|
SERATA CHIC AL VEDADO
Sono stato invitato
da una mia amica italiana a casa sua, all’Avana. Abita in un magnifico
appartamento a Calle 21, al Vedado. E’ stata organizzata una serata fra
amici italiani e cubani, in occasione della Fiera Turistica.
Il mio amico camajan
che mi accompagna ed io, ci troviamo in netto ritardo sull’orario
stabilito ma, essendo a Cuba, non ci sono problemi. Le due bottiglie di
ron, faranno dimenticare presto la nostra mancanza di puntualità.
All’interno della casa
troviamo una parte dell’intellighenzia italiana a Cuba e pro Cuba. Ci si
alterna in brevi contatti scivolando da un ospite all’altro, senza
rendersene conto.
La cena organizzata è opulenta e rasenta l’indecenza per quantità e
varietà di piatti preparati, con la netta approvazione degli astanti
che, rigorosamente in piedi e con il piatto alla mano, pasteggiano fra
un luogo comune e l’altro.
La mia amica, è una
padronea di casa simpaticissima e disponibilissima che non si sforza ad
apparire come una Marzotto habanera, anche se potrebbe benissimo
esserlo.
Ma sono gli invitati
che catturano la mia voglia di analisi.
Trovo il regista cubano
de “La vita è un fischio” che si lamenta di non avere finanziamenti per
il suo prossimo lavoro e, con il quale, parlo di filmografia e copioni.
Perez sembra all’apparenza un uomo di strada, senza alcuna importanza.
Allampanato e scarno ma dallo sguardo intelligente che trapassa gli
occhiali da miope che indossa, parla proponendo soluzioni, avanzando
progetti, scambiando pareri. Mai sarebbe possibile in Italia,
confrontarsi da perfetti sconosciuti con un famoso regista pieno di
boria e starlette a fianco.
Alla serata trovo amici
e no. Gente che non riesco a definire e che non mi interessa. Però
conosco Loredana che, da quel di Testaccio (tipico e popolare quartiere
di Roma) si è trasferita in Centro Habana da qualche anno, chiudendo il
suo avviato studio commercialista per iscriversi all’Università
dell’Avana. Fra le sue attività, questa Gabriella Ferri del Caribe, c’è
anche quella di essere relatore per la Società Dante Alighieri di Cuba.
Loredana vuole restare ancora un poco nell’isola dell’amore per
rientrare in Italia ad occuparsi di servizi.
L’anfitriona ci mostra
l’enorme terrazzo che gira sopra la casa e dal quale si gode una
incomparabile vista della città mentre la serata al Vedado prosegue
senza mai languire, anche perché, si sono creati dei nuclei di
conversazione che hanno delineato l’aggregazione degli invitati. Quindi,
c’è chi parla con Gin, giornalista italiano amante di Cuba e fondatore
di circoli pro-Cuba negli anni 70, ora volontario addetto stampa per
l’Ufficio del Turismo Cubano in Italia. Ma ci sono anche altri che non
conosco e non conoscerò mai ma, al Vedado, questo non ha importanza.
Ma la persona più
importante, addirittura fondamentale, lo conoscemmo alla fine della cena
quando, verso le due di notte, salutammo gli amici per tornarcene alla
nostra casa alla Vibora.
Con estremo disappunto,
arrivati alla macchina, ci accorgemmo di avere una gomma a terra.
L’amico camajan, da subito, confessò di non aver cambiato mai un
copertone in vita sua e di non essere in grado di farlo. Così, gioco
forza, toccò a me sobbarcarmi nella faticosa ma necessaria impresa di
cambiare la ruota e, dopo aver appurato di avere tutti i ferri
necessari, mi avviai alla sostituzione. Ma, dopo aver svitato
diligentemente i bulloni, mi resi conto che il cric in dotazione, non
alzava affatto la macchina. E così, tra smadonnamenti vari, lavorai
oltre mezz’ora cambiando posizione al cric, alzando e riabbassando la
leva dello stesso fino ad arrendermi all’evidenza: non ero capace a
sollevare nulla.
Ora, la tragicomica
scena era osservata dal portiere dello stabile che, come tutti i cubani,
sembra non aver mai sonno neppure nel cuore della notte. Il nostro uomo,
somigliante al Lotar di Mandrake, passò da un iniziale interesse
frammisto a curiosità ad una quasi incontenibile ilarità, pensando in
cuor suo chissà quali cose.
Alla fine della improba
battaglia, mi arresi alla stanchezza e all’orgoglio e, recandomi da
Lotar chiesi il suo aiuto.
Lui, con un fare tipo
“ghepensimi” si avvicinò alla ruota e, impadronendosi del cric iniziò a
sollevare l’auto. Ma, come accaduto a me, dopo una breve corsa, l’auto
sollevata si risbragava a terra rendendo vano il tentativo. Dopo una
estenuante teoria di tentativi abbastanza goffi, ci rendemmo conto che,
questa volta, a ridere eravamo noi.
Il Lotar farfugliando
un qualcosa, s’allontanò nell’oscurità tornando poco dopo con un cric di
una vecchia Chevrolet.
Ma anche in questo caso, lo strumento che doveva alzare la macchina,
cileccava facendo imprecare Lotar, ormai giunto allo stremo della
sopportazione.
Alla fine, facendoci aiutare da un miliziano di passaggio, sollevammo
l’auto in tre, ponendo il quarto dei blocchetti di mattone a mo di fermo
e, permettendoci così, di sostituire la gomma bucata.
Erano da poco passate
le tre e mezza ed il cielo stellato resta a guardare la fine di una
serata chic al Vedado.
|