Che dire del
risultato di queste elezioni?
La non sinistra di D’Alema&Fassino ha pagato ancora una
volta, la crisi di identità perché non si sono mai potute fare le nozze
con i fichi secchi. Ed un partito che non è tale e neppure un movimento
ma solo un filtro di ex compagni che guardano con invidia chi cerca di
restare coerente con le proprie idee anche se, ormai, dichiarate fuori
dal tempo.
Certo che la grossa coalizione che unisce Diliberto a Di
Pietro e guidata nell’immagine dall’ex alleato CIA, democristiano e
religiosissimo, Romano Prodi non lascia nulla da ben presagire.
E già che questo nuovo governo debba attendere la fine di
maggio per essere insediato a Palazzo Chigi piuttosto che farlo come di
diritto subito, lascia molto pensare che non saranno momenti facili.
Il nuovo Berlusconi che dopo aver azzannato rabbiosamente
l’osso senza conquistarlo, sia apparentemente deciso a cooperare con
l’altra metà del cielo indossando ora, i panni dell’uomo maturo e
responsabile che vuole continuare ad aiutare l’Italia, senza dover
necessariamente apparire, è l’ennesima trappola tirata fuori da un
cilindro fatto di marketing e politica populista che, giustappunto la
settimana prima del voto è riuscita a lanciare inquietanti illusori e
falsi messaggi d’amore verso l’elettorato (dal ‘cancelliamo l’ICI’ al
’aboliamo parzialmente la tassa sulla nettezza urbana’) che tanto hanno
confuso il votante incerto.
Drammatico poi il risultato elettorale dei nostri militari
in missione all’estero, soprattutto in Iraq dove il risultato a favore
della destra è apparso schiacciante; ed è questo il sintomo di quanto
‘democratici’ siano i militari che preferiscono ‘annichilire’ un
iracheno e votare la premiata ditta Fini&Berlusconi e che dovrebbero
‘proteggere’ il popolo iracheno dalla minaccia del terrorismo di casa
loro.
Esulta la sinistra definita radicale (ma radicale di cosa?
Se fossimo al tempo degli anni ’70, Rifondazione passerebbe tutt’al più
per il partito socialista di unità proletaria e il PdCI sarebbe la copia
del PCI) per aver non solo mantenuto i risultati ma, soprattutto, per
averli aumentati in maniera più che ottima. E ci si chiede cosa accadrà
con l’arrivo dell’autunno e l’abbandono di Bertinotti, mettendo in forno
ipotesi che vanno dalla scissione del partito, alla ricomposizione con i
comunisti italiani che contano su quasi 900mila bei voti.
New entry in ambito di onorevoli e eliminazioni illustri,
ma fanno parte di un gossip pseudopolitico che lascia sempre il tempo
che trova alla curiosità da tabloid inglese e nulla più.
Certo che ora, prima di guardare dentro il giardinetto di
casa, chi governerà dovrà mettere delle urgenti scadenze in ordine di
priorità e che investono il governo di nette responsabilità di fronte
all’Europa che al proprio ed altrui elettorato.
Leggi come quelle del conflitto di interessi, la par
condicio, la Biagi, quella elettorale, la devolution e molte altra
ancora, devono accompagnarsi rigorosamente con il risanamento dei conti
in rosso del nostro paese per assestarsi all’interno della fascia
richiesta dall’Europa. C’è poi da pensare al rilancio del prodotto
Italia e sia per assicurare una spinta che dia fiato ad una economia
asfittica ed aiutare imprese e mercato del lavoro, che tuteli gli
interessi di tutte le parti in causa senza per questo creare amicizie ed
inimicizie ma tenendo ben presente la realtà di uno sfrenato
liberalismo, comunque condiviso dal nuovo premier Prodi.
Ci saranno questioni sociali da determinare (non solo pacs)
e di politica estera (le missioni italiane in guerra ma anche le
alleanze mondiali) ad ingrandire il dovere ed i compiti di questa
variegata maggioranza che, speriamo, possa riconsiderare anche l’ottica
di analisi su Cuba e gli altri paesi definiti ‘canaglia’. Adesso non c’è
più Arcore a dettar legge e non ci sono più giustificazioni per
alimentare invidie sediamole del passato. Vediamo se i coglioni, hanno
le palle oppure no.