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                   NON SOLO CUBA

 


 

E' MORTO IL COMPAGNO HUAMBO

 

Antonio Rollo è un compagno che ha fatto almeno due rivoluzioni culturali.

La prima partecipando al movimento del '77 a Roma, in prima fila, lui proveniente dalla Puglia

in quella realtà che esigeva la trasformazione rivoluzionaria della società, nel lavoro all'università, nell'antifascismo militante, nel confronto politico. Comprendendo e sviluppando l'autonomia operaia, sia nelle realtà degli studenti che nel territorio, sia nelle fabbriche della periferia.

La seconda quando si è rimesso in gioco ed in movimento nelle nuove realtà conflittuali degli anni '90 e di questo nuovo "millennio", con capacità di comprensione e di analisi lucidamente poste non solo né principalmente alle belle frasi ma a costruire.

Meglio di me altri compagni certo scriveranno delle cose, compagni che l'hanno appunto direttamente conosciuto negli anni '70 e che con lui hanno vissuto a Roma e nel viterbese.

Ma una cosa fondamentale posso dirla.

Antonio, Huambo, e la sua compagna, Vittoria, sono gli unici compagni che io possa sapere, che, espressisi scetticamente in un primo momento sulla campagna contro la tortura del controllo mentale e le torture tecnologiche, hanno fatto autocritica nel merito, sostenendo praticamente con diverse iniziative la campagna dell'AVae-m e del Coordinamento di lotta contro le torture tecnologiche e carcerarie.

Nell'amicizia che mi lega a Huambo e Vittoria, ci sta quel naturale senso di appartenenza allo stesso fronte di classe, oltre che l'origine comune dell'autonomia operaia degli anni settanta-inizio anni ottanta, che ha fatto sì che anche nelle più accese discussioni sul primato attuale o meno del maoismo nel movimento comunista internazionale, e sulla effettiva natura revisionista di molte false posizioni che si proclamano rivoluzionarie, non si sia rotto il rapporto di solidarietà e di amicizia.

Non conosco gli estremi del suo male, e non voglio essere drastico e pregiudizievole alle motivazioni mediche, posso solo dire che secondo me quando un tumore uccide una persona con le palle, non possono che esserci gravi motivazioni che complessivamente il compagno considera non compatibili con la vita stessa. Queste gravi motivazioni corrispondono all'esistente, ad una situazione oramai oltre il tollerabile da oltre vent'anni, da quando la repressione e la ristrutturazione del "mercato del lavoro" hanno imposto la difensiva al movimento di classe, ma soprattutto da quando la guerra imperialista, in maniera del tutto illegittima ed arbitraria, è divenuta una cosa naturale per la "società italiana", per il bilancio dello stato, per la tendenza borghese e mafiosa dominante.

Tutte cose contro le quali occorre la massima unità, la quale mancando, produce male.

E a pagare sono sempre i migliori e più sensibili.

Un bacio a Huambo.

 

Paolo

 

 

 

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