegge di bombe a mano,
lanciate senza risparmio giù per il calanco dove mi lanciai a rotta di
collo ed i tedeschi non ebbero il coraggio di seguirmi, aggirando
l'ostacolo ma finalmente andando a cozzare contro il fuoco dei miei
compagni, attestatisi in un luogo da loro ritenuto più idoneo, mentre se
lo era per loro, non lo fu per me, anche se impedirono ai nazisti di
persistere nel mio inseguimento.
Tale fatto risulta anche nella motivazione della proposta di medaglia
d'argento che non mi fu concessa, nonostante che il regolamento delle
medaglie al valor militare, sia per il fatto di Fragheto quanto per
quello di Dovadola, prevedano la concessione di una medaglia d'oro per
ciascuno, per chi arrivi per primo sulla trincea nemica e per chi, alla
testa della sua unità, resista a preponderanti forze nemiche, mentre io
vi resistei da solo. Voglio aggiungere, avendo i documenti probanti in
mie mani, che nel mio foglio matricolare, i non ovviamente identificati
"tutori dell'ordine" avevano fatto figurare, dolosamente, che io ero
stato condannato per omicidi a scopo di rapina, mentre di rapina non ero
mai stato neppure imputato, ripetendosi quelli sempre a mio danno e
della verità, in forme diverse, a seconda dell'occasione, ai quali ora
si sono aggiunti gli antifascisti dall'antifascismo intermittente.
Immediatamente dopo quel fatto, a seguito della minaccia di gravi
rappresaglie naziste minacciate con un manifesto ed essendovi la
necessità del mio ritorno per programmare la liberazione di Forlì, fui
richiamato.
Feci ancora del mio meglio ma non intendo parlarne non volendo attirarmi
qualche altra indagine come quella per l'eccidio di Schio, indagine per
la quale il P.M. chiese l'archiviazione "per infondatezza della notizia
di reato", essendosi trattato di un abietto canard elettorale di certa
stampa berlusconiana specializzata in materia, senza che neppure in
questo caso i bene identificati calunniatori siano stati perserguiti.
Ritornai a casa nel dicembre '44, mentre la Brigata era stata
smobilitata il 30 novembre '44, essendo stato contattato dalla Popsky
Private Army, una unità speciale dell'8ª Armata Inglese, che necessitava
di uno specialista che comprendesse l'Inglese, parlasse bene in Italiano
ed in dialetto e che non avesse paura, quale capo degli esploratori ed
incursori notturni, quando andavamo a rilevare i passaggi non minati,
facilitati dai rilevanti movimenti eseguiti di massima al coperto della
notte dalla truppe naziste, per evitare i tremendi attacchi a volo
radente ed in picchiata degli onnipresenti caccia bombardieri Inglesi, e
noi da bravi cani da riporto e da presa, come ci chiamavamo
scherzosamente tra di noi, abbaiando e modulando i latrati come quei
bravi animali, con grande sollazzo degli Inglesi, eseguivamo alla
perfezione i nostri compiti, fornendo le coordinate delle
fortificazioni, che all'alba venivano irrorate di bombe e cannonate, che
io, a volte, sorvolando il fronte a bordo di un Lisander, piccolo aereo
da esplorazione, scortato da alcuni Spitfire, che si incaricavano delle
batteria antiaeree ed impedivano ai pochi caccia nemici di disturbarci,
insieme ad un esperto direttore di tiro, che prima all'artiglieria e poi
agli aerei in picchiata, correggeva, a vista, il tiro, attingendo una
accuratezza assoluta. Agivamo in comunella con un Ebreo, da noi
scherzosamente chiamato "Deicida", essendo il suo nome difficile da
pronunciare, mentre lui mi ricambiava con "Caronte" per i tanti mostri
che spedivo a miglior vita , che, avendo assistito, nascosto in un
finto camino, all'assassinio di tutta la sua numerosa famiglia, aveva i
denti più avvelenati di un cobra, il quale, oltre ad altri marchingegni,
inventò un adesivo con su scritto, in tedesco, "Il prossimo sarai tu"
che applicavamo sull'elmetto o sulla fronte, a quelli che liquidavamo
con un colpo del retro di un accetta da guastatore alla base della nuca
o tagliandogli la gola con un affilato pugnale, conseguendo in breve
tempo un eccellenza tale che, quando ci fu ordinato di riportarne uno
vivo, come, sporadicamente, accadeva, per interrogarlo, apprendemmo che
di notte defecavano nei rifugi e nelle trincee per timore di incontrarci
o uscivano solo in pattuglia; ma fu peggio la toppa del buco per loro,
perché quando eravamo a caccia, fattore sorpresa aiutando, con qualche
bomba a mano offensiva e raffiche continue, era facile annientare, in un
batter d'occhio, anche una pattuglia di una decina e più di uomini. Ma
una volta ci rimettemmo un compagno, inciampato in una mina, essendo
uscito dal retto sentiero, per schivare le salve di mortaio sparate a
casaccio contro di noi, per cui, essendo il nostro lavoro troppo
importante, ci fu ordinato di limitarci tutto al più alle morti
silenziose, essendo la cagnara, come ci disse il Comandante Popsky,
prerogativa dei caccia e delle batterie di cannoni e mortai che
sparavano a colpo sicuro sui bersagli da noi rilevati, uccidendone
all'ingrosso assai più di noi e senza perdite. Attorno al 25 aprile ci
fu fornita una jeep armata e bene equipaggiata, con patenti e denaro a
bizzeffe, con l'ordine di catturare il duce e di portarlo, vivo o morto,
al nostro comando od anche di trattenerlo, vivo o morto, in un
nascondiglio, sapendo che nelle nostre mani vivo difficilmente sarebbe
arrivato, fornendo le coordinate perché potessero venire a rilevarci.
Riuscimmo, infelicemente, nella grande baraonda della Liberazione, a
vedere Mussolini solo a Piazzale Loreto dopo che, via radio, ci
informarono della sua ubicazione. Di quello che ci apparve di fronte
nelle nostre ultime scorrerie, in cerca di altri possibili prede
indicateci, posso solo dire che vedemmo lo spettacolo di folle immense
assistere ai processi sommari ed alle esecuzioni di quelli che loro
chiamavano " boia", non i mostri come mio Padre ed io, tanto era l'odio
che avevano seminato dappertutto con gli assassini, le stragi, gli
stupri, le rapine, le torture ed ogni altra specie di delitto, tanto che
pure nei luoghi dove gli aviatori Alleati avevano compiuto bombardamenti
e mitragliamenti, a volo radente contro civili indifesi, insistendovi
fino a quando glielo permetteva l'autonomia dei loro aerei, la
popolazione non gli mostrava nessuna repulsione, ritenendo,
nell'immaginario collettivo, che fosse dovuto a colpa dei nazifascisti,
i quali avevano voluto continuare una guerra già perduta, essendogli
rimasti impressi i ghigni mostruosi ed orrendi degli sgherri quando gli
infliggevano sofferenze e soprusi terrificanti ed indimenticabili. Solo
per citare un esempio a me noto nei dettagli, in provincia di Forlì, dal
15 settembre '43 al 15 novembre '44 , durante 13 mesi, vi furono 55
assassini e stragi per un totale di 492 assassinati, una media di quasi
38 al mese, mentre nel Nord Italia, dove la carneficina durò altri sei
mesi, il sangue dei martiri e degli innocenti fu infinitamente più
copioso. Quello continuo stillicidio di assassini rendeva incredibile
l'abituale pretesto dei mostri di non averne mai saputo nulla e meno che
meno di avervi partecipato, come accade tuttora ai mostri ai quali viene
permesso di pavoneggiarsi in televisione, tanto che un compagno
incontrato in carcere, fratello di assassinati, mi raccontò che non li
lasciava nemmeno aprire bocca, dicendogli: "Lo so, lo so bene, tu non
hai fatto niente di male a nessuno, come tutti gli altri figli di troia,
anzi ne hai salvati tanti. Ma stai tranquillo, tu sei capitato in buone
mani, io uccido solo gli innocenti, ai criminali provvedono gli altri."
Quasi come mi esprimevo io in contingenze analoghe per non sorbirmi le
loro geremiadi insulse.
Se non vi avesse provveduto la sommaria giustizia partigiana e popolare,
come del resto era previsto da un decreto legislativo luogotenenziale
che consentiva l'esecuzione, previo un sommario giudizio che accertasse
l'identità dei collaborazionisti, delle 870 e più condanne a morte,
irrogate dalle Corti di Assise Straordinarie, solo 91 furono eseguite,
mandando praticamente esenti da pena tutti i criminali
collaborazionisti, soprattutto quelli più meritevoli di morte in forza
del loro alto grado nella gerarchia dei mostri.
Se, poi, non fosse
stato per l'intransigenza di De Gasperi che si oppose alla volontà del
reazionario Pio XII che pretendeva, in occasione delle elezioni
amministrative per il Campidoglio, di intruppare i missini e i
monarchici, nella lista coi democristiani, ci saremmo ritrovati i mostri
repubblichini, oltre che nel Campidoglio, anche nel governo nella decade
1950, invece che nell'assai più tarda decade 1990, dopo che i beceri
compromessi DC/PCI e la loro corruzione e insipienza avevano convinto la
maggioranza degli italioti a votare anche per i fascisti!
In verità i mostri avevano fatto in ogni dove tutto il peggio possibile,
astenendosene solo quando gli fu impedito da forza maggiore: anche quei
giovani salodiani, tanto apprezzati da Violante, in una sua esternazione
in Parlamento, quando era in corsa per l'elezione al Quirinale ed ora da
un giornalista sedicente sinistrorso nella sua geremiade e panegirico,
in un libro scritto per soli fini di cassetta, ma del tutto falso nelle
statistiche, a favore di coloro che pagarono lo scotto dei loro crimini
perché nessuno dei salodiani era innocente, tutti bene consapevoli e
conniventi delle indescrivibili mostruosità perpetrati dall'unità in cui
militavano, non certo per amore di patria. A mio Padre, mentre traeva
dal portafoglio la carta d'identità richiestagli, quando furono a
prelevarlo per assassinarlo, chiesero la consegna di tutti soldi che vi
avevano intravisti, impediti da un soldato tedesco presente, con la
minaccia del mitra e un secco: "Solo papir, soldi lasciare signora",
come mi ha raccontato mia sorella Enrica e mia madre Caterina, presenti,
come mi fu confermato anche da qualcuno di quei mostri, quando furono
accalappiati, i quali, quando nessun tedesco era presente, ritornarono a
rapinarci un autocarro, forzando mio cugino Pasini Giuseppe, tuttora
vivente, a consegnarglielo con un mitra puntato nella schiena. In
particolare durante le notti in carcere scrutinai ripetutamente tutto
quanto mio Padre ebbe a dirmi, parola per parola, sguardi e accenni del
viso, durante le ultime ore trascorse insieme, interpretando il suo
comportamento come dettato dalla volontà di non esporre mia Madre e mia
Sorella, se si fosse allontanato da casa, alla violenza dei mostri, ma
soprattutto per mondarsi da quello che riteneva un suo peccato e
deficienza grave l'avere dovuto affidare a me il compito di combattere
per la salvezza della sua amata Italia, non essendogli riuscito di
abbattere in tempo il mostro predappiese, avendo inutilmente tentato di
organizzarlo non solo coi due comunisti bertinoresi ma anche con altri.
Gloria a lui e a tutti coloro che offrirono la loro vita per la libertà
e vergogna a noi che abbiamo tradito le loro speranze ed auspici!
In una intervista
apparsa su un quotidiano, il solito giornalista fa il panegirico di un
suo libro concernente "quei fascisti uccisi dopo il 25 aprile", morti
delle quali piange l'orrore, aggiungendovi il dettaglio di uno stupro ed
omicidio, assai probabilmente frutto di fantasia, essendomi nota la
morale spartana e la draconiana giustizia partigiana contro gli
stupratori ed ancor più la ripugnanza insuperabile per un partigiano di
copulare con una troia, termine più eufemistico che io abbia mai sentito
usare da un partigiano nei confronti delle così dette ausiliarie, fatto
impossibile da consumarsi in presenza di altri perché avrebbe procurato,
quanto meno, una valanga di calci allo sporcaccione che avesse osato
tanto, con l'immediata disarmo e l'espulsione dalla brigata e la
sommaria esecuzione se lo stupro fosse stato consumato; panegirico,
quindi, comprovante che, esaurito lo sfruttamento del filone dei Caduti
partigiani, revisionismo e trasformismo imperando, si tende ora a fare
cassa coi mostri giustiziati nei giorni della resa dei conti.
Altro e morire e
altro e parlare di morte e pancia piena non sa della vuota, come
dimostra il nostro pseudo antifascista che, se invece di inventarsi un'
accompagnatrice di fantasia per attraversare un inferno di sua esclusiva
invenzione, si fosse fatto guidare da uno che come me ha assistito alla
fucilazione di tre Compagni, attraverso il binocolo che da 300 metri di
distanza mi rese lo scempio chiaro e scoccante come se fossi in mezzo ai
morituri anch'io, prima ferocemente seviziati, nonostante si fossero
arresi senza sparare, mentre ero impossibilitato ad intervenire, essendo
solo e di guardia ad un tratturo minato, in prossimità del quale dovevo
attendere il passaggio dei mostri per farlo deflagrare al loro ritorno,
avrebbe nutrito sentimenti bene diversi da quelli espressi nella sua
intervista.
Obiettivamente, senza
avere come me tre Famigliari trucidati, visto compagni assassinati, uno
seviziato e impiccato per i coglioni, del quale posso esibire le orrende
fotografie, bambini bruciati vivi, solo che avesse posto mente a quegli
spettacoli orrendi ovunque accaduti, ad opera di quei suoi beneamati
fascisti giustiziati dopo il 25 aprile, avrebbe usato maggiore
ponderatezza e rispetto della verità storica, se non fosse stato mosso
dalla ricerca del plauso dei nostri nemici di allora e di oggi ed anche
dalla brama di lucro.
Le brigate nere,
almeno in provincia di Forlì, mai si scontrarono con gli Alleati, ma
esclusivamente agirono a ridosso dei nazisti, nei rastrellamenti, quali
tirapiedi di quei boia, anzi sostituendosi a quelli nelle esecuzioni,
per permettersi gli stupri e le grassazioni di prammatica dopo che i
nazisti ci obbligavano a sgombrare il campo, disponendo essi di cannoni
e mortai, contro i quali la difesa ad oltranza avrebbe costituito un
inconsulto suicidio, permettendoci le armi leggere in nostro possesso
solo le imboscate ed il mordi e fuggi, poiché un soldato che si ritira,
a ragione veduta ed ordinatamente, è buono per un'altra volta, come ho
esperimentato, quasi giornalmente, durante tutta la guerra, anche quando
la continuai con gli Inglesi, servendo da esploratore e da incursore
notturno.
Ogni volta che, sugli
Appennini, ritornavamo ad occupare le precedenti posizioni, non ci
restava altro che constatare gli orrori perpetrati dai repubblichini e
morderci le mani, non potendo scendere ad attaccarli nei loro covi
cittadini, difettando di armi efficaci per batterci contro la Wehrmacht
in campo aperto, non forniteci dagli Alleati, nonostante le nostre
pressanti richieste ed anche per deficienze di comando, avendo il PCI, i
cui membri formavano il comando della nostra Brigata, sprecato il loro
tempo a permettere la strage del quaranta per cento dei suoi aderenti,
emigrati nell'URSS, invece di mandarli all'efficiente accademia militare
sovietica o di organizzarne una in proprio perché apprendessero almeno i
rudimenti della guerriglia; invece di impedire che si attentasse alla
vita del duce, proibendo persino ai suoi emissari in Italia di portare
armi e tanto meno di usarle sia pure per difesa. Se almeno una parte dei
compagni mandati in Spagna o morti in Unione Sovietica fossero stati
usati in Italia per eliminare il dittatore forse il nostro futuro
sarebbe stato differente o almeno se non si fosse impedito a mio Padre
di eliminarlo, essendo egli tanto coraggioso da non vacillare ed
abbastanza esperto e competente per riuscirci.
I repubblichini bene
sapendo dove avrebbero potuto incontrarci, sugli Appennini, e benché io
li avessi, ripetutamente, invitati a venire, informandoli che dopo
l'arrivo degli Alleati la loro situazione diverrebbe infinitamente
peggiore, non essendovi più i nazisti dietro i quali ripararsi, mai
osarono confrontarci; con una sola eccezione quando, essendo stati
informati da un delatore dove avrebbe pernottato Corbari, capo di una
banda autonoma che gli aveva dato molto filo da torcere,
ridicolizzandoli con arditi colpi di mano, i mostri neri lo circondarono
con forze preponderanti, riuscendo a sopraffarlo insieme al suo stato
maggiore e ad impiccarli a Castrocaro, feriti o morti com'erano, e di
nuovo in piazza Saffi, nel centro di Forlì, esponendoli al ludibrio dei
collaborazionisti e al terrore del popolo, sospesi ai lampioni, ma
pagandone il prezzo, almeno alcuni, nei restanti mesi di guerra e nei
giorni della Liberazione. Noi vedemmo lo scempio perpetrato dalle SS
fasciste, a Tavolicci, con 69 bruciati vivi, tra i quali 19 bambini, a
solo scopo di rapina e dietro pagamento da parte di chi si ritenne
danneggiato da requisizioni effettuate dai partigiani in Sant'Agata
Feltria, senza che quei poveri montanari nulla sapessero dell' accaduto
lontano decine di chilometri, con un solo responsabile, tratto a
giudizio, dopo la Liberazione, condannato a morte, che la fece franca,
come tutti gli altri mostri condannati per altri eccidi, mediante 18
sentenze di morte pronunciate in Forlì, tutte non eseguite per accordi
sottobanco intercorsi a Roma tra alcuni partiti del cosiddetto "arco
costituzionale" per estendere anche a Forlì la giurisdizione delle Corti
d'Assise straordinarie, prima limitata al territorio non ancora liberato
dall'occupazione nazifascista allorquando le corti furono costituite per
legge.
Un recente
esperimento condotto presso l'Università di Los Angeles, in California,
ha evidenziato una base fisiologica nel dolore morale, la "ferita dei
sentimenti" non è solo una metafora, perché il cervello reagisce
provocando vere e proprie malattie somatiche in coloro che le hanno
sofferte, come io ho constatato in proprio e durante gli anni che fui il
responsabile del Compitato Solidarietà Democratica della mia provincia,
delegato all' assistenza delle vittime della guerra di Liberazione e
della susseguente faziosa reazione contro le masse popolari e
democratiche, avendo immesso nella polizia, i famosi "tutori
dell'ordine", molti repubblichini od i loro figli e parenti, incluso il
Dr. Leto, capo dell'OVRA mussoliniana,durante il ventennio, usato
addirittura quale direttore della scuola di polizia ai tempi di Scelba,
ministro degli interni.
Anche a distanza di anni non pochi di coloro che soffrirono morti in
famiglia o di compagni, soprattutto se furono soggetti a bestiali
torture, riportarono gravissimi disturbi e malattie di natura
psicosomatica fino alla morte, senza che mai ricevessero alcun aiuto
dallo Stato anche perché rifiutarono sempre di denunciare, per
incoercibile pudore, quanto patito negli antri di tortura della Rocca
delle Camminate, castello del duce, allora trasformato in una delle
tante ville tristi d'Italia, come in altre città della nostra provincia
e di tutte quelle che soffrirono la dominazione nazifascista delle quali
io conobbi, durante i miei sei anni di carcerazione, non pochi degli
scampati da quelle bolge infernali che avevano tentato di farsi
giustizia con le proprie mani, unico mezzo nell'Italia del tempo per non
crepare dalla rabbia e dalla vergogna, vedendo liberi i loro aguzzini.
Noi partigiani demmo
sempre la precedenza ai nazisti nei nostri attacchi, avendo bene chiaro
che, appena si sarebbero arresi agli Alleati, avremmo potuto, senza
intermediari, fare i conti coi mostri traditori, i quali, secondo quanto
era avvenuto il 25 luglio 1943, quando una intera Divisione M, munita di
carri armati pesanti Tigre, di stanza nei pressi di Roma, non ebbe il
coraggio neppure di starnutire, si sarebbero similmente comportati,
appena rimasti orfani dei loro padroni nazisti e così fu il 25 aprile
1945 e seguenti!
Le brigate nere sorte
in armi, a loro dire, per difendere il sacro suolo della patria e per
salvaguardare il loro onore di soldati, mai si cimentarono contro gli
Alleati, ritirandosi al Nord appena udirono il lontano brontolio dei
cannoni Alleati, per persistere nelle loro abituali rapine e stupri,
lasciando i nazisti a sbrogliarsela da soli sulle linee del fronte;
spingendosi tanto oltre nella loro codardia ed infamia che nel caso
della Decima Mas, al loro capo, principe Borghese, furono inflitti 60
giorni di fortezza per non avere saputo impedire alla sua marmaglia, in
Milano, di dedicarsi a grassazioni, stupri e rapine quotidiane, mentre
altri stupratori, grassatori e torturatori furono direttamente arrestati
dagli stessi comandi nazisti, avendo superati anche i loro orridi
standard, e trovati in carcere il giorno della Liberazione e,
ovviamente, giustiziati. Gli stessi repubblichini erano del tutto
consapevoli dell'odio che si erano meritato per la loro criminalità
tanto da confessarlo in una delle loro becere canzoni: «Le donne non ci
vogliono più bene, perché portiamo nera », mentre noi cantavamo: «ogni
donna a noi dona un sospir »; come gli enumerai esempi di viltà estrema
da quei traditori dimostrata in combattimento e soprattutto quando
dovevano affrontare quella morte che, nelle loro canzoni, non gli faceva
paura, mentre svenivano, si defecavano addosso o addirittura morivano
dallo spavento quando gli appariva imminente ed inevitabile. Appena
avvenne la resa mi fu permesso dall'unità Inglese, in cui servivo da
responsabile delle guide ed esploratori italiani, di precederla con una
jeep armata e non ho mai visto e nemmeno appreso di donne stuprate e poi
abbattute da parte di partigiani e neppure negli anni di carcere,
durante i quali divenni una specie di Almanacco di Gotha di tutti gli
atti di giustizia partigiana, ricorrendo a me gli altri condetenuti
politici antifascisti per farsi aiutare nella redazione di istanze e
lettere, diventando il loro confidente, mentre sempre mi furono riferiti
turpi ed abituali comportamenti contro donne e bambini da parte dei
mostri repubblichini, per cui ovunque gli si offerse l'occasione, il
popolo si fece giustizia, quanto più feroce e assatanato era stato il
comportamento dei mostri locali, tanto più tenace era la volontà
popolare di una giusta retribuzione, in relazione all'odio seminato
ovunque, avendo al servizio dell'invasore massacrato gente inerme,
donne, bambini, vecchi, spesso bruciati vivi, lasciando un sentiero di
morte e distruzione, con oltre sedicimila vittime, alle quali, per
decisione dei governi che si avvicendarono dal 1946 in poi fu denegata,
totalmente, giustizia, complice e pronuba anche una sinistra interessata
solo a fare bottino di voti, prebende e sinecure, in forsennata
competizione con la DC, nell'arraffare bustarelle, come poi Mani Pulite
doveva ampiamente dimostrare.
Se il popolo avesse
minimamente previsto che, dopo un anno dal 25 aprile, un 'amnistia, con
il suo codazzo di "sentenze suicide", consistenti da parte dei giudici
togati nel rendere inoperanti, con qualche cavillo, le decisioni
imposte dai giudici popolari in forza della loro maggioranza,
predestinandole all'annullamento da parte della corriva Corte di
Cassazione, mandando esenti da pena tutti i mostri peggiori, una rivolta
inarrestabile avrebbe posto a ferro e a fuoco l'Italia che neppure gli
eserciti Alleati avrebbero potuto prevenire e tanto meno soffocare senza
una dura e sanguinosa campagna. Nonostante tutto quanto noi partigiani
avevamo sofferto, un'ipotesi del genere era incredibile anche a me che,
pure a conoscenza degli intrallazzi di Togliatti con la monarchia ed il
Vaticano, avevo in parte creduto alle sue assicurazioni che quegli
approcci fossero espedienti per gettare polvere negli occhi agli
avversari, contrariamente a quanto dovetti constatare in seguito, avendo
egli, pedissequamente, seguito, anche in Italia, la politica staliniana
di compromesso ad ogni costo coi poteri forti, a pregiudizio dei deboli,
seguita poi dai suoi emuli bastardi fino ad oggi.
In tutte le altre
nazioni Europee, dove la retribuzione dei crimini nazifascisti non è
stata mercificata in cambio della laida rincorsa ai voti dei mostri neri
e dei loro parenti, nessun partito fascista è andato al governo; in
Italia non è stata sconfitta una illusione, come opinò un giornalista di
mia conoscenza, bensì il tradimento e la corruzione ci hanno condotti
dal 25 aprile 1945 al 13 maggio 2001, mutando una folgorante vittoria
sul campo di battaglia in una lunga serie di sconfitte e di mercimoni a
tavolino; non per niente la Resistenza Italiana fu seconda in Europa
solo a quella Iugoslava! E voglio smentire la diceria dei mostri
sopravissuti che senza gli Alleati non li avremmo sconfitti, ed è vero,
perfettamente vero che non avremmo conseguito di debellare i nazisti,
essendo però altrettanto vero che senza i nazisti non ce ne sarebbe
stato alcun bisogno, dato che a loro, i traditori repubblichini, non
sarebbe nemmeno passato per l'anticamera del cervello di tentare di
risorgere, come dimostrarono innumerevoli fatti ai quali assistetti dopo
il 25 luglio 1943, quando si lasciarono scazzottare e prendere a calci
nel sedere dalle loro vittime, singolarmente, senza che nessuno reagisse
minimamente; inoltre nel Nord Italia si arresero ai partigiani, quando
gli Alleati erano ancora distanti, senza osare abbozzare alcuna difesa e
morirono con dimostrazioni di codardia estrema, della quale fu esponente
il federale repubblichino torinese Solaro che, nel tentativo di evitare
il capestro, denunciò uno per uno tutti i franchi tiratori appostati in
città, per suo ordine, al fine di causare perdite ai partigiani in
arrivo, indicando con cura ai partigiani i passaggi dai quali prenderli
alle spalle e le parole d'ordine per accalappiarli. Alessandro Manzoni,
buon cattolico, riteneva che: "I prevaricatori non solo sono
responsabili del male che fanno ma anche delle reazioni indignate che
provocano." Ed i mostri si ebbero solo una minima ritorsione per quanto
avevano seminato sia in Europa, che in Italia ed in Africa!
Quel giornalista
avrebbe dovuto, per essere imparziale ed obiettivo, almeno un poco,
trattare anche la storia dei 219.481 collaborazionisti amnistiati, dei
30.000 scarcerati e delle 2.979 sentenze relative a sevizie
particolarmente efferate, vanificate dall'amnistia del 22 giugno1946, in
simbiosi con lo sconcio unico, a livello planetario, delle "sentenze
suicide", sfornate a getto continuo dai giudici togati per sabotare la
volontà dei giudici popolari ed infine la vergogna tutta italiota della
parti lese costrette a comparire a testimoniare contro gli assassini dei
loro parenti, irrise e svillaneggiate dalla difesa, sotto lo sguardo
corrivo dei giudici togati e l'impotenza dei giudici polari, oramai
succubi di quelle tragiche farse, tanto che mio sorella .alla fine si
rifiutò di comparirvi.
Sarebbe pure stato
opportuno e più democratico investigare come e chi dispose
l'occultamento, nel famigerato "Armadio della Vergogna", dei 690
fascicoli relativi alle stragi nazifasciste e le conseguenze che ne
derivarono alla debole e malferma nostra democrazia, come gli artifici
usati per non consegnare, come ci obbligava il trattato di pace, i
criminali di guerra nostrani alle nazioni Alleate che ne avevano fatto
richiesta.
Infine non dovrebbe
passare sotto silenzio che quelle esecuzioni di collaborazionisti erano
state previste e legalizzate, previa identificazione, da un decreto
luogotenenziale emanato, in precedenza della Liberazione, dal Governo
Italiano. Ma nell'Italietta in cui ci siamo ridotti a vivere nessuno ha
mai trovato quel minimo di coraggio necessario per chiedere la
costituzione di un commissione di inchiesta per appurare chi furono gli
infami e fedifraghi "padri della patria" che organizzarono la grande
truffa ai nostri danni, incluso l'assoluta immunità garantita ai
collaborazionisti del nazismo che, dopo la liberazione, facilitarono il
passaggio per il nostro suolo dei criminali di guerra dalla Germania ed
i loro imbarchi verso i paradisi del Sud America. Quel signore
pontificante dall'alto di uno dei più diffusi giornali Italiani, avrebbe
dovuto documentarsi anche in relazione alla costante carneficina
fratricida dei mostri su scala nazionale; nella lapide sul Municipio di
Bertinoro sono scolpiti i nomi di dodici antifascisti caduti in
combattimento o trucidati dai mostri, ma da nessuna parte risultano i
nomi di tre mostri eliminati dai loro stessi camerati bertinoresi e
nemmeno quello di un vecchio mendicante abbattuto, tanto per provare la
pistola appena l'ebbe ottenuta, da uno quei mostri, poi giustiziato non
dai partigiani, ma dalla giustizia popolare. Se si moltiplica 4.000
circa, quanti sono i comuni italiani da Roma in su, per 3, essendosi
quel pranzo di Crono ripetuto dappertutto, si avrà un tale numero di
mostri uccisi dai loro camerati, da ridurre grandemente il numero di
quelli giustiziati dai partigiani e dal popolo per sua propria mano.
Tutti i nostri massimi criminali di guerra, in violazione del trattato
di pace sottoscritto da De Gasperi a Parigi e della giustizia
internazionale, alle varie nazioni, quali l'URSS, la Iugoslavia, la
Grecia ed altre che ne avevano fatto richiesta, non furono consegnati
dai nostri fedifraghi "padri della patria", medianti artifici e raggiri,
da Badoglio, a Roatta, al quale fu procurata la fuga dall'Ospedale del
Celio, con la complicità dei servizi segreti e del Vaticano, a Graziani,
a Robotti, a Magaldi, a Sorrentino e a tutti gli altri generali e
ufficiali, in numero di oltre 1.500, accusati di crimini di guerra
all'estero, superiori per numero e gravità a quelli commessi dai mostri
nazifascisti in Italia, nel tentativo di cancellare la memoria storica e
l'infamia di uno Stato che aveva condiviso, almeno fino al 25
luglio1943, tutte le scelte e i crimini dell'alleanza coi nazisti, dopo
averne commessi in proprio, di non meno terrificanti, in Africa, ancora
prima di Hitler!
Graziani, Borghese e
tutti i generali repubblichini, sfuggiti alla giustizia partigiana,
trascorsero solo qualche anno in carcere e Leto, direttore dell' OVRA, a
seguito degli intrallazzi con Togliatti, Nenni e De Gasperi, ognuno
interessato a salvaguardare i loro delatori e traditori, ritornati
all'ovile, rimase in carcere solo pochi mesi per assurgere a direttore
della scuola di polizia ai tempi di Scelba al Ministero degli Interni.
Nel 1946 le
esecuzioni di tutte le sentenze di morte transitate in giudicato furono
sospese in favore di tutti i mostri neri, ma nella seconda metà dell'
anno tre siciliani, condannati a morte per avere assassinato un'intera
famiglia a scopo di rapina, in Piemonte, avendo però risparmiato un
bambino, a differenza dei mostri neri che li bruciavano sempre vivi,
insieme ai loro famigliari, furono fucilati, a dimostrazione
dell'insondabile bassezza dei nostri politicanti e che la giustizia era
disuguale per tutti.
Nella patria del
diritto e di Cesare Beccaria, se bruci vivi 69 persone, tra cui 19
bambini, a scopo di lucro, come a Tavolicci, o centinaia come in tante
altre località, se sei un mostro nazifascista i "padri della patria" ti
risparmiano la vita e dopo qualche anno ti rimandano a casa, mentre se
sei un furfante di basso conio ti riserbano il plotone di esecuzione!
La miope, becera, infame e stalinista politica di Togliatti col suo
trasformismo, e ovviamente dei suoi colleghi di merende, noi partigiani,
i lavoratori e l'Italia l'abbiamo pagata con decine di migliaia di anni
di galera e le classi lavoratrici con la repressione sistematica da essa
subita che, solo tra il 1948 e il 1953, costò 93.000 lavoratori
processati e di questi 61.243 condannati a 20.426 anni di carcere,
mentre 75 lavoratori furono sommariamente uccisi dalle "forze
dell'ordine" e 5.104 feriti, notando che i morti ammazzati, i feriti, i
lavoratori arrestati e condannati, nel corso di quei sei anni, mentre,
durante il ventennio della dittatura fascista le condanne a morte del
Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato furono 38, della quali 31
eseguite, le vittime circa 3.000 e le condanne detentive e al confino
circa cinquemila, con 27/28.000 anni di galera. Dal 1956 in poi vi
furono le stragi fasciste e di stato che provocarono 144 morti e 744
feriti, con lo zampino dei nostri servizi secreti, in collaborazione con
quelli americani; stragi sulle quali non è stato ancora tolto il segreto
di Stato, prolungato anzi per altri venti anni dal governo D'Alema, che
Fini promise di abolire senza però degnarsi di farlo, "simili cum
similibus", sempre in Italia, in maniera che ingiustizia eterna sia
garantita anche a quelle vittime, com'è prassi costante nella terra di
Maramaldo; stragi sulle quali, se proprio tutti non desideriamo, a pieno
titolo, come io ho tentato alcune volte invano, darci da fare per
ottenere la formazione di una commissione parlamentare per investigare a
chi dei nostri boriosi "padri della patria" si debba ascrivere la
responsabilità e l'infamia di avere evitato di consegnare alla
magistratura ed alla storia le prove rimaste insabbiate negli archivi
dei nostri servizi segreti. Poiché qualcosa deve per forza di cose
esserci rimasto di ancora riscontrabile per sapere chi sono quegli eroi
del doppio, triplice, quadruplice ed infinito gioco sporco che invece di
difendere la nostra Italietta la tradirono barbaramente. Un'altra truce
conseguenza del regime democristiano e del trasformismo delle sinistre,
confermati, certificati ed evidenziati dalla statistica, è che, in soli
cinque anni, dal 1948 in poi, uccise, ferì, imprigionò e processò, se si
considera quanto era accaduto dal 1946 al 1948 e dal 1954 in poi, un
numero di lavoratori assai maggiore di quanto non fece, durante un
ventennio, il regime del "male assoluto", sfruttando le masse
lavoratrici in maniera non meno infame, facendo ricadere esclusivamente
su di loro il peso della ricostruzione e delle perduranti crasse merende
degli oligarchi e dei poteri forti, potendosi concludere che: "quod non
fecerunt barbari, fecerunt barberini" o meglio i loro emuli
"camionisti", come mio zio Gustavo, anarchico, chiamava i comunisti di
quegli anni, senza considerare i morti sul lavoro in ragione di ben
oltre 1.000 ed i feriti in ben oltre 100.000 all'anno: il costo di una
guerra perduta e tuttora imperversante, peggio che in Irak, in
Afganistan, nel silenzio complice di tutti i partiti, sindacati, chiesa
e poteri forti!
I "padri della
patria" italioti, violarono anche le più antiche leggi dell'umanità,
dato che i nostri lontani progenitori furono, naturalmente, portati a
condannare l'omicidio, lo stupro, il ladrocinio, anche se ciò non
toglieva che stragi, violenze e saccheggi fossero permessi, anzi
addirittura premiati (anche oggi!) se commessi nei riguardi dei nemici,
usanze assai peggiori di quelle che regolano, in natura, la vita degli
animali.
Ebbene quei signori,
i cui nomi infestano tutta la toponomastica del Bel Paese, ad alcuni dei
quali furono innalzati monumenti, lapidi e targhe , fecero di molto
peggio, amnistiando e condonando le stragi, gli stupri, le violenze, le
torture e i saccheggi non perpetrati a danno del nemico, ma a nostro
danno e insulto, spingendosi, nelle loro assoluta corruzione, a turpi e
laide ammucchiate, fino a confondere ogni idea di etica del popolo
Italiano, già abbastanza appestato dal fascismo, tanto da fargli
accettare mostri collaborazionisti quali ministri e il Cavaliere di
Arcore quale primo ministro!
Le canagliate dei
mestatori, corrotti e falsari nostri "padri della patria" possono essere
meglio evidenziate da sei fatti, tre, fra i tanti, di responsabilità dei
sinistri e tre dei centristi: Togliatti fece purgare i "Quaderni dal
Carcere" di Gramsci di tutto quanto a lui dispiaceva, e non era poco,
poi, nel 1948, fece pubblicare, su "il Progresso d'Italia", giornale di
sinistra, edito a Bologna, un articolo nel quale si sosteneva, con
dovizia di particolari, che gli Americani non avevano sganciato sul
Giappone bombe atomiche, bensì mastodontiche bombe convenzionali, ognuna
trasportata da una troica di fortezze volanti [ io mi trovavo detenuto
nel Carcere di San Giovanni in Monte, a Bologna, ora mutato di
destinazione, dove i giornali erano proibiti ed io lo pagavo un pacco di
sigarette alla guardia che me lo portava, clandestinamente, che da quel
giorno mi risparmiai ] ed infine si rifiutò di renderci edotti del
"Rapporto Kruscev " circa i crimini di Stalin, sostenendo che non
esisteva.
Ciliegina
sull'immonda torta ammannitaci dai nostri illustri "padri della patria"
consiste nell' averci inflitto lo sconcio, unico a livello mondiale,
tuttora perdurante, dei quali tutti quei boriosi signori, nessuno
escluso, si resero responsabili, di un paese Grazzano-Badoglio che porta
il nome di un criminale di guerra richiesto dall'Etiopia con l'accusa di
diverse centinaia di migliaia di morti di cittadini innocenti e di avere
usato il gas iprite anche sugli ospedali della Croce Rossa.
Dal canto loro i fratelli siamesi democristiani del nostro " Migliore"
vollero superarlo in infamia, nascondendoci: "l'Armadio della vergogna",
gli accordi con gli Americani per lo stazionamento nei nostri porti e
aeroporti di sommergibili, navi ed aerei con ordigni nucleari, mentre
erano proibite, per volontà popolare, male indirizzata da destri e
sinistri, le centrali nucleari per usi pacifici e ci nascondono,
tuttora, i fascicoli dei servizi segreti, a partire dalla strage di
Portella della Ginestra, di Ustica, fino alle stragi di Stato, allo
stragismo fascista e Nato in connivenza con i servizi segreti locali e
la CIA.
Sempre dal 1948 al
1953 il costo del lavoro fu mantenuto alla metà degli altri paesi
industrializzati; da tale orrenda macelleria all'ingrosso e al minuto,
in tutti i sensi, e abietto sfruttamento sorse il "miracolo economico"
di cui si usa dare vanto ai vari "padri della patria" che su quel sudore
forzato,lacrime e sangue permisero ai "padroni del vapore" di
ricostruire e ingigantire le loro fortune, alla base delle quali,
sosteneva Marx, vi è sempre una grande rapina, come avvenne
particolarmente nel caso dell'Italia, rapina che continuò fino ad oggi
per la corruzione della classe politica e dei bonzi sindacali, tutti
senza esclusioni, dato che nessuno ebbe mai il coraggio di dimettersi,
della sinistra, del centro e della destra, tutti attaccati alle greppie
del nostro capitalismo straccione, come dimostrano, apoditticamente, i
dati, pubblicati, circa le ore di sciopero ridotte al minimo colme non
mai dal 1974 al 1995, dal settimanale "Famiglia Cristiana", quasi
l'unica rivista, ironia della sorte, a bandire le verità scomode, che
comprovano la resa dei propugnatori del "compromesso storico" ai
"padroni del vapore" e l'affermazione di Marx "la storia prima è
tragedia, poi si ripete in farsa".
Dato che a chi accusa
compete l'obbligo di produrre le pezze giustificative e non esiste
miglior prova delle confessione dei rei, quando corroborata da certi
altri indizi e fatti, io riporto le del tutto volontarie confessioni dei
responsabili di tali fatti e conseguenze: Togliatti, il 20 giugno 1947,
all'Assemblea Costituente, ebbe a piatire la benevolenza del nemico di
classe dichiarando: "Gli operai hanno moderato il loro movimento....
Hanno accettato la tregua salariale senza che vi fosse la corrispondente
sospensione dell'aumento dei prezzi.... Nulla si può rimproverare agli
operai, ai lavoratori, e quei partiti che li rappresentano non possono
essere oggetto della manovra di cui sono stati fatti oggetto."
Il 21 dicembre 1948,
De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri, alla Camera dei
Deputati, concesse alle sinistre una specie di laurea in trasformismo e
tradimento dei loro rappresentati, affermando: "E ringrazio anche
l'opposizione, per la parte oggettiva che essa ha avuto nelle
commissioni. Direi che l'opposizione, vista nei settori delle
commissioni, ha un aspetto più costruttivo di quello che si possa vedere
nell'Assemblea".
Al che Francesco
Cacciatore della sinistra, ribatté: "Anche la maggioranza."
Come risulta dagli atti Parlamentari e riportato in un libro scritto
dall'ineffabile Giulio Andreotti.
Non certamente per sentimenti cristiani, quando Pallante sparò a
Togliatti, nel 1948, la FIAT mise a disposizione di suo figlio un aereo
per trasportarlo da Genova a Roma, sempre contraccambiata da tutti i
governi succedutisi dalla Liberazione ad oggi che prima omisero di
perseguire i suoi dirigenti per il collaborazionismo coi nazifascisti e
quindi le elargirono, in varie forme, enormi somme, valutate, alcuni
anni or sono, in misura superiore al suo valore di borsa, mentre coi
suoi lavoratori si comportò sempre con assai meno fair play, finendo per
eleggere senatore a vita il suo presidente avvocato Agnelli, rendendo
ovvio ai non autistici terminali che per gli italici non abbienti non
esiste alcuna speranza di un futuro migliore, come dimostrato anche
dalla manovra finanziaria attuale.
Maggioranza e
opposizione, destra e sinistra, da sempre, si accapigliano in pubblico,
poi, a somiglianza dei ladri di Pisa che di giorno litigano e di notte
vanno a rubare insieme, nel privato delle commissioni, lontani da occhi
indiscreti, collaborano al ristabilimento, puro e semplice, del dominio
incontrastato ed egemonico dei "padroni del vapore ", sulla pelle degli
sfruttati e degli oppressi, ora continuando la lottizzazione ed il sacco
d'Italia, che Mani Pulite doveva poi tentare di esorcizzare inutilmente,
come hanno dimostrato Fassino, D'Alema, Fini e Berlusconi, viribus
unitis, contro l'articolo 18 ed ultimamente concordando un ordine del
giorno in cui si afferma che le guerre imperialiste degli yankee in
Afganistan, in Iraq e nel Libano, nelle quali abbiamo mandato a morire i
nostri soldati, sono tutte uguali "operazioni di pace"!
Mio Padre, un mazziniano integerrimo, nel pomeriggio del 30 aprile 1944,
sapendo che quella stessa notte avrebbe affrontato, inerme, i mostri che
sarebbero andati a prelevarlo per trucidarlo, nel tentativo di
trasmettermi tutta la sua esperienza della vita e della storia, mi
ammonì:" Chi fa una rivoluzione a metà si scava la fossa con le proprie
mani; i nemici d'Italia sono tre: il fascismo il papato ed il re; con
l'ultimo Togliatti è già venuto a compromesso, contro il papa, complice
di Hitler, di Mussolini e dei criminali Cardinale Stepinac e Monsignor
Tiso, non ha detto neppure una sola parola e alla fine troverà il modo
di accordarsi anche coi mostri; fai attenzione perché vi tradirà, come
ha fatto sempre e con tutti. Se il papa ed il re non saranno processati
come criminali di guerra, vorrà dire che tutti i nostri sacrifici
saranno stati vani."
Julius Fucik , uno
dei più grandi martiri della Resistenza Europea, nel suo immortale libro
"Scritto sotto la forca" ci lasciò un sacro mandato: " Li hai visti ogni
giorno, eri obbligato a essere quotidianamente in contatto con loro e a
sopportare la loro presenza, che riempiva l'atmosfera di sangue e di
rantoli di agonia; solo la tua fede profonda ti ha sostenuto, la fiducia
che essi non possono sfuggire alla giustizia anche se assassinano tutti
i testimoni dei loro delitti."
Mio Padre, il pomeriggio del 30 aprile '44, mi disse, prima di
accomiatarsi, sapendo che andava a morire mi ripetè: "Ai mostri dagli
tutto quello che meritano, senza risparmiare niente a nessuno."
Noi continuiamo a pagare il prezzo di non avere saputo recepire il
mandato e l'esempio dei nostri Martiri, né di trarre tutte le dovute
conseguenze dai loro ammaestramenti profetici, restandoci come sola
attenuante la nostra mal riposta e becera fiducia nei nostri capi
fedifraghi.
Se noi partigiani avessimo omesso di rendere un minimo di giustizia ai
nostri Compagni Caduti ( il Ministro Scelba indicò in Parlamento in
circa 2.500 i collaborazionisti giustiziati dai partigiani, nel
cosiddetto "triangolo della morte" contro i 16.000 trucidati dai mostri
e i nostri 44.720 Caduti) come avremmo potuto convivere coi loro
assassini, senza fare karakiri per la vergogna?
In provincia di Forlì i partigiani veri, non quelli spuntati come i
funghi dopo la pioggia, a Liberazione avvenuta, non superarono i 1.200,
mentre i caduti furono 489, oltre il 40% del totale, come avvenne più o
meno in tutta Italia, mentre rimasero sepolti nel territorio della
nostra provincia oltre 8.773 soldati Alleati, sacrificatisi per
liberarci. Quando i repubblichini furono a prelevare i Cinque Martiri
di Bertinoro, i mostri locali mandarono dentro alle case dei giovinastri
di un'altra provincia, mentre loro attesero, rasenti i muri, nella
notte, per eseguire l'esecuzione; lo stesso avvenne sempre e
dappertutto, individuare gli assassini non fu, quindi, facile e anzi
spesso impossibile, anche se tutti i membri di qualsiasi brigata nera
parteciparono ed appoggiarono le stragi sempre e dovunque tali abomini
che a norma dell'articolo 422 Codice Penale comportavano la pena di
morte, riuscendo, tranne in soli 91 casi, a farla franca alla giustizia,
efferatamente ingiusta, della Repubblica per la quale avevamo combattuto
e sparso il nostro sangue.
Gli Alleati
giustiziarono, in Italia, due generali tedeschi ed il generale italiano
Nicolò Bellomo ed il capitano Italo Simonetti per avere causato la morte
a pochi prigionieri di guerra, perché non avrebbero dovuto farlo i
partigiani per le decine di migliaia dei loro Compagni trucidati? Forse
i nostri morti erano figli di un Dio minore di quello degli Inglesi?
Sugli Appennini noi
avevamo promesso a quei montanari, servi della gleba, forzati da sempre
a vivere come all'età della pietra, che non vi sarebbero più stati
padroni, come compenso dei sanguinosi sacrifici sostenuti per
appoggiarci contro i nazifascisti e non ebbi più il coraggio di
mostrarmi a loro, se non in un caso, quando uno venne a casa mia,
minacciato di imminente sfratto perché i mostri gli avevano macellato i
figli e non aveva più le braccia sufficienti per condurre il podere e
corsi ad ammonire chi di ragione e ad impedirlo.
I contadini erano
sfruttati e vilipesi assai peggio delle bestie, spesso i padroni erano
stati i ras fascisti della zona, durante il ventennio, poi,
furbescamente, astenendosi dall'aderire alla repubblichina salodiana,
tentarono di far dimenticare i loro pregressi soprusi e delitti; in tali
casi che cosa vi fu di riprovevole se l'asino infine si mutò in leone?
Secondo Brecht: "Violento si dice il fiume che tutto spazza via, ma
nessuno dice violente le rive che lo comprimono."
Io, classe 1926,
minorenne nel 1946, avevo proposto, facendo anche la voce grossa, a
Togliatti e Amendola, ché fosse concesso il diritto di voto a tutti i
partigiani, a prescindere dall'età, invece di traccheggiare coi
repubblichini per ottenere i voti dei parenti dei collaborazionisti in
carcere, almeno nel referendum per la repubblica, ma mi fu solamente
promesso, mentre ai repubblichini in libertà fu consentito.
Il Segretario della Federazione Comunista di Forlì era stato costretto
dalla Direzione del Partito a venire a Bertinoro a tenere una conferenza
a quei "benemeriti" concittadini, tentando di convincerli che il PCI non
era loro nemico; ed allo spoglio dei voti, il 2 giugno 1946, avendo io
istruito gli scrutatori a consegnare delle schede segnate ai suddetti,
constatammo che tutti avevano votato per la monarchia, mentre, come
avevo assicurato Togliatti, sarebbe stato sufficiente fare circolare la
voce che era rischioso per loro andare a votare, per ridurre di oltre un
centinaio, quanti erano all'incirca i repubblichini in Bertinoro, i 630
voti dati alla monarchia, contro i 4.815 per la repubblica.
Nel 1952, in
occasione delle elezioni per la così detta "Legge Truffa", non essendo
il MSI incluso nel calderone coi partiti di governo, gli fu permesso di
appendere, all'inizio del paese, dove il 1 maggio 1944 erano stati
assassinati i Cinque Martiri dalla sbirraglia fascista bertinorese, come
sta scritto nella lapide sul monumento, un grande striscione col suo
stemma e slogan che io, di nottetempo, rimossi, insieme a tutti gli
altri apposti in altri siti, bruciandoli nella piazza del Municipio,
retto da una giunta PCI/PSI, che, sia pure inconsciamente, aveva
autorizzato quello sconcio. Si noti che in quel tempo io ero il
segretario comunale del PCI di Bertinoro, con funzione di coordinatore
delle cinque sezioni esistenti, per comprendere l'inenarrabile
sofferenza che mi dovetti imporre per resistere e non farmi scoprire ed
estromettere, perdendo ogni contatto con le masse beote e potere
continuare a trovare qualcuno che, come quella notte della defissone
della propaganda missina, mi desse una mano in caso di bisogno.
Il governo Milazzo in
Sicilia col MSI ed il PCI fino all'invio dell'ex comandante partigiano
Pecchioli, a Fiuggi, a concedere la patente di democrazia ad Alleanza
Nazionale ed una sequela infinità di fatti analoghi, occorrendo una
enciclopedia per elencarli tutti, ci hanno tratto ai mali passi odierni,
propedeutici ad altri peggiori, essendo Berlusconi l'effetto della
corruzione insondabile dei partiti tradizionali che l'hanno reso
accettabile agli Italiani, disconoscendo le masse quel minimo della
nostra storia sufficiente per sapere che al peggio non vi è mai limite e
che se lo stavano procurando coi loro stolti voti. Quando sorse la
"Casa della Libertà" io suggerii ai suoi avversari sinistrorsi di
additarla quale "Casa del Fascio" per evocare almeno negli anziani che
ricordavano quei luoghi come antri di sopraffazione e di torture, ma fu
inutile, avendoli il bonismo, il cretinismo parlamentare e la corruzione
oramai resi tutti dissennati.
Giacomo Ulivi, diciannovenne, martire della Resistenza, mio coetaneo,
nella su ultima lettera prima della fucilazione, scrisse: "Dobbiamo
rifare noi stessi."
Evidentemente non ci
siamo affatto riusciti, soprattutto a causa dei politici trasformisti e
corrotti, principali responsabili della nostra posteriore débâcle.
Ernesto Rossi, uno
dei pochi sinceri antifascisti del secolo scorso, che non monetizzò la
sua fede inconcussa, nel luglio 1945, quando ancora regnava la generale
euforia della Liberazione, disse: "Non bisogna farsi illusioni. Il
fascismo non era Mussolini e una piccola cricca di delinquenti. Era il
popolo italiano." Nel 1965 rincarò la dose:"Col letame nessuno, per
bravo che sia, può costruire un bel palazzo. Quando dicevamo che il
popolo italiano non si meritava Mussolini, avevamo ragione.... perché
meritava di peggio."
Oggigiorno strani
fenomeni si verificano: non è molto tempo fa che un beota, in Bertinoro,
inveì contro una banda che suonava bandiera rossa al funerale di un
vecchio comunista che era morto senza rendersi conto di quale
mastodontica buggeratura fu vittima, pagando per oltre sessanta anni le
quote ed altri balzelli ad un partito che di comunista aveva appena il
nome ed in ultimo neppure più quello, ma nessuno dei presenti e ve
n'erano parecchi di diessini ebbe il coraggio di reagire a quello
oltraggio alla salma di un loro compagno defunto.
Saputolo, la settimana dopo, alla stessa ora, nell'identico posto, io
suonai, con un gira dischi la stessa canzone, a tutta volume, quel
babbeo era presente, ma nulla ebbe da eccepire; nei mesi scorsi "il
Riformista", di sinistrorsa progenie, non pubblicò una mia lettera in
merito, preferendo pubblicare non so se una lettera o una intervista di
donna Almirante (perché donna poi io non l'ho mai compreso, non essendo
mai stata consorte nemmeno di un ministro, ed ancora mi chiedo opera
buffa o doloroso mistero italiota?!
Antonio Gramsci (ma
chi lo ricorda più tra i sinistrorsi odierni e chi se ne frega più di un
galantuomo morto mentre era detenuto in una casa di cura? ) scrisse: "
Io non sono mai stato un giornalista professionista, che vende la sua
penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire, perché la
menzogna entra nella qualifica professionale. Sono stato giornalista
liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere
le mie profonde convinzioni per fare piacere a dei padroni o dei
manutengoli."
A contraddirlo un
sinistrorso estremo da opera buffa, in una sua intervista a "la
Repubblica" ha preconizzato un comunismo "gentile", ad uso e consumo,
ovviamente, dei "padroni del vapore", dimenticando che quelli, e lui
pure, alle spalle dei gonzi e dei beoti, se lo sono già creato ed
abbisognano solo che le masse di mediocrità e di stolti, come sono stati
ridotti la maggioranza degli italioti, persistano a sognarselo, semmai
nell'aldilà e insieme con lui che ha dichiarato di stare cercando Dio,
forse pensando che pure l'onnisciente si lasci abbindolare! Una delle
tante farsesche dimostrazioni di disagio mentale di non pochi leader
della sgangherata banda prodiana e dei loro beoti seguaci è dimostrata
il continuo richiamo ai dettati di quella chiesa oscurantista,
retrograda e da dopo Costantino sempiterno instrumentum regni che solo
recentemente ha lasciato cadere in disuso il "limbo", dove, secondo una
stolta credenza, sarebbero confinati anche gli innocenti morti senza
battesimo, dando prova di assenza assoluta di realismo esistendo anche
la possibilità che in un proseguo di tempo, quella chiesa che perseguitò
anche il grande Leonardo da Vinci costringendolo ad abiurare la sua
intuizione sul sistema solare, si trovi a dovere ricredersi
sull'esistenza di dio. E allora facciamo il conto sul sprecato! Lord
Nelson, nei primi anni del 1800, disse: "Gli italiani sono un popolo di
puttane, poeti e mascalzoni", forse riferendosi ai signori coi quali
aveva una maggiore dimestichezza, potrebbe ora ripetere quella tacitiana
apostrofe, con assai maggior ragione, se riferita agli attuali emuli
nostrani dei signori dei suoi tempi e di coloro che gli prestano ancora
bordone permettendogli i tanti scandali. Ricordo che, nei mesi
antecedenti il 25 aprile 1945, prima di ogni scorribanda in campo
nemico, ripetevo ai miei compagni: "Combattere, uccidere e fottere" per
vaccinarli contro la retorica incipiente ed invadente,evitando una di
quelle pernacchie, nella quali erano altamente specializzati e
riservavano a chi li deludeva con la loro solennità affettata ,
limitandosi a fare qualche gestaccio e smorfia quando parlavo io,
riferendomi a quegli omuncoli, scoppiando tutti, alla fine, insieme a
me, in matte risate che affrontava la morte in allegria, tutta gente che
sapeva assai bene il fatto suo e mai dovetti incitarli e tanto meno
dispiacermi di loro, ai quali debbo tutto quanto acquisii sui campi di
battaglia, anche in Africa, dove un paio accorse alla mia chiamata e
costituiscono i migliori ricordi della mia vita, ma erano tutti più
anziani di me e mi hanno preceduto nel grande buio, nel quale attendo
anch'io di inoltrarmi, nessuno ha però mai decampato dal retto cammino,
rendendo l'umanità di questa nostra misera Italia degna di qualche
rispetto, sia gloria a loro ed a chi se ne renderà degno!
certificato di Patriota rilasciato
a Fusaroli |
il partigiano Fantini vilmente
torturato e trucidato |
clicca sulle foto per ingrandirle |
|
I
N T E R V I S T A
SXC: Dopo il suo racconto, ci rendiamo partecipi della brutalità di quel
periodo. Era necessario adottare uno strumento così feroce come quello
di combattere il nazifascismo, ponendosi al suo stesso livello di
sangue?
UFC: Assolutamente! E sarebbe stato assai utile se fossimo stati capaci
di superarli in ferocia, oltrechè, naturalmente, in efficienza bellica,
avendo il terrore rivoluzionario l'esclusivo compito di terrorizzare il
nemico. Eravamo impegnati nella più orrenda, feroce e spietata guerra di
tutti i tempi, contro dei nemici violatori di ogni legge internazionale
e morale, soffrendo noi del grave handicap di essergli inferiori in
quasi tutti i campi. Infelicemente fummo frenati e impediti
dall'attendismo delle masse che, pure odiando il nazifascismo, a cagione
della guerra, delle privazioni e sacrifici conseguenti, ne temevano
oltre misura le spietate rappresaglie, tanto che io fui oggetto di un
tentativo di farmi, proditoriamente, eliminare dai nazisti ed in molti
altri casi impedito di agire dal sabotaggio di finti resistenti ma veri
codardi e traditori.
Io allora avevo una concezione errata dei compagni, direi sacra,
soffrendo essi le mie stesse traversie e pericoli, mentre esisteva
l'unico antidoto, capace di guarire anche i mostri nazifascisti più
spietati e agguerriti: il piombo rovente, da usare senza parsimonia
anche con questi, costituendo un pericolo più esiziale dei nemici, ma
solo troppo tardi guarii da quella gravissima tabe, esiziale per chi
abbia la responsabilità di comandare altri uomini, gravemente affittiva,
impedendogli di fare il proprio dovere per chi ci crede, veramente nella
giustezza di quanto sta facendo, provocandogli continue e gravi
sofferenze morali per l'inutilità alla quale si era forzati, quando ti
portavano, ad esempio, dopo molte insistenze, a piantare una mina su una
strada e ti facevano transitare per un tragitto attraverso dei calanchi
che ti spossava, mentre dal transito improvviso di un'automobile nemica
nella notte ti accorgevi che sarebbe stato sufficiente percorrere un
facile cammino, cento metri circa più in alto, per tagliare il passo al
nemico e mandarlo all'inferno. Ora mi rendo conto che se avessimo
posseduto al meno in parte il coraggio dei kamikaze o dei combattenti
mussulmani avremmo potuto rendere impossibile o almeno infinitamente più
gravosa la permanenza dei nazifascisti sul nostro suolo, come l'attacco
di via Rasella dimostra.
SXC: Vorremmo partire dalla sua prima giovinezza; in che ambiente
familiare è cresciuto, sia a livello umano che di situazione sociale?
UFC: Nacqui nel 1926 e vissi con mio Padre Antonio, commerciante, di
generi alimentari, frutta e vino, mia madre Caterina, sua volenterosa e
coraggiosa cooperatrice, classe 1893, mia sorella Enrica, classe 1928,
studentessa magistrale, oltre all'anziana nonna materna Anna, religiosa
ma poco praticante, che degli Italiani e dei nostri compaesani nutriva
una pessima considerazione; mio Padre la chiamava, scherzosamente, la
Giunta, pure prediligendola, forse perché affastellava tutti gli
italioti, in quei tempi di fascismo montante, definendoli: "gente cui si
fa notte avanti a sera, gente da basto, da bastone e da galera" , senza
mai compiacersi di rivelarmi donde avesse mutuato quella definizione,
morendo a seguito di una caduta per le scale, prima di constatare che
mio Padre ed io eravamo di ben altro stampo, anche se, quanto a mio
Padre, lei l'aveva intuito, dato il rispetto che gli dimostrava.
Bertinoro fu un
paese che lo stesso Dante apostrofò assai peggio, rivolgendogli
l'invettiva : "Oh Bertinoro che non fuggi via che gita se n'è la tua
famiglia e molta gente per non esser ria", dove per alcune centinaia di
abitanti furono erette sulla fame popolo, nel medioevo, oltre una decina
di chiese e due conventi, uno per gli uomini e l'altro per le donne,
solo l'ultimo dei quali sopravisse al potere pontificio fino ad oggi.
Da mio Padre, fiero
mazziniano, agnostico e anticlericale, fui mandato in seminario, per
timore che subissi l'influsso del fascismo, propagandato nelle scuole e
volendo che imparassi bene il latino e l'italiano, allora ritenuti
necessari per essere un bravo avvocato, in quei tempi ritenuti
indispensabili per bene figurare in quella professione, dove mio Padre
auspicava di vedermi brillare, tuttavia non resistendovi più di un paio
d'anni prima di fuggire, trattenutovi solamente dal timore riverenziale
che nutrivo per lui; che invece ne fu felice quando mi rivide nella
bottega di generi alimentari, appena aperta, prima dell'alba, chiamando
mia madre: "Caterina vieni a vedere quella buona lana di tuo figlio che
è scappato!"rendendomi certo il suo tono e la faccia sorridente che non
avrei ricevuto il liscio e busso che temevo, avendomi sempre perdonato
le mie infinite marachelle, a condizione che mi comportassi bene a
scuola e ne traessi buon profitto, come sempre conseguii. Mio Padre,
classe 1883, aveva lavorato, ancora quasi bambino, accompagnando un suo
zio in Svizzera, quindi negli Stati Uniti, con diversi dei suoi
fratelli, uno dei quali vi perì nel crollo di un edificio, dal quale io
ereditai il nome, ritornando per andare in guerra a compiere il suo
dovere di completare il Risorgimento, guadagnandosi una croce di guerra
invece della medaglia d'argento propostagli dal suo comandante, quindi
fu il gestore del "Bottegone", una cooperativa di consumo repubblicana
fino a quando non venne il fascismo a distruggerla. Allora aprì una
bottega per suo conto, dall'altro lato della piazza Guido Del Duca che
la gente continuò a chiamare sempre il "Bottegone" e a frequentarlo in
massa, fino al giorno in cui lui fu massacrato dai repubblichini
bertinoresi il 1 maggio 1944. Io proseguii gli studi nel ginnasio-liceo
statale a Forlì ed appena ne fui in grado mi permise di guidare il
camion Fiat 501, usato per i suoi commerci, profittando dei nostri
viaggi insieme, durante l'estate, a scuole chiuse, per trasfondermi le
sue esperienze di vita e tutta la sua avversione contro l'odiato
Mussolini, traditore della sua antica fede socialista. Mio Padre,
oltreché per la memoria prodigiosa di Pico della Mirandola, era noto per
la forza erculea, avendo sgombrato da solo, ancora assai giovane, una
sala da ballo, gremita da forti minatori, appena sentì offendere il suo
Mazzini, maneggiando una panca, come una clava; io lo vidi due volte
irato: quando lanciò un peso da due chili, sfondando i due vetri della
vetrina, procedendo fino oltre la meta dell'antistante piazza Guido Del
Duca contro un villano che l'aveva offeso ingiustamente ed un'altra
volta contro un ubriaco che lo minacciò con un grosso coltello per
tagliare i cocomeri che lui gli strappò di mano, lanciando il
malcapitato, come un fuscello, su una piramide di grosse angurie,
appoggiate alle parte laterale di casa nostra, fino alle finestre del
secondo piano, facendole precipitare e poi sollevando quel minchione con
una mano, e dicendogli, con un sorriso: "Ed ora vai a casa di corsa" e
quello rispondergli: "Si, avete ragione, Tonino, si, ho bisogno di
dormire", e mio Padre: "Forse non ci arrivi,tanto sei ubriaco, puoi
dormire sul camion" che era parcheggiato lì vicino.
SXC:Come ha vissuto l'ascesa al potere del fascismo?
UFC: Mio Padre mi istruì a non mostrare mai avversione al fascismo,
dicendomi che presto sarebbe arrivato il momento in cui mi sarebbe
servito da scudo alquanta furbizia e ancora più coraggio, dopo il
sorgere dell'asse Roma-Berlino, prevedendo che il "buffone di Predappio"
avrebbe trascinato l'Italia in una guerra disastrosa e perduta in
partenza.
Quando i nazisti entrarono a Parigi e Strucadin, alias Amerigo Casadei,
squadrista e guardia comunale, marito di una cugina di mia Madre, corse
nel Bottegone a dirgli:"Tonino, abbiamo vinto, i tedeschi hanno preso
Parigi. Tira fuori la tua migliore bottiglia per festeggiare!" Lui lo
folgorò: "Povero patacca! Al momento opportuno vi arriveranno addosso
Stalin e Roosevelt, riempiendo l'Europa di carri armati, Hitler e
Mussolini non troveranno neppure il posto per sedersi." A Strucadin, io
ero presente e lo ricordo come fosse ora, si strinsero gli occhi come
abbacinati da una folgore e farfugliò: "Tonino, sei pazzo? Come puoi
dire una cosa simile?" "Io sono stato a Detroit nella fabbrica Ford ed
in altri stabilimenti simili, quando invece di auto costruiranno carri
armati e aeroplani oscureranno il sole ed i Russi faranno il resto." Gli
astanti rimasero invano in attesa che Strucadin ribattesse, ma egli
preferì andarsene in silenzio, sapendo che i presenti avrebbero creduto
a Tonino e non a lui. Aderì alla repubblichina e partì con gli altri
mostri per il Nord Italia, gettando la divisa alle ortiche il 25 aprile,
tentando di ritornare a casa, ma fu catturato nel ravennate dai
partigiani locali e mai giunse a Bertinoro.
SXC: Cosa la spinse a diventare partigiano?
UFC: Non di certo la fame, come accade a non pochi altri degli altri
partigiani, essendo la nostra famiglia una delle pochissime alle quali
in Bertinoro non difettò mai non solo il pane, ma nemmeno il
companatico. Ma con un Padre del genere non avevo altra scelta, lui mi
aveva preparato, ora si direbbe programmato per quel giorno,
insegnandomi da bambino il coraggio in ogni modo possibile, mandandomi
anche a tirare di boxe per sapermi difendere dai più grandi, portandomi
nel cimitero e al lume della luna, facendomi toccare con mano che le
ombre tracciate dagli alti alberi non nascondevano mostri, né spiriti
maligni e che nessun morto aveva mai assalito un vivo, assicurandomi
anzi che, specialmente di notte, poteva costituire un ottimo rifugio, in
caso di bisogno, dato che tutti vi stavano lontani a causa delle fisime
istillategli dai preti nella mente dei gonzi. Fu lui che, quando i suoi
amici lo informarono che i repubblichini stavano sul chi vive a mio
riguardo, dopo che gli avevo combinato grossi guai, depredando la casa
del fascio di tutte le armi che vi avevano ammonticchiato confidando che
nessuno avrebbe mai osato entrare nella tana dei leoni, come loro si
ritenevano, data la sottomissione sempre dimostratagli dai compaesani,
da un autocarro nel quale avevano lasciato due mitra li asportai coi
porta caricatori, mentre si stavano ubriacando per consolarsi di un loro
camerata morto in una resa dei conti cameratesca, effettuai una
sparatoria contro un auto tedesca sulla via Emilia, sia pure senza
conseguenze, essendo andato a segno, contro un parafango, solo una bomba
a mano da me lanciata, e non le pallottole sparate dai miei compagni, i
quali avevano preteso di avere le armi migliori, forzandomi a
consentirgliele perché mi seguissero, defissone o imbrattamento dei
manifesti repubblichini, sabotaggio di un trasformatore in una cabina
che forniva elettricità alla fabbrica SISMA che produceva spolette per i
tedeschi, etc, etc, che mi disse di partire per gli Appennini, dove ero
già entrato in contatto e partecipato a un paio di azioni col
Distaccamento Slavo, dopo che un suo amico, detto e Bret, falegname
mazziniano che, un poco brillo, aveva inveito contro Mussolini, fu
bastonato a sangue e lasciato pesto e svenuto, sotto un androne accanto
a casa nostra.
SXC: Domanda lunga e articolata: ci parli della SUA Resistenza. Dove ha
agito? I rapporti con i compagni e con le altre Brigate o Divisioni
partigiane? Episodi salienti e aneddoti?
UFC: Io ho speso tutta la mia vita a farmi dei nemici tra i fascisti, i
codardi, i reazionari e gli stolti, in una Italia dove, come ebbe a dire
il Generale Fanti, in Senato, a Garibaldi: "I Garibaldini in guerra sono
molto utili, ma in pace assai molesti." ed io sono sempre stato un
prototipo di quella specie e tale rimango per i codardi, i lestofanti, i
profittatori e gli imbecilli di destra, centro o sinistra, di qualsiasi
sia il colore della loro pelle, incorrendo nei guai conseguenti, in
tutti i continenti.
Nelle due brigate, 8ª Brigata Garibaldi e 29ª Brigata GAP Gastone Sozzi,
in cui militai, non ebbi mai contezza di contrasti politici, essendo
comandate e dirette da comunisti e considerandosi ogni partigiano un
comunista, anche se tra noi vi era qualche socialista, cattolico o
repubblicano, sia pure in esigua minoranza, senza neppure sapere, da
parte di molti, cosa significasse esattamente il comunismo, trascinati
dalla grande ammirazione per l'Armata Rossa che le stava suonando di
santa ragione ai nazisti!
Ebbi notizia di gravi dissidi del nostro Comando solo con coloro che,
per evitare rappresaglie, pretendevano di lasciare, in esclusiva, agli
eserciti Alleati la funzione di sconfiggere i nazifascisti, tendendo a
mantenere la guerra il più lontano possibile dalla propria soglia di
casa, timorosi persino che le loro galline diminuissero la produzione di
uova, terrorizzate da bombe, granate e raffiche, come accade ora per le
centrali atomiche, la TAV, i bruciatori, le autostrade, gli aeroporti
etc, etc. Col primo Comandante Libero io non ebbi mai contrasti avendomi
sempre trattato con grande benevolenza ed una volta gli fui di notevole
aiuto, evitandogli uno scontro coi Compagni Sovietici che pretendevano
mano libera negli attacchi ai nazifascisti, per innato impulso di
vendetta dopo l'inferno vissuto nei campi di concentramento ed anche per
essere il miglior modo di rifornirsi, fino allora avendo gli Alleati
promesso tanto, ma ancora di là da venire, mentre lui avrebbe preteso
che ogni attacco fosse condotto in sintonia col Comando, concedendogli
di procedere, infine, in zone lontane, come mi aveva già consentito di
attaccare a Bertinoro, lontano una cinquantina circa di km in linea
d'aria. Mentre ebbi dal suo apparire delle vivaci discussioni con
l'ultimo Comandante Pietro dell'8ª Brigata Garibaldi per sapere dov'era
finito il suo predecessore Compagno Libero, sul quale circolavano strane
voci, scomparso, unitamente alla giunonica e bionda Compagna Zita,
staffetta del comando di Brigata ed ancora più dopo lo scontro in cui a
Ranchio di Sarsina(FC) soffrii una ferita trasfossa al costato destro,
da una palla di moschetto, sparata nella schiena di un fascista col
quale stavo colluttando da un suo retrostante camerata, uccidendolo e
liberandomi, mentre stavo per sparargli con la pistola, permettendomi
quindi di scaricare tutto il caricatore delle Sten, nel quale lui aveva
infilato un dito nella feritoia di uscita della cartucce esplose,
inceppandolo e poi di lanciare contro la masnada in fuga due potenti
bombe a mano inglesi; nell'attraversare poi una strada sottostante,
incontrai una mitragliatrice Breda abbandonata, col caricatore innestato
che, nonostante fossi ferito e sanguinante, sparai in direzione dello
scalpiccio di altri nemici in fuga, asportando poi la massa battente. Se
il Comandante Pietro avesse avuto il coraggio di mandare le compagnie
disponibili, si sarebbe potuto salvare il Compagno Fantini, rimasto
disperso, mentre il terzo era ritornato, anche lui ferito da due schegge
al petto, portando l'errata notizia che ero stato catturato, mentre non
aveva certamente visto nulla del genere, se non nella sua mente confusa,
essendo il suo primo scontro, avendo anche perduto il fucile; soffrì
dolori lancinanti quando gli furono estratte, senza anestesia, di cui il
nostro medico difettava, due schegge, infitte sotto una mammella, che
gli avevano causato la suppurazione delle ferite, mentre io dovetti
immobilizzarlo sulla sedia, tentando di fargli coraggio con le mie
barzellette di basso conio. Appena arrivato avevo chiesto al Comandante
Pietro di precipitarsi a Ranchio con tutte le forze disponibili, stante
lo sbandamento del nemico, offrendomi di ritornarvi, sia pure a cavallo,
ma non fui ascoltato, tanto era il timore di provocare un rastrellamento
in forze da parte dei nazisti e il Fantini, dopo avere ricevute dal
Parroco alcune cure palliative agli occhi, rimasti offesi dalla vampa di
una delle tante bombe a mano che i tremebondi repubblichini
dell'esercito di Graziani si gettarono tra i piedi, durante il corpo a
corpo notturno, tre di noi contro una ventina di loro, mentre molti
altri erano appostati altrove, dentro e attorno al piccolo borgo, si
lasciò convincere dal prete a consegnarsi al comandante nazista della
Piazza di Forlì, accorso sul posto, per evitare che una decina di
ostaggi locali fossero fucilati ed il borgo bruciato, venendo torturato
barbaramente, non apparendo credibile al ganghero nazista che in tre
soli avessimo provocato tutto quello sconquasso, quattro morti secondo
una lettera scritta dal Comandante della Brigata e diversi feriti, ma a
me parvero molti di più, almeno i caduti al suolo, che non andai
ovviamente a controllare se fossero morti, solo svenuti per lo spavento
o feriti. Fu proposta al Compagno Fantini ed assegnata la medaglia
d'argento sulla base di una sfilza di falsi, essendo arrivato in quei
giorni, contrariamente a quanto scritto nella proposta della medaglia,
mentre gli sarebbe stata dovuta la medaglia d'oro, che io tentati di
ottenergli, dopo il mio ritorno dall'Africa, inutilmente!
Leggendo la quanto mai falsa relazione del Comandante di Brigata circa
il Compagno Libero e la Compagna Zita, tacciata della misogina accusa di
essersi concessa agli uomini delle case dove fu ospitata nel ravennate,
prima di raggiungere la Brigata, creando dissapori nelle famiglie degli
ospiti, oltre all'accusa di esibire oggetti d'oro che non avrebbe dovuto
possedere, della cui falsità io ero certissimo, avendo intrattenuto con
lei una felice relazione, sia pure per poche settimane, a causa del
rovinoso rastrellamento, senza mai notare su di lei un qualsiasi
ornamento d'oro, né d'altro genere. Nel 2004 chiesi al Congresso dell'ANPI
forlivese di decidersi almeno a riconsegnare le salme ai famigliari,
venendo applaudito, ma circa un paio di mesi dopo ricevendo la notifica
dell'espulsione dall'Associazione, disposta dal Direttivo Provinciale,
alla quale risposi, non essendo la Direzione nazionale intervenuta, come
avrebbe dovuto a norma di statuto, per confermarle o annullarle, con le
mie dimissioni. Nel 2000, quando ebbi modo di leggere la calunniosa
relazione dell'ultimo Comandate della Brigata, dove accusa tutti i suoi
compagni caduti di tutto ed ancora di più, in particolare di delazioni,
dopo essersi consegnati, a suo dire, al nemico, con esclusione di lui
stesso che fu in parte notevole il responsabile della distruzione della
nostra Brigata per la sua incompetenza assoluta, da me fino ad allora
avendolo ritenuto incolpevole di quel disastro, se fosse rimasto
silente, l'imbecillità non essendo una colpa ma una disgrazia. Durante
la Resistenza di quelle morti e sparizioni correvano voci confuse e lo
scontro finale col nuovo Comandante avvenne solamente a causa
dell'assolutamente immeritata uccisione del caro Compagno Aslan, un
oriundo del Cuban sovietico, del quale ordinò l'uccisione col falso ed
insulso pretesto che era un infiltrato, deducibile dallo scarso possesso
della lingua Russa, fatto del tutto normale essendo egli un montanaro e
guardia boschi di professione, fino a quando non fu arruolato
nell'Armata Rossa e poi catturato dai nazisti; ma in verità per una
iniqua e futile ragione che ometto di rivelare, intendendo
differenziarmi in tutto dalle infami ed insuperate menzogne da lui
architettate e scritte, a vituperio dei suoi compagni, molti dei quali
periti per la sua bestiale incompetenza, durante il rastrellamento
nazista dell'aprile 1944, effettuato dalla divisione speciale nazista
Hermann Goering e dai repubblichini emiliano-romagnoli in funzione di
soli tirapiedi, non facendosi questi mai incontrare in combattimento,
limitandosi a trucidare i prigionieri e a depredare il bestiame, i soli
beni fungibili, reperibili nei miserrimi casolari appenninici in quei
tempi calamitosi. Aslan, giunto dopo il rastrellamento, insieme ad altri
quattro o cinque soldati sovietici che avevano come lui disertato dalla
Wehrmacht, ponendosi ai miei ordini, e lui, senza esserne richiesto,
compiendo atti di leonino coraggio contro i nazisti, mentre io
esercitavo il comando nella zona dove ci eravamo attestati, prima della
comparsa del nuovo Comandante, in occasione di alcune puntate offensive
nemiche.
La sola compagnia
uscita indenne dal rastrellamento fu la mia 9ª, avendo ottenuta dal
Comandante Libero l'autorizzazione a tentare lo sganciamento,
considerato la nostra situazione di quasi disarmati, attuando, quindi,
la corretta tattica evasiva e quella, quando possibile, del mordi e
fuggi Erano stati già trucidati mio Padre, mio Zio e mio Cugino e quando
appresi la ferale notizia dell'uccisione di Aslan mi sembrò di
impazzire, decidendo di farla finita e al calare della sera mi diressi
verso il Comando, situato nel Castellaccio, su un colle di fronte a
Pieve di Rivoschio di Sarsina(FC), senza rispondere ai ripetuti avvisi
della sentinella di qualificarmi, per indurla a spararmi la raffica
liberatrice, risparmiatami dall'intervento del Commissario di Brigata
Bernardo che mi riconobbe e la fermò in tempo. Ne segui uno scontro col
Comandante di Brigata, non terminato nel sangue solo per essersi, di
nuovo, interposto il bravo Commissario che mi indusse a riprendere il
controllo, piangendo insieme a me quella morte ed offrendomi di assumere
il comando di uno dei due distaccamenti della GAP, operanti in Forlì.
Accettai, ma la mia innocenza giovanile fu turbata per sempre, anche per
quanto mi accadde in seguito ad opera degli attendisti, codardi e
sabotatori, non essendo mai stato capace di decidermi a usare contro
quei vigliacchi e la loro tabe l'unica terapia risolutrice anche contro
i feroci e perfettamente addestrati nazisti: il piombo infuocato ed a
raffica od almeno la pistola e il pugnale! Durante il rastrellamento
fummo costretti a ritornare dentro il cerchio nazista per prelevare la
parte di armamento, riservatoci dal Comandante Libero, a suo pressante
ordine scritto, dal primo rifornimento aereo degli Alleati e quindi
intraprendere una nuova e perigliosa evasione, sia pure col sollievo de
essere entrati in possesso di uno Sten ciascuno, con abbondante
munizionamento, bombe a mano, soldi e divise, ma non commestibili. Di
giorno ci nascondevamo tra i boschi e di notte scarpinavamo, condotti da
un esperta staffetta; uscito alla ricerca di cibo, incontrai il
Distaccamento Sovietico che mi concedette una meravigliosa
mitragliatrice leggera Lewis, usata dagli Inglesi nei loro aerei nella
Grande Guerra, che sparava oltre una decina di proiettili del fucile
Inglese al secondo, portando dei capaci caricatori da cento colpi,
adattata da quelle esperte mani a mitragliatore, con l'aggiunta di un
sostegno a V rovesciata, con la quale, come sta scritto nella proposta
di medaglia d'argento, tenni fermo, da solo, non alla testa della mia
compagnia, come scrissero nella motivazione, un battaglione nazista,
abbattendone in quantità, usando la tattica della pulce col leone,
insegnatami dai Compagni Sovietici, fino a quando si surriscaldò, non
essendo raffreddata dal vortice delle eliche, scoppiandole la canna, ma
senza ferirmi, avendo già ricevuto la mia prima ferita con un colpo del
calcio di Mauser alla regione occipitale sinistra, quando si inceppò e
dovetti orinarle sopra per disincagliarla, profittandone per tentare di
ammazzarmi l'ultimo dei tre tedeschi, giuntimi addosso, sbucati dal
sottobosco dove avevano gattonato per sfuggire alle mie raffiche,
riuscendo ad abbattere pure lui, in sequenza, con un colpo di pistola,
sparatogli da terra, dov'ero finito per la violenza della percossa
infertami col calcio del suo Mauser, franandomi addosso e imbrattandomi
col suo sangue. Io agii prima in Bertinoro, poi sugli Appennini ai
confini con la Toscana e le Marche, quindi nei dintorni della città di
Forlì e di Dovadola, terminando la Resistenza in Forlì all'arrivo degli
Inglesi, poi continuando a fare del mio meglio quale scout per gli
ultimi arrivati, tanto per poter continuare a regolare i conti rimasti
in sospeso coi repubblichini e coi nazisti, senza preferenze, gli uni e
gli altri essendo per me pari. Nel contempo formai la sezione comunista
a Bertinoro, coadiuvato dal Compagno Piupin e dal Compagno Bruno ad
Marianel, riuscendo a tesserare nel Partito circa 2.200 compagni su non
più di 8.800 abitanti. Nello scontro col battaglione tedesco, ad un
certo punto, mi venne incontro, dopo la sofferta ferita e prima dello
scoppio della Lewis, un ufficiale, munito di bandiera bianca che prima
tentò di parlarmi in Russo, lingua alla quale non fui in grado di
rispondergli, decidendosi infine a parlarmi in Italiano: "Il mio
comandante per il tuo valore ti offre l'onore delle armi ed un
salvacondotto"; offeso che mi ritenesse tanto italiota da abboccare, mi
alzai, gli gridai merda in tedesco, come avevo appreso dai Russi, se
bene ricordo, ma non ne sono certo: " farfluten saizen" o qualcosa del
genere, e gli sparai in faccia da una trentina di metri o forse meno,
affrettandomi a cambiare subito, da brava pulce, di posizione, per
evitare le zampate del leone nazista infuriato. Si aprì l'inferno con
tutte le armi di cui disponevano i nazisti, venendo all'assalto in
massa, decisi a farla finita ed io dovetti ancora abusare della
superlativa Lewis, fino a quando scoppiò, non lasciandomi altro scampo
se non di abbandonarla e di darmela a gambe levate, al massimo della
velocità consentitami dai postumi del precedente scontro coi tre
tedeschi, con la testa dolente ed il naso tumefatto, intanto gonfiatosi
a dismisura che mi permetteva di respirare quasi solo a bocca aperta,
essendo stato colpito di striscio dal calcio del Mauser, fortunatamente
attutito e deviato dall'elmetto tedesco che avevo raccattato in una
delle mie tante ritirate, avanzate e giravolte per frastornarli. I
tedeschi, per quanto fossero di una divisione speciale, come tutte
quelle che invece di un numero portavano un nome, si dimostrarono, fino
dall'inizio, assai impressionati dalla mia Lewis, dopo che si resero
conto che, ad ogni sua raffica, una delle loro squadre sorte in piedi,
era abbattuta all'indietro con piroette non affatto eleganti, iniziando
a venirmi incontro solo strisciando ma esponendosi più a lungo alle sue
sia pure assai più corte raffiche, ma non meno efficaci, con esiti
sempre deleteri e sanguinosi; ciò mi fu di notevole aiuto, permettendomi
di concedere qualche respiro alla Lewis, ma non più alla fine quando
vennero in massa, sotto l'impulso di una strana musica che non avevo mai
udita prima, né dopo, senza che m'importasse tanto, essendo io stonato
nel canto ed un pessimo ballerino. Fui ancora una volta fortunato,
incontrando un prete che mi fornì del cibo e un terrorizzato montanaro
che, di fronte ad una moneta da venti Lire in una mano e la P08
nell'altra, scelse di farmi da guida, permettendomi di ritrovare i miei
compagni che mi attendevano, ancora a stomaco vuoto, nessuno degli altri
avendo conseguito di trovare nemmeno una briciola in quel deserto di
miseria e di terrore. Quando lo raccontai a mio Padre, nel nostro ultimo
incontro, gli balenò un ampio sorriso che bastò a rasserenarmi nei
foschi giorni della mia vita futura, avendomi anche vaticinato quanto
poteva accadermi, come al suo grande nume Mazzini, fino agli ultimi anni
della sua vita. Quale aneddoto posso raccontare che appena arrivati a
Strabatenza dove aveva sede il comandando della Brigata venne a
visitarci un tizio coi gradi di comandante di compagnia che dopo
sperticate lodi al nostro coraggio e valentia essendo arrivati con tutta
quella neve che ancora copriva gli Appennini ci chiese di consegnargli
tutte le nostre armi che ci sarebbero restituite insieme ad altre appena
la nostra compagnia fosse stata formata e noi gli credemmo, ma quando ci
presentammo dall'Intendente Curpet, quello si mise a ridere,
consegnandoci solo cinque o sei vecchi fucili, con pochi caricatori,
anche se noi eravamo trentadue. Io avevo però segnato in un foglietto
almeno il numero di matricola della mia pistola Beretta, calibro 9,
comprata da un ritornato dal fronte per mille lire, ed un giorno la
rividi in mano di quello che me l'aveva fregata, allora io vestivo i
gradi di commissario di compagnia e lui quelli di comandante, io tre
stelle nere su un triangolo rosso, lui tre su un triangolo verde,
portavo il cappello e lui non mi riconobbe, essendone privo quando ci
incontrammo, stava facendo il tiro a segno con la mia pistola ed io la
riconobbi subito, finsi di ammirarla e gli chiesi se potevo esaminarla,
non avendone mai viste di così belle e lui me la porse sorridendo; io
controllai la matricola e gli dissi: "Questa pistola è mia, tu me la
fregasti il giorno del mio arrivo." Lui mi riconobbe, si finse offeso e
tentò di mettere mano al mitra, appoggiato al muro, ma io lo fermai,
puntandogli la pistola: "Non costringermi ad ammazzarti, andiamo dal
Comandante Libero e lasciamo a lui decidere." Lui assentì, obtorto
collo, e Libero, uditi entrambi, estrasse da un cassetto una Luger e mi
disse:"Prendi questa e ridagli la tua." Aggiungendo: "Poi stringetevi la
mano." Così finii il primo e sperai l'ultimo mio litigio con compagni
nell'8ª Brigata, senza prevedere cosa mi sarebbe accaduto, dopo qualche
mese, col nuovo Comandante Pietro.
SXC: Ci vorrebbe dare anche il suo parere da un punto di vista
politico-militare? La Resistenza è stata o non è stata anche lotta di
classe? Aveva, a suo avviso, le potenzialità per sfociare in una
Rivoluzione sociale?
UFC: Tutti i partigiani, nessuno escluso, si attendevano dopo il
disarmo, di costituire il nuovo esercito italiano, sostituendo la
polizia ed i carabinieri collusi coi nazifascisti e soprattutto di non
cadere di nuovo sotto gli artigli degli antichi succhioni coronati e
padroni sfruttatori, quindi in un certo senso fu anche una lotta di
classe, nessuno prevedendo che saremmo stati, nuovamente, depredati
della nostra dimane, com'era sempre avvenuto nel passato.
Mio Padre, nel pomeriggio precedente la sua fucilazione, mi impartì
alcuni consigli e ammaestramenti, lui fiero mazziniano che rivendicò
tale sua fede in fronte ai mostri, come li chiamava lui, che erano
venuti a prelevarlo per assassinarlo: sapendo che sarebbe stato ucciso,
essendo stato avvertito dal gestore dell'Albergo del Sole, ora Albergo
Colonna, che i mostri lo avevano posto per primo nella lista di quelli
da eliminare in caso di future rappresaglie, la notte del 6 aprile, dopo
l'uccisione di due soldati nazisti da parte di un commando di tre
partigiani ai miei ordini, essendo i collaborazionisti bertinoresi stati
sorpresi dai soldati nazisti, accorsi dai loro vicini accantonamenti,
avvinazzati ed incapaci di spiegare cosa stavano facendo in mezzo a quei
morti, quindi disarmati, perquisiti e trovati in possesso di un anello
con lo stemma delle SS e di altri ammennicoli sottratti ai morti.
Salvandosi perché un capitano, alloggiato nell'Albergo del Sole, dove
furono accompagnati a calci, pugni ed altre gradevolezze naziste, li
aveva visti partire alquanto dopo la raffica e lo scoppio della mia
bomba a mano. Mio Padre, pure sapendo che sarebbe stato ucciso, a me che
lo imploravo di venire via con noi per tema di quanto poteva
succedergli, mi tenne nascosto l'informazione ricevuta e rispose: "Io ti
ho sempre insegnato il coraggio, tu non puoi pretendere da me un atto di
vigliaccheria" ed io non trovai la forza di insistere, andicappato dal
mio grande rispetto per lui e dal sentirmi in colpa per avere
consigliato a mio cugino Guerrino Pasini di procedere verso gli alti
Appennini, invece di rimanere con me, temendo ciò che poteva accadergli,
affetto da forte miopia e militesente, se fossimo incappati, noi 32, dei
quali solo sei armati di moschetto, quasi senza munizioni e con un mitra
con due soli caricatori da venti colpi, qualche bomba a mano e niente
altro; errore madornale commesso ritenendo che, come a noi, gli sarebbe
stata assegnata una brava staffetta in grado di guidarlo, insieme ai
molti altri disarmati, mentre contrariamente a quanto mi era stato
promesso, ciò non avvenne, nella grande confusione provocata dal
massiccio e concentrico attacco nazista. Mio Padre mi fece un sobrio
racconto sulla sua vita, principalmente sulle sue esperienze di guerra,
trasferendomi, per l'ultima volta, tutto il suo sapere ed esperienze,
impartendomi anche le istruzioni dettagliate per imboscare i criminali
repubblichini che ogni notte, stolidamente, senza adottare alcuna
precauzione, neppure dopo quanto era accaduto ai due nazisti, un paio di
settimane prima, andavano a spasso per il paese, confidando nella
codardia dei compaesani, esperimentata durante le ventennali
sopraffazioni inflittegli.
E concluse, profeticamente: "Se dopo la vittoria il Papa ed il Re non
saranno giudicati almeno per collaborazionismo, noi avremo combattuto
invano." " Ai mostri da tutto quello che meritano, senza risparmiare
niente a nessuno." "Tu continua a combattere coi comunisti, essendo i
soli che si danno un poco da fare, ma non dimenticare che Togliatti ha
già colluso con la monarchia a Salerno ed in Spagna fece ammazzare tanti
valorosi combattenti anarchici." Mi mostrò l' "Osservatore Romano", con
tratteggiato in rosso il trafiletto relativo all'attentato di via
Rasella e alla strage delle Fosse Ardeatine, del mese prima: "Di fronte
a simili fatti ogni animo umano rimane profondamente addolorato in nome
dell'umanità e dei sentimenti cristiani. 32 vittime da una parte; 320
persone sacrificate per i colpevoli sfuggiti all'arresto, dall'altra."
Aggiungendo che in tempo di guerra un articolo come quello era più che
sufficiente per la fucilazione alla schiena di chi lo aveva
commissionato o permesso, insieme al direttore del giornale,
raccomandandomi di fare molta attenzione alle sconsiderate giravolte dei
miei compagni, sempre pronti a mutare di parere, come la donna della
romanza che, mobile qual piuma al vento, muta d'accento e di pensier. Lo
seguii da dietro la finestra mentre si allontanava a testa alta, sotto
il cappello a larghe tese, con passo fermo e sicuro, lui che sapeva di
andare a morte, come se partecipasse alla sfilata della vittoria contro
l'odiato fascismo. Da casa nostra, dove aveva sperato rifugio, era stata
nuovamente sequestrata dai torturatori della Rocca delle Camminate, non
avendo considerando che io nel mio paese ero ritenuto molto più
pericoloso che non suo fratello dove loro abitavano, mentre la prima
volta era avvenuto a casa sua, dove aveva rifiutato di ritornare, la
sorella del Comandante della mia compagnia, nella quale io esercitavo le
funzioni di pari grado, in qualità di commissario politico, e mio Padre
mantenne il segreto circa quanto sapeva, avendo ritenuto che non si
dovesse permettere, a nessun costo, a quei mostri di ritornare nel loro
covo, dove usavano, fare sodomizzare da un grosso cane lupo alzaziano i
prigionieri restii a collaborare, fotografandoli, dopo averli ubriacati
e drogati, per mostrargli le foto meglio riuscite e dirgli, appena
ritornati compus sui: " Continua pure a fare l'eroe se preferisci che
mostriamo queste fotografie ai tuoi famigliari perché comprendano le
ragioni per cui ti fucileremo.", come avevamo appreso da due di quei
mostri da noi imboscati, appena una settimana prima, interrogati
separatamente, ricevendo da entrambi le stesse risposte; ma quella
povera vittima essendo, posteriormente, liberata, non avendo altra colpa
che di essere la sorella di un partigiano, essendosi quindi sposata e
partorita una figlia, ma infine suicidatasi, come ebbi modo di
apprendere al mio ritorno dall'Africa. Nella decade del 1950, dopo la
mia scarcerazione, appresi dal Compagno Secchia che Stalin ebbe a
raccomandargli di non pensare nemmeno ad una insurrezione in Italia,
perché avrebbe posto a repentaglio gli accordi intervenuti, a Yalta, tra
le grandi potenze per la suddivisione delle sfere di influenza. Dato che
il PCI fu sempre un "salariato" dell'URSS, ritengo che, solamente ai
tempi della crisi di Cuba, un tentativo sarebbe stato possibile, ma solo
in caso di guerra USA/ URSS. Tuttavia un comportamento più fermo e
deciso nei confronti delle prevaricazioni antipopolari democristiane
sarebbe stato assai auspicabile e fattibile, se invece Togliatti non
avesse optato per l'arrendevolezza e gli inciuci a tutto campo che
dovevano riportare, sia pure a lungo termine, i fascisti al governo. Il
macroscopico errore di Togliatti colla sua amnistia e trasformismo
l'Italia lo pagò non solo cone le stragi fasciste e di Stato, ma noi
partigiani con molte migliaia di anni di galera e le classi lavoratrici
con la repressione sistematica, subendo, solo tra il 1948 e il 1953,
93.000 lavoratori processati e di questi 61.243 condannati a 20.426 anni
di galera, mentre 75 lavoratori furono sommariamente uccisi dalle "forze
dell'ordine" di lorsignori e 5.104 feriti, mentre il costo del lavoro fu
mantenuto alla metà di quello degli altri paesi industrializzati; da
tale orrenda macelleria all'ingrosso ed al minuto e abietto sfruttamento
essendo originato il "miracolo economico", del quale si usa dare vanto
ai vari "padri della patria" che, su quel sudore forzato e rubato,
lacrime e sangue permisero ai "padroni del vapore" di costruire le loro
fortune, in particolare alla FIAT, se è vero quanto pubblicato sui
giornali, che ricevette sovvenzioni, in varie forme e misure, per un
ammontare superiore al suo valore in borsa al momento, qualche anno fa,
quando lessi quella notizia. Dopo avere prima esentato da pena il
Presidente Valletta e compari di merende che pure avevano fattivamente
quanto lucrosamente collaborato coi nazifascisti ed in ultimo nominando
senatore a vita l'Avvocato Agnelli del quale sarebbe opportuno conoscer
i meriti specifici alla base di tanto onore e chi fu il Presidente della
Repubblica che lo appuntò.
SXC: Cosa ha fatto nell'immediato dopoguerra? Ha conosciuto anche la
galera?
UFC: Dal 1946, appena il Governo Militare Alleato fu sostituito dal
Governo Italiano, io mi venni a trovare nello stato, per certi versi
peggiorato, dei « combattenti nemici non legittimi » prigionieri nella
base statunitense di Guantamano, a Cuba ed altrove, che non godono della
protezione della Convenzione di Ginevra, né del sistema giudiziario
statunitense, trattamento riservato dagli yankee ai sospetti
"terroristi" mussulmani che, in contraddizione di un'affermazione della
democrazia, passa attraverso la negazione dei suoi principi fondanti. I
nostri governi tentarono di provvedere l'impunità ai repubblichini, di
fatto assicurandogliela, con l'amnistia togliattiana/degasperiana del 22
giugno 1946, e addirittura la rimozione totale dei crimini di guerra
nazisti mediante l' "Armadio della Vergogna" che garantì l'impunità
anche ai criminali nazisti colpevoli delle oltre 432 stragi grandi e
piccole perpetrate in Italia, inoltre con la mancata estradizione dei
1.857 criminali di guerra italioti, richiesti dalle nazioni che ne
soffersero la sanguinosa dominazione, impregnando e impestando con tali
ingiuste misure e morbo esiziale tutta la nostra storia, di cui quanto
mi è accaduto sempre ed anche ultimamente, ne costituisce un'ulteriore
conferma, avendo io contravvenuto e tentato di oppormi all'insipienza e
tabe italiota, ragione per cui è lecito attendersi altre crimini
architettati a mio danno, quanto meno persecuzioni.. Chi ne dubitasse
minimamente dovrebbe leggere il libro "L'amnistia Togliatti" del Prof.
Mimmo Franzinelli, edito da Mondatori e "L'Armadio delle vergogna" di
Franco Giustolisi, edito da Nutrimenti srl di Roma, scritti sulla base
di documentazioni ineccepibilmente probanti, anche se le cose andarono
alquanto peggio, situazione che sembrerebbe impossibile a chi non ha
potuto consultare come me i file della Sezione Quinta del KGB, avente
giurisdizione sull'Italia, dai quali potei accertarmi che le nostre
disgrazie ed infamie sono sempre state infinitamente superiori al
credibile, dai tempi dell'Ocrana a quelli del KGB e che lo saranno
quindi fino al prevedibile futuro, dovendosi dedurre, se tanto mi da
tanto, che fanno parte imprescindibile del nostro DNA. Ad iniziare dal
10 giugno 1946, scontai sei anni di carcere, non profittando della
possibilità di fuga offertami, durante la traduzione da Bologna a
Pesaro, nel 1947, avendomi mia Madre portate le chiavi dei manettoni,
delle quali usufruì un mio compagno di catena, nella stazione di
Bologna, perdendosi nella notte, mentre io rimasi per non mancare
all'appuntamento coi criminali repubblichini assassini dei Cinque
Martiri del 1 maggio 1944, in Bertinoro, rifiutando, negli anni
seguenti, di avanzare domanda di grazia, come mi era stato suggerito
dall'On. Umberto Terracini, in buoni rapporti col guardasigilli
Gonnella, due anni prima di finire la pena nel 1952. Tentai del mio
meglio per eseguire il lascito di mio Padre, sbattendo infine contro
l'imprevisto tradimento di un mio caro compagno di lotta durante la
Resistenza che però, poi, si riabilitò, tentando di aiutarmi, ma
finendo, dopo la sua evasione dall'ospedale di Forlì, nella legione
straniera francese in Indocina, venendo quindi consegnato all'Italia che
lo tenne in carcere per quattordici anni, ed io fui a visitarlo, ma
senza potergli essere di qualche aiuto, se non economico.
SXC: La sua lotta rivoluzionaria valicò poi i confini d'Italia, cosa
fece in quegli anni? Perché non scelse una vita tranquilla come hanno
preferito tanti suoi compagni partigiani?
UFC: Non potevo comportarmi diversamente senza tradire mio Padre e feci
tutto il possibile e l'impossibile per tentare di evitare quanto egli
aveva previsto e si è verificato, pure non essendo l'Apocalisse che ora
ci attende, insieme all'intera umanità, senza che gli italioti ignavi,
stolti e codardi se ne sono ancora accorti, data la maldestra e
maledetta china intrapresa dopo Berlusconi dal governo Prodi.
Dagli emuli di Togliatti che mai seppero vedere nell'infausta amnistia
l'inizio concreto, dopo la Svolta di Salerno, della nostra catastrofe
morale prima di quella materiale, fino a giungere all'antifascismo
intermittente della sinistra attuale, dimostrato oltre che da fatti
specifici quali il Governo Milazzo in Sicilia con l'appoggio missino, da
dichiarazioni pubbliche in tal senso, ad iniziare dal "rispetto per i
vinti", propugnato da un politico senza vergogna, niente di meno che
alla commemorazione dei Martiri delle Fosse Ardeatine, di fronte ai
famigliari delle stesse vittime; alla proclamata necessità di indagare
le ragioni per cui tanti giovani avevano aderito al fascismo
repubblichino, parole pronunciate alla Camera dei Deputati da un altro
sinistrorso dall'antifascista intermittente, alle quali io risposi
invitandolo a venire a chiederlo a mia sorella Enrica, quando i
repubblichini prelevarono nostro Padre ed avendo notato le molte carte
da mille Lire nel suo portafoglio, quando ne estrasse la carta di
identità richiestagli, chiesero a mia Madre di consegnargli tutti i
soldi, impediti da una SS che, minacciandoli con la sua pistola
mitragliatrice, gli comandò: "Solo papir, soldi lasciare signora!"
Comportamento identico mantenuto in tutte le stragi delle quali venni a
conoscenza, quando tutti i mostri repubblichini vi accorrevano all'unico
scopo di depredare i vivi ed i cadaveri. Senza parlare di un'altra
infame pronuncia da parte di un più altolocato sinistrorso che non si
peritò dal sostenere che sarebbe stato meglio se Mussolini non fosse
stato eliminato, ma tratto in giudizio, dimenticando, volutamente,
quanto accadde al maresciallo Graziani, al principe Borghese e a
tantissimi altri "mostri" altolocati, sfuggiti alla giustizia
partigiana. . La fortuna non avendo, però, mai arriso almeno agli ultimi
due di quei messeri, miranti al Quirinale anche coi voti dei fascisti di
Alleanza Nazionale, a tanto essendo ridotta la nostra disgraziata
Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, donna
non di provincia ma bordello, come direbbe l'ottimo Dante!
A noi, in tanto sfacelo morale non ci resta che mutuare, se non il
coraggio, dato che chi non ce l'ha non se lo può dare, secondo Manzoni,
che l'invocazione dei nostri padri latini: "Montes operite nos!"
Tutti i partigiani, nessuno escluso, si attendevano dopo il disarmo, di
costituire il nuovo esercito italiano, sostituendo la polizia ed i
carabinieri collusi coi nazifascisti e soprattutto di non cadere di
nuovo sotto gli artigli degli antichi padroni. Mio Padre, nel pomeriggio
precedente la sua fucilazione, mi impartì alcuni consigli e
ammaestramenti, lui intemerato mazziniano che rivendicò tale sua fede di
fronte ai mostri, come li chiamava lui, che erano venuti a prelevarlo
per assassinarlo: sapendo che sarebbe stato ucciso, essendo stato
avvertito dal gestore, certo Rossi, dell'Albergo del Sole, ora Albergo
Colonna, che i mostri lo avevano posto per primo nella lista di quelli
da eliminare in caso di future rappresaglie, in una notte dell'aprile
'44 dopo l'uccisione di due soldati nazisti da parte di un commando di
tre partigiani ai miei ordini, essendo i collaborazionisti bertinoresi
stati sorpresi dai nazisti, accorsi dai loro vicini alloggiamenti,
disarmati, perquisiti e trovati in possesso di un anello con lo stemma
delle SS e di altri ammennicoli sottratti ai morti.
Salvandosi perché un capitano alloggiato nell'Albergo del Sole, in
Bertinoro, dove furono accompagnati a calci, pugni e di altre
gradevolezze naziste, li aveva visti partire alquanto dopo la raffica e
lo scoppio di una bomba a mano. Egli, pure sapendo che sarebbe stato
ucciso, a me che lo imploravo di venire via con noi per tema di quanto
poteva succedergli, mi tenne nascosto l'informazione ricevuta e rispose:
"Io ti ho sempre insegnato il coraggio, tu non puoi pretendere da me un
atto di vigliaccheria" ed io non ebbi la forza di insistere, andicappato
dal mio grande rispetto per lui e dal sentirmi in colpa per avere
consigliato a mio cugino Guerrino Pasini di procedere verso gli alti
Appennini, invece di rimanere con me, temendo ciò che poteva accadergli
se fossimo incappati nei nazisti, noi in 32, dei quali solo sei armati
di moschetto, con non più di un paio di caricatori ciascuno ed un mitra
con due soli caricatori da venti colpi, qualche bomba a mano e niente
altro, errore commesso ritenendo che, come a noi, gli sarebbe stata
assegnata una brava staffetta in grado di guidarlo in salvo, insieme
agli altri molti disarmati. Mio Padre mi fece un sobrio racconto sulla
sua vita, principalmente sulle sue esperienze di guerra, trasferendomi,
per l'ultima volta, tutto il suo sapere, impartendomi anche le
istruzioni dettagliate per imboscare i criminali repubblichini che tutte
le notti, stupidamente, senza adottare alcuna precauzione, dopo quanto
era accaduto ai due nazisti, poche settimane prima, andavano a spasso
per il paese, sentendosi al sicuro, tra le mura del Paese, al riparo
della paura dei compaesani, sempre dimostrata durante la ventennale
sopraffazione inflittagli, senza mai reagire. E concluse: "Se dopo la
vittoria il Papa ed il Re non saranno giudicati almeno per
collaborazionismo, noi avremo combattuto invano." " Ai mostri da tutto
quello che meritano, senza risparmiare niente a nessuno." "Tu continua a
combattere coi comunisti, essendo i soli che si danno un poco da fare,
ma non dimenticare che Togliatti ha già colluso con la monarchia a
Salerno ed in Spagna fece ammazzare tanti valorosi combattenti
anarchici." Mi mostrò l' "Osservatore Romano", con segnato in rosso il
trafiletto relativo all'attentato di via Rasella e alla strage delle
Fosse Ardeatine, del mese prima, dicendomi che in tempo di guerra un
articolo come quello era sufficiente per la fucilazione alla schiena di
chi lo aveva commissionato o permesso e per d il direttore del giornale,
raccomandandomi di fare molta attenzione alle sconsiderate giravolte dei
miei compagni i quali, dopo che lui era andato sull'orlo del fallimento
per avere fatto importare dalla Svizzera una carabina di precisione, con
la spesa di oltre trentamila mila Lire, in accordo con due comunisti
Bertinoresi, per abbattere il duce, quando andava sulla spiaggia di
Riccione, gli fu ordinato di desistere, essendo stato dal PCI elaborata,
nel frattempo, la demenziale teoria dell' "entrismo", in quel tempo di
adesione di massa al fascismo, consistente nell'infiltrarsi nelle
organizzazioni fasciste, incluso il Partito, per conquistarle dal di
dentro, avendogli anche imposto di prendere la tessera del PNF per
evitare o lenire le rappresaglie contro i molti compagni detenuti o
confinati, se fossero stati scoperti.
Alla fine, quando, in premio della rinuncia, gli fu offerta l'iscrizione
al PCI, rispose con due schiaffoni a tutta mano e forza, ai due compagni
dei quali non mi rivelò i nomi per rispetto alle promesse scambiatesi di
mantenerli segreti ad ogni costo, specificandomi solamente che avevano
millantato un credito verso la Direzione Comunista che in effetti non
avevano affatto, come gli fu possibile desumere da quanto ebbero a
dirgli, per scusarsi, nell'ultimo colloquio, dimostrandosi due emeriti
sbruffoni ed imbecilli, tanto da avere montato tutto il progetto, nella
presunzione, in caso di successo, di qualificarsi agli occhi dei loro
superiori che invece lo disapprovarono.
Io lo seguii con lo sguardo da dietro li vetri della finestra che da
sulla strada che porta al cimitero, mentre si allontanava a testa alta,
sotto il cappello a larghe tese, con passo sicuro, lui che sapeva di
andare a morte, come se partecipasse alla sfilata della vittoria contro
l'odiato nazifascismo. Quella notte, in casa della fedele staffetta nei
pressi di Teodorano, mi svegliai nell'ora in cui mio Padre veniva
trucidato, scosso da uno strano e forte nervosismo, tanto che chiamai i
miei due compagni, corsi fuori, imbracciando lo Sten, pronto alla
raffica, per accertarmi che non fossero arrivati i nazifascisti,
rassicurato dalla staffetta che vegliava sul nostro sonno, ma più non
conseguii di riaddormentarmi.
SXC: Lei oggi è ancora convinto dei suoi ideali? Rifarebbe tutto da
capo?
UFC: Io frequentai anche l'URSS, quale rappresentante personale presso
il KGB del grande Compagno Samora, Presidente del Mozambico, conoscendo
compagni intemerati e di grande intelligenza e lungimiranza, tanto che
mi misero in grado di comprendere che l' URSS, già, assai prima del
1986, quando il Presidente Samora fu assassinato, era in fase di
dissoluzione come l'Impero di Roma, temporibus illis, per la corruzione
che la stava infrollendo e avvelenando, fino a farla implodere; colà non
è fallito il comunismo, bensì gli uomini incompetenti, corrotti e
codardi che lo rappresentavano del tutto immeritatamente, come in
Italia. Io sono ancora non solo del tutto convinto dei miei ideali, ma
certo che non esiste altra strada per salvaguardare l'umanità dalla sua
totale distruzione, entro non molti anni, e rifarei tutto da capo, ma
tenendo presente l'insegnamento di Saint Just: "Chi fa una rivoluzione a
metà si scava la fossa con le proprie mani" e quello della
rivoluzionaria spagnola Ibaruri: "È meglio morire in piedi che vivere in
ginocchio", pensiero che però non appartiene affatto alla maggioranza
degli italioti odierni che preferiscono vivere da servi degli atavici
nostri sfruttatori e padroni, con lodevoli eccezioni, ma ancora ben
lungi dall'essere bastanti al tanto e gravoso compito di una nuova
Resistenza.
Avendo presente la
verità del pensiero di Marx: "La violenza è la levatrice della storia",
senza dimenticare quello di Mao: "Il potere politico passa per la canna
del fucile." Occorre quindi creare un nuovo partito comunista o con
altro nome, ma veramente rivoluzionario, al lume della nostra esperienza
e della somma delle teorie e pratiche leninista, trotzchista, maoista,
vietnamita, castrista, anarchica e nostra, dato che il tempo della
nostra liberazione verrà, se sapremo prepararlo e coglierlo,
preparandoci fin d'ora al gravoso ed inevitabile cimento.
Tutto il resto essendo solo ciarpame buono per fregarci malamente,
mantenendoci inchiodati alla servitù di una finta democrazia, a solo
profitto dei furbetti, dei cavalieri di industria, anche con stalliere
mafioso e del capitalismo, ora predestinato a una fine certa, insieme a
tutta l'umanità, se non sapremo impedirglielo, iniziando, illico ed
immediate, cioè subito, colludendo anche col diavolo se esistesse, non
stando più il capitalismo a creare solamente i suoi becchini, come
previsto da Marx ne "Il Capitale", ma, essendosi trasformato in
capitalismo globale, ultraliberista e imperialista, scavandosi da solo
la propria fossa, a tappe forzate, distruggendo l'intero ecosistema dove
si è sviluppata la specie umana, trascinandola nella sua propria estrema
rovina e dannazione.
Compito di
impedirglielo incombe a tutti gli essere umani, ai rivoluzionari in
particolare, uomini e donne degni di tale nome, costi quel che costi,
morti per morti non avendo nulla da perdere e tutto da guadagnare,
primario dovere verso i nostri figli, abbattendo, costi quel che costi e
tempestivamente, la mortale, assai più che l'HIV, peste capitalista.
Vorrei ricordare
Togliatti, per amore di verità, conosciuto nel marzo 1945, col quale
ebbi anche uno scontro verbale, ma che fu sempre, nonostante i suoi
errori, di gran lunga superiore ai suoi imbelli e squallidi epigoni
attuali: quando fui detenuto, incaricò di difendermi il prestigioso
onorevole socialista avvocato Ferrandi di Trento e tutti gli anni mi
mandò gli auguri, in carcere, dando, infine, istruzioni affinché, appena
libero, fossi utilizzato convenientemente, dimostrandomi solidarietà e
umanità che gli odierni suoi emuli sono ben lungi dal possedere,
finanziando questi anche diversi libri che vilipendono la Resistenza e
diffamano, non solo me, ma anche, surrettiziamente e farisaicamente, mio
Padre, forzandomi a querelarli. Don Lorenzo Milani, un prete
progressista che tra l'altro scrisse un libro "L'ubbidienza non è più
una virtù" e riteneva che "Bisogna rendersi antipatici e odiosi a chi
non vuole vedere la luce", come io lo fui sempre, iniziando soprattutto
da dopo la Liberazione, quando mi trovai soverchiato, più che durante la
lotta, da comandanti di battaglione dei quali prima non avevo mai
sentito nemmeno parlare, di comandanti di piazza, idem come sopra, di
ufficiali di collegamento, e di una varia congenere di altri capi mai
visti né conosciuti, come di tantissimi partigiani prima inesistenti,
etc, etc, etc, etc, all'infinito, ai quali usavo chiedere: "Tu quanti ne
hai ammazzati?", sottinteso di nazifascisti, facendomene dei mortali e
imperituri nemici; come mi è accaduto anche dopo il mio ritorno
dall'Africa, in particolare nel mio Paese, solamente rinfacciando agli
omuncoli e donnicciole gli errori madornali e puerili incorsi scrivendo
di Resistenza o permettendo la pubblicazione dei più laidi strafalcioni,
deturpazioni e falsità nei libri finanziati con soldi pubblici, come
pure gli abbagli madornali incorsi in altri campi producendo danni
irreparabili, come avviene su scala nazionale, tanto che sulle loro
tombe si potrà, mutatis mutandis, ripetere l'epigrafe posta, per
dileggio, sulla tomba del Cardinale Richelieu: " Qui giace un famoso
cardinale che fece più del male che del bene/ il bene che fece lo fece
male, il male che fece lo fece bene." Mio Padre dopo avere appreso della
concessione del Collare dell'Annunziata, che li rendeva cugini del re,
ad alcuni grandi pescecani, ladri e profittatori, cantava: "Se rubi una
pagnotta od un soldino ti prendono e ti mettono in prigion, se invece
rubi tanti miglioncini subito ti fan commendator, noi siamo tre, siamo
ladri tutti e tre che per aver rubato ci han fatti ministri di stato e
noi siam altri tre che per avere frodato lo stato ci han fatti cugini
del re!" Durante la Grande Guerra, essendo di professione muratore, fu
arruolato nel genio, e stava costruendo un ponticello di legno, insieme
ad altri, quando arrivò il Re, seguito da un codazzo di ufficiali;
quell'omuncolo, con la macchina fotografica in mano, avanzò fino
all'ultima arcata completata, facendo delle foto, ma incespicò e la
macchina gli sfuggì di mano, finendo nella corrente, mio Padre si lanciò
e la riprese porgendola al re, rimasto immobile ad osservare la scena,
quegli disse qualcosa ed un colonnello che tese cento lire a mio Padre,
rifiutate dicendogli, sull'attenti e ancora a mollo: "Signor colonnello
sono un soldato, non un servo." Il re udì e se ne andò salutando,
corrisposto dai soldati. Dopo qualche ora ritornò il Colonnello che
offrì a mio Padre la promozione a sergente in nome del re, nuovamente
rifiutata, obiettando "È il nostro comandante in capo, ho fatto solo il
mio dovere, come qualsiasi altro soldato avrebbe fatto."
Quello si rivolse al Maggiore comandante del battaglione di mio Padre,
invitandolo a porlo agli arresti per rifiuto di obbedienza, in attesa
della decisione del sovrano, ma questi gli fece osservare che era un
valoroso, già proposto per la medaglia d'argento, molto amato dai suoi
commilitoni e che il suo arresto avrebbe provocato forti dissensi in
quel momento, dopo Caporetto, assai controproducenti; il Colonnello,
rimase interdetto qualche istante, salutò e tolse il disturbo, senza
nessun altro seguito a quella vicenda, se non forse che, invece della
medaglia d'argento, almeno in quel caso più fortunato di me, si ebbe
solamente la croce di guerra, dopo circa dieci anni.
SXC: Ha mai avuto rimorsi per quel che ha fatto? E incubi?
UFC:Tanti rimorsi, mai incubi, solo per quanto la mia pochezza e la
mancanza di fondi, ricercati ma non conseguiti, evitando rapine e
sequestri di persona, m'impedì di compiere, ricerca pagata con altri tre
mesi di carcere ingiusto, essendo stato fregato e finito in prigione,
essendomi costituito, ignorando che in quel tempo il foro dove fui
inquisito era infiltrato da un paio di piduisti: imparai però la lezione
e non mi ripetei in seguito. Nella busca disperata di qualcuno
intenzionato a fare la rivoluzione, senza della quale i nostri Caduti
sarebbero morti invano, mi collegai con qualcuno che mi permise di
sperarci, ma dopo qualche tempo dovetti tentare di mettermi in proprio,
insieme ad altri compagni ex resistenti, quando compresi che lui seguiva
un progetto che ci avrebbe portato, forse, in quella direzione, ma a
troppo lungo termine, mentre i compagni e non solo quelli morivano
ammazzati. Fallii, riuscendo solamente a riparare, dopo un fallito
tentato omicidio, superiormente organizzato contro di me, a riparare in
Africa dove continuai la lotta, essendo di nuovo oggetto di vari
tentativi di accalappiarmi, ma oramai disponevo di armi e della
protezione del mio nuovo fraterno amico e Compagno Samora e resi anche
un servizio all'Italia, tramite il Presidente Samora, facendo pervenire
al Presidente Pertini una notizia che lo interessava, relativa ad un
colpo di stato in gestazione, appresa dal KGB, avendone ricevuto il
permesso. Mille e settecento milioni di mussulmani stanno destandosi dal
loro secolare letargo, disposti a combattere per vincere o morire, ma
nessuno sembra se ne stia accorgendo tra di noi; la grande Cina nel
prossimo decennio supererà gli USA come potenza economica e non solo,
seguita dall'India e dal Brasile, mentre qui si baloccano, puerilmente,
a demonizzare le OGM e le cellule staminali. Con degli uomini politici
di tale fatta e di tanta imprevidenza e insipienza, cosa possiamo
attenderci se non cenere e tosco? Harry Belafonte che neppure il nostro
Cavaliere, esagitato e ridanciano, potrebbe tacciare quale comunista,
recentemente, ha dichiarato: "Bush è un terrorista: non distinguo il
terrorismo dell'11 settembre dal terrorismo di una guerra illegale." Ma
tra i nostri governanti ce n'é uno solo che dimostri di essersene
accorto?
SXC:Crede che oggi l'antifascismo militante abbia un senso e possa
ottenere risultati?
UFC: Si, di certo, se si trovasse un leader in grado di risvegliare le
coscienze avvilite, intorpidite ed annebbiate da oltre sei decenni di
trasformismo e corruzione illimitata, tenendo sempre presente, come ho
visto a Bologna, scritto su un grande cartello dagli studenti
universitari: "Il fascismo non si riscrive, si distrugge". Tenendosi in
guardia dai partiti più che non dall'AIDS perché non pochi tra loro
sarebbe d'accordo coi preti di proibire i preservativi per evitarne il
contagio e contrari all'uso delle cellule staminali per gli ammalati
altrimenti incurabili, ma non gli inciuci a tutto campo con AN ed i
corrotti!
SXC: Mai pensato di pubblicare un libro di memorie? O l'ha già fatto?
UFC: Si, ma l'ho consegnato ad un caro e fidato compagno, ex generale
sovietico, perché lo pubblichi dopo la mia morte, non volendo sottostare
a ulteriori persecuzioni giudiziarie, difettandomi le risorse
finanziarie per farvi fronte, senza ricorrere ai miei famigliari o ad
alcuni fedeli compagni.
SXC: Vorrebbe liberamente dire ancora qualche parola a chi leggerà
questa intervista?
UFC: Mio Padre, mentre lo portavano a morte, cantava: "Questa non è
l'Italia che vogliamo, sarà quando l'Italia sarà desta da quel lungo
letargo in cui viviamo", fino a quando iniziarono a torturarlo e poi non
lo trucidarono con un colpo di mannaia che gli deturpò la faccia,
sparandogli infine oltre trenta pallottole, tanto da renderlo
irriconoscibile anche alla sorella Annunziata, abitante nelle vicinanze,
quando a giorno fatto fu a visitare il luogo dell'eccidio Ed io vi
aggiungo: Italiani svegliatevi e in piedi! Essendo l'unica speranza di
un futuro migliore o almeno degno di essere vissuto che ci resta. Se non
è già troppo tardi per scuotere gli Italiani, anchilosati e bloccati da
una troppa lunga inattività rivoluzionaria e oramai adusi allo
sfruttamento capitalista e alle sirene dei partiti pseudo sinistri e
finti democratici"; ma meglio tardi che mai, come dopo l'8 settembre
1943. Diversamente non solo la mia generazione, ma la seguente e quelle
che seguiranno saranno dannate, irrimediabilmente, perché dovranno farsi
carico dell'insopportabile coacervo di infamia, corruzione, codardia,
stolidità e vergogna, lasciatoci in retaggio dalla storia, non usa a
perdonare niente a nessuno, durante la dolorosissima e certamente
sanguinosissima via crucis che ci attende, fino alla sperabile e
augurabile, ma comunque difficile catarsi, se non accadrà che abyssus
abyssum invocat! I ragazzi dei centri sociali e quelli dei black block
mi sembrano i più aperti e tesi verso un futuro migliore e degno di
essere vissuto, a loro un abbraccio particolare. Esistono ancora nel
mondo potenze comuniste, dopo la sparizione dell'URSS in funzione di
scudo deterrente contro la rapace foia di rapina degli yankee, nuovi e
protervi sostituti della identica volontà di sopraffazione e di rapina
dei nazisti, a livello planetario, su cui si può contare: la grande
Cina, il Viet Nam, la Corea del Nord e Cuba, insieme a molte nazioni del
Sud America in avanzata fase di risveglio ed alle immense masse
mussulmane non più disposte a rimanere ancorate al passato.
1."Tutto quello che serve per il trionfo del male è che le brave persone
non facciano niente", secondo il filosofo e statista inglese Edmund
Burke, vissuto nel 1700, come appunto sta succedendo da troppo tempo in
Italia. Nella sala del Consiglio Provinciale di Forlì, il 2 giugno 1955,
fu posta la seguente epigrafe: "Non solo per fondare la Repubblica Sogno
mazziniano d'ogni cuore romagnolo Prima incrociando le braccia nelle
officine Poi impugnando il mitra sulle montagne Dette generosamente alla
Resistenza 6000 partigiani 700 caduti 1000 feriti e invalidi Ma anche
per segnare Alla giustizia e alla dignità del lavoro Le pacifiche strade
dell'avvenire Non maledite le loro torture Non disperatevi sulle loro
fosse Sorrideranno fieri e presenti con noi Finché fedeli e uniti Su
queste strade aperte da loro in cammino ci ritroveremo Solo se per viltà
ci arresteremo Solo allora dovrete piangere O madri sconsolate Il
tradimento dei vivi immemori Li avrà fatti morire per sempre. " Orbene
le vittime, sia pure largheggiando, essendovi state incluse anche alcune
che con la Resistenza non ebbero mai niente a che fare, furono solamente
696, i feriti non oltre 136 ed i partigiani veri, mai raggiunsero
nemmeno i 1.500,00; a Bertinoro dove li conobbi tutti, uno per uno,
personalmente, furono non oltre 25, invece degli oltre duecento
fabbricati mentre io ero in carcere e dei Cinque Martiri del 1 Maggio
1944, dei quali furono estromesse, negli ultimi anni, le fotografie da
un libretto prima stampato ogni anno a cura del Comune di Bertinoro,
dopo che io avevo, vibratamente, protestato allorquando mio Padre e mio
Zio furono fatti apparire come trucidati dalle SS, in date diverse, non
dai repubblichini locali, come fu inciso, nel 1946, nella lapide sul
luogo dell'eccidio e sancito in una sentenza definitiva del 1947 della
Corte di Assise di Pesaro da me inutilmente consegnata al Sindaco di
Bertinoro.
Il sonno della
ragione, come appare chiaro, genera mostri: in occasione delle mie
ultime proteste verbali, espresse in due riunioni elettorali, nessuno ha
avuto il coraggio di unirsi a me, solo alcuni sinistrorsi mi hanno fatto
sapere, in gran segreto, che non sarebbero andati a votare.
Se avremo bastante coraggio, come i Caduti della Resistenza, possiamo
ancora prevalere, ma il tempo incalza! In questi tempi foschi, non meno
di quelli di Olindo Guerrini (Stecchetti), quando come allora vi sono
tanti imbecilli crassi, sanfedisti e oscurantisti che vorrebbero persino
impedire l'uso delle cellule staminali nelle cure degli ammalati
terminali, altrimenti incurabili, delle quali ho usufruito anch'io per
porre riparo ai danni provocatimi dalla mala sanità nostrana, dedico ai
coraggiosi questi suoi versi:
Ai liberi, a i costanti
le vie de l'avvenir s'apron secure
.
Avanti, avanti, avanti
con la fiaccola in pugno e con la scure!
SXC: Alcuni storici, ricuciono oggi la loro verità infangando quel
periodo e tirando fuori la storia della foibe per cercare di mettere
sullo stesso piano la criminalità anche dei partigiani. Cosa può dirci a
proposito?
UFC: Io sono stato anche in Iugoslavia, dopo la Liberazione, a caccia di
collaborazionisti che colà avevano cercato scampo, tentando di
mimetizzarsi da partigiani ed ho constatato il terribile olocausto
subito dagli Iugoslavi durante il ventennio, forzati persino a
italianizzare i loro cognomi, trattati da esseri subumani, forzati ad
emigrare e perdendo, se bene ricordo, oltre il dieci per cento della
popolazione, donne e bambini inclusi, nella mostruosa guerra impostagli
dai nazifascisti, con incendi di interi villaggi, eccidi e stragi
indiscriminate, per cui le foibe furono un'assai moderata risposta alle
disumane e mostruose persecuzioni sofferte dagli Iugoslavi, evitando
sempre di coinvolgervi donne e bambini. Basti considerare che noi
italiani, avevamo già superato in Africa quanto i nazisti stessi
avrebbero perpetrato più tardi in Europa e conserviamo tuttora un
paesino con il nome di un criminale di guerra, richiesto invano
dall'Abissinia ed accusato di ottocentomila omicidi, usando il gas
iprite anche sugli ospedali con la bandiera della Croce Rossa, vittime
sia pure ridotte a sole centomila, in una trasmissione di una
televisione Inglese, da me conservata in due cassette, poi tradotte in
Italiano ma mai trasmesse dalla nostra televisione, neppure quando
governavano i sinistrorsi dall'antifascismo intermittente, come la loro
intelligenza.
SXC: Lo Stato italiano ha fatto qualcosa per lei come atto tangibile
della sua partecipazione alla resistenza?
UFC: Assolutamente niente, se non al contrario! Nessuno ci ha mai
risarciti gli ingenti danni sofferti dalla cessazione della notevole
attività commerciale di nostro Padre. Dopo avere ottenuto la condanna
dell'Italia alla Corte Europea per l'ultra ventennale ritardo nella
decisione del mio ricorso per la pensione di guerra, causato dalle false
informazioni del maresciallo comandante, pro tempore, la stazione di
Bertinoro al superiore Ministero del Tesoro, ovviamente mai perseguite
nonostante le mie puntuali denunce, la Corte dei Conti mi riconobbe il
diritto alla pensione, oltre la metà della decade 1990, di prima
categoria per la frattura riscontratami alla regione occipitale sinistra
, oltre alla settima categoria per le ferite riportate in diversi
combattimenti, tra le quali preminente una ferita trasfossa all'emitorace
destro con lesione del parenchima polmonare. Mi fu invece negata la sia
pure del tutto inadeguata, in relazione agli atti di valore compiuti,
medaglia d'argento propostami, essendo stato fatto figurare nel mio
foglio matricolare, da parte dei soliti ed abituali fedifraghi "tutori
dell'ordine" di lorsignori, che ero stato condannato per duplice
omicidio a scopo di rapina, mentre la sentenza della Corte di Assise di
Perugina, dove il processo fu rinviato per l'abituale legittima
suspicione, essendosi ritenuto che a Forlì non si sarebbe avuto il
coraggio di applicarmi una giusta pena, dato il favore popolare di cui
godevo, li aveva ritenuti motivati da esclusive ragioni politiche,
applicandomi i relativi condoni e, a tempo debito, l'amnistia.
Mi sia consentito sottolineare l'infamia superlativa dell'addebito, non
essendo stato io nemmeno mai imputato di omicidi a scopo di rapina e
neppure di rapina.
Dal 1946, appena il Governo Militare Alleato fu sostituito dal Governo
Italiano, io mi venni a trovare nello stato, per certi versi peggiorato,
dei « combattenti nemici non legittimi », prigionieri nella base
statunitense di Guantamano ed altrove, che non godono della protezione
della Convenzione di Ginevra, né delle garanzie previste dal sistema
giudiziario statunitense, trattamento riservato dagli yankee ai sospetti
"terroristi" mussulmani che, in contraddizione di un'affermazione della
democrazia, passa attraverso la negazione dei suoi principi fondanti.
Durante tutta la mia vita io ho vissuto e vivo in quello stato, non
essendomi mai riconosciuti i diritti previsti dall'art. 3 della nostra
Costituzione, non venendo mai punito qualsiasi tentativo o atto lesivo
nei miei confronti, quando non fui perseguito io, invece dei colpevoli..
SXC: I giovani non conoscono neppure i fondamentali fatti di quel
periodo. A chi addossare la colpa di questa cortina di ignoranza che
tende ad eliminare un passo così significativo per la conquista della
libertà avvenuta grazie a quel movimento popolare?
UFC: In primo piano all'amnistia togliattiana e degasperiana del 22
giugno 1946 e all'antifascismo intermittente della sinistra, dimostrato
oltre che da fatti specifici quali il Governo Milazzo in Sicilia con
l'appoggio missino, da dichiarazioni pubbliche in tal senso, ad iniziare
dal "rispetto per i vinti", invocato da un politico niente di meno che
alla commemorazione dei Martiri delle Fosse Ardeatine, di fronte ai
famigliari delle stesse vittime, alla proclamata necessità di indagare
le ragioni per cui tanti giovani avevano aderito al fascismo
repubblichino, parole pronunciate alla Camera dei Deputati da un altro
sinistrorso dall'antifascista intermittente, alle quali io risposi
invitandolo a venire a chiederlo a mia sorella Enrica, quando i
repubblichini prelevarono nostro Padre ed avendo notato le carte da
mille Lire nel suo portafoglio, quando ne estrasse la carta di identità
richiestagli, chiesero a mia Madre di consegnargli tutti i soldi,
impediti da una SS che, minacciandoli con la sua pistola mitragliatrice,
gli comandò: "Solo papir, soldi lasciare signora!"
Comportamento identico mantenuto in tutte le stragi delle quali venni a
conoscenza, quando tutti quei mostri accorrevano, come le mosche sullo
sterco, all'unico scopo di depredare i vivi ed i cadaveri.
Senza parlare di un'altra infame pronuncia da parte di un più altolocato
sinistrorso che non si peritò dal sostenere che sarebbe stato meglio se
Mussolini non fosse stato eliminato, ma tratto in giudizio, dimenticato,
volutamente, quanto accadde al maresciallo Graziani, al principe
Borghese e a tantissimi altri "mostri" altolocati, sfuggiti alla
giustizia partigiana.
La fortuna non avendo, però, mai arriso almeno agli ultimi due di quei
messeri, miranti al Quirinale anche coi voti dei fascisti di Alleanza
Nazionale, a tanto essendo ridotta la nostra disgraziata Italia, di
dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, donna non di
provincia, ma bordello, come direbbe l'ottimo Dante Alighieri!
SXC: Può spiegarci i contrasti tra i partecipanti alla resistenza? Molti
si immaginano che i partigiani erano solamente comunisti, ignorando la
partecipazione di persone di altro credo politico. Quale sono state le
frizioni tra le varie componenti ideologiche tra voi?
UFC: Nelle due brigate, 8ª Brigata Garibaldi e 29ª Brigata GAP Gastone
Sozzi, in cui militai, non ebbi mai contezza di contrasti politici,
essendo comandate e dirette da comunisti e considerandosi ogni
partigiano un comunista, anche se tra noi vi erano dei socialisti, dei
cattolici o dei repubblicani, sia pure in estrema minoranza, senza
neppure sapere, da parte di molti, cosa significasse esattamente il
comunismo, trascinati dalla grande ammirazione per l'Armata Rossa che
stava suonandole ai nazisti di santa ragione e a tutto spiano! Ebbi
notizia di gravi dissidi del nostro Comando con coloro che, per evitare
rappresaglie, pretendevano di lasciare, in esclusiva, agli eserciti
Alleati la funzione di sconfiggere i nazifascisti, ognuno tendendo a
mantenere la guerra il più lontano possibile dalla propria soglia di
casa, timorosi persino che le loro galline diminuissero la produzione di
uova, terrorizzate da bombe, granate e raffiche, come accade ora per le
centrali atomiche, la TAV. i bruciatori, etc, etc.
Io ebbi discussioni con l'ultimo Comandante dell'8ª Brigata Garibaldi
pretendendo di sapere come e perché era stato ucciso il suo predecessore
Compagno Libero, unitamente alla Compagna Zita, staffetta del comando di
Brigata, tacciata poscia dalla misogina accusa di essersi concessa
troppo liberamente agli uomini delle case dove fu ospitata nel ravennate,
prima di raggiungere la Brigata, creando dissapori nelle famiglie
ospiti, oltre alla accusa di esibire oggetti d'oro che non avrebbe
dovuto possedere, addebito della cui falsità io sono ben certo, avendo
intrattenuto con lei rapporti intimi, sia pure per poche settimane, a
causa del rovinoso rastrellamento, sopravvenuto circa un mese dopo
l'inizio della nostra relazione, senza mai notare su di lei un qualsiasi
anche minimo ornamento d'oro.
Ma della sua morte correvano voci incerte, come per la sparizione del
Comandante Libero, nell'immediatezza dei fatti e lo scontro col nuovo
Comandante avvenne solamente a causa dell'assolutamente immeritata
uccisione del caro compagno Aslan, oriundo del Cuban sovietico, del
quale ordinò l'uccisione col falso pretesto che era un infiltrato,
adducendo che parlava malamente la lingua Russa, cosa del tutto normale
essendo stato un montanaro e guardia boschi, fino a quando non fu
arruolato nell'Armata Rossa e poi catturato dai nazisti, ma in effetti
per una ragione che mi vergogno di rivelare, intendendo differenziarmi
in tutto dalle infamie ed insuperate falsità da lui scritte, a vituperio
dei suoi compagni, molti dei quali periti per la sua incompetenza,
durante il rastrellamento nazista dell'aprile 1944, effettuato della
divisione speciale nazista Hermann Goering e dai repubblichini in
funzioni di tirapiedi, non facendosi quelli mai incontrare in
combattimento, limitandosi a trucidare i prigionieri e a depredare il
bestiame, i soli beni fungibili nei miserrimi casolari appenninici in
quei tempi calamitosi.
Aslan, giunto dopo il rastrellamento, insieme ad altri quattro soldati
sovietici che avevano come lui disertato dalla Wehrmacht, ponendosi ai
miei ordini, e lui, senza esserne richiesto, aveva compiuto atti di
leonino coraggio contro i nazisti, mentre io esercitavo il comando nella
zona prima della comparsa del nuovo Comandante, in occasione di alcune
puntate offensive da quelli effettuate.
La sola compagnia uscita indenne fu la mia 9ª, avendo ottenuta dal
Comandante Libero l'autorizzazione a tentare lo sganciamento,
considerato la nostra situazione di quasi disarmati, attuando, quindi,
la corretta tattica evasiva e quella, quando possibile, ma solo dopo la
fine del rastrellamento, del mordi e fuggi, non durante quell'impari
battaglia di quasi un mese, avendo perfettamente inteso che i miei
compagni vi erano assolutamente impreparati.
Erano stati già trucidati mio Padre, mio Zio e mio Cugino quando appresi
la ferale notizia dell'uccisione di Aslan e mi sembrò di impazzire,
decidendo di farla finita e sul fare della sera mi diressi verso il
Comando, senza rispondere ai ripetuti avvisi della sentinella di
qualificarmi per indurla a spararmi la raffica liberatrice,
risparmiatami dall'intervento del Commissario di Brigata Bernardo che mi
riconobbe e la fermò.
Ne segui uno scontro
col Comandante di Brigata, non terminato nel sangue solo per essersi ,
di nuovo, interposto il bravo Commissario che mi indusse a riprendere il
controllo, piangendo insieme con me ed offrendomi di assumere il comando
di uno dei due distaccamenti della GAP, operanti in Forlì.
Accettai, ma la mia
innocenza giovanile fu turbata per sempre, in particolare per quanto mi
accadde allorquando operai in pianura, al comando di persone disposte a
tutto fuorché a combattere.
Sugli Appennini, durante il rastrellamento, dovemmo ritornare dentro il
cerchio nazista per prelevare la parte di armamento, riservatoci dal
Comandante Libero, dal primo rifornimento aereo degli Alleati e quindi
intraprendere una nuova e perigliosa evasione; di giorno ci nascondevamo
tra i boschi e di notte scarpinavamo, condotti da un esperta staffetta,
uscito alla ricerca di cibo, incontrai il Distaccamento Sovietico che mi
concedette una meravigliosa mitragliatrice leggera Lewis, usata dagli
Inglesi nei loro aerei da caccia nella Grande Guerra, adattata da quelle
esperte mani in mitragliatore, con l'aggiunta di un sostegno a V
rovesciato, con la quale, come sta scritto nella proposta di medaglia
d'argento, tenni fermo, da solo, non alla testa della mia compagnia,
come scrissero nella motivazione, un battaglione nazista, abbattendone
in quantità, fino a quando si surriscaldò, non essendo raffreddata dal
vortice delle eliche, usata differentemente da come era stata
progettata, scoppiandole la canna, ma senza ferirmi, dopo avere ricevuto
la prima lacerazione alla faccia con un colpo del calcio di un Mauser
alla regione occipitale sinistra, da parte dell'ultimo dei tre tedeschi,
giuntimi addosso sbucando dal sottobosco, riuscendo ad abbattere pure
lui, in sequenza, con un colpo di pistola, sparatogli da terra, dov'ero
finito per la violenza della percossa ricevuta, franandomi addosso e
imbrattandomi col suo sangue.
SXC: Si attendeva qualche altro sviluppo politico in quei momenti e
perchè?
UFC: Tutti i partigiani, nessuno escluso, si attendevano dopo il
disarmo, di costituire il nuovo esercito italiano, sostituendo la
polizia ed i carabinieri collusi coi nazifascisti e soprattutto di non
cadere di nuovo sotto gli artigli degli antichi padroni. Mio Padre, nel
pomeriggio precedente la sua fucilazione, mi impartì vari consigli e
ammaestramenti, lui fiero mazziniano che rivendicò tale sua fede in
fronte ai mostri, come li chiamava lui, che erano venuti a prelevarlo
per assassinarlo: sapendo che sarebbe ucciso, essendo stato avvertito
dal gestore dell'Albergo del Sole, ora Albergo Colonna, che i mostri lo
avevano posto per primo nella lista di quelli da eliminare in caso di
future rappresaglie, la notte del 6 aprile dopo l'uccisione da parte di
un commando di tre partigiani ai miei ordini, essendo i
collaborazionisti stati sorpresi dai soldati nazisti, accorsi dai loro
vicini alloggiamenti, disarmati, perquisiti e trovati in possesso di un
anello con lo stemma delle SS ed altri ammennicoli sottratti ai morti.
Salvandosi perché un capitano nazista, alloggiato nell'Albergo del Sole,
dove furono accompagnati a calci, pugni ed altre gradevolezze naziste,
li aveva visti partire alquanto dopo la raffica e lo scoppio di una
bomba a mano.
Egli,pure sapendo che sarebbe stato ucciso, a me che lo imploravo di
venire via con noi per tema di quanto poteva succedergli, mi tenne
nascosto l'informazione ricevuta e rispose: "Io ti ho sempre insegnato
il coraggio, tu non puoi pretendere da me un atto di vigliaccheria" ed
io non trovai la forza di insistere, andicappato dal mio grande rispetto
per lui e dal sentirmi in colpa per avere consigliato a mio cugino
Guerrino Pasini di procedere verso gli alti Appennini, invece di
rimanere con me, temendo ciò che poteva accadergli se fossimo incappati,
noi in 32, dei quali solo sei armati di moschetto con non più di un paio
di caricatori ciascuno ed un mitra con due soli caricatori da venti
colpi, qualche bomba a mano e niente altro, errore commesso ritenendo
che come a noi gli sarebbe stato assegnata una brava staffetta in grado
di guidarli, contrariamente a quanto mi era stato promesso e non
avvenne.
Mio Padre mi fece un sobrio racconto sulla sua vita, principalmente
sulle sue esperienze di guerra, trasferendomi, per l'ultima volta, tutto
il suo sapere ed esperienze, impartendomi anche le istruzioni
dettagliate per imboscare i criminali repubblichini che tutte le notti,
stupidamente, senza adottare alcuna precauzione, dopo quanto era
accaduto ai due nazisti, andavano a spasso per il paese, confidando
nella codardia dei compaesani, esperimentata durante la ventennale
sopraffazione inflittagli.
Mio Padre concluse: "Se dopo la vittoria il Papa ed il Re non saranno
giudicati almeno per collaborazionismo, noi avremo combattuto invano." "
Ai mostri da tutto quello che meritano, senza risparmiare niente a
nessuno." "Tu continua a combattere coi comunisti, essendo i soli che si
danno un poco da fare, ma non dimenticare che Togliatti ha già colluso
con la monarchia a Salerno ed in Spagna fece ammazzare tanti valorosi
combattenti anarchici."
Mi mostrò l' "Osservatore Romano" con segnato in rosso il trafiletto
relativo all'attentato di via Rasella e alla strage delle Fosse
Ardeatine, del mese prima, dicendomi che in tempo di guerra un articolo
come quello era sufficiente per la fucilazione alla schiena di chi lo
aveva commissionato o permesso e per il direttore del giornale,
raccomandandomi di fare molta attenzione alle sconsiderate giravolte dei
miei compagni che, dopo che era andato sull'orlo del fallimento per
avere fatto importare dalla Svizzera una carabina di precisione, con la
spesa di oltre trentamila mila Lire, in parte notevole truffategli da
quel suo socio anche nell'esportazione di frutta, bene certo che non
avrebbe potuto perseguirlo legalmente dopo quanto era intercorso tra di
loro, in accordo con due comunisti Bertinoresi, per abbattere il duce,
quando andava sulla spiaggia di Riccione, gli fu all'ultimo momento
ordinato di desistere, essendo stato dal PCI elaborata, nel frattempo,
la demenziale teoria dell'entrismo, consistente nell'infiltrarsi nelle
organizzazioni fasciste, incluso il Partito, per conquistarle dal di
dentro, avendolo anche consigliato di prendere la tessera per evitare o
lenire le rappresaglie contro i compagni detenuti, se fossero stati
scoperti; ma alla fine, quando in premio, gli fu offerta la tessera del
PCI, rispose con due schiaffoni a tutta mano, ai compagni dei quali non
mi rivelò i nomi per rispetto alle promesse scambiatesi.
Lo seguii da dietro
la finestra mentre si allontanava a testa alta, sotto il cappello a
larghe tese, lui che sapeva di andare a morte, come se partecipasse alla
sfilata della vittoria.
SXC: Unendo idealmente la resistenza in Italia con la guerriglia cubana
di Fidel Castro, pensa che vi siano attinenze nel modo tecnico di
combattere tra le due parti?
UFC: Nessuna nelle intenzioni dei combattenti, tese all'abolizioni dei
padroni oppressori, non concretatesi perché noi fummo fregati prima dio
tutto dai "padri della patria" e poi dagli attendisti e dai desistenti,
essendo stati in Bertinoro non oltre lo 0,28% quelli arruolatisi nelle
due brigate partigiane operanti in provincia di Forlì, subendo 489 morti
in azione e 207 per rappresaglie, mentre gli Alleati lasciarono quasi
9.000,00 (novemila) Caduti nei loro Cimiteri di Guerra.
Noi difettammo di comandanti competenti, uno essendo un ex sottufficiale
del dell'esercito italiano e l'altro avendo comandato una batteria di
cannoni in Spagna che noi mai possedemmo, mentre il Compagno Luciano
Caselli, Comandante della 29ª Brigata GAP, ex garibaldino di Spagna,
insieme al Compagno Fabio Ricci, entrambi ottimi gapisti, terrorizzarono
i collaborazionisti durante tutta la resistenza, abbattendone a decine,
a differenza di quanto accadde nei restanti comuni della provincia di
Forlì.
Nei miei contatti che ebbi nell'URSS chiesi a più riprese perché mai,
neppure dopo Stalingrado e la più grande battaglia di carri armati della
storia, a Kursk, dove l'Armata Rossa sbaragliò i nazisti, perché mai
nessun compagno Italiano fosse stato ammesso alla competente accademia
militare sovietica o altrove per apprendere almeno i rudimenti dell'arte
della guerra partigiana, tanto più che fino dal 1924 era in circolazione
nell'URSS, un libro del mitico generale Frunze, da noi ignorato in
assoluto, del quale mi fu riferito da un compagno sovietico sugli
Appennini: "Il fronte e le retrovie nella guerra dell'avvenire", che
esponeva la teoria della futura guerra nelle retrovie nemiche ed altro
di assai interessante per noi, se vi fosse stato qualcuno che l'avesse
studiato ed in grado di applicarne la strategia e la tattica.
Nella nostra provincia migliaia di persone furono uccise dalle bombe e
dalle granate Alleate, per aprirsi la strada, cittadini che se fossero
stati usati per combattere contro i nazifascisti, sarebbero stati assai
più proficui e utili per la nostra lotta; e che fosse possibile fu
dimostrato a Cesena.
SXC: Cosa rappresenta Cuba per lei?
UFC: Io ho combattuto insieme ai Compagni Cubani in Africa, dopo il
1970, contro il colonialismo Portoghese ed i razzismo Rodesiano e
Sudafricano e conservo un vivo ricordo del loro forte cameratismo,
competenza e grande coraggio. Cuba rappresenta per me un esempio ed una
speranza che il comunismo vincerà in tutto il mondo, se l'umanità non
sarà distrutta dall'imperialismo yankee e dalla nostra codardia. Mio
Padre vissuto negli USA prima di ritornare a combattere la Grande
Guerra, mi insegnò "Una morte sola dobbiamo agli Dei e quanto siamo
morti una volta siamo franchi per il seguito" poi ripetutami dal
Comandate Popski anche con l'esempio quando ebbi a che fare con quel
grande soldato; sentenza certamente nota al Compagno Castro e al Che, i
quali vi adeguarono il loro comportamento, a nostro esempio imperituro.
SXC: Il clima politico dal 1945 ad oggi: in quale momento si è stati più
vicini ad una possibile rivoluzione che avrebbe portato l'Italia verso
il comunismo?
UFC: Appresi dal Compagno Secchia che Stalin ebbe a raccomandargli di
non pensarci nemmeno ad una insurrezione, perché avrebbe posto a
repentaglio gli accordi intervenuti tra le grandi potenze per la
suddivisione delle sfere di influenza. Dato che il PCI fu sempre un
salariato dell'URSS, ritengo che solamente ai tempi della crisi di Cuba,
per i missili, un tentativo sarebbe stato possibile, ma solo in caso di
guerra USA/ URSS, quando le truppe del Patto di Varsavia avessero
battuto quelle della NATO, esattamente come accadde nel 1945 dopo la
resa della Wehrmacht.
SXC: Il comunismo oggi nel mondo, è solo un fatto anacronistico oppure
un movimento ancora valido dopo le sperimentazioni fallite dell'URSS?
UFC: Io ho frequentato anche l'URSS, quale rappresentante personale del
grande Compagno Samora, Presidente del Mozambico, presso il KGB,
incontrandovi compagni intemerati e di grande intelligenza e
lungimiranza, tanto da pormi in grado di comprendere che l' URSS era gia
prima, del 1986, in fase di dissoluzione come l'Impero di Roma, per la
corruzione che la corrose fino a farla implodere; colà non è fallito il
comunismo, bensì gli uomini incompetenti, corrotti e codardi che lo
rappresentavano immeritatamente. Non per niente qualcuno si guadagnò il
Premio Nobel della pace!
SXC: Cosa suggerirebbe la sua esperienza per alimentare la speranza di
un mondo migliore?
UFC: Convincersi "Che è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio",
convinzione che però non appartiene alla maggioranza degli italioti
odierni che preferiscono vivere in ginocchio e proni ai signori del
capitale, con lodevoli ma non ancora bastanti eccezioni, da servi degli
atavici nostri sfruttatori e padroni, pochissimi essendosi ancora resi
conto che altrimenti siamo predestinati ad una morte atroce, insieme a
tutta l'umanità. Tabe dalla quale saranno forzati a curarsi e a
ravvedersi dall'irrompente marea della storia che avanza, se da noi non
accadrà come nel 1945, quando non si destarono nonostante tutto quanto
avevamo visto e sofferto.
SXC: Come inquadra i ragazzi dei centri sociali spesso integrati nei
cosiddetti 'black block' che tanto timore incutono nella piccola
borghesia paurosa di vedersi rovinato il negozio o l'auto?
UFC: Come l'unica speranza di un futuro migliore e degno di essere
vissuto. Ma forse è troppo tardi per scuotere gli Italiani dal loro
lungo letargo, non solo la mia generazione, ma la seguente e quelle che
seguiranno sono condannate, perché dovranno farsi carico
dell'insopportabile coacervo di lassismo, infamia, corruzione e vergogna
lasciatoci in eredità dalla nostra storia recente, durante la
dolorosissima e certamente sanguinosissima via crucis che ci attende,
fino alla sperabile, ma comunque difficilissima catarsi, perché l'abisso
invoca l'abisso, secondo un antico proverbio latino.
SXC: E' possibile una rivoluzione permanente ed una nuova resistenza? E
quale è più vicino al suo pensiero politico e perchè ?
UFC: Rispondo si alla prima domanda, anche se non ho ancora visto
sorgere tra noi un leader in grado di guidarla; mentre alla seconda
rispondo: Cuba, Viet Nam, Corea del Nord e la grande Cina, se sapranno
guardarsi dalla peste che ha distrutto l'URSS, mantenendosi indenni
dalla corruzione e con una forte e intelligente direzione, come a Cuba.
SXC: Esistono al mondo realtà comuniste?
UFC: Si, quelle sopra citate, nelle sole maniere rese possibili dalla
sparizione dell'URSS in funzione di scudo deterrente contro la rapace
voglia di arraffare e di sopraffare degli yankee, ora posseduti dalla
identica, morbosa e demenziale volontà di dominio hitleriano, a livello
planetario, al quale ora tenta di sovrapporsi quello Europeo, iniziato
con l'invio di truppe nostrane in quello che sempre più si dimostra la
nuova palude vietnamita degli yankee, intesa come tale anche da Bush, ma
non dai nostri governanti.
SXC: Concludendo: una nuova resistenza è ancora possibile con quali
mezzi?
UFC: Certamente! Tenendo sempre presente il pensiero di Marx: "La
violenza è la levatrice della storia", senza dimenticare quello del
grande Mao: "Il potere politico passa per la canna del fucile." Tutte le
altre balle sulla democrazia e la pace costituendo sempiterne droghe per
gli sfruttati ad esclusivo favore degli sfruttatori, ciarpame buono solo
per mantenerci inchiodati alla servitù del capitalismo, comunque
predestinato a morte certa, stando non più a creare i suoi becchini ma a
determinare con un effetto valanga la distruzione del pianeta terra.
Secondo E. Malatesta, col quale concordo in toto:"se la democrazia
potesse essere altro che un mezzo per ingannare il popolo, la borghesia,
minacciata nei suoi interessi si preparerebbe alla rivolta e si
servirebbe di tutta la forza e di tutta l'influenza che le sono date dal
possesso della ricchezza, per ricordare al governo la sua funzione di
semplice gendarme al suo servizio."
Mi sento in dovere di aggiungere, anche se ora è forse già tardi per
trarci dall'abisso in cui si sta infossando tutta l'umanità:"Quos Deus
vult perdere prius dementat" ritenevano i Romani e Machiavelli: "La
vanagloria dei potenti li rende ciechi", come tutta la nostra storia
recente dimostra essere purtroppo avvenuto in Italia, traendoci alla
vergogna attuale. Nel 1940 entrammo in guerra, a rimorchio di Hitler,
con gli italioti plaudenti dalle Alpi alla Sicilia e colonie al buffone
di Predappio, mentre oggi ci siamo lasciati invischiare in alcune
guerre, di esclusivo interesse degli imperialisti yankee che, a
somiglianza dei nazifascisti, pretendono di tiranneggiare e sfruttare il
mondo intero.
Si ha l'improntitudine, l'impudenza e la scempiaggine di chiamare i
nostri soldati, inviati ad uccidere e a morire, in violazione del
dettato costituzionale "operatori di pace", senza che nessuno muoia dal
ridere, dal piangere o dalla rabbia quando il serioso Fini chiede ai
suoi complici della maggioranza di ammettere che loro erano nel giusto
quando mandarono i nostri soldati a combattere e a morire, sulla base
del principio di etica fascista "armiamoci e partite", come hanno
continuato a fare i nostri governanti attuali per i quali anche molti
noi hanno commesso la banalità di votare. Persistendovi, senza vergogna,
ora insieme ai membri dell'Unione, nonostante che la stessa CIA abbia
riconosciuto, urbi et orbi, che le ragioni per cui si pretese di entrare
in guerra abbiano provocato effetti contrari a quelli perseguiti,
incrementando il "terrorismo" in via esponenziale, dimenticando che pure
noi partigiani fummo chiamati banditi dai nazisti e ribelli dai
repubblichini, mentre già da tempo è stato, alla papale, ammesso e
confermato dall'ONU che le ragioni morali accampate alla base delle
guerre furono una badiale fandonia, essendo risultato che le armi di
distruzione di massa asserite in mano a Sadam erano inesistenti, come
riferirono a Bush i controllori delle Nazioni Unite prima dell'attacco.
Ci è stato inflitto l'infelice spettacolo della sorella di un Caduto
chiedere, in televisione, che fossero riportati in patria quei ragazzi e
nel successivo giornale riproporcela, controllata da una ufficiale di
polizia, a porgere sperticati ringraziamenti a tutte quelle cariche
dello stato che avevano mandato suo fratello incontro alla morte ed in
quel giorno glielo avevano restituito defunto. Io non ho ereditato da
mio Padre il dono della preveggenza e non mi ero affatto accorto che il
futuro dell'intera razza umana era messo in pericolo dal capitalismo,
trascinandoci verso una apocalisse peggiore di quella vaticinata da San
Giovanni, dove non vi saranno né vinti, né vincitori, ma solo distrutti,
comprendendo, come sostiene la Teologia della Liberazione, che il
capitalismo va identificato con la morte dell'umanità, sulla quale aprii
gli occhi, in Africa, nella decade 1980, quando una dea, in venustà e
intelligenza, mi trasmise la luce della sua preveggenza, anche se
all'inizio stentai a prestarle fede, non essendo ancora bene visibili i
segni premonitori, ma col trascorrere fatale del tempo mi si chiarirono
le idee e mi resi conto quanto quella premonizione fosse corroborata dai
fatti, avendo la comunità internazionale tentato di ovviarvi con il
Protocollo di Kyoto, ma rifiutato prima di tutti da Bush, impedito da un
malinteso interesse del capitalismo più deteriore del quale è
l'esponente..
Ora, anche i giornali Italiani, hanno iniziato a riportare, nella prima
settimana di ottobre, fatti rilevanti occorrenti sotto i nostri occhi:
"Il primo «Overshoot Day» fu calcolato il 19 dicembre 1987
Da lunedì la Terra è in «debito ecologico»
Un parametro che misura il punto in cui le risorse utilizzate dagli
esseri umani superano quelle che il pianeta è in grado di produrre.
LONDRA - Da lunedì 9 ottobre fino alla fine dell'anno la Terra sarà in
«debito ecologico». Un parametro che misura il punto virtuale in cui le
risorse del pianeta utilizzate dagli esseri umani superano quelle che il
pianeta stesso è in grado di produrre. Quindi si va in una sorta di
«bolletta» dell'ambiente, per la quale al contrario di un conto corrente
in rosso, non si sa bene chi deve intervenire. O meglio si saprebbe,
visti i pochi risultati sul fronte del consumo energetico e della
ricerca di fonti alternative e le mancate adesioni al protocollo di
Kyoto di potenze come gli Stati Uniti e la Cina.
DISTANZA CHE SI RIDUCE - Il fatto sconvolgente è che il cosiddetto «Ecological
Debt Day» (o Overshoot Day) viene anticipato ogni anno. Il che significa
che il pianeta fa sempre più fatica a «star dietro» alle nostre sempre
crescenti necessità. Il primo «giorno in debito» fu calcolato nel 1987,
esattamente il 19 dicembre. Diciannove anni dopo viene anticipato di
quasi due mesi, al 9 ottobre. «Il fatto che quest'anno il debito
ecologico cada a ottobre significa che solo per tre quarti dell'anno
l'umanità vive in modo compatibile con l'ambiente», è l'analisi
dell'organizzazione indipendente New Economics Foundation (NEF), che ha
sede a Londra.
COMPENSAZIONE - Secondo Andrew Simms della Nef il genere umano sta
commettendo due grandi errori: «Primo, impediamo a milioni di persone di
avere accesso alla terra, al cibo e all'acqua potabile. Secondo,
mettiamo in pericolo il meccanismo del pianeta che permette la
sopravvivenza dello stesso genere umano». Per esempio, più pesce
peschiamo quest'anno meno ce ne sarà disponibile l'anno prossimo. I
meccanismi di compensazione saltano, assaliti come sono dalle leggi del
mercato, da stili di vita eccessivi, da ricchezze individuali non
giustificabili.
GRAN BRETAGNA - In questo scenario devastante la maglia della «pecora
nera» tocca alla Gran Bretagna, che ha «festeggiato» il suo «debito
ecologico» già in aprile, il 16 per l'esattezza. La Nef ha fatto un
semplice calcolo: se tutti nel mondo consumassero quanto un inglese
medio, servirebbero le risorse di tre pianeti cloni della Terra per
soddisfare tutti i bipedi pensanti. A fronte di questo, il governo
inglese ha promesso che entro il 2020 alzerà al 20% (rispetto al 4
attuale) la percentuale di energia ottenuta da fonti rinnovabili.
TEMPERATURA - «L'unico modo per tornare a una situazione di
equilibrio e appianare il debito è chiedere meno al nostro pianeta» dice
la Fondazione. Per esempio molti scienziati hanno previsto che entro la
fine del secolo la temperatura della Terra potrebbe aumentare da due a
sei gradi Celsius, e questo porterebbe una serie di disastri a catena,
come alluvioni, fame e in definitiva morte di tanti esseri umani. I più
deboli, come sempre accade."
Questo non è se non il meno pauroso e tragico dei preavvertimenti giunti
all'ONU e all'umanità da parte di scienziati illustri e degni di fede,
gli altri non meno credibili, ponendo termini assai più brevi per la
definitiva e irrimediabile sterminio che incombe che sull'umanità.
Che i nostri governanti si ravvedano è del tutto insperabile e
improbabile, impelagati come sono a farsi la guerra l'un l'altro,
ammaliati dalla sete del profitto pro domo sua, più di Eva dal biblico
serpente, che i Romani chiamavano "auri rabida sitis ", a meno che noi,
come durante la Resistenza, non ci rendiamo conto che è meglio morire in
piedi che vivere in ginocchio di fronte a quella banda di corrotti e
corruttori che infettano e avviliscono la nostra esistenza e dignità,
contrapponendogli una lotta intransigente per esautorarli e sostituirli
con persone incorrotte, degne, intelligenti e preveggenti, almeno quel
tanto da comprendere che una coccola con Condolice Rice e neppure con
Bush vale la morte a cui vogliono dannarci. In Italia esistono oltre tre
milioni di poveri e novecento mila disoccupati cronici, mentre mancano
fondi per sfamarli, per la ricerca, per la sanità, per la giustizia, per
l'istruzione, per le pensioni, etc, etc, quando i nostri boriosi uomini
di governo di destra e di sinistra, tutti in oscena combutta,
preferiscono sprecare milioni al giorno nelle guerre promosse
dall'imperialismo americano, per i suoi male intesi interessi, sia pure
erratamente ritenuti, in una farsa che se non fosse tragica, sarebbe
risibile, come le smargiassate e le pose istrioniche del nostro duce da
operetta, ancora visibili nei "giornali Luce" di quel tempo. Berlusconi
e Prodi, coi loro correi, avrebbero dovuto prospettarsi e considerare la
dannata ipotesi se, dopo il 25 aprile 1945, noi avessimo accettato,
supinamente, che il nostro governo accogliesse legioni di fascisti
spagnoli, offerte dal Caudillo Franco per ripristinare l'ordine in casa
nostra, in quale cul de sac saremmo finiti e cosa si sarebbe detto e
scritto di noi nel futuro, come accadrà per non esserci rifiutati di
imporre una simile, più che teratologica, demoniaca mostruosità agli
Afgani e agli Iracheni, sotto l'egida yankee! L'Unione, infine, si è
intruppata con Fini e Berlusconi, duce D'Alema, dopo averci illusi,
durante la campagna elettorale, che le nostre truppe sarebbero
richiamate in patria dopo la nostra vittoria elettorale, mentre ci è
ammannita una laida riedizione delle "convergenze parallele" o di
qualche altra vacuità del genere, assumendo che non esistono differenze
tra le missioni in Libano, Afganistan e Iraq, tutte "operazioni di
pace", come quella che le truppe naziste vennero a compiere in Italia
nel 1943, quindi quei girella emeriti non si attendano alcun nostro voto
in futuro, non volendo meritarci, a pieno titolo, la taccia di
autolesionisti o di autistici terminali, perché a tutto c'è un limite e
loro lo hanno largamente superato! Ai tempi della Costituente furono non
meno di trenta gli "onorevoli" nei libri paga di grandi società e
banche, ora sono centinaia quelli dediti alla droghe, ma infinitamente
di più quelli che sniffano poltrone, con tutto quel che segue, ragione
per cui tutte le rivoluzioni sono predeterminate alla sbaraglio dopo la
vittoria, tutte le resistenze sono perdute ante litteram perché quelli
che tradiscono ne escono sempre puliti e con lapidi sui muri. Cento anni
fa si cantava già "i signori per cui pugnammo ci han promesso la dimane,
la dimane ci aspetta ancor" , continuando tuttora ad aspettarci, con
l'aggravante di indescrivibili connivenze dei nostri governanti nelle
infamie e barbarie illimitate del capitalismo globale yankee.
Politici mondialmente noti da gran tempo hanno denunciato il pericolo
costituito da Bush, la cui paranoia, superiore a quella di Hitler, fu
bene stigmatizzata da Luis Inàcio da Silva (Lula), Presidente del
Brasile: "Su dieci parole che pronuncia nove sono di guerra, incutendo
paura alla gente e aggravando la situazione"; mentre Nelson Mandela
dichiarò " If there is a country that has committed unspeakable
atrocities in the world, it is the United States of America" come a
riportato da "Newsweek" del 10 febbraio 2003, e che in seguito rifiutò
di incontrare il Presidente Bush, avendo gli yankee massacrato più
innocenti nelle sole Americhe che non chiunque altro nella storia multi
millenaria dell'umanità. Ultimamente ho contattato i miei compagni ed
amici della Teologia della Liberazioni nel Sud America che, già nel
1970, avevano perfettamente compreso e predicavano che il capitalismo,
soprattutto l'imperialismo yankee che ne è l'egemone, va identificato
con la morte morale e fisica dell'umanità, per avere conferma di quanto
apparso sulla stampa cattolica, non su quella di sinistra che si è
rifiutato di pubblicarla, nonostante io glie lo avessi richiesto e ne
sono rimasto scioccato, anche se nel nostro paese di Maramaldo, sono
abituato a tutto ed al suo contrario, ottenendone piena ed aggravata
conferma. Da loro udii parlare per primi degli USA che avevano fondato
la Scuola delle Americhe, adesso Istituto per la Cooperazione sulla
sicurezza dell'emisfero occidentale (Western Hemispheric Institute for
Security Cooperation, (Soa/Whinsec).
Il nome attualmente è diverso ma il ruolo e le funzioni di quella scuola
che ha finora addestrato oltre 60.000 militari latinoamericani, sono le
stesse di quanto fu creata, a Panama, nel 1946: "Portare stabilità in
America latina."
In quale modo, lo raccontano i curriculum ed i nomi dei suoi allievi più
eccellenti, quali Leopoldo Galtieri, Edoardo Viola, Manuel Noriega o
generali come Hector Gramajo, accusato di genocidio contro la
popolazione guatemalteca, come i suoi colleghi Rios Mont e Lucas Garcia.
In tutti gli episodi più nefasti dell'America Latina sono sempre
presenti militari sfornati dalla SOA: nel commando che, nel 1973,
preparò il colpo di stato in Cile, nella guardia nazionale del dittatore
Somoza in Nicaragua, nell'assassinio di monsignor Romero in Salvador.
Nel 1993 quando venne reso pubblico il rapporto sul terrorismo di stato
in Colombia, risultò che 124 dei 247 ufficiali dell'esercito,
responsabili di crimini e torture, provenivano dalla SOA, come i
mandanti della strage di Acteal in Messico che, dopo l'insurrezione
zapatista del 1994, ha inviato alla Scuola un maggior numero di
effettivi.
Un fiume di sangue che continua a scorrere tuttora, specialmente in
Colombia, teatro di strette alleanze tra paramilitari e i commando SOA.
Nel 1993, proprio a seguito del rapporto sul Salvador, il democratico
Joseph Kennedy presentò una proposta per chiudere la Scuola, ma il
Congresso lo respinse con 256 voti contro 174.
Il 20 luglio 1994 , la Camera dei deputati yankee approvò con 230 a
favore e 197 contrari, un disegno di legge per tagliare una parte dei
fondi alla SOA, ma il Senato ribaltò la situazione.
Nello stesso anno, a seguito delle crescenti mobilitazioni popolari, il
governo annunciò la chiusura della Scuola che, dal 1984, dopo il
trattato del Canale, abbandonata Panama, era stata ricostruita in grande
segreto dal Pentagono a Fort Benning in Georgia.
Ma poco tempo dopo, eccola riaprire, sempre a Fort Benning, ma con un
nome diverso, a dimostrazione eclatante che il nazismo può essere, come
i fatti dimostrano, pianificato, votato e finanziato "democraticamente".
Io non sono mai stato
un antisemita, anzi ho collaborato con uno di loro durante la guerra che
aveva avuto tutta la sua numerosa famiglia, trucidata, uno per uno,
diabolicamente, per forzare suo Padre a tradire altri correligionari, in
Germania, sotto i suoi occhi, avendogli suo Padre predisposto un rifugio
nella cappa del camino sul tetto, essendo il primogenito, donde assisté
a quella tregenda e post Liberazione collaborai con i "Vendicatori"
ebraici tra i quali egli era confluito. Un governo che collabori nelle
guerre con dei nazisti del genere, perpetratori di quei delitti, non può
essere considerato migliore di quelli, pro tempore, alleati con Hitler,
siano essi ora berlusconizzati, cristianizzati o diessinizzati, con o
senza baffetti, con capelli trapiantati o meno, alla ricerca di Dio o
del diavolo che sia. Le mezze verità ufficiose e le falsità ufficiali
più clamorose sono state registrate negli ultimi tempi sulla tematica
ben più scabrosa della tortura, diventata in tutte le sue varianti
inclusa la «extraordinary rendition», prassi consacrata dal ministero di
giustizia, dal Pentagono e dalla Cia. «We do not torture», noi non
torturiamo, ha invece proclamato Gorge W. Bush a Panama City e Naomi
Klein è stata l'unica a ricordare sul Guardian del 10 dicembre 2005 che
lo smemorato presidente ha proclamato la sua sdegnata smentita a poche
decine di chilometri dalla località dove le forze armate Usa avevano
fondato e gestito dal 1946 al 1984 la «School of the Americas», la più
famigerata scuola di addestramento alla tortura, agli assassini mirati
degli squadroni della morte nei due emisferi. La scuola è stata poi
trasferita a Fort Benning nello stato della Georgia e continua a formare
e sfornare i quadri del terrorismo di stato Usa.
La verità è che violenza e tortura sono americane come la torta di mele
e sono state sempre praticate anche al di fuori di emergenze belliche,
ad esempio in molti dei carceri di sicurezza degli Stati uniti. Cosa c'è
allora di nuovo sotto il sole? C'è, dopo il 9/11, l'intento di
proiettare sullo schermo mondiale un'immagine più ferina e spietata
dell'impero. C'è la finzione sistemica come strumento ossessivo del
potere: il «noi non torturiamo» di Bush e la rivoltante ridefinizione
della tortura del ministro alla giustizia Alberto Gonzales - «misure
coercitive che non compromettano irrimediabilmente l'integrità fisica
dei prigionieri o portino alla loro morte». Ma le sevizie, le
mutilazioni, la riduzione allo stato vegetale di presunti terroristi, la
loro «estinzione» devono pur andare avanti fuori dalla giurisdizione di
qualche antiquato magistrato statunitense; e allora viene consolidata ed
intensificata la procedura delle «extraordinary renditions», come
avvenuto da noi, in Italia, volta a sottoporre i prigionieri a più
estreme e letali torture in paesi satelliti e in basi militari
all'estero. Nella sua tournee europea il segretario di stato Condoleezza
Rice si è irritata per le avverse reazioni della stampa e di qualche
governo. Non aveva tutti i torti. L'Unione Europea aveva dato un
esplicito assenso alle «renditions», il Regno unito, la Germania,
l'Italia e non solo la Romania e la Polonia avevano permesso agli aerei
della Cia con i loro tristi carichi umani di fare uso illimitato di
aeroporti civili e basi Usa sui loro territori. Senza negare alcunché la
signora Rice ha lasciato cadere qualche battuta diplomatica, blanda ed
evasiva. «Marcia indietro» sia pure fittizia. Il Il Popolo di Israele,
fungendo il suo governo da lunga mano e lacché degli Usa nel Medio
Oriente, se non sceglie una via meno oltranzista, come il Popolo
Italiano, che una finta sinistra ha svirilizzato, imbastardito,
intontito e berlusconizzato, predestinandolo a ulteriori Caporetto e
tanto meno gli arabi, è predestinato a rimanere vittima di una tragedia
che sta incendiando il mondo senza che il nostro Governo dimostri una
minima capacità di evitarla o almeno di comportarsi in modo da non
esservi travolti per primi.
Mio Padre affrontò la morte cantando: "questa non è l'l'Italia di
Mazzini, questa non è l'Italia che vogliamo, sarà quando l'Italia sarà
desta da quel lungo letargo in cui viviamo", fino a quando gli
deturparono la faccia con un fendente, prima di trucidarlo a raffiche di
mitra, ma evidentemente il nostro letargo si trasformerà in coma
irreversibile, se continueremo a farci abbindolare da quei signori, che
ci parlano, sfacciatamente e spudoratamente, di pace mentre ci infossano
sempre più in guerre al servizio dell'imperialismo yankee,
corresponsabile dei 97.500.000,00 morti prodotti dal capitalismo nel
corso del ventesimo secolo, come contabilizzati ne "Il libro nero del
capitalismo". Sono molti gli animali che mutano le loro abitudini per
via delle trasformazioni dell'habitat e gli scienziati Usa hanno
decretato l'inizio della sesta estinzione sulla Terra, la prima
provocata dall'uomo e non da eventi naturali. Ma nessuno, al governo e
neppure all'opposizione, dimostra di essersi accorto di quanto sopra
riportato e che l'Africa sta implodendo per la fame e l'AIDS, mentre il
mondo sta esplodendo per la rivolta di ben oltre mille e settecento
milioni di mussulmani contro la fame, lo sfruttamento, il capitalismo
globale e l'imperialismo yankee. Ora poi che il Capo di stato maggiore
dell'Inghilterra ha dichiarato :"Meglio andare via dall'Iraq, con noi in
Iraq stanno peggio. È meglio per tutti se torniamo a casa" non resta che
vedere cosa faranno i nostri bravi e volenterosi ministri D'Alema e
Parisi, tanto felici di avere avuto l'occasione di accodarsi a guerre,
già perdute in partenza o di lasciare ai posteri l'ardua sentenza,
aspettando impavidi che tutto ci crolli addosso come nel 1940/ 1945 e
questa volta in maniera infinitamente peggiore!
Il generale Richard Dannatt, capo di stato maggiore britannico, Victoria
Cross in giovane età, quindi un uomo che non difetta certo di coraggio,
essendosi guadagnata la più alta decorazione militare in un paese dove
non accade, come da noi, che l'equivalente a medaglia d'oro si regali
anche a chi sia stato tanto sfortunato da farsi ammazzare da fuoco
amico, circolando di notte in un' automobile, abbia criticato
apertamente l'invio di soldati in Iraq, dicendo in un'intervista
esclusiva al Daily Mail : "La nostra presenza ha esacerbato i problemi
di sicurezza".
Il comandante in capo dell'esercito britannico invita Usa e Gb a
"lasciare presto l'Iraq" "Per ragioni geopolitiche oltreché militari".
"Non dico che le difficoltà che stiamo incontrando nel mondo sono
causate dalla nostra presenza in Iraq, ma senza dubbio la nostra
presenza le ha esacerbate". Parole che suonano come una "critica
devastante". Così il Daily Mail introduce l'intervista alle scelte fatte
dal Governo laburista e dal premier Tony Blair.
Il generale Dannatt ricapitola gli anni in Iraq e accusa: "Credo che la
storia dimostrerà che la progettazione di quanto avvenuto dopo i
successi iniziali nella guerra è stata scarsa, probabilmente basata più
sull'ottimismo". L'intenzione originaria, prosegue, "era che avremmo
messo in essere una democrazia liberale che fosse di esempio nella
regione, filo-occidentale e con effetti benefici per l'equilibrio in
Medio Oriente. Questa era la speranza. Se fosse una speranza sensata o
ingenua. Lo giudicherà la storia".
"Siamo in un Paese musulmano e il modo in cui i musulmani vedono gli
stranieri è alquanto chiaro",continua Dannatt. Il generale, in un
ragionamento a tutto campo sulla "minaccia islamica" e sul "vuoto di
valori" nella società britannica, mette in guardia sulle ripercussioni
che l'intervento militare in Iraq potranno avere anche sulla sicurezza
interna.
Da noi invece tutta la nostra burocrazia militare tace e manda a
uccidere e a morire i nostri "operatori di pace"!
Dovendo arguire che ancora "Ci troviamo per una volta, davanti, -
com'ebbe a scrivere Gobetti, in un'altra situazione similare - il blocco
completo dell'altra Italia, l'unione confusa di tutte le nostre
antitesi.. la sintesi, spinta alle ultime inferenze delle storiche
malattie italiane: retorica, cortigianeria, demagogia, trasformismo." E
stupidità ed autolesionismo estremo, si potrebbe aggiungere!
"I partiti di massa si sono dimostrati inferiori alle loro funzioni."
"C'è un solo valore incrollabile al mondo: l'intransigenza." "Dovrà
ineluttabilmente l'Italia rimanere condannata a questi costumi
anacronistici e cortigiani? O le forze della nuova iniziativa popolare e
di ceti dirigenti incompromessi riusciranno a dare il tono alla nostra
storia futura?"
Poiché "faber est suae quisque fortunae" ( ognuno è artefice del suo
destino) per evitare di essere contati, insieme ai nostri figli e
nipoti, se qualcuno sopravvivrà abbastanza per farlo, tra i miliardi di
morti che il capitalismo produrrà nel XXI secolo, in questo, nel secolo
nel quale viviamo, occorre levarci in piedi e combattere, con tutta la
nostra intransigenza, intelligenza e coraggio, con le unghie e coi
denti, ora, prima che sia troppo tardi, se non lo è già! Una illustre
vittima del fascismo, Antonio Gramsci, ci ammonì "La storia insegna ma
non ha scolari"; se così fosse anche questa volta, a causa della nostra
persistente, stolida, autistica insipienza e codardia, potrebbe essere,
anzi sarà di certo l'ultima!
Sant'Agostino, così si interrogava nel suo trattato: "De civitate": " Se
si abolisce la giustizia che cosa sono gli Stati se non grosse bande di
ladroni?"
L'Onu nel 1991 dette il suo beneplacito al primo atto di guerra degli
imperialisti yankee ed europei per la prima guerra del Golfo, approvando
e gestendo l'embargo ai danni della popolazione irachena con milioni di
morti, soprattutto tra i bambini; ha sostenuto l'invasione statunitense
di Haiti, ha gestito militarmente l'invasione della Somalia nel 1992, ha
avallato l'intervento della Francia in Ruanda, ha gestito un intervento
militare iniquo nei confronti dell'ex Iugoslavia, riconoscendo la
Croazia di Tudjman, colpevole di gravissimi crimini contro le minoranze,
servendo l'Onu da copertura dell'espansionismo dei paesi capitalisti e
dei loro complici sovietici, dopodichè le potenze europee hanno
cooperato nel finanziamento delle missioni coloniali ed hanno aperto
nuovi scenari di guerra.
Il capitalismo significa sempre guerra, distruzione, miseria e morte;
solo con l'annientamento, non certamente con mezzi pacifici, del sistema
capitalistico l'umanità può essere liberata dallo sfruttamento e dalla
morte.
Esiste una piena continuità tra l'operato del primo Governo Prodi, di D'Alema,
quello di Berlusconi e l'attuale di Prodi; le nostre spese militari sono
costantemente lievitate, arrivando a 27,8 miliardi di dollari nel 2.004,
praticamente il costo di una finanziaria, come documenta lo Stockholm
International Peace Institute e l'Italia spende per la difesa 484
dollari pro capite, mentre la Germania 411, il Giappone 332 e il Canada
377, e noi, con spudorata faccia tosta limitiamo, indiscriminatamente,
tutte le spese sociali e medicinali anche per gli indigenti!
Nel novembre 2005, alla vigilia delle elezioni politiche, i DS
promovevano un convegno in cui intervenivano , oltre a Fassino e a Marco
Minniti, l'allora ministro della difesa Antonio Martino, il capo di
stato maggiore della difesa Gianpaolo Di Paola, il segretario generale
delegato Nato Alessandro Minuto Rizzo e l'amministratore delegato
Fincantieri Giuseppe Bono. Lo scopo del convegno era quello di
tranquillizzare le Forze Armate sull'impegno del futuro governo a
destinarle cifre idonee alla loro funzione nel mondo.
Attualmente l'Italia è impegnata in 29 missioni militari, in diverse
parti del mondo, con l'impegno di oltre undicimila soldati, il ministro
della difesa Parisi rispondeva a Repubblica del 9 settembre . "se
vogliamo rappresentare il nostro paese per quello che è non possiamo
tirarci indietro e dobbiamo rispondere agli appelli per la pace nel
mondo come fanno da sempre Francia, Gran Bretagna e Germania."
Poi, nei giorni scorsi, a El Alamein, lo stesso Parisi ebbe a dire: "Si
può morire da giusti per una causa sbagliata e viceversa. Non si può
fare carico delle scelte di allora a giovani che avevano 21 anni."
Nel contempo la
mafia, la criminalità comune e politica, i "padroni del vapore"
ingrassano e spolpano i diseredati, mentre si disserta di Dio e tutti i
furbetti, i furbastri ed i furbacchioni sono benedetti, in barba a San'Agostino
ed al buon Gesù che, secondo i Vangeli, predicò "È più facile che un
cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei
cieli." e "Beati gli ultimi perché saranno i primi."
Mio Padre, mazziniano ed agnostico, il giorno prima di affrontare la sua
atroce morte, mi disse anche: "Se Gesù apparisse in Vaticano sarebbe
crocefisso di nuovo, forse a testa in giù, come San Pietro."
Ora cosa accadrebbe al buon Gesù, se riapparisse tra noi, quando in
tempi più feroci e meno leggiadri, ai quali si riferiva mio Padre, a
volte rincorrendo a versi sia pure imperfetti, cercava di educarmi, i
ladri, ed anche i galantuomini e persino i bambini e le donne gravide le
attaccavano alle croci, mentre ora , in tempi meno feroci e più
leggiadri, le croci le attaccano al collo dei ladri?
E noi, uomini e donne normali, ci meriteremo l'invettiva che Pier Paolo
Pisolini diresse ad un italiota del suo e del nostro tempo: "Lei non ha
capito niente perché è un uomo medio. Un uomo medio è un mostro, un
pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista" oppure
sapremo cacciarla, con ogni mezzo, costi quel che costi, nelle fauci di
chi di ragione ed ai quali spetta?
Noi abbiamo sofferto la piaga del riformismo, avvalorando l'idea
dominante della borghesia circa la neutralità dello Stato e della
democrazia nei conflitti sociali, respingendo il concetto che "ogni
stato essendo lo strumento di oppressione di una classe sull'altra"
(Lenin) e va "spezzato" (Marx) per sostituire alla dittatura della
borghesia la dittatura del proletariato, cioè della stragrande
maggioranza contro l'infima minoranza borghese .
Guido Neppi Modogna nel suo libro: "Guerra di Liberazione e giustizia
penale dal fallimento dell'epurazione al processo alla Resistenza"
rileva:
"La scelta di ricorrere allo strumento delle amnistie per sanare la
contraddizione tra la continuità dell'ordinamento giuridico preesistente
e l'esito vittorioso della guerra civile ha reso invece particolarmente
grave l'avere attribuito alla magistratura ordinaria la competenza ad
applicare i provvedimenti di clemenza; magistratura che, per la sua
formazione culturale, era necessariamente portata a privilegiare tra i
due poli della contraddizione il valore della continuità
dell'ordinamento giuridico ereditato dal regime fascista ed a
misconoscere la portata rivoluzionaria della guerra civile. Quei giudici
la guerra di Liberazione non l'avevano combattuta; l'avevano subita ed
erano quindi propensi a rimuoverla come una fastidiosa parentesi."
"Come è noto per la punizione dei reati di collaborazionismo con il
tedesco invasore vennero predisposti una legislazione speciale e
specifici organi giudiziari, le Corti di Assisi Straordinarie.
È altrettanto noto che il capitolo delle sanzioni contro il fascismo si
risolse in un sostanziale fallimento, propiziato dalla mancata
epurazione della magistratura e dal ruolo svolto dalla Corte di
Cassazione nel vanificare le corti di assise di primo grado. Qui
peraltro importa soprattutto mettere in rilievo che per la repressione
del collaborazionismo venne operata la scelta di politica legislativa di
apprestare leggi e organi giudiziari speciali al fine di adeguare gli
interventi giudiziari alla realtà della guerra civile che aveva visto lo
scontro tra le brigate nere della Repubblica di Salò, le formazioni
partigiane e le popolazioni civili vittime delle barbarie nazifasciste.
Nei confronti dei partigiani non venne invece approvata alcuna specifica
disciplina legislativa, né per legittimare le azioni commesse durante la
guerra di liberazione ed immediatamente dopo la sua conclusione, né per
la repressione dei reati eventualmente commessi nel corso della guerra
civile. Il problema venne abbandonato- se così si può dire- al diritto
penale comune, cioè al codice penale Rocco del 1930, ed agli organi
della giustizia ordinaria, cioè ai giudici che si erano formati durante
il fascismo e non erano poi stati epurati dopo la caduta del regime. Si
verificò, in altre parole, un caso emblematico di continuità delle leggi
e degli apparati e degli uomini tra il regime fascista e l'ordinamento
repubblicano."
Quindi una dichiarazione del giudice Alessandro Galante Garrone, in un
suo scritto: "Il fallimento dell'epurazione è stato un fattore
fondamentale di quell'altro fenomeno che è stata la corruzione. Tutto si
lega e l'enorme lavacro che speravamo non c'è stato."
Il Presidente emerito Francesco Cossiga ha dichiarato: " È stata
rovinata una generazione. Il terrorismo aveva origini nella Resistenza,
nella delusione dei giovani verso il PCI. Se non ci fosse stato il
compromesso storico PCI/DC le Brigate Rosse non sarebbero nate."
Non solo la mia generazione, ma la seguente e quelle che verranno,
dovranno farsi carico del nostro insopportabile coacervo di infamia
durante la dolorosissima e certamente sanguinosissima via crucis che
seguirà fino alla sperabile, ma non affatto certa, catarsi!
Non pochi di noi partigiani intendevamo "dare l'assalto al cielo", quasi
nessuno di noi avendo compreso che con quei fottutissimi "padri della
patria" che ci ritrovavamo non avremmo potuto assaltare neppure un
Vespasiano, esattamente come ora: basti porre mente a cosa è accaduto
con gli yankee a seguito della morte di Callipari che rifiutano al
nostro "sgangherato" Governo di consegnargli il loro soldato che lo ha
abbattuto per giudicarlo ed il nostro "santissimo" Governo che a sua
volta non ha sollecitato un qualsiasi pubblico ministero, a seguito
della battaglia dei ponti a Bagdad, di procedere, a norma di legge,
contro quel nostro soldato che comandò ad un suo collega di annientare
un insorto ferito ed a terra e nemmeno contro colui che adempì a quella
criminale insistenza, come tutto il mondo ha potuto udire dalle
televisioni e dai giornali, dato che, almeno attraverso "la Repubblica",
fu possibile udire quello nostro sempiterno sconcio e vergogna.
La classe politica vuole conservare i propri privilegi in un Paese che
sta perdendo tutto, destra e sinistra sono ora alla pari e se gli
Italiani non se ne accorgeranno subito tutto sarà perduto e nemmeno la
dignità sarà salva!
Bertinoro. 30
ottobre 2006
Umberto Fusaroli Casadei grande invalido della guerra di
liberazione e combattente contro il colonialismo in Africa
|