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IL BLOCCO A CUBA
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INDICE
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PREFAZIONE di
Andrea Giardina
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PREMESSA
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INTRODUZIONE
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A. Le misure di
embargo
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a) Breve
cronologia
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b) Le misure in
vigore
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I) In generale
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II) Misure che
colpiscono Stati terzi
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III) Pressioni
esercitate su Stati terzi.
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B. L'iniziativa
del governo cubano alle Nazioni Unite
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PARTE PRIMA
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LE MISURE DI
EMBARGO E I DIRITTI DI CUBA
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A. Il divieto
dell'uso della forza.
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B. Il divieto di
intervento negli affari interni di un altro Stato.
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C. Il divieto di
ricorrere a misure di coercizione economica nei rapporti tra i paesi
industrializzati e paesi in via di sviluppo.
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D. Gli obblighi
posti dal GATT.
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E. Condizioni
per l'esercizio di contro-misure.
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PARTE SECONDA
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LE MISURE DI
EMBARGO E I DIRITTI DEGLI STATI TERZI
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APPENDICE
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LA LEGGE
TORRICELLI
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RISOLUZIONE
ASSEMBLEA GENERALE ONU
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RISOLUZIONE
PARLAMENTO EUROPEO
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NOTA DI PROTESTA
DELLA COMUNITÀ EUROPEA
PREFAZIONE
Da più di trent'anni, ormai, Cuba subisce ad opera degli Stati Uniti un
embargo economico fra i più duri nella storia delle relazioni
interstatali. Tale embargo, peraltro, coinvolge anche Stati terzi: e ciò
in virtù degli effetti c.d. extraterritoriali degli atti normativi
statunitensi con cui si sono adottate le misure economiche nei confronti
di Cuba.
La situazione si è particolarmente aggravata per Cuba con il venir meno
dei rapporti commerciali privilegiati che essa aveva con i paesi europei
dell'area socialista e che le permettevano di far fronte all'isolamento
economico imposto dagli Stati Uniti. Ormai, anche questi Stati, come già
quelli occidentali e quelli del Terzo Mondo, subiscono le pesanti
pressioni statunitensi volte a indurli a non commerciare con Cuba e non
hanno più nei suoi confronti quella solidarietà determinata dalla
analogia di regime politico. Un ulteriore aggravamento è stato causato
dalla recente promulgazione, il 23 ottobre 1992, del Cuban Democracy Act,
che ha rafforzato le misure di embargo soprattutto con riguardo ai loro
effetti extraterritoriali.
La difficile situazione cubana, che pesa anche e soprattutto sulla
popolazione ormai in difficoltà nel reperimento perfino dei beni di
prima necessità, ha convinto la Fondazione Internazionale Lelio Basso
dell'opportunità di uno studio che valutasse la legittimità
internazionale delle misure statunitensi di embargo per quel che
riguarda tanto i rapporti bilaterali diretti fra Stati Uniti e Cuba
quanto quelli fra Stati Uniti e terzi Stati.
Lo studio è stato svolto da Aldo Bernardini, Flavia Lattanzi, Marina
Spinedi nell'ottobre 1992, in concomitanza con l'iniziativa cubana in
seno all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per una condanna
dell'embargo statunitense. L'Assemblea generale, accogliendo in parte le
richieste cubane, ha adottato una risoluzione di condanna degli effetti
extraterritoriali delle misure statunitensi: tale risoluzione è
riprodotta in appendice allo studio.
Misure di carattere economico volte a colpire uno Stato, in una
struttura internazionale non istituzionalizzata come quella attuale,
possono costituire certamente uno strumento efficace per il ripristino
della legalità internazionale quando adottate dagli Stati in conformità
alle risoluzioni degli organi competenti delle Nazioni Unite. Quando
invece tali misure sono prese da singoli Stati o gruppi di essi in
assenza di apposite decisioni o autorizzazioni delle Nazioni Unite, il
problema della loro legittimità si pone e va risolto alla luce delle
norme della Carta e del diritto internazionale generale.
Di fondamentale importanza è in proposito l'art. 2 par. 4 della Carta
che impone il generale divieto agli Stati di ricorrere all'uso della
forza nelle relazioni internazionali. È noto che di questa disposizione
può esser data una interpretazione restrittiva limitando il divieto al
solo uso della forza militare o una interpretazione più ampia estendendo
il divieto all'uso della forza economica.
È vero che esiste nel mondo attuale una generale libertà dei commerci
per cui uno Stato è libero di intrattenere relazioni economiche con chi
preferisce, ma è pur certo che questa libertà non può essere esercitata
per nuocere all'indipendenza politica ed alla stessa esistenza di un
altro Stato. In tal caso si tratta indubbiamente di uso illecito della
forza. Inoltre nel caso delle sanzioni statunitensi contro Cuba - così
come è convincentemente dimostrato nel saggio che segue - la analisi
circa la loro legittimità va effettuata alla luce delle regole generali
della Carta delle Nazioni Unite concernenti il divieto di ingerenza
negli affari interni di altri Stati, i suoi principi specifici relativi
ai rapporti fra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo; alla luce
degli obblighi di non discriminazione derivanti dall'Accordo Generale
sulle Tariffe e sul Commercio.
Le sanzioni economiche statunitensi sono inoltre valutate come eventuali
risposte a comportamenti illeciti di Cuba e l'analisi dimostra la
impossibilità di una simile costruzione. Infine, le sanzioni sono
esaminate per quanto esse incidano nei confronti di Stati terzi che si
vedono danneggiati ed impediti nell'esercizio della loro libertà
commerciale. È questo un aspetto molto controverso delle sanzioni
statunitensi che ha determinato la reazione di molti paesi e della
stessa Comunità Europea che non ritiene legittimo l'atteggiamento USA
consistente nell'attribuire unilateralmente efficacia universale alle
proprie sanzioni contro Cuba.
È infine da aggiungere una osservazione generale circa gli effetti e
l'efficacia delle sanzioni economiche, soprattutto quando adottate nei
confronti di paesi in via di sviluppo non dotati di strutture economiche
forti e capaci di autosufficienza. Le sanzioni hanno ben presto effetti
gravi sugli strati più umili della popolazione facendo mancare loro
anche beni di prima necessità. Soltanto in maniera indiretta queste
sanzioni esplicano effetti sulle classi più agiate ed in particolare
sulla classe politica dominante che è poi quella i cui comportamenti si
vorrebbero condizionare.
In questo contesto è evidentemente auspicabile che eventuali sanzioni
economiche non siano adottate in maniera unilaterale, ma siano precedute
da decisioni od autorizzazioni delle Nazioni Unite che, appunto,
potrebbero tenere meglio in considerazione (e limitare) gli effetti
delle sanzioni stesse sugli strati più disagiati delle popolazioni degli
Stati colpiti e gli interessi degli altri Stati che pur non essendo
obbiettivo delle sanzioni finiscono col soffrirne le conseguenze
sfavorevoli.
La Risoluzione approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il
24 novembre 1992 (Ris. 47/19) conferma autorevolmente la fondatezza
delle preoccupazioni sollevate e delle conclusioni raggiunte nel
presente lavoro.
Andrea Giardina
PREMESSA
Nel presente lavoro vengono esaminate le misure di embargo economico,
commerciale e finanziario adottate dagli Stati Uniti nei confronti di
Cuba.
Non è nostro compito fornire una valutazione politica di dette misure.
Qui ci occupiamo unicamente di stabilire se tali misure siano o meno
conformi al diritto internazionale, sia consuetudinario che pattizio,
con particolare riguardo alla Carta delle Nazioni Unite.
Il lavoro è stato diviso in due parti precedute da una introduzione.
Nell'Introduzione si espongono i fatti attraverso una breve cronologia
e illustrazione delle misure economiche adottate dagli Stati Uniti nei
confronti di Cuba, da un lato, e dell'iniziativa del governo cubano
alle Nazioni Unite, dall'altro.
Nella Prima Parte, curata da Flavia Lattanzi e Marina Spinedi, si
esamina la questione della liceità o meno delle misure di embargo
statunitensi con riguardo agli obblighi che gli Stati Uniti hanno
verso Cuba: in particolare alla luce a) del divieto dell'uso della
forza nei rapporti internazionali, b) del divieto dell'intervento
negli affari interni degli altri Stati, c) dei principi che regolano i
rapporti fra Stati industrializzati e Stati in via di sviluppo, d)
delle norme del GATT e, infine, e) delle norme che disciplinano
l'esercizio delle contro-misure.
La Seconda Parte, curata da Aldo Bernardini, è dedicata all'esame
della questione della liceità o meno delle misure di embargo (o di
alcune di esse) con riguardo agli obblighi che gli Stati Uniti hanno
verso Stati terzi.
Roma, 1° novembre 1992
LE
ORIGINI DEL BLOCCO ECONOMICO, COMMERCIALE E FINANZIARIO CONTRO CUBA
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Le misure di
embargo
a) Breve cronologia
L'embargo economico, commerciale e finanziario adottato dagli
Stati Uniti nei confronti di Cuba è in vigore da ormai più di 30
anni. Le prime misure economiche contro Cuba furono prese nel 1960
e gradualmente estese. Nel 1963 l'embargo era completato. Esso è
stato finora costantemente mantenuto con poche varianti.
Nell'ultimo anno si è avuta un'ulteriore "escalation" di tali
misure, culminata nell'adozione da parte del Congresso nello
scorso mese, del progetto di legge presentato dal deputato
Torricelli: il "Cuban Democracy Act of 1992".
Forniamo qui di seguito una breve cronologia delle principali
misure economiche adottate. I dati sono tratti dal volume "United
States Economic Measures Against Cuba", a cura di FALK e KRINSKY
(in corso di stampa), cui rinviamo per una più dettagliata
cronologia e per l'indicazione delle fonti.
1959 17 maggio - Cuba adotta una riforma agraria: vi si prevede
che il compenso per i terreni espropriati, valutato in base al
valore dichiarato a fini fiscali, sia liquidato in buoni
ventennali con un interesse massimo del 4%. Gli Stati Uniti
annunciano l'adozione di misure economiche contro Cuba ove
proprietà statunitensi siano espropriate in base alla legge di
riforma. A loro avviso l'esproprio di beni stranieri è lecito solo
quando sia accompagnato da un risarcimento "pronto, adeguato ed
effettivo". Le proprietà statunitensi vengono espropriate.
1960 13 febbraio - Cuba e Unione Sovietica stipulano un accordo
commerciale per la fornitura a Cuba di petrolio. Su richiesta del
governo statunitense le compagnie petrolifere statunitensi a Cuba
rifiutano di raffinare il petrolio proveniente dall'URSS.
1° luglio - Il governo cubano assume il controllo della
raffinazione del petrolio.
6 luglio - Il Congresso degli Stati Uniti vota una legge che
autorizza il Presidente a ridurre o sopprimere la quota di
zucchero che gli USA importano da Cuba, provvedimento che sarà
emanato il giorno successivo e che ridurrà praticamente a zero le
importazioni di zucchero per il 1960. È questa la prima - e molto
grave1 - misura economica nei confronti di Cuba.
7 luglio - In risposta a tale misura il Parlamento cubano adotta
una legge di nazionalizzazione delle società statunitensi operanti
a Cuba. Il compenso per l'esproprio è previsto in buoni
governativi trentennali con un interesse annuo di meno del 2%.
19 ottobre - Gli Stati Uniti impongono un embargo totale sulle
esportazioni a Cuba di prodotti e "tecnologie", eccetto medicinali
e prodotti alimentari. L'embargo si estende alle filiali
all'estero di società statunitensi. Per poter esportare a Cuba è
necessaria una speciale autorizzazione, che in genere viene
rifiutata.
1961 3 gennaio - Gli Stati Uniti rompono le relazioni diplomatiche
con Cuba, il cui regime viene definito leninista, socialista,
anti-imperialista, e introducono severe restrizioni nei viaggi di
loro cittadini a Cuba.
1962 31 gennaio - L'Organizzazione degli Stati Americani (OSA)
esclude Cuba dalla partecipazione agli organi societari: e ciò
sulla base della motivazione che Cuba ha instaurato un regime
economico-sociale basato su un'ideologia marxista-leninista e ha
accettato l'assistenza militare dell'Unione sovietica e della
Cina.
Febbraio-ottobre - Gli Stati Uniti vietano progressivamente tutte
le importazioni da Cuba e stabiliscono l'interruzione degli aiuti
economici ai paesi che aiutano Cuba.
1963 - Gli Stati Uniti introducono restrizioni al commercio di
navi straniere con Cuba e fanno divieto a chiunque, anche in paesi
terzi, di compiere transazioni in dollari con Cuba o cittadini
cubani.
1964 26 luglio - A seguito della scoperta di armi cubane in
Venezuela, l'OSA adotta una risoluzione in cui, dopo aver
condannato il governo cubano "for its acts of aggression and
intervention against the territorial inviolability, the
sovereignty, and the political independence of Venezuela", fa
obbligo a tutti i membri di sospendere ogni commercio con Cuba
(tranne in prodotti alimentari e medicinali) come pure le
relazioni marittime e le relazioni diplomatiche. Gli Stati Uniti
aggravano le misure dirette a impedire il commercio con Cuba di
navi straniere.
1975 29 luglio - L'OSA, col voto favorevole degli Stati Uniti,
decide di porre fine alle sanzioni obbligatorie e di lasciare
liberi i membri di "normalize or conduct their relations with the
Republic of Cuba in accordance with their own national policy and
interests, and at the level and in the manner which each State
deems appropriate".
1975-l981 - A seguito della risoluzione OSA e di precedenti
proteste di Stati terzi gli Stati Uniti alleggeriscono le misure
di embargo, in particolare quelle con effetti "extraterritoriali":
rilasciano, per esempio, specifiche autorizzazioni a commerciare
con Cuba a filiali di società statunitensi ma di nazionalità
straniera e con sede all'estero e a navi di Stati esteri.
1977 - Gli Stati Uniti consentono viaggi a Cuba per turismo.
1981 - Con l'Amministrazione Reagan inizia una nuova fase di
rafforzamento dell'embargo: tra l'altro viene ripristinato il
divieto di viaggi turistici a Cuba (1982).
1988-1992 - Su espressa richiesta del Congresso l'Amministrazione
adotta nuove e pesanti misure di embargo.
1992 24 aprile - L'Office Foreign Assets Control, sulla base di
una direttiva del Presidente degli Stati Uniti, chiude i porti a
qualsiasi nave di paese terzo che trasporti beni o passeggeri da o
per Cuba o in cui Cuba o un cittadino cubano abbiano interesse.
25 settembre - Il Congresso, su proposta del deputato Torricelli,
approva il "Cuban Democracy Act of 1992". In esso si stabilisce,
tra l'altro, che le filiali di società statunitensi anche se di
nazionalità straniera operanti in paesi terzi non potranno in
nessun caso essere autorizzate a commerciare con Cuba e che navi
di Stati terzi che abbiano toccato nei sei mesi precedenti porti
cubani non possano caricare o scaricare merci in porti USA, anche
se non si tratti di merci cubane.
23 ottobre - Il Presidente degli Stati Uniti firma il "Cuban
Democracy Act of 1992".
b) Le misure in vigore
Per un'elencazione precisa delle misure economiche degli Stati
Uniti nei confronti di Cuba attualmente in vigore rinviamo allo
studio citato: "United States Economic Measures against Cuba" (ivi
anche l'indicazione delle leggi e delle altre fonti normative).
Ai fini del nostro studio ci limitiamo a riassumere qui le più
importanti misure, considerandole dapprima in generale e poi
soffermandoci su quelle misure che coinvolgano Stati terzi.
I) In generale
Importazioni ed esportazioni - Sono vietate tutte le importazioni
da Cuba verso gli Stati Uniti e le esportazioni degli Stati Uniti
verso Cuba.
Trasferimenti di denaro o altre proprietà - È fatto divieto a
qualsiasi persona fisica o giuridica statunitense di trasferire a
Cuba o a cittadini cubani (o cittadini di terzi Stati residenti a
Cuba) denaro o proprietà di qualsiasi genere, inclusi i crediti e
le tecnologie. All'inverso è vietato ai cittadini USA ricevere
proprietà da Cuba o da cittadini cubani. Poche le eccezioni
contemplate: invio di modeste somme di denaro a parenti, pacchi
dono a parenti o istituzioni di beneficenza e simili, invio di
medicinali a organizzazioni non governative. Qualche limitata
possibilità di esportare medicinali e attrezzature mediche è ora
prevista dal "Cuban Democracy Act".
Servizi - È vietato a cittadini statunitensi fornire servizi a
Cuba o a cittadini cubani (o a cittadini di terzi Stati residenti
a Cuba) o ricevere da essi servizi.
Contratti - È vietato stipulare contratti con Cuba o cittadini
cubani (o cittadini di terzi Stati residenti a Cuba).
Viaggi - È vietato ai cittadini statunitensi pagare Cuba o
cittadini cubani per spese di viaggio e soggiorno a Cuba. Poche
eccezioni.
Aerei - È vietato agli aerei statunitensi atterrare a Cuba quale
che sia il paese da cui decollano. Inoltre è vietato a tutti gli
aerei (statunitensi o meno) di decollare da un aeroporto
statunitense con destinazione Cuba.
Navi - È vietato l'ingresso nei porti statunitensi di navi, siano
esse cubane, statunitensi o di terzi Stati, che trasportino merci
o passeggeri da e per Cuba o in cui Cuba possa avere interesse.
Inoltre dal 1993 è fatto divieto a qualsiasi nave che abbia
toccato nei sei mesi precedenti un porto cubano di caricare o
scaricare merci in un porto statunitense anche se non si tratti di
merci cubane.
II) Misure che colpiscono Stati terzi
Navi - È vietato l'accesso ai porti statunitensi di navi di terzi
Stati che trasportino beni o passeggeri da e per Cuba. Inoltre
anche ove non trasportino nè merci nè passeggeri da Cuba, ma
abbiano semplicemente toccato un porto cubano nei sei mesi
precedenti, non potranno caricare o scaricare merci in porti
statunitensi.
Società di terzi Stati che siano filiali di società americane -
Gli Stati Uniti asseriscono il diritto di estendere l'embargo a
società che abbiano la nazionalità di altri Stati aventi la sede
in tali Stati e che ivi conducano i loro affari, ove tali società
siano di proprietà di società o cittadini statunitensi o da essi
"controllate". Va precisato che una società avente la nazionalità
di un altro Stato è considerata, ai sensi della legislazione
statunitense, "controllata" da un'entità statunitense anche se
quest'ultima abbia solo una partecipazione di minoranza nella
proprietà.
Fino ad ora il governo statunitense aveva la possibilità, su
richiesta della filiale, di consentire a che essa commerciasse con
cittadini cubani. In genere ciò avveniva. D'ora in poi il "Cuban
Democracy Act of 1992" esclude qualsiasi discrezionalità
dell'Amministrazione al riguardo. Tutte le filiali di società
statunitensi "controllate" nel senso detto da una società
statunitense sono soggette alle norme sull'embargo economico. Sono
previste pesantissime sanzioni penali e civili per i trasgressori.
Società di Stati terzi con una partecipazione di minoranza cubana
- Il divieto per i cittadini e le società statunitensi di
commerciare con società cubane si estende alle società aventi la
nazionalità di Stati terzi e ivi localizzate e operanti, ove
abbiano una partecipazione cubana di almeno il 25%.
Esportazione a Cuba di prodotti con componenti o materiali o
tecnologie statunitensi - Gli Stati Uniti vietano a cittadini e
società straniere con sede in Stati terzi di esportare a Cuba
prodotti manifatturati interamente nel paese terzo, ma che
contengano una componente o materiali statunitensi ove essi
costituiscano almeno il 20% del valore del prodotto. Lo stesso
divieto si applica a prodotti interamente manufatturati nel paese
terzo, ma sulla base di tecnologie statunitensi.
Transazioni in dollari - Gli Stati Uniti vietano a banche
straniere di effettuare transazioni in dollari USA tra cittadini
cubani e cittadini di paesi terzi, come pure di aprire conti in
tale valuta intestati a Cuba o cittadini cubani.
III) Pressioni esercitate su Stati terzi
Fin qui le misure normative adottate dagli Stati Uniti per isolare
Cuba. Come si è detto, esse hanno per effetto di coinvolgere
nell'embargo a Cuba società e Stati stranieri. Per valutare
appieno la portata dell'embargo occorre tuttavia tener presente
che all'impatto di tali misure va aggiunto quello delle pressioni
esercitate dagli Stati Uniti su società e Stati stranieri per
indurli a non aiutare finanziariamente Cuba e a non commerciare
con essa.
Che pressioni molto pesanti - in particolare verso paesi in via di
sviluppo - vengano esercitate risulta non solo da documenti di
parte cubana, ma da dichiarazioni ufficiali di esponenti
dell'amministrazione statunitense. Esse sono d'altronde state
espressamente previste nel "Cuban Democracy Act of 1992" di
prossima entrata in vigore. La sezione 3 di tale Atto, dopo aver
indicato come politica degli Stati Uniti quella di ricercare la
cooperazione degli altri Stati per favorire, attraverso
l'applicazione di sanzioni contro il governo cubano, la
transizione di Cuba verso la democrazia, precisa che gli Stati
Uniti dovranno
"make clear to other countries that, in determining its relations
with them, the United States will take into account their
willingness to cooperate in such a policy".
"render chiaro agli altri paesi che, nel determinare le proprie
relazioni con essi, gli Stati Uniti terranno conto della loro
disponibilità a collaborare in tale politica".
Inoltre, la sezione 4 stabilisce:
"(a) Cuban Trading Partners - The President should encourage the
governments of countries that conduct trade with Cuba to restrict
their trade and credit relations with Cuba in a manner consistent
with the purposes of this Act.
(b) Sanctions Against Countries Assisting Cuba
(1) Sanctions. - The President may apply the following sanctions
to any country that provides assistance to Cuba:
(A) The government of such country shall not be eligible for
assistance under the Foreign Assistance Act of 1961 or assistance
or sales under the Arms Export Control Act.
(B) The United States shall not negotiate for purposes of entering
into any agreement with such country to establish free trade
areas.
(C) Such country shall not be eligible, under any program, for
forgiveness or reduction of debt owed to the United States
government".
(a)
Partners commerciali di Cuba - Il Presidente dovrebbe incoraggiare
i governi dei paesi che hanno rapporti commerciali con Cuba a
ridurre tale commercio e i rapporti creditizi in maniera consona
con gli scopi della presente Legge.
(b) Sanzioni contro paesi che prestano assistenza a Cuba:
(1) Sanzioni. -Il Presidente è autorizzato ad applicare le
seguenti sanzioni contro qualsiasi paese che presti assistenza a
Cuba:
A) Il governo di tale paese non potrà beneficiare di aiuti ai
sensi della Legge per gli Aiuti all'Estero, 1961, oppure di aiuti
o di vendite ai sensi della Legge sul Controllo dell'Esportazione
degli Armamenti.
B) Gli Stati Uniti non stipuleranno accordi aventi ad oggetto
l'instaurazione di aree di libero scambio con tale paese.
C) Tale paese non potrà beneficiare di cancellazioni oppure
riduzioni di debiti dovuti agli Stati Uniti.
Quanto a prese di posizione ufficiali di organi statunitensi basti
ricordare quanto dichiarato nel corrente anno dal Presidente degli
Stati Uniti, G. Bush, e dal "Principal Deputy Assistant Secretary
of State" per gli affari inter-americani, R.S. Gelbard.
In una lettera inviata dal Presidente Bush al Congresso in data 4
giugno 1992, si legge:
"My Administration will continue to stress to other nations that
continued direct economic or military assistance to the Cuban
dictatorship is not acceptable and will seriously affect their
relationship with the United States, including the provisions of
assistance".
"Il
mio governo continuerà a ribadire agli altri paesi che la
prestazione continuativa di assistenza diretta economica o
militare al regime dittatoriale cubano non è accettabile e
comporterà gravi conseguenze per i rapporti con gli Stati Uniti,
compresi quelli in materia di assistenza".
nel paese terzo, ma sulla base di tecnologie statunitensi.
Transazioni in dollari - Gli Stati Uniti vietano a banche
straniere di effettuare transazioni in dollari USA tra cittadini
cubani e cittadini di paesi terzi, come pure di aprire conti in
tale valuta intestati a Cuba o cittadini cubani.
III) Pressioni esercitate su Stati terzi
Fin qui le misure normative adottate dagli Stati Uniti per isolare
Cuba. Come si è detto, esse hanno per effetto di coinvolgere
nell'embargo a Cuba società e Stati stranieri. Per valutare
appieno la portata dell'embargo occorre tuttavia tener presente
che all'impatto di tali misure va aggiunto quello delle pressioni
esercitate dagli Stati Uniti su società e Stati stranieri per
indurli a non aiutare finanziariamente Cuba e a non commerciare
con essa.
Che pressioni molto pesanti - in particolare verso paesi in via di
sviluppo - vengano esercitate risulta non solo da documenti di
parte cubana, ma da dichiarazioni ufficiali di esponenti
dell'amministrazione statunitense. Esse sono d'altronde state
espressamente previste nel "Cuban Democracy Act of 1992" di
prossima entrata in vigore. La sezione 3 di tale Atto, dopo aver
indicato come politica degli Stati Uniti quella di ricercare la
cooperazione degli altri Stati per favorire, attraverso
l'applicazione di sanzioni contro il governo cubano, la
transizione di Cuba verso la democrazia, precisa che gli Stati
Uniti dovranno
"make clear to other countries that, in determining its relations
with them, the United States will take into account their
willingness to cooperate in such a policy".
"render chiaro agli altri paesi che, nel determinare le proprie
relazioni con essi, gli Stati Uniti terranno conto della loro
disponibilità a collaborare in tale politica".
Inoltre, la sezione 4 stabilisce:
"(a) Cuban Trading Partners - The President should encourage the
governments of countries that conduct trade with Cuba to restrict
their trade and credit relations with Cuba in a manner consistent
with the purposes of this Act.
(b) Sanctions Against Countries Assisting Cuba
(1) Sanctions. - The President may apply the following sanctions
to any country that provides assistance to Cuba:
(A) The government of such country shall not be eligible for
assistance under the Foreign Assistance Act of 1961 or assistance
or sales under the Arms Export Control Act.
(B) The United States shall not negotiate for purposes of entering
into any agreement with such country to establish free trade
areas.
(C) Such country shall not be eligible, under any program, for
forgiveness or reduction of debt owed to the United States
government".
(a)
Partners commerciali di Cuba - Il Presidente dovrebbe incoraggiare
i governi dei paesi che hanno rapporti commerciali con Cuba a
ridurre tale commercio e i rapporti creditizi in maniera consona
con gli scopi della presente Legge.
(b) Sanzioni contro paesi che prestano assistenza a Cuba:
(1) Sanzioni. -Il Presidente è autorizzato ad applicare le
seguenti sanzioni contro qualsiasi paese che presti assistenza a
Cuba:
A) Il governo di tale paese non potrà beneficiare di aiuti ai
sensi della Legge per gli Aiuti all'Estero, 1961, oppure di aiuti
o di vendite ai sensi della Legge sul Controllo dell'Esportazione
degli Armamenti.
B) Gli Stati Uniti non stipuleranno accordi aventi ad oggetto
l'instaurazione di aree di libero scambio con tale paese.
C) Tale paese non potrà beneficiare di cancellazioni oppure
riduzioni di debiti dovuti agli Stati Uniti.
Quanto a prese di posizione ufficiali di organi statunitensi basti
ricordare quanto dichiarato nel corrente anno dal Presidente degli
Stati Uniti, G. Bush, e dal "Principal Deputy Assistant Secretary
of State" per gli affari inter-americani, R.S. Gelbard.
In una lettera inviata dal Presidente Bush al Congresso in data 4
giugno 1992, si legge:
"My Administration will continue to stress to other nations that
continued direct economic or military assistance to the Cuban
dictatorship is not acceptable and will seriously affect their
relationship with the United States, including the provisions of
assistance".
"Il
mio governo continuerà a ribadire agli altri paesi che la
prestazione continuativa di assistenza diretta economica o
militare al regime dittatoriale cubano non è accettabile e
comporterà gravi conseguenze per i rapporti con gli Stati Uniti,
compresi quelli in materia di assistenza".
without any constraint or interference,
1. Declares that policy contradicts the principles embodied in the
Charter of the United Nations and in international law;
2. Affirms the necessity of ending that policy and, to that
effect, calls for an immediate end to the measures and actions
comprising it;
3. Invites the international community to extend to Cuba the
necessary cooperation to mitigate the consequences of that policy;
4. Requests the Secretary-General to report to the General
Assembly at its forty-seventh session on the implementation of the
present resolution;
5. Decides to include the item entitled "necessity of ending the
economic, commercial and financial embargo imposed by the United
States of America against Cuba in the provisional agenda of the
forty-seventh session of the General Assembly".
"L'Assemblea Generale,
Nel ribadire lo scopo delle Nazioni Unite di incoraggiare rapporti
amichevoli tra le nazioni basati sul principio dell'uguaglianza
dei diritti e dell'autodeterminazione dei popoli, nonché di
prendere altre appropriate misure al fine di rafforzare la pace
universale;
nel richiamare la Risoluzione 2131 (XX) del 21 dicembre 1965, il
cui annesso comprende la Dichiarazione sull'inammissibilità
dell'intervento negli affari interni degli Stati e sulla
protezione della loro indipendenza e sovranità, dichiarazione che
stabilisce, inter alia, che nessuno Stato possa incoraggiare o
fare ricorso all'uso di misure economiche, politiche o di altro
tipo per fare pressione su un altro Stato in modo da ottenere da
esso la subordinazione dell'esercizio dei suoi diritti sovrani;
nel richiamare inoltre la Risoluzione 2625 (XXV) del 24 ottobre
1970, il cui annesso contiene la Dichiarazione sui Princìpi di
diritto internazionale riguardanti le relazioni amichevoli e la
cooperazione tra gli Stati in accordo con la Carta delle Nazioni
Unite, la quale ribadisce, inter alia, il dovere degli Stati di
astenersi, nei rapporti internazionali, dall'uso della coercizione
militare, politica, economica o di qualsiasi altro tipo diretta
contro l'indipendenza politica o l'integrità territoriale di
qualsiasi Stato;
nel richiamare inoltre la Risoluzione 36/103 del 9 dicembre 1981,
il cui annesso contiene la Dichiarazione sull'inammissibilità
dell'intervento e dell'ingerenza negli affari interni degli Stati
che stabilisce, inter alia, il dovere di uno Stato, nella
conduzione dei suoi rapporti internazionali, di astenersi dal
prendere misure che costituiscano ingerenza o intervento negli
affari interni o esterni di un altro Stato, ivi compresa qualsiasi
misura multilaterale o unilaterale di rappresaglia economica o di
blocco economico, in violazione della Carta delle Nazioni Unite;
nel considerare che per più di 30 anni è stata applicata una serie
di misure economiche, commerciali e finanziarie e di azioni contro
Cuba, causando gravi danni al popolo cubano e ledendo la sovranità
di tale paese;
nel considerare in particolare che l'applicazione di tali misure
ed azioni viene estesa in senso extraterritoriale, così da
costituire un blocco contro Cuba che non solo influisce sul
normale sviluppo dei rapporti internazionali ma anche impedisce ai
paesi coinvolti di esercitare il loro diritto inalienabile di
esercitare liberamente le prerogative derivanti dalla loro
sovranità nazionale;
nel ribadire il diritto di ogni paese di scegliere liberamente i
propri partners economici, commerciali e finanziari nel pieno
esercizio della sua sovranità nazionale, senza costrizioni o
interferenze esterne;
1. Dichiara che tale politica contraddice i princìpi incorporati
nella Carta delle Nazioni Unite e nel diritto internazionale;
2. Sostiene la necessità di cessare tale politica e, al tale fine,
richiede che venga posta immediatamente fine alle misure ed azioni
da cui è costituita;
3. Invita la comunità internazionale ad estendere a Cuba la
cooperazione necessaria per alleviare le conseguenze di tale
politica;
4. Chiede al Segretario Generale di fare rapporto alla 47a
sessione dell'Assemblea Generale sull'applicazione della presente
risoluzione;
5. Decide di includere nell'ordine del giorno provvisorio della
47a sessione dell'Assemblea Generale il punto intitolato
"Necessità di abolire l'embargo economico, commerciale e
finanziario imposto dagli Stati Uniti d'America contro Cuba".
L'Assemblea generale decideva di rinviare l'esame della questione
alla 47a sessione (1992), attualmente in corso. Si prevede che la
discussione avverrà nel mese di novembre.
IL
BLOCCO E I DIRITTI DI CUBA
LE
MISURE DI EMBARGO E I DIRITTI DI CUBA
A. Il divieto dell'uso della forza.
1. Il problema della liceità o meno, sulla base del diritto
internazionale in vigore, delle misure di embargo economico applicate
dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba va anzitutto esaminato alla
luce del divieto posto dalla Carta delle Nazioni Unite - e divenuto
ormai di diritto internazionale generale2 - del ricorso alla forza
nelle relazioni internazionali.
È noto che l'art. 2 par. 4 della Carta pone agli Stati membri, che
agiscano a titolo individuale3, un generale divieto di adottare
qualsiasi misura che comporti uso della forza (o minaccia) contro
l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato,
o in qualsiasi altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni
Unite4.
È altresì noto che a tale divieto la stessa Carta pone la sola
eccezione della reazione a titolo di legittima difesa da un attacco
armato. La dottrina e la prassi concordano sul fatto che nel divieto
senza eccezioni rientri non solo il ricorso alla forza (e la minaccia
del ricorso) a tutela di propri interessi non giuridicamente protetti,
ma anche l'utilizzazione della forza a titolo sanzionatorio come
reazione a un precedente illecito5.
2. Riguardo alla predetta disposizione si pone il problema di sapere
se il termine "forza" debba essere interpretato nel senso ristretto di
forza armata o nel senso ampio di qualsiasi tipo di coercizione che
naturalmente sia equiparabile per gli effetti a quella armata e sia
quindi diretta contro l'integrità territoriale, l'indipendenza
politica di uno Stato oppure sia altrimenti incompatibile con i
princìpi della Carta. La circostanza che alla Conferenza di S.
Francisco non sia passata la proposta di alcuni Stati sudamericani di
menzionare espressamente nel divieto la coercizione economica e
politica viene da alcuni portata a sostegno dell'interpretazione
restrittiva del termine "forza". Va peraltro osservato che allo stesso
modo non si volle a S. Francisco specificare quel termine con
l'aggettivo "armata" o "militare". Si preferì una qualificazione
attinente ai "beni" tutelati. Ed è indubbio, del resto, che nella
realtà internazionale odierna l'attentato all'integrità territoriale e
all'indipendenza politica di uno Stato è possibile anche mediante
misure di ordine economico e politico6. Che il divieto dell'uso della
forza sancito dalla Carta delle Nazioni Unite includa, oltre alla
forza armata, altre forme di forza, è confermato dalla lettura della
"Dichiarazione relativa ai princìpi di diritto internazionale
concernenti i rapporti amichevoli e la cooperazione fra gli Stati, in
conformità con la Carta delle Nazioni Unite", adottata dall'Assemblea
generale il 26 ottobre 1970 (ris. 2625-XXV). Con tale Dichiarazione
l'Assemblea generale ha inteso illustrare i principi contenuti nella
Carta "che costituiscono principi fondamentali del diritto
internazionale". Ebbene, nel preambolo della Dichiarazione si ricorda
"il dovere degli Stati di astenersi, nelle loro relazioni
internazionali, dall'uso di coercizione di ordine militare, politico,
economico o altro, diretta contro l'indipendenza politica o
l'integrità territoriale di qualsiasi Stato".
In termini identici questo dovere è ribadito nella "Dichiarazione sul
rafforzamento dell'efficacia del principio del non ricorso alla
minaccia o all'uso della forza nelle relazioni internazionali",
adottata dall'Assemblea generale il 18 novembre 1987 (ris. 42/22). Va
sottolineato che entrambe le risoluzioni sono state adottate per
consensus e che gli Stati Uniti non hanno sollevato obiezioni
all'enunciazione del dovere indicato. C'è di più: nel corso dei lavori
preparatori per l'adozione della Dichiarazione sul rafforzamento
dell'efficacia del principio del non ricorso alla forza, gli stessi
Stati Uniti, nel riferirsi a ipotesi di uso illecito della forza,
hanno espressamente fatto menzione delle pressioni politiche
esercitate dall'Unione Sovietica nei confronti della Polonia negli
anni 1981-827. Nel senso che il divieto dell'uso della forza nelle
relazioni internazionali includa il divieto di misure di coercizione
economica di estrema gravità che mettano in pericolo l'integrità
territoriale o l'indipendenza politica di uno Stato si è espresso di
recente anche il relatore speciale sulla responsabilità degli Stati,
Gaetano Arangio-Ruiz. Nel maggio 1992, nel quadro dei lavori di
codificazione di tale materia, in corso presso la Commissione del
diritto internazionale delle Nazioni Unite, Arangio-Ruiz ha sottoposto
il seguente progetto di
"Article 14.
Prohibited countermeasures
1. An injured state shall not resort, by way of countermeasures, to
(a) the threat or use of force /in contravention of Article 2,
paragraph 4 of the United Nations Charter/;
2. The prohibition set forth in paragraph 1(a) includes not only armed
force but also any extreme measures of political or economic coercion
jeopardizing the territorial integrity or political independence of
the State against which they are taken"8.
"Articolo 14. Contromisure proibite
1. Uno Stato leso non potrà far ricorso, a titolo di contromisura, a:
(a) la minaccia o l'uso della forza [in violazione dell'Articolo 2,
paragrafo 4, della Carta delle Nazioni Unite];
2. Il divieto espresso nel paragrafo 1(a) comprende non solo la forza
armata ma anche qualsiasi misura grave di coercizione politica o
economica che attenti all'integrità territoriale o all'indipendenza
politica dello Stato contro cui è presa".
È importante sottolineare come le misure di coercizione economica di
estrema gravità siano considerate illecite anche se prese in risposta
a un fatto illecito (e su ciò torneremo nella sezione E di questa
parte). A maggior ragione lo sono dunque nel caso in cui si voglia con
esse tutelare non propri diritti ma solo meri interessi.
3. Ciò posto, si tratta di vedere se le misure economiche adottate
dagli Stati Uniti contro Cuba rivestano una gravità tale da mettere in
pericolo l'indipendenza politica di questo Stato e da costituire
quindi una violazione del divieto dell'uso della forza nelle relazioni
internazionali.
A nostro avviso la risposta non può che essere positiva. Va
sottolineato che non sono le singole misure, anche gravi, a costituire
la violazione del divieto dell'uso della forza, ma è il complesso di
esse.
A questo proposito va ricordato che si è dato vita a un embargo
economico di durata trentennale e di carattere globale, che copre
commercio, trasporti, relazioni finanziarie, prestazione di servizi,
ecc.
Per valutare il peso per Cuba del divieto di importare prodotti cubani
negli Stati Uniti va tenuto presente che tale Stato rappresentava, per
ragioni storiche e di vicinanza geografica, di gran lunga il
principale partner commerciale dell'isola (prima del 1960 Cuba
esportava verso gli Stati Uniti più del 50% della produzione di
zucchero, principale risorsa economica del paese).
Per valutare il peso del divieto di importazione a Cuba di prodotti
statunitensi occorre considerare che gli Stati Uniti sono la
principale potenza industriale e tecnologica mondiale per cui Cuba si
vede impossibilitata ad acquisire una serie di strumenti
indispensabili al suo sviluppo economico (in particolare informazioni
tecnologiche).
Ma ciò che rende estremamente duro l'embargo è che esso coinvolge
cittadini, società e stati stranieri, tanto che nel progetto di
risoluzione sottoposto da Cuba all'Assemblea generale (riprodotto
nell'Introduzione di questo studio) si parla di un "blocco contro
Cuba".
Questa azione diretta a coinvolgere altri Stati nell'embargo contro
Cuba si svolge attraverso due linee di azione.
In primo luogo, attraverso pressioni su società e Stati stranieri
perché non forniscano aiuti a Cuba, non vi investano capitali e non
commercino con essa. Nell'Introduzione al presente studio si è
indicato come tali pressioni risultino non solo da documenti citati da
parte cubana, ma anche da dichiarazioni ufficiali di organi
statunitensi e da testi legislativi. Ricordiamo a questo proposito
come il "Cuban Democracy Act", che è stato appena adottato dal
Congresso e firmato dal Presidente, dopo aver stabilito che dovrà
essere politica degli Stati Uniti quella di ricercare la cooperazione
degli altri Stati per favorire attraverso l'applicazione di sanzioni
la transizione a un regime democratico, affermi che gli Stati Uniti
terranno conto, nelle loro relazioni con essi, della disponibilità di
quegli Stati a cooperare con gli Stati Uniti per il raggiungimento di
tale obiettivo. Si chiede inoltre ad essi di cessare qualsiasi forma
di assistenza a Cuba. In caso contrario, il Presidente degli Stati
Uniti è autorizzato ad applicare loro misure sanzionatorie (non
eleggibilità a forme di assistenza e di riduzione del debito, non
ammissione in zone di libero scambio). Si tratta di pressioni che
possono essere molto efficaci: in un momento storico in cui paesi già
socialisti sono in gravi difficoltà economiche e alla ricerca di aiuti
da parte degli Stati Uniti è presumibile che, al pari dei paesi in via
di sviluppo, difficilmente possano resistere a tali pressioni. D'altra
parte, i paesi che dispongono di capitali vengono in vario modo
scoraggiati dall'investire a Cuba (ad esempio si ricorda loro
l'esistenza di antichi reclami ancora in sospeso di cittadini
statunitensi verso il governo cubano in relazione a beni
nazionalizzati da Cuba negli anni sessanta).
In secondo luogo, l'azione diretta a coinvolgere terzi Stati
nell'embargo contro Cuba si attua attraverso disposizioni legislative
che hanno per destinatari individui e società aventi la nazionalità di
Stati terzi. A prescindere dalla questione se tali misure
costituiscano lesione dei diritti di Stati terzi - questione che verrà
esaminata nella seconda parte di questo lavoro - va qui rilevato che
esse hanno per effetto di rendere molto più grave l'embargo.
Si pensi al divieto di importare negli Stati Uniti prodotti
manifatturati in Stati terzi da cittadini o società di tali Stati, in
cui vi sia anche una minima componente di prodotti cubani e,
all'inverso, al divieto di esportare a Cuba prodotti in cui vi sia una
componente di materiali statunitensi superiore al 20% o comunque
manifatturati sulla base di informazioni tecnologiche statunitensi. Si
pensi al divieto - senza possibili eccezioni dopo l'adozione del Cuban
Democracy Act - fatto a società di nazionalità straniera e con sede
all'estero - ma con una partecipazione al capitale, anche minoritaria,
di cittadini o società americane - di commerciare con Cuba (per
valutare l'impatto di tale misura basti pensare al fatto che
attualmente il commercio tra Stati membri della CEE e Cuba è pari a
circa 600 milioni di dollari all'anno, di cui solo 100 milioni
riguardano società interamente "europee", gli altri 500 milioni
essendo il prodotto di commerci con società in cui esiste una
partecipazione di capitale statunitense). Si pensi ancora al divieto
per le navi straniere di caricare o scaricare merci in porti
statunitensi se nei sei mesi precedenti hanno fatto scalo in un porto
cubano9.
Tutto ciò configura, a nostro avviso, un attentato all'indipendenza
politica di Cuba ed è certamente incompatibile con i principi delle
Nazioni Unite (v. art. 2, par. 4 della Carta).
Il primo profilo sotto cui le misure di embargo economico, commerciale
e finanziario adottate dagli Stati Uniti verso Cuba appaiono illecite
è dunque costituito dal fatto che esse violano il divieto dell'uso
della forza nelle relazioni internazionali, divieto che, come si è
detto, non conosce eccezioni neppure ove si agisca in risposta a un
illecito.
Vedremo nelle prossime sezioni di questa Parte se tali misure non
siano illecite anche sotto altri profili.
B. Il divieto di intervento negli affari interni di un altro Stato.
1. Il secondo profilo sotto il quale occorre valutare le misure
statunitensi di embargo è quello della loro conformità o meno al
principio del non intervento negli affari di competenza di un altro
Stato.
L'obbligo degli Stati di non intervenire negli affari interni o
esterni di un altro Stato, pur non essendo esplicitamente enunciato
nella Carta delle Nazioni Unite, è considerato dai più come implicito
in essa10 quale corollario del divieto dell'uso della forza e del
principio dell'uguaglianza sovrana degli Stati.
Il principio è stato enunciato in numerosissime risoluzioni
dell'Assemblea generale. Ricordiamo in particolare la ris. 2131(XX)
del 21 dicembre 1965, contenente la "Dichiarazione
sull'inammissibilità dell'intervento negli affari interni degli Stati
e sulla protezione della loro indipendenza e sovranità"; la ris. 2625(XXV)
del 1970, contenente la già citata Dichiarazione sulle relazioni
amichevoli; la ris. 36/103 del 9 dicembre 1981, contenente la
"Dichiarazione sull'inammissibilità dell'intervento e dell'ingerenza
negli affari interni degli Stati"; la ris. 42/22 de 1987, contenente
la già citata Dichiarazione sul rafforzamento del divieto dell'uso
della forza nelle relazioni internazionali11.
Nè vale osservare che gli strumenti considerati non hanno, in quanto
tali, effetti vincolanti, essendo stati adottati dall'Assemblea
generale, organo normalmente competente a raccomandare e non già a
porre agli Stati nuovi obblighi. L'Assemblea generale, in verità, con
le proprie risoluzioni - e soprattutto con quelle che assumono la
forma di Dichiarazioni di princìpi - tende ad interpretare, seppure in
modo non vincolante, ma pur sempre "autorevole", i princìpi e le
disposizioni della Carta delle Nazioni Unite.
Il divieto di intervenire negli affari interni degli altri Stati è
peraltro anche - e soprattutto - "parte integrante del diritto
internazionale consuetudinario", come rilevato dalla Corte
internazionale di giustizia nella citata sentenza sul caso
Nicaragua12.
Tale divieto, del resto, è stato sancito non solo nel quadro Nazioni
Unite, ma anche in un quadro che, per l'ambito geografico cui attiene,
assume una particolare rilevanza nella ricostruzione della norma
consuetudinaria sul non intervento: il quadro dell'OSA.
L'art. 18 della Carta di Bogotà, istitutiva di tale Organizzazione,
vieta
"to intervene, directly or indirectly, for any reason whatever, in
the internal or external affairs of any other State".
"L'intervento, sia diretto che indiretto, per qualsiasi motivo, negli
affari interni o esterni di un altro Stato".
Lo stesso articolo precisa che il principio enunciato
"prohibits not only armed force but also any other form of
interference or attempted threat against the personality of the State
or against its political, economic and cultural elements".
"vieta non solo la forza armata ma anche qualsiasi altra forma di
ingerenza o tentata minaccia contro la personalità dello Stato o i
suoi elementi politici, sociali e culturali".
L'art. 19 dispone poi che
"no State may use or encourage the use of coercitive measures of an
economic or political character in order to force the sovereign will
of another State and obtain from it advantages of any kind".
"nessuno Stato può usare o incoraggiare l'uso di misure coercitive di
carattere economico o politico al fine di forzare la volontà sovrana
di un altro Stato e di ottenere da esso un qualche vantaggio".
2. Passando al contenuto del divieto sotto il profilo che a noi qui
interessa, osserviamo che nella Dichiarazione del 1965 sul non
intervento si afferma:
"1.
Aucun Etat n'a le droit d'intervenir directement ou indirectement,
pour quelque raison que ce soit, dans les affaires intérieures ou
extérieures d'un autre Etat. En conséquence, non seulement
l'intervention armée, mais toute autre forme d'ingérence ou toute
menace, dirigées contre la personnalité d'un Etat ou contre ses
éléments politiques, économiques et culturels sont condamnées.
2. Aucun Etat ne peut appliquer ni encourager l'usage de mesures
économiques, politiques ou de toute autre nature pour contraindre un
autre Etat à subordonner l'exercice de ses droits souverains ou pour
obtenir de lui des avantages de quelque ordre que ce soit...
5. Tout Etat a le droit inaliénable de choisir son système politique,
économique, social et culturel sans aucune forme d'ingérence de la
part de n'importe quel Etat".
"1. Nessuno Stato ha il diritto di intervenire direttamente o
indirettamente, per qualsiasi ragione, negli affari interni o esterni
di un altro Stato. Di conseguenza, non solo l'intervento armato, ma
qualsiasi altra forma di ingerenza o qualsiasi minaccia, dirette
contro la personalità di uno Stato o contro i suoi elementi politici,
economici e culturali sono condannati.
2. Nessuno Stato può applicare o incoraggiare l'uso di misure
economiche, politiche o di qualsiasi altra natura per costringere un
altro Stato a subordinare l'esercizio dei suoi diritti sovrani o per
ottenere da esso un qualunque vantaggio...
5. Ogni Stato ha il diritto inalienabile di scegliere il suo sistema
politico, economico, sociale e culturale senza alcuna forma di
ingerenza da parte di qualunque altro Stato".
Formule praticamente identiche si ritrovano nella Dichiarazione sulle
relazioni amichevoli e in quella sul Rafforzamento del principio del
divieto dell'uso della forza13.
Formule molto simili si trovano numerose in altre risoluzioni14.
Illustrando il contenuto del divieto di intervento negli affari
interni o esterni la C.I.G. affermava:
"A prohibited intervention must accordingly be one bearing on
matters in which each State is permitted, by the principle of State
sovereignty, to decide freely.
One of these is the choice of a political, economic, social and
cultural system, and the formulation of foreign policy. Intervention
is wrongful when it uses methods of coercion in regard to such
choices, which must remain free ones"15.
"Un intervento vietato deve quindi essere un intervento riguardante
questioni sulle quali, in base al principio della sovranità statale,
ogni Stato può decidere liberamente. Una di tali questioni è la scelta
del sistema politico, economico, sociale e culturale, e la
formulazione della politica estera. L'intervento è illecito quando
utilizza metodi di coercizione riguardo a tali scelte, le quali devono
rimanere libere"15.
Soggiungeva, con riferimento alle misure che stava esaminando e che
consistevano nell'aiuto ad attività sovversive:
"The element of coercion, which defines, and indeed forms the very
essence of, prohibited intervention, is particularly obvious in the
case of an intervention which uses force, either in the direct form or
in the indirect form of support for subversive and terrorist armed
activities"16,
"L'elemento di coercizione che definisce, e che difatti rappresenta
la sostanza stessa dell'intervento proibito, è particolarmente
saliente nel caso di un intervento che utilizza la forza, sia sotto la
forma diretta di un'azione militare, che sotto quella, indiretta, di
sostegno ad attività sovversive o terroristiche"16,
col che implicitamente ammetteva che possono esservi altre forme
illecite di coercizione.
Da quanto detto si ricava con chiarezza che il principio del non
intervento negli affari interni degli Stati tende a tutelare
l'esercizio da parte di questi della loro sovranità interna, la quale
si esprime anzitutto nella continua libertà di scelta del proprio
regime politico, economico, sociale e culturale e vieta dunque agli
altri Stati di interferire in tale scelta.
3. Ebbene, che il fine cui mirano le misure economiche statunitensi
nei confronti di Cuba - misure che costituiscono senza dubbio alcuno
forme di coercizione - sia quello di far cadere l'attuale sistema
politico-economico-sociale di Cuba e di far sì che questo sia
sostituito con un sistema più consono alle scelte politiche e agli
interessi statunitensi è stato detto in numerosissime prese di
posizione ufficiali di organi statunitensi ed è tuttora affermato nel
"Cuban Democracy Act of 1992".
Così, in un discorso radiotrasmesso il 17 maggio 1991, il Presidente
Bush indicava fra le condizioni necessarie per migliorare i rapporti
tra i due paesi quelle che
"Cuba holds fully free and fair elections under international
supervision".
"Cuba tenga elezioni del tutto libere e oneste sotto controllo
internazionale".
Questa presa di posizione del Presidente verrà ricordata in numerose
note trasmesse a Stati stranieri.
Il 18 aprile 1992 il Presidente dichiarava:
"The 'Cuban Democracy Act 1992' seeks to build on the strong
pro-democracy policy of my administration. I applaud such efforts and
endorse the objectives of this legislation to isolate Cuba until
democratic change comes to that embattled island".
"Il 'Cuban Democracy Act 1992' (legge Toricelli) si ispira alla
politica fortemente pro-democrazia della mia amministrazione. Applaudo
tali sforzi e sostengo gli obiettivi di tale legislazione che vuole
isolare Cuba finché non avvenga un cambiamento democratico in quell'isola
tormentata."
Pochi giorni prima, l'8 aprile 1992, Robert S. Gelbard, "Principal
Deputy Assistant Secretary of State for Inter-American Affairs",
illustrava come segue alla Commissione esteri della Camera dei
rappresentanti la politica seguita dagli Stati Uniti verso Cuba:
"The United States has followed a policy of isolating Cuba
diplomatically and economically for three decades.
We continue that policy today, in an effort to encourage a change to a
democratic government in Cuba...We also argue in regular, worldwide
diplomatic contacts that the best way for democracies to promote
change in Cuba is to press for democratic change and to back that up
with reduced economic ties. Expanded trade or economic benefits only
strengthen the Cuban government and delay inevitable reform. More and
more, we find that Cuba's economic policies and the extreme climate of
uncertainty are persuading people not to put money into Cuba. We
regularly review the effectiveness of the embargo, and make changes
when needed... In addition, we continually encourage our allies not to
aid the Cuban regime until it initiates democratic reform".
"Da tre decenni gli Stati Uniti hanno perseguito una politica di
isolare Cuba diplomaticamente ed economicamente. Proseguiamo tale
politica oggi, al fine di incoraggiare un cambiamento verso un governo
democratico a Cuba... Sosteniamo inoltre nei nostri regolari contatti
diplomatici a livello mondiale che il modo migliore per le democrazie
di promuovere un cambiamento a Cuba è quello di fare pressione per un
cambiamento democratico e di rafforzare tale campagna riducendo i
legami economici. Sviluppare il commercio o benefici economici non
fanno altro che rafforzare il governo cubano e ritardare le
inevitabili riforme. Riscontriamo sempre più spesso che le politiche
economiche cubane e il clima di estrema insicurezza in quel paese
scoraggiano la gente dall'investire a Cuba. Controlliamo regolarmente
l'efficacia dell'embargo, facendo le dovute modifiche quando è
necessario... Inoltre raccomandiamo ai nostri alleati di non sostenere
il regime cubano finché non abbia dato inizio alla riforma
democratica".
Ancora più importante: nel "Cuban Democracy Act of 1992", alla sezione
8(a), si stabilisce che le misure di embargo potranno essere
interrotte solo quando
"the Government of Cuba (1) has held free and fair elections
conducted under internationally recognized observers; (2) has
permitted opposition parties ample time to organize and campaign for
such elections, and has permitted full access to the media to all
candidates in the elections; (3) is showing respect for the basic
civil liberties and human rights of the citizens of Cuba; (4) is
moving toward establishing a free market economic system, and (5) has
committed itself to constitutional change that would ensure regular
free and fair elections that meet the requirements of paragraph (2)".
"il governo cubano (1) abbia tenuto elezioni libere ed oneste sotto il
controllo di osservatori riconosciuti internazionalmente; (2) abbia
lasciato ai partiti di opposizione un tempo sufficiente per poter
organizzare le loro campagne elettorali, permettendo libero accesso ai
mezzi di comunicazione a tutti i candidati; (3) dimostri rispetto
delle libertà civili e dei diritti umani fondamentali dei cittadini
cubani; (4) si sia avviato verso l'instaurazione di un sistema
economico a libero mercato; (5) si sia impegnato a introdurre
modifiche costituzionali che permettano elezioni libere ed oneste ai
sensi del paragrafo (2)".
Va sottolineato come da tale disposizione risulti non sufficiente, per
l'abrogazione dell'embargo, l'instaurazione a Cuba di un regime che
garantisca libere elezioni e il rispetto dei diritti dell'uomo:
occorrerà anche che si "scelga" un'economia di mercato. Che questo sia
uno degli obiettivi perseguiti dalle misure applicate dagli Stati
Uniti risulta anche dalla dichiarazione fatta l'11 luglio 1991 in seno
alla Commissione Esteri della Camera dei Rappresentanti da B.W.
Aronson, "Assistant Secretary of State for Inter-American Affairs", in
risposta a chi gli chiedeva ragione del fatto che, al fine di
incoraggiare la democratizzazione e lo sviluppo dei diritti dell'uomo
in Cina, Bush chiedeva al Congresso il rinnovo, a vantaggio di questo
Paese, dello status di "nazione più favorita", mentre nel caso di
Cuba, per raggiungere lo stesso obiettivo, veniva mantenuto l'embargo:
"First of all... the People's Republic of China had initiated
market economic reforms before MFN was granted.
That is not the case with Cuba... The Cuban government did initiate
some modest market economic reforms in agriculture in the early '80s,
which in fact were having some benefits and increasing production. The
Communist Party then reversed course in 1986 and denounced these
reforms and instituted a policy of rectification and eliminated them,
including bonuses and overtime for workers.
So
that is one difference".
"Anzitutto... la Repubblica Popolare Cinese aveva iniziato delle
riforme economiche di mercato prima che lo status di nazione più
favorita le fosse concesso. Questo non è avvenuto nel caso cubano...
Il governo cubano ha incominciato alcune piccole riforme economiche di
mercato in campo agricolo nei primi anni '80, ricavandone alcuni
benefici e un aumento nella produzione. Il Partito Comunista cambiò
rotta nel 1986, denunciò tali riforme, instaurò una politica di
rettifica e quindi eliminò sia le riforme che i premi e gli
straordinari per i lavoratori. Questa è una delle differenze con il
caso cinese".
Alla luce di queste dichiarazioni - e potrebbero esserne menzionate
numerosissime altre che vanno nello stesso senso - non si può che
giungere a una conclusione: il secondo e fondamentale profilo sotto il
quale le misure adottate dagli Stati Uniti sono contrarie al diritto
internazionale (alla Carta delle Nazioni Unite, ma anche al diritto
internazionale generale) è che si tratta di misure di coercizione
aventi per fine quello di rovesciare il sistema politico, economico e
sociale di Cuba: ciò in violazione del principio del non intervento
negli affari interni di altri Stati e del principio che impone il
rispetto della loro sovranità.
C. Il divieto di ricorrere a misure di coercizione economica nei
rapporti tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.
Nella ricostruzione del contenuto del divieto del ricorso alla forza,
e in particolare del divieto di utilizzare la coercizione politica ed
economica, assumono ai nostri fini importanza anche gli strumenti
internazionali che si occupano dei problemi del sottosviluppo e dei
rapporti fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.
Secondo quanto emerge anzitutto dagli atti relativi al Nuovo ordine
economico internazionale17 - pur non vincolanti in quanto tali -, il
problema del sottosviluppo va affrontato in una logica complessiva e
di solidarietà, necessitata dalla stretta interdipendenza fra le
economie di tutti i paesi del mondo. In questi atti si è ritenuto che
il mezzo più idoneo per il conseguimento (ed eventualmente
mantenimento) del benessere economico e sociale di tutti i popoli - a
cui gli Stati membri delle Nazioni Unite si sono espressamente
impegnati con gli artt. 55 e 56 della Carta - fosse quello del
trattamento preferenziale dei paesi più poveri da parte di quelli
ricchi.
L'esigenza che, nei rapporti fra paesi sviluppati e paesi in via di
sviluppo, si deroghi al principio della reciprocità quale principio
tradizionale dei rapporti internazionali sostituendolo con quello del
trattamento preferenziale ha portato l'Assemblea generale a
riaffermare espressamente
"that developed countries should refrain from threatening or
applying trade restrictions, blockades, embargoes and other economic
sanctions incompatible with the provisions of the Charter of the
United Nations, and in violation of undertakings contracted
multilaterally or bilaterally, against developing countries as a form
of political and economic coercion which affects their economic,
political and social development"18.
"i paesi sviluppati dovrebbero astenersi dal minacciare o
dall'applicare contro paesi in via di sviluppo restrizioni al
commercio, blocchi, embarghi ed altre sanzioni economiche che sono
incompatibili con la Carta delle Nazioni Unite, e in violazione degli
impegni, sottoscritti multilateralmente o bilateralmente, come forme
di coercizione politica ed economica con effetti negativi sullo
sviluppo economico, politico e sociale di tali paesi"18.
È questa la prima di tutta una serie di risoluzioni dell'Assemblea
generale in cui si condanna il ricorso a misure economiche come mezzo
di coercizione politica ed economica da parte di paesi sviluppati nei
confronti dei paesi in via di sviluppo. Nell'ultima risoluzione
adottata lo scorso anno si richiede, tra l'altro, alla comunità
internazionale di prendere misure per impedire l'uso di
"unilateral economic measures against developing countries with the
purpose of exerting, direcrectly or indirectly, coercion on the
sovereign decisions of the countries subject to those measures"
"misure economiche unilaterali contro i paesi in via di sviluppo
con lo scopo di esercitare coercizione, direttamente o indirettamente,
sulle decisioni sovrane dei paesi assoggettati a tali misure"
e si deplora il fatto che certi paesi sviluppati abbiano in alcuni
casi ampliato la portata delle misure economiche adottate, come
evidenziato da
"trade restrictions, blockades, embargoes, freezing of assets and
other economic sanctions incompatible with the Charter of the United
Nations" (ris. 46/210).
"restrizioni al commercio, blocchi, embarghi, congelamenti di beni
ed altre sanzioni economiche incompatibili con la Carta delle Nazioni
Unite" (ris. 46/210).
Sembra a noi che il comportamento degli Stati Uniti non possa non
rientrare fra quelli deplorati dall'Assemblea generale.
D - Gli obblighi posti dal GATT
Un ulteriore profilo sotto il quale occorre esaminare se le misure
statunitensi di embargo violino i diritti di Cuba è quello della loro
conformità o meno alle norme dell'Accordo generale sulle tariffe
doganali e il commercio (GATT), di cui sia gli Stati Uniti che Cuba
sono parte.
Ricordiamo le disposizioni rilevanti.
Ai sensi dell'art. I tutti i benefici che uno Stato membro accordi a
un prodotto proveniente da o destinato a qualsiasi altro Stato (anche
non membro), in particolare in materia di dazi doganali, devono essere
estesi, immediatamente e incondizionatamente, a tutti i prodotti
similari provenienti da o destinati a tutti gli altri Stati membri
(c.d. trattamento della nazione più favorita).
L'art.XI vieta agli Stati membri di istituire o mantenere divieti o
restrizioni alle importazioni o esportazioni diversi dai dazi
doganali, tasse o altre imposizioni, siano essi attuati a mezzo di
contingenti, licenze all'importazione o esportazione o attraverso
altre misure. Inoltre, ai sensi dell'art. XIII, anche nel caso in cui
uno Stato possa avvalersi di una delle eccezioni previste dal Trattato
all'applicazione degli articoli precedenti, i divieti o le restrizioni
introdotti non dovranno essere applicati in modo discriminatorio: essi
devono concernere non già uno Stato determinato, ma tutti gli Stati
membri.
Non vi è dubbio che l'imposizione di un embargo alle importazioni ed
esportazioni con un dato paese sia contrario alle previsioni degli
artt. XI e XIII sopra menzionati. Si tratta però di vedere se
l'imposizione dell'embargo possa venir giustificata alla luce di una
delle eccezioni contemplate dal trattato.
Tra le varie eccezioni, la sola che qui rilevi è un'eccezione di
portata generale contenuta nell'art.
XXI. Essa è così formulata:
"Art. XXI Security exception
Nothing in the Agreement shall be construed...
(b) to prevent any contracting party from taking any action which it
considers necessary for the protection of its essential security
interest
I) relating to fissionable materials or the material from which they
are derived;
II) relating to the traffic in arms, ammunition and implements of war
and to such traffic in other goods and materials as is carried on
directly or indirectly for the purpose of supplying a military
establishment;
III) taken in time of war or other emergency in international
relations".
"Articolo XXI Deroghe relative alla sicurezza
Nessuna disposizione dell'Accordo dovrà essere interpretata in modo da
(b) impedire ad una Parte contraente di prendere i provvedimenti che
essa ritenga necessari per la protezione dei suoi interessi essenziali
relativi alla sicurezza
I) concernenti materiali fissili o il materiale dal quale essi
derivano;
II) concernenti il traffico di armi, munizioni e attrezzature
belliche, nonché il traffico di altri beni e materiali, condotto,
direttamente o indirettamente, allo scopo di rifornire uno
stabilimento militare;
III) presi in tempo di guerra o di altra emergenza nei rapporti
internazionali".
In più occasioni è stato chiesto che la portata dell'eccezione venisse
meglio definita. La questione è stata discussa nel 1982 nella 38a
Riunione ministeriale senza però che si giungesse a concordare
un'interpretazione. Può tuttavia esser utile ricordare che nella
Dichiarazione finale, adottata il 30 novembre 1982, le parti
contraenti si impegnano
"individually and jointly...
(III) to abstain from taking restrictive trade measures, for reasons
of a non-economic character, not consistent with the General
Agreement...".
"individualmente e collettivamente... (III) ad astenersi dal prendere
misure commerciali restrittive, per motivi non-economici, non conformi
all'Accordo Generale...".
Nei casi in cui è stata invocata la clausola dell'art. XXI(b), a
giustificazione dell'adozione di misure di embargo commerciale, le
reazioni sono in genere state negative da parte degli altri membri:
così, ad esempio, nel caso dell'embargo commerciale imposto nel 1985
dagli Stati Uniti al Nicaragua.
A maggior ragione, a noi non sembra assolutamente possibile
giustificare in base a tale clausola le misure di embargo adottate
dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba. Non si vede come le misure di
embargo nei confronti di Cuba possano rappresentare un'azione presa
dagli Stati Uniti in quanto necessaria
"for the protection of its essential security interests... taken in
time of war or other emergency in international relations".
"per la protezione dei suoi interessi essenziali relativi alla
sicurezza... presi in tempo di guerra o di altra emergenza nei
rapporti internazionali".
Non c'è stato di guerra, nè c'è situazione di emergenza nei rapporti
tra Stati Uniti e Cuba. Anche a voler ammettere che una situazione di
emergenza ci sia stata nel 1962, quando vennero prese le prime misure
di embargo, non è possibile sostenere che una situazione di emergenza
si prolunghi per trent'anni. Soprattutto non è possibile sostenere che
vi sia oggi una situazione di emergenza e che Cuba costituisca un
pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti.
Si aggiunga che, anche a voler ammettere - interpretazione che noi non
condividiamo - che spetti esclusivamente allo Stato che invoca l'art.
XXI(b) stabilire se un'azione è presa a protezione dei propri "essential
security interests", per poter invocare l'articolo occorrerebbe quanto
meno che lo Stato che l'invoca abbia in tal modo motivato l'adozione o
il mantenimento delle misure di embargo.
Ebbene, come vedremo meglio nella prossima sezione di questo studio,
gli Stati Uniti non invocano più a giustificazione delle misure
economiche nei confronti di Cuba motivi di sicurezza nazionale. La
principale motivazione addotta è quella che con tali misure si tende a
promuovere a Cuba l'instaurazione di istituzioni democratiche e il
rispetto dei diritti dell'uomo.
Si aggiunga che mentre nel caso dell'embargo al Nicaragua esse erano
state adottate sulla base di una "Presidential declaration of national
emergency based on a threat to the national security of the United
States", nulla di simile si è verificato nel caso dell'embargo contro
Cuba. Il Presidente si limita a certificare annualmente che la
continuazione dell'embargo è nel "national interest" degli Stati
Uniti19.
E. Condizioni per l'esercizio di contro-misure.
1. Si è visto nelle sezioni precedenti di questo lavoro come le misure
economiche adottate dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba non siano
conformi a numerosi obblighi internazionali che ad essi incombono nei
confronti di questo Stato (e in particolare al divieto dell'uso della
forza, al divieto di intervento negli affari interni di altri Stati,
agli obblighi posti dal GATT). Prima di concludere nel senso che tali
misure realizzano un fatto illecito internazionale nei confronti di
Cuba occorre ancora chiedersi se l'illiceità di queste misure,
certamente lesive di diritti soggettivi di Cuba, non sia esclusa per
il fatto che esse configurano contro-misure (o, se si vuole,
sanzioni), lecite, in risposta a un precedente illecito compiuto da
Cuba verso gli Stati Uniti. Il diritto consuetudinario internazionale
in vigore e la Carta delle Nazioni Unite non hanno infatti eliminato
il diritto degli Stati di adottare - in risposta a un illecito
internazionale di cui siano vittime - misure altrimenti illecite,
decise individualmente, ma ne hanno sottoposto l'esercizio a una serie
di condizioni e di limiti.
Ciò posto, si tratta di accertare se le misure di embargo statunitensi
a) rappresentino la risposta a un fatto illecito precedentemente
compiuto da Cuba nei confronti degli Stati Uniti e, in caso
affermativo, b) se esse rispettino le condizioni e i limiti cui è
soggetto l'esercizio delle contromisure individuali.
2. La prima condizione che deve essere adempiuta perché uno Stato
possa legittimamente non rispettare - a titolo di contromisura - un
obbligo su lui incombente verso un altro Stato è, evidentemente, che
quest'ultimo Stato abbia precedentemente compiuto un illecito nei suoi
confronti.
Ebbene, nel caso in esame il primo dato da prendere in considerazione
è che gli Stati Uniti non hanno giustificato le misure prese facendo
riferimento a una precedente violazione da parte di Cuba nei confronti
degli Stati Uniti.
Così, ad esempio, il 21 agosto 1991, in relazione alla richiesta di
messa all'o.d.g. della 46a Assemblea generale della questione
dell'embargo contro Cuba, l'ufficio stampa del Dipartimento di Stato
emanava un comunicato in cui deplorava l'iniziativa cubana e faceva
valere che:
"Every Government has the right and responsibility to choose the
Governments with which it wishes to have commercial and political
relations"20.
"Ogni governo ha il diritto e la responsabilità di scegliere i
governi con cui vuole intrattenere rapporti commerciali e politici"20.
Anche in precedenza il Governo statunitense aveva evitato di
giustificare le misure prese come risposta a un illecito cubano: aveva
preferito asserire che uno Stato è comunque libero di prendere le
misure del tipo di quelle da esso prese (e si è visto nelle sezioni
precedenti perché questa tesi non possa esser condivisa).
Il secondo dato da prendere in considerazione è che il Governo
statunitense ha addotto motivazioni politiche a giustificazione delle
misure contro Cuba e che per di più tali motivazioni sono variate nel
tempo e da documento a documento.
Nel febbraio 1962, imposto l'embargo commerciale totale, ne fu data
giustificazione col fatto che l'allineamento di Cuba con i paesi
comunisti costituiva una minaccia per la sicurezza dell'emisfero;
successivamente, e fino al 1991, ci si è riferiti principalmente al
fatto che Cuba avrebbe appoggiato attività sovversive in altri
paesi21. Occasionalmente compare però un'altra motivazione: quella che
Cuba ha nazionalizzato nel 1962 proprietà di cittadini statunitensi
senza corrispondere un indennizzo "pronto, adeguato, effettivo"22. Nel
1991 viene avanzata un'ulteriore motivazione: quella della mancanza di
istituzioni democratiche a Cuba e della violazione dei diritti
dell'uomo23.
Nel 1992 è solo quest'ultima giustificazione che compare, oltre a
quella che Cuba non ha un'economia di mercato24.
3. Il fatto che uno Stato adotti misure lesive di diritti altrui non
collegandole esplicitamente a un previo illecito da parte dello Stato
colpito e, per di più, fornendo per la loro adozione e il loro
mantenimento motivazioni volta a volta differenti, sarebbe già
sufficiente ad escludere che si possa vedere in tali misure delle
forme di sanzione in risposta ad un illecito e che si possa, a tale
titolo, considerarle lecite.
Ma proseguiamo ugualmente nel ragionamento e chiediamoci - anche se
gli stessi Stati Uniti non lo fanno - se i comportamenti di Cuba
lamentati dagli Stati Uniti costituiscano un fatto illecito
internazionale nei loro confronti.
a) L'accusa più ricorrente, e più a lungo mantenuta, che gli Stati
Uniti hanno rivolto a Cuba è stata quella di aiutare la sovversione in
altri paesi. Senza entrare nel merito di questa accusa, basti qui
osservare che, quale che sia stata la situazione in passato, essa non
è più attuale, come gli stessi Stati Uniti riconoscono, tanto è vero
che non la invocano più a giustificazione dell'embargo.
b) La seconda accusa rivolta a Cuba è stata quella di aver
espropriato, agli inizi degli anni Sessanta, proprietà di cittadini e
società statunitensi senza corrispondere loro un indennizzo "pronto,
adeguato ed effettivo".
L'esistenza di una violazione del diritto internazionale al riguardo
appare estremamente dubbia. È vero sì che Cuba non ha provveduto a
risarcire i cittadini statunitensi con un indennizzo "pronto, adeguato
ed effettivo", secondo quanto pretendevano gli Stati Uniti e spesso
pretendono anche nei confronti di altri Stati che adottano analoghi
atti di nazionalizzazione, ma il criterio dell'indennizzo "pronto,
adeguato ed effettivo" non era pacifico nel diritto internazionale in
vigore a quel tempo25 e non lo è neppure attualmente.
In verità se la prassi e la dottrina prevalente concordano sul fatto
che il diritto internazionale generale impone il pagamento di un
indennizzo, lo stesso accordo non esiste a proposito del quantum
dell'indennizzo: da parte dei paesi industrializzati si sostiene
l'esistenza dell'obbligo dell'indennizzo "pronto, adeguato ed
effettivo", mentre da parte dei paesi del Terzo Mondo si afferma che
l'indennizzo debba essere equo, laddove l'equità andrebbe rapportata
non solo alla perdita subita dal privato straniero, ma anche alle
possibilità economiche del paese nazionalizzante. È noto che tali
paesi sostengono inoltre la competenza in materia del paese ospite
dell'investimento: la tesi dei paesi in via di sviluppo è stata
accolta - anche se con l'opposizione dei paesi industrializzati - in
numerosi strumenti non vincolanti adottati dall'Assemblea Generale. Il
più importante di questi è costituito dalla Carta sui diritti e doveri
economici degli Stati, adottata nel 1974 con ris. 3281 (XXIX)26.
Il perdurante disaccordo quanto al reale contenuto della norma
internazionale sul quantum dell'indennizzo comporta la conseguenza che
in effetti, il più delle volte, gli Stati provvedano a determinarlo
tramite accordo o a deferire tale determinazione a un arbitro
imparziale. Anche Cuba ha concluso siffatti accordi con tutti gli
Stati nazionali dei privati colpiti dalle nazionalizzazioni, ad
eccezione degli Stati Uniti, che hanno sempre rifiutato tale
determinazione. Tutto ciò rende assai dubbio che possa ravvisarsi nel
mancato "pronto adeguato ed effettivo" indennizzo dei cittadini
statunitensi espropriati negli anni Sessanta un illecito
internazionale. Di ciò sembrano coscienti gli stessi Stati Uniti, che
vi si sono raramente riferiti per giustificare l'embargo economico. In
ogni caso, come si vedrà nel par. 4, un illecito costituito dal
mancato pagamento di un "pronto, adeguato ed effettivo" indennizzo non
potrebbe giustificare che si prendano - in risposta - misure della
durata, portata e gravità quali quelle prese dagli Stati Uniti verso
Cuba.
c) La terza accusa mossa dagli Stati Uniti a Cuba è quella di
mantenere un regime comunista (gli Stati Uniti parlano di una
"dittatura comunista"), a economia centralizzata e priva di
istituzioni di tipo democratico-parlamentare. Si è già detto come il
diritto internazionale riconosca a ogni Stato il diritto di scegliere
il sistema politico, economico e sociale che esso ritiene più
opportuno: è questo il primo degli attribuiti relativi alla sovranità
dello Stato. La regola che prevede questo diritto è una delle regole
fondamentali dell'ordinamento internazionale ed è sulla sua base che
si è elaborata, nel 1945 a S. Francisco, la Carta delle Nazioni Unite,
Organizzazione che vede la partecipazione e la collaborazione proprio
fra Stati a diverso regime politico, economico, sociale e culturale.
Al riguardo non possiamo non riferirci alla sentenza resa il 27 giugno
1986 dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Nicaragua. Essa
appare di particolare interesse ai nostri fini sia per la chiarezza
con cui illustra il contenuto delle norme internazionali in materia
sia per l'analogia con il caso cubano. Al fine di stabilire se certe
misure prese dagli Stati Uniti nei confronti del Nicaragua, dalla
Corte considerate contrarie al principio del non intervento, possano
essere giustificate a titolo di contro-misura, essa viene ad esaminare
alcune argomentazioni addotte dal Congresso degli Stati Uniti a
sostegno delle misure prese, tra di esse quella che il Nicaragua
avrebbe preso delle "misure rivelatrici dell'intenzione di stabilire
una dittatura comunista".
Afferma la Corte al riguardo
"However the régime in Nicaragua be defined, adherence by a State
to any particular doctrine does not constitute a violation of
customary international law; to hold otherwise would make nonsense of
the fundamental principle of State sovereignty, on which the whole of
international law rests, and the freedom of choice of the political,
social, economic and cultural system of a State. Consequently,
Nicaragua's domestic policy options, even assuming that they
correspond to the description given of them by the Congress finding,
cannot justify on the legal plane the various actions of the
Respondent complained of. The Court cannot contemplate the creation of
a new rule opening up a right of intervention by one State against
another on the ground that the latter has opted for some particular
ideology or political system"27.
"In qualunque modo si voglia definire il regime nicaraguense,
l'adesione di uno Stato ad una particolare ideologia non costituisce
una violazione del diritto internazionale consuetudinario; sostenere
il contrario equivarrebbe a rendere privo di senso il principio
fondamentale della sovranità statale, che è alla base dell'intero
diritto internazionale, nonché la libertà dello Stato di scegliere il
suo sistema politico, sociale, economico e culturale. Di conseguenza,
anche se corrispondessero alla descrizione che ne è fatta nel rapporto
del Congresso, le scelte di politica interna del Nicaragua non
potrebbero giustificare, sul piano giuridico, le varie azioni del
convenuto di cui ci si lamenta. La Corte non può contemplare la
creazione di una nuova regola che preveda il diritto di intervento di
uno Stato contro un altro Stato, per il semplice motivo che quest'ultimo
ha fatto una determinata scelta ideologica o di sistema politico"27.
La Corte esclude anche che il Nicaragua abbia l'obbligo, in base al
diritto internazionale consuetudinario o pattizio (ivi compresa la
Carta dell'OSA), di organizzare libere elezioni sul proprio
territorio28. E ciò è di interesse anche per il presente caso, dato
che, come si è detto, una delle condizioni cui il Congresso e
l'Amministrazione statunitensi subordinano la cessazione dell'embargo
verso Cuba è che vi si tengano libere elezioni sotto controllo
internazionale.
Nessun illecito internazionale può dunque essere imputato a Cuba per
il fatto di aver adottato un sistema politico-economico socialista e
per il fatto di non avere istituzioni del tipo
democratico-parlamentare.
d) Resta da considerare l'ultima accusa mossa dagli Stati Uniti a
Cuba: quella di violare i diritti dell'uomo.
La questione riguarda l'eventuale violazione di obblighi posti dal
diritto internazionale consuetudinario: non vi sono infatti
convenzioni specifiche che leghino in materia Stati Uniti e Cuba.
Ebbene, secondo l'opinione prevalente, le sole violazioni dei diritti
dell'uomo cui si potrebbe reagire al di fuori dei meccanismi
convenzionali e dunque con contro-misure sono le violazioni massicce
dei diritti essenziali della persona umana, quali il genocidio,
l'apartheid, la schiavitù, la tortura come pratica di governo.
Non è questo certo il caso di specie, nè di simili violazioni massicce
si lamentano gli Stati Uniti.
Eventuali violazioni non massicce di diritti meno essenziali vanno
valutate alla luce degli obblighi posti dalla Carta delle Nazioni
Unite e affrontate in quel quadro, come del resto sta già attualmente
avvenendo29.
4. Si è visto nel paragrafo precedente che l'esistenza di fatti
illeciti internazionali di Cuba nei confronti degli Stati Uniti non è
provata e che, d'altronde, gli stessi Stati Uniti non l'hanno invocata
a giustificazione delle misure prese.
Si deve qui aggiungere che anche ove alcuni dei comportamenti cubani
lamentati dagli Stati Uniti dovessero costituire un illecito nei
confronti di questo Stato, le misure di embargo economico da essi
prese resterebbero comunque illecite in quanto non rispettose delle
condizioni e dei limiti cui è sottoposto l'esercizio delle
contro-misure.
Si è detto che il diritto internazionale consuetudinario attuale e la
Carta delle Nazioni Unite non hanno soppresso il diritto degli Stati
di adottare contro-misure consistenti in comportamenti non conformi ad
obblighi esistenti a loro carico, ma ciò non significa che essi
possano adottare sempre contromisure di qualsiasi tipo (ossia che
possano adottare comportamenti non conformi a qualsiasi obbligo
internazionale).
Proprio per gli abusi cui ha dato luogo il ricorso individuale alle
contro-misure, il diritto internazionale contemporaneo ha posto una
serie di condizioni e di limiti al loro esercizio.
Quanto alle condizioni si ricorda che uno Stato non può ricorrere alle
contro-misure prima di aver esaurito tutti i mezzi di soluzione
pacifica delle controversie disponibili secondo il diritto
internazionale consuetudinario, la Carta delle Nazioni Unite o altro
strumento di soluzione pacifica delle controversie di cui sia parte30.
Nel caso delle presunte violazioni dei diritti dell'uomo da parte di
Cuba non sembra proprio che questa condizione sia stata rispettata. La
questione è attualmente all'esame dell'Assemblea generale delle
Nazioni Unite ed è stata proposta la nomina di un relatore speciale.
Prima che vengano accertati fatti illeciti, prima che l'Assemblea
generale valuti quali siano le procedure più opportune per porre fine
ad eventuali violazioni, l'adozione di contro-misure individuali da
parte di uno Stato membro delle Nazioni Unite indipendentemente da
qualsiasi raccomandazione degli organi societari non è lecita.
Ma è soprattutto sotto il profilo del loro contenuto che le misure di
embargo degli Stati Uniti contro Cuba non potrebbero essere
considerate lecite neppure se costituissero una risposta a un fatto
illecito nei loro confronti.
In primo luogo, non rispettano il limite della proporzionalità31.
Se anche il mancato "pronto, adeguato ed effettivo" indennizzo dei
cittadini statunitensi le cui proprietà sono state nazionalizzate
negli anni '60 avesse rappresentato un illecito verso gli Stati Uniti,
è palese che un siffatto illecito non avrebbe giustificato l'adozione
di misure tanto gravi e prolungate nel tempo quali quelle prese dagli
Stati Uniti. Lo stesso può dirsi per le lamentate violazioni dei
diritti dell'uomo a Cuba. Anche ove tali violazioni fossero state
imparzialmente accertate, le misure di embargo prese dagli Stati Uniti
non sarebbero comunque ad esse proporzionate.
In secondo luogo, tali contro-misure sono illecite sotto il profilo
del loro contenuto: a) in quanto comportano uso della forza e b) in
quanto non conformi alle regole fondamentali della protezione dei
diritti dell'uomo.
a) Come si è già detto nella sezione A di questa Parte, il divieto
dell'uso della forza nelle relazioni internazionali copre anche
l'ipotesi in cui il ricorso alla forza avvenga in risposta a un fatto
illecito, per la tutela di un proprio diritto soggettivo. E si è anche
detto che la nozione di forza include misure estreme di coercizione
economica che mettano in pericolo l'indipendenza politica dello Stato
contro cui sono adottate32. Si sono indicate le ragioni per le quali -
a nostro avviso - l'embargo economico, commerciale e finanziario
instaurato dagli Stati Uniti contro Cuba rivesta appunto tale
carattere. Esso sarebbe dunque comunque illecito anche se adottato in
risposta a un previo illecito.
b) L'esigenza che le contro-misure adottate siano conformi alle regole
fondamentali dei diritti dell'uomo si va sempre più affermando. Essa è
riconosciuta nel più volte citato progetto di articoli sulla
responsabilità degli Stati (cfr. art. 14, par. 1(b),(i))33. Questa
esigenza dovrebbe ovviamente essere tenuta particolarmente in conto da
chi, come gli Stati Uniti, asserisce prendere certe misure per
promuovere la tutela dei diritti dell'uomo.
Come ha giustamente osservato la Corte internazionale di giustizia,
nella più volte citata sentenza nell'Affare Nicaragua, a proposito
delle misure implicanti uso della forza prese dagli Stati Uniti e da
essi motivate, tra l'altro, per promuovere il rispetto dei diritti
dell'uomo in Nicaragua,
"the use of force could not be the appropriate method to monitor or
ensure such respect"34.
"l'uso della forza non potrebbe essere il metodo appropriato per
verificare e assicurare tale rispetto34".
Un embargo delle dimensioni di quello adottato contro Cuba, un embargo
che causa al popolo cubano gravi sofferenze, che incide in modo
drammatico sui loro diritti economici e sociali, non può quindi in
nessun caso essere giustificato come sanzione per il mancato rispetto
dei diritti dell'uomo35.
NOTE
2)
Si veda in questo senso la sentenza resa il 27 giugno 1986 dalla Corte
internazionale di giustizia nell'Affare Nicaragua (I.C.J. Reports
1986, pp. 98-101).
3)
Non ci occupiamo qui della questione se il Consiglio di Sicurezza o
altri organi delle Nazioni Unite possano autorizzare Stati membri ad
adottare misure implicanti uso della forza: infatti nessuna
risoluzione delle Nazioni Unite ha mai autorizzato gli Stati Uniti ad
adottare misure di tal genere nei confronti di Cuba. Va inoltre
osservato che, secondo la migliore dottrina, il Consiglio di Sicurezza
non potrebbe autorizzare Stati membri ad adottare misure implicanti
uso della forza, ma potrebbe soltanto agire direttamente con forze
poste sotto il suo controllo (meccanismo peraltro mai divenuto
operativo).
4)
La disposizione in questione così recita: "All members shall refrain
in their international relations from the threat or use of force
against the territorial integrity or political independence of any
state, or in any other manner inconsistent with the Purposes of the
United Nations".
5)
Così, ad esempio, nella Dichiarazione sulle relazioni amichevoli e la
cooperazione fra Stati, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni
Unite nel 1970, si afferma: "Les Etats ont le devoir de s'abstenir d'actes
de représailles impliquant l'emploi de la force".
6)
Per questo rilievo cfr. BENTWICH e MARTIN, Commentary on the Charter
of the United Nations, London, 1951, p. 13; PAUST e BLAUSTEIN, The
Arab Oil Weapon - A Threat to International Peace, in The Arab Oil
Weapon, ed.
PAUST e BLAUSTEIN, Dobbs Ferry, 1977, p. 96; PICONE, Ordine economico
internazionale, in Diritto internazionale dell'economia, a cura di P.
Picone e G. Sacerdoti, Milano 1982, p. 170; FARER, Political and
Economic Coercion in Contemporary International Law, in American
Journal of International Law, 1985, p. 405 ss. Si veda, inoltre, il
dibattito svoltosi il 26 e 27 ottobre 1984 in seno alla Société belge
de droit international e pubblicato in Revue belge de droit
international, 1984-85, p. 7 ss., nonchè l'ampia prassi e dottrina ivi
riportate; v. anche ARANGIO-RUIZ, Fourth Report on State
Responsibility (1992), doc. A/CN.4/444/Add. 1, p. 17 ss.
7)
Doc. N.U. A/37/41, par. 50.
8)
Cfr. doc. A/CN.4/444/Add.3. Per il commento che lo accompagna v.
ARANGIO-RUIZ, Fourth Report on State Responsibility, doc. A/CN.4/444,
p. 17 ss. Per il dibattito in seno alla CDI su questo articolo cfr. il
Report of the International Law Commission on the Work of its
forty-fourth session (1992), doc. A/47/10, p. 83 ss.
9)
Per una più compiuta analisi dell'impatto su Cuba delle misure
economiche statunitensi si veda lo studio di A. ZIMBALIST nel volume
United States Economic Measures against Cuba, cit., p. 121 ss.
10)
Verso questa interpretazione propende anche la Corte internazionale di
giustizia nella sentenza del 27 giugno 1986 relativa all'Affare
Nicaragua (I.C.J. Reports, 1986, p. 106).
11)
Per altre risoluzioni che enunciano il divieto dell'intervento si veda
infra, la sezione C.
12)
I.C.J. Reports 1986, p. 106. Si rinvia alla sentenza per la
dimostrazione dell'esistenza nel diritto consuetudinario del principio
di non intervento (ibid., p. 106 ss.). Secondo la Corte gli Stati
Uniti hanno riconosciuto l'esistenza di un obbligo consuetudinario di
non intervento (ibid., p. 107).
13)
Va sottolineato come nella Dichiarazione sulle relazioni amichevoli
qualsiasi forma di ingerenza diretta contro la personalità di uno
Stato o contro i suoi elementi politici, economici e culturali è non
solo condannata, ma anche indicata come contraria al diritto
internazionale. Le tre dichiarazioni sono state adottate col consenso
degli Stati Uniti. Nessuna riserva è stata da essi formulata circa il
contenuto delle disposizioni menzionate, neppure in relazione alla
Dichiarazione sulle relazioni amichevoli, ove il divieto
dell'intervento è espressamente enunciato come facente parte del
diritto internazionale in vigore.
14)
Tra le tante, ricordiamo la ris. 3281(XXIX) del 17 dicembre 1974, che
contiene la "Carta dei diritti e doveri economici degli Stati".
Ai sensi dell'art.1
"Every State has the sovereign and inalienable right to choose its
economic system as well as its political, social and cultural systems
in accordance with the will of its people, without outside
interference, coercion or threat in any form whatsoever".
"Ogni Stato ha il diritto sovrano ed inalienabile di scegliere il
proprio sistema economico, nonché il suo sistema sociale e culturale
in accordo con la volontà del suo popolo, senza interferenza esterna,
coercizione o minaccia di qualunque tipo."
In base all'art. 32:
"No State may use or encourage the use of economic, political or any
other type of measures to coerce another State in order to obtain from
it the subordination of its rights".
"Nessuno Stato può usare o incoraggiare l'uso di misure politiche,
economiche o di altro tipo per fare pressione su un altro Stato in
modo da ottenere da lui la subordinazione dei suoi diritti".
Le riserve espresse dagli Stati Uniti nei confronti della Carta - e
che li indussero a votare contro - non concernevano gli artt. 1 e 32.
15)
I.C.J. Reports 1986, p. 108.
16)
Ibid.
17)
Cfr. la Dichiarazione sulla costituzione di un Nuovo Ordine Economico
Internazionale, adottata con ris. 3201 (S-VI) e la Carta sui diritti e
doveri economici degli Stati, adottata con ris. 3281(XXIX).
18)
Ris. 38/197 del 20 dicembre 1983, par. 3 del dispositivo. Nello stesso
senso vedi la Ris. dell'UNCTAD n. 152 (VI) del 2 luglio 1983.
19)
Per riferimenti normativi si veda il volume United States Economic
Measures Against Cuba, cit., p. 336.
20)
Del pari, in un documento informale fatto circolare tra i delegati
alla 46a sessione dell'Assemblea generale per convincerli a opporsi
all'iniziativa cubana, si dice: "Every Government is free to choose
with whom it wishes to have relations" (riprodotto nel volume United
States Economic Measures Against Cuba, cit., p. 25).
21)
Si vedano gli affidavit sottoposti nel 1984 alla Corte Suprema degli
Stati Uniti nel caso Regan v. Wald dall'Aiuto Segretario di Stato per
gli affari interamericani, T.O. Enders e dall'allora Direttore
dell'Ufficio Affari cubani del Dipartimento di Stato, M.R. Frechette
(riprodotti in United States Economic Measures Against Cuba, cit., p.
169 ss.). La giustificazione relativa all'aiuto alla sovversione
compare ancora lo scorso anno, ad es. nei comunicati stampa del 21
agosto e 13 novembre 1991 (ibid., pp. 6 e 48) e in comunicazioni
informali inviate a delegazioni di Stati terzi in funzione del
dibattito all'Assemblea generale (ibid., p. 28).
22)
Cfr. il comunicato stampa del 13 novembre 1991 (citato alla nota
precedente)
23)
Cfr. i comunicati stampa del 21 agosto e 13 novembre 1991 (citati alla
nota 21). Si vedano anche i documenti informali fatti circolare tra le
delegazioni di paesi terzi alla 46a sessione dell'Assemblea generale (ibid.,
pp. 25 e 28). In generale sulle varie motivazioni addotte a sostegno
dell'embargo si veda ibidem, p. 169 ss.
24)
In una dichiarazione resa l'8 aprile 1992 da R.S. Gelbard, Principal
Deputy Assistant Secretary of State, alla Commissione esteri della
Camera dei rappresentanti si legge:
"The United States has followed a policy of isolating Cuba
diplomatically and economically for three decades.
We continue that policy today, in an effort to encourage a change to a
democratic government in Cuba".
"Da tre decenni gli Stati Uniti perseguono una politica di isolamento
diplomatico ed economico di Cuba. Continuiamo con tale politica ancora
oggi, allo scopo di incoraggiare un cambiamento verso un governo
democratico a Cuba".
Ricordiamo che nel "Cuban Democracy Act of 1992", sezione 8, si
stabilisce che le misure di embargo potranno essere abolite quando il
governo di Cuba avrà tenuto elezioni libere, con pluralità di partiti,
avrà dimostrato di rispettare i diritti dell'uomo e avviato
un'economia di mercato.
25)
Ricordiamo che nel 1964 la Corte Suprema degli Stati Uniti nell'affare
Banco Nacional de Cuba v. Sabbatino, riguardante appunto le
nazionalizzazioni cubane, osservava
"there are few if any issues in international law today on which
opinion seems to be so divided as the limitations on a State's power
to expropriate the property of aliens"
"esistono poche questioni nel diritto internazionale, semmai ce ne
siano, che suscitano così tanti contrasti nell'opinione pubblica come
quella dei limiti al potere di uno Stato di espropriare la proprietà
di cittadini stranieri".
(376 U.S.398, 428 (1964)).
26)
L'art. 2, par. 2(c), è così formulato:
"Every State has the right to nationalize, expropriate or transfer
ownership of foreign property, in which case appropriate compensation
should be paid by the state adopting such measures, taking into
account its relevant laws and regulations and all circumstances that
the State considers pertinent. In any case where the question of
compensation gives rise to a controversy, it shall be settled under
the domestic law of nationalizing State and by its tribunals, unless
it is freely and mutually agreed by all State concerned that other
peaceful means be sought on the basis of the sovereign equality of
States and in accordance with the principle of free choice of means".
"Ogni Stato ha il diritto di nazionalizzare, espropriare o trasferire
la proprietà di beni stranieri, nel qual caso un indennizzo
appropriato dovrà essere pagato dallo Stato che abbia adottato
siffatte misure, conformemente alle proprie leggi e ai propri
regolamenti e a tutte le circostanze che lo Stato consideri
pertinenti. Nel caso in cui la questione dell'indennizzo dia luogo a
controversie, questa dovrà essere risolta sulla base del diritto
interno dello Stato nazionalizzante e ad opera dei suoi tribunali, a
meno che tutti gli Stati coinvolti non acconsentano liberamente e
reciprocamente a utilizzare altri mezzi pacifici sulla base
dell'uguaglianza sovrana degli Stati e in conformità al principio
della libera scelta dei mezzi".
27)
I.C.J. Reports 1986, p. 133.
28)
Ibid., pp. 130-133.
29)
V. infra, par. 4.
30)
In questo senso si esprime il progetto di art. 12, par. 1(a),
sottoposto nel maggio 1992 alla Commissione del diritto internazionale
dal Relatore speciale sulla responsabilità degli Stati, G.
Arangio-Ruiz (doc. A/CN.4/444, p. 40). Per il commento si veda ibid.,
p. 20 ss.
31)
L'art. 13 del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati
sottoposto dal Relatore speciale, G. Arangio-Ruiz, alla Commissione
del diritto internazionale, recita:
"Any measure taken by an injured State... shall not be out of
proportion to the gravity of the internationally wrongful act and of
the effects thereof".
"Qualsiasi misura presa da uno Stato leso... non dovrà essere
sproporzionata rispetto alla gravità del fatto illecito internazionale
e delle relative conseguenze".
Per il commento si veda il doc. A/CN.4/444/Add. 1, p. 2 ss.
32)
Ricordiamo che in base all'art. 14, par. 1(a) e 2 del Progetto sulla
responsabilità degli Stati presentato da G. Arangio Ruiz, lo Stato
leso da un fatto illecito internazionale non può ricorrere alla
minaccia o all'uso di
"any extreme measures of political or economic coercion jeopardizing
the territorial integrity or political independence of the State
against which they are taken".
"qualsiasi grave misura di coercizione politica o economica che
attenti all'integrità territoriale o all'indipendenza politica dello
Stato nei cui confronti è presa".
33)
Cfr. Fourth Report on State Responsibility, doc. A/CN.4/444/Add. 3.
Per il commento cfr. doc. A/CN.4/444/Add. 1, p. 22 ss.
34)
I.C.J. Reports 1986, pp. 134-135.
LA
"LEGGE TORRICELLI"
Approvata nel 1992 dal Governo USA ed entrata in vigore nel medesimo
anno quale ulteriore inasprimento del blocco e di ingerenza nei
confronti di Cuba.
LA
LEGGE TORRICELLI (*)
(Cuban Democracy Act, 1992)
Per promuovere un processo pacifico di transizione alla democrazia a
Cuba mediante l'applicazione di adeguate pressioni al Governo cubano e
l'appoggio al popolo di Cuba.
Per la ratificazione al Congresso del Senato e della Camera dei
Rappresentanti degli Stati Uniti d'America.
Titolo XVII. Legge per la Democrazia Cubana del 1992.
Sezione 1701.
La presente legge può chiamarsi "Legge per la Democrazia Cubana del
1992".
Sezione 1702. RISULTATI DELL'INDAGINE.
Il Congresso presenta i seguenti risultati:
1) Il governo di Fidel Castro ha dimostrato una costante mancanza di
rispetto per le norme internazionalmente accettate sui diritti umani e
i valori democratici. Limita al popolo cubano l'esercizio della
libertà di espressione, di stampa, di riunione e altri diritti
riconosciuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
adottati dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre
1948. Ha negato il permesso d'ingresso a Cuba al rappresentante della
Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, designato ad
indagare sulle violazioni dei diritti umani nell'isola.
2) Il popolo cubano ha dimostrato la sua ansietà di libertà e di
crescente opposizione al Governo di Castro, rischiando la vita,
organizzando attività democratiche indipendenti nell'isola, rischiando
pericolose fughe in cerca di libertà verso gli Stati Uniti o altri
paesi.
3) Il Governo di Castro mantiene un'economia dominata dall'esercito
che ha causato la diminuzione del benessere del popolo cubano al fine
di permettere che il governo si dedichi ad interventi militari ed
attività sovversive in tutto il mondo, specialmente nell'emisfero
occidentale.
Fra le quali figurano la partecipazione nel narcotraffico e l'appoggio
alla guerriglia del FMLN in El Salvador.
4) Non esistono segnali che il regime di Castro sia disposto a fare
significative concessioni alla democrazia nè ad impegnarsi a
realizzare nessun tipo di apertura democratica. Gli sforzi per
soffocare la dissidenza mediante l'intimidazione, il carcere e
l'esilio si sono intensificati a partire dai cambiamenti politici
avvenuti nell'Unione Sovietica e nell'Europa Orientale.
5) Gli importanti avvenimenti accaduti nella ex Unione Sovietica e nei
paesi dell'Europa Orientale hanno ridotto drasticamente l'appoggio
esterno che Cuba riceveva e sono minacciati gli approvvigionamenti di
alimenti e combustibile.
6) La caduta del comunismo nella ex Unione Sovietica e in Europa
Orientale, il riconoscimento già universalmente accettato in America
Latina e nei Caraibi che Cuba rappresenta un modello fallito di
governo e sviluppo, così come l'evidente incapacità dell'economia
cubana di sopravvivere all'attuale tendenza, offre agli Stati Uniti e
alla comunità democratica internazionale l'opportunità senza
precedenti per promuovere la transizione pacifica verso la democrazia
a Cuba.
7) In cambio, l'intransigenza di Castro aumenta le possibilità che si
produca un tracollo dell'economia cubana, un cataclisma sociale o una
sofferenza generalizzata. Durante il recente Congresso del Partito
Comunista di Cuba si sottolineò la rinuncia di Castro a rispondere in
forma positiva alle crescenti pressioni in favore di riforme, tanto
dentro che fuori del Partito.
8) Gli Stati Uniti cooperarono con i propri alleati, sia europei che
altri, nel prestare aiuti durante i difficili processi di transizione
dei regimi comunisti in Europa Orientale. Per cui, risulta appropriato
che detti alleati cooperino con la politica degli Stati Uniti per
promuovere una transizione pacifica a Cuba.
Sezione 1703. DICHIARAZIONE POLITICA.
La politica degli Stati Uniti deve:
1) provvedere alla transizione pacifica verso la democrazia e la
ripresa della crescita economica a Cuba mediante l'attenta
applicazione delle sanzioni contro il governo di Castro e l'appoggio
al popolo cubano;
2) Provvedere che altri paesi democratici cooperino con detta
politica;
3) Chiarire agli altri paesi che, nel definire le relazioni con essi,
gli Stati Uniti terranno in considerazione la loro disposizione a
cooperare con detta politica;
4) Provvedere rapidamente alla cessazione di qualunque residuo di
aiuto militare o tecnico, sussidi o altre forme di aiuto al Governo di
Cuba, proveniente da qualunque degli stati indipendenti della ex
Unione Sovietica;
5) Continuare ad opporsi energicamente alle violazioni dei diritti
umani che commette il regime di Castro;
6) Mantenere sanzioni al regime di Castro che continua a impedire
l'avanzata verso la democratizzazione e a dare maggiori dimostrazioni
di rispetto ai diritti umani;
7) Essere disposta a ridurre le sanzioni in modo attento e ponderato
in risposta ad avvenimenti positivi che si producano a Cuba;
8) Promuovere lo svolgimento di elezioni libere e giuste che
determinino il futuro politico di Cuba;
9) Sollecitare la rapida sospensione di qualunque aiuto militare o
tecnico; sussidi o altre forme di assistenza al Governo di Cuba da
parte del Governo di qualunque paese;
10) Cominciare immediatamente a elaborare una politica generale degli
Stati Uniti verso Cuba per l'era post-Castro.
Sezione 1704. COOPERAZIONE INTERNAZIONALE.
A) SOCI COMMERCIALI DI CUBA. - Il Presidente deve stimolare i governi
che commerciano con Cuba a limitare il commercio e le relazioni
creditizie con Cuba, in accordo con i propositi di questo Titolo.
B) SANZIONI CONTRO I PAESI CHE PRESTANO AIUTO A CUBA.
1) SANZIONI. - Il Presidente potrà applicare le seguenti sanzioni a
qualunque paese che presti aiuto a Cuba:
a) Il governo di questo paese non potrà ricevere aiuto tutelato dalla
Legge di Aiuto all'Estero del 1961, nè ricevere assistenza o
effettuare compere tutelato dalla Legge di Controllo all'Esportazione
di Armamenti.
b) Detto paese non potrà beneficiare di nessun programma per il
condono o la riduzione del debito che avesse contratto con il Governo
degli Stati Uniti.
2) DEFINIZIONE DI ASSISTENZA. - Conseguenze del paragrafo 1),
"assistenza a Cuba".
a) Significa assistenza a/o in beneficio del Governo di Cuba ciò che
si presta mediante donazioni, vendite licenziatarie, garanzie,
assicurazioni, o qualunque altro mezzo di condizioni più favorevoli di
quelle che generalmente esistono nel mercato in causa, sia che si
tratti di prestiti, affitti, crediti o altro, detto termine include i
sussidi a ciò che si esporta a Cuba e un trattamento tariffario
favorevole alle mercanzie che siano il risultato dello sviluppo,
produzione o fabbricazione di Cuba e;
b) Non include:
1) le donazioni di alimenti a organizzazioni non governative o a
persone a Cuba, o
2) le esportazioni di medicine, forniture mediche, strumenti, o
apparecchiature che siano autorizzati dalla sezione 1705 c) della
presente legge.
3) APPLICABILITÀ DELLA SESSIONE. - La presente sessione, e qualunque
sanzione imposta in virtù di questa, verrà sospesa nel momento che il
Presidente lo decida e informi il Congresso in ragione della sessione
1708 a).
Sezione 1705. APPOGGIO AL POPOLO CUBANO.
A) DISPOSIZIONI GIURIDICHE CHE SONO APPRONTATE.
Le disposizioni della presente sessione si applicano indipendentemente
dall'esistenza di qualunque altra disposizione giuridica, inclusa la
sezione 820 a) della Legge di Aiuto all'Estero del 1961, e
indipendentemente dall'esercizio dei poteri, prima della promulgazione
della presente Legge in osservanza della sezione 5 b) della Legge del
Commercio con il Nemico, la Legge di Facoltà Economiche in Situazioni
di Emergenza Internazionale, o della Legge dell'Amministrazione delle
Esportazioni del 1979.
B) DONAZIONI DI ALIMENTI. Nessuna disposizione di questa o qualunque
altra Legge proibirà le donazioni di alimenti a organizzazioni non
governative o individuali a Cuba.
C) ESPORTAZIONI DI MEDICINE O DI APPROVVIGIONAMENTI MEDICALI. Le
esportazioni a Cuba di medicine o di approvvigionamenti medicali,
strumenti o attrezzature non subiranno restrizioni,
1) salvo nella misura in cui sta autorizzato nella sezione 5 m) della
Legge della Amministrazione delle Esportazioni del 1979 o della
sezione 203 b) 2) della Legge di Facilitazioni Economiche per
Situazioni di Emergenza Internazionale;
2) salvo che esista una probabilità ragionevole che il prodotto da
esportarsi possa essere utilizzato con fini di tortura o altre
violazioni dei diritti umani;
3) salvo che esista una probabilità ragionevole che il prodotto da
esportarsi possa venire riesportato; e
4) salvo che il prodotto da esportarsi possa essere utilizzato in
qualunque produzione biotecnologica.
D) REQUISITI PER ALCUNE ESPORTAZIONI.
1) VERIFICHE IN LOCO.
a) Assoggettato al paragrafo b), si potrà realizzare una esportazione
in accordo con la sotto-sezione c) solo se il Presidente stabilisce
che il Governo degli Stati Uniti sia capace di verificare attraverso
ispezioni in loco o con altri mezzi appropriati, che il prodotto
esportato sia utilizzato per l'obiettivo proposto e solamente per
l'uso e i fini per i quali si concesse e solamente per un uso a
beneficio del popolo cubano.
b) Il sotto-paragrafo a) non si applica alle donazioni di medicine con
fini umanitari a organizzazioni non governative a Cuba.
2) LICENZE. Le esportazioni permesse dalla sotto-sezione c) dovranno
realizzarsi con specifiche licenze emesse dal Governo degli Stati
Uniti.
E) SERVIZI E INSTALLAZIONI DI TELECOMUNICAZIONI.
1) SERVIZIO DI TELECOMUNICAZIONI. I servizi di telecomunicazioni fra
gli Stati Uniti e Cuba saranno autorizzati.
2) INSTALLAZIONI DI TELECOMUNICAZIONI. Le installazioni di
telecomunicazioni sono autorizzate nella quantità e con la qualità che
siano necessarie in modo di apprestare un servizio efficace e adeguato
di telecomunicazioni fra gli Stati Uniti e Cuba.
3) LICENZE PER PAGAMENTI A CUBA.
a) Il Presidente può autorizzare l'emissione di permessi per pagamenti
parziali o totali delle somme dovute a Cuba per prestazioni di servizi
di telecomunicazioni che si autorizzano in virtù di questa
sotto-sezione, in forma tale che avvenga nell'interesse pubblico e con
i propositi di questo Titolo, con la eccezione che questo paragrafo
non darà autorizzazione per nessun conto bloccato in virtù dei
regolamenti emessi in conformità alla sezione 5 b) della Legge del
Commercio con il Nemico.
b) Se si realizzano pagamenti parziali a Cuba, in conformità con il
sotto-paragrafo a), le somme ritenute a Cuba dovranno essere
depositate in un conto di una istituzione bancaria negli Stati Uniti.
Detto conto dovrà essere bloccato nella stessa forma che qualunque
altra che contenga fondi sui quali Cuba abbia qualsiasi interesse,
d'accordo alle regole emesse sotto la sezione 5 b) della Legge del
Commercio con il Nemico.
4) FACOLTÀ DELLA COMMISSIONE FEDERALE DI COMUNICAZIONI. Niente di ciò
che è previsto nella presente sotto-sezione dovrà interpretarsi come
una invalidante dell'autorità della Commissione Federale di
Comunicazioni.
F) INVIO DI CORRISPONDENZA DIRETTA A CUBA. Il servizio postale degli
Stati Uniti prenderà le misure necessarie al fine di attuare il
servizio di corrispondenza verso e da Cuba, includendo l'utilizzazione
di voli charter in mancanza di un servizio di trasporto comune fra i
due paesi.
G) AIUTO IN APPOGGIO ALLA DEMOCRAZIA A CUBA. Il Governo degli Stati
Uniti può prestare aiuto, attraverso le organizzazioni non
governative, in appoggio a persone e a organizzazioni che promuovano
cambiamenti democratici non violenti a Cuba.
Sezione 1706. SANZIONI.
A) PROIBIZIONE DI DETERMINATE TRANSAZIONI FRA ALCUNE IMPRESE DEGLI
STATI UNITI E CUBA.
1) PROIBIZIONE. Indipendentemente da qualunque altra disposizione
della Legge, non si potranno emettere licenze per nessuna delle
transazioni descritte nella sezione 515.559 del Titolo 31 del Codice
dei Regolamenti Federali, che entrò in vigore il 1° luglio 1989.
2) APPLICABILITÀ DEI CONTRATTI ESISTENTI.
Il paragrafo 1) non pregiudicherà nessun contratto sottoscritto prima
della data di entrata in vigore di questa Legge.
C) PROIBIZIONI A IMBARCAZIONI.
1) IMBARCAZIONI CHE REALIZZANO COMMERCIO. A partire dal sessantesimo
giorno della data di entrata in vigore della presente Legge,
l'imbarcazione che entra in un porto o altro luogo di Cuba per
realizzare interscambi commerciali di mercanzie o servizi, non potrà,
entro 180 giorni posteriori alla sua uscita da detto porto o luogo a
Cuba, caricare o scaricare nulla in nessun luogo degli Stati Uniti,
salvo che lo realizzi in possesso di una licenza emessa dal Segretario
del Tesoro.
2) IMBARCAZIONI CHE TRASPORTANO MERCANZIE O PASSEGGERI VERSO O DA
CUBA. Salvo il caso che il Segretario del Tesoro lo autorizzi
specificatamente; l'imbarcazione che trasporta mercanzie o passeggeri
verso o da Cuba, o che trasporti mercanzie per le quali Cuba o un
cubano abbiano interessi, come si definisce nella sezione 515.302 dei
Regolamenti del Tesoro dell'Ufficio di Controllo delle Attività degli
Stranieri, non potrà entrare in porti degli Stati Uniti.
3) LA NON APPLICABILITÀ DEL PERMESSO GENERALE DI PROVVEDIMENTI A
IMBARCAZIONI. Nessun prodotto che possa essere esportato in ragione
del permesso generale descritto nella sezione 771.9 con il Titolo 15,
Codice Federale di Regolamentazione, in vigore dal 1° di maggio del
1992, potrà essere esportato con un permesso generale in nessuna
imbarcazione che trasporti mercanzie o passeggeri verso o da Cuba o
che trasporti mercanzie per le quali Cuba o un cubano abbiano
interessi.
4) DEFINIZIONI. In accordo a quanto si spiega in questa sotto-sezione.
a) Il termine "imbarcazione" include tutti i tipi di navi marittime o
altro mezzo impiegato, o che possa usarsi come mezzo di trasporto
acquatico, non includendo gli aerei; e
b) Il termine "Stati Uniti" include i territori e i possedimenti degli
Stati Uniti e le acque territoriali degli Stati Uniti (come definito
nella sezione 401 della Legge sulle Imposte del 1930 19 U.S.C. 1401);
e
c) RESTRIZIONI DELLE OPERAZIONI VALUTARIE A CUBA. Il Presidente
fisserà limiti stretti alle persone statunitensi che si propongano di
finanziare il viaggio di cubani negli Stati Uniti, per garantire che
tale operazione valutaria corrisponda al solo costo relativo a detto
viaggio, e che non possa essere utilizzata dal Governo di Cuba come
mezzo per ottenere accesso alla moneta degli Stati Uniti.
d) CHIARIMENTI SULLA APPLICABILITÀ DELLE SANZIONI. Le proibizioni
contenute nelle sotto-sezioni a), b), e c) non si applicheranno con
nessuna attività permessa in virtù della sezione 1205 e 1207 del
presente Titolo o con nessuna attività che non è regolata o proibita
dalla sezione 5 b) 4) della Legge del Commercio con il Nemico (50
U.S.C. app. 5 b) 4)).
Sezione 1707. POLITICA VERSO UN GOVERNO CUBANO DI TRANSIZIONE.
Si dovrà porre a disposizione di Cuba alimenti, medicine e materiali
medicali con fine umanitario in osservanza della Legge di Aiuto
all'Estero del 1961 e della Legge del 1954 sull'Assistenza e
Promozione del Commercio Agricolo se il Presidente decide ed informa
precedentemente il Comitato delle Relazioni Estere del Senato che il
Governo in carica a Cuba:
1) si è impegnato pubblicamente a svolgere elezioni libere e giuste
per la formazione di un nuovo governo entro un termine di 6 mesi e che
si sta adoperando per porre in pratica detta decisione.
2) si è impegnato pubblicamente a rispettare e rispetti i diritti
umani internazionalmente riconosciuti e le libertà democratiche
fondamentali; e
3) non sta fornendo armi o finanziando nessun gruppo, in nessun paese
per provocare l'abbattimento violento del governo di detto paese.
Sezione 1708. POLITICA VERSO UN GOVERNO DEMOCRATICO A CUBA.
A) RIMOZIONE DELLE RESTRIZIONI. Il Presidente può rimuovere le
disposizioni stabilite nella Sezione 1706 informando precedentemente
il Congresso che il Governo di Cuba:
1) ha svolto elezioni libere e giuste in presenza di osservatori
internazionalmente riconosciuti;
2) ha permesso che i partiti d'opposizione disponessero di un tempo
ampio per organizzarsi e attuare una campagna per dette elezioni,
permettendo il pieno accesso ai mezzi di comunicazione di massa a
tutti i candidati che partecipano alle elezioni;
3) rispetta le libertà civili e i diritti umani fondamentali dei
cittadini di Cuba;
4) instaura un sistema economico di libero mercato, e;
5) è impegnato a effettuare un cambio costituzionale che garantisca lo
svolgimento regolare di elezioni libere e giuste che soddisfino le
condizioni contenute nel paragrafo 2).
B) POLITICA. SE IL PRESIDENTE PRENDE UNA DECISIONE IN OSSERVANZA DELLA
SOTTO-SEZIONE a). Il Presidente prenderà le seguenti misure verso il
Governo cubano eletto mediante il tipo di elezioni descritte nella
sotto-sezione a):
1) Stimolerà l'ammissione o il reingresso di detto governo negli
organismi e istituzioni finanziarie internazionali.
2) Presterà aiuti di emergenza durante la transizione di Cuba ad un
realizzabile sistema economico.
3) Farà passi per porre fine all'Embargo Commerciale degli Stati Uniti
contro Cuba.
Sezione 1709. LA NON ALTERABILITÀ DELLE SOLLECITAZIONI ATTUALI.
Salvo ciò che è stabilito nella Sezione 1205 a), nulla nel presente
Titolo pregiudica ciò che è disposto nella Sezione 820 a) 2) della
Legge di Aiuto all'Estero del 1961.
Sezione 1710. APPLICAZIONE.
A) AUTORITÀ COMPETENTE PER L'APPLICAZIONE. La competenza per
l'applicazione della presente Legge ricadrà sul Segretario del Tesoro.
Il Segretario del Tesoro, nell'applicazione di questa legge,
eserciterà le facoltà previste nella Legge del Commercio con il
Nemico. Nel compiere ciò che è previsto in questa sotto-sezione, il
Segretario del Tesoro prenderà le misure necessarie per garantire che
le attività permesse in virtù della Sezione 1205 si realizzino secondo
i fini stipulati nel Titolo e non con fini di accumulazione, da parte
del Governo di Cuba, di quantità eccessiva di valuta statunitense o di
accumulazione eccessiva di profitto da parte di qualunque persona o
entità.
B) CONCESSIONI DI ASSEGNAZIONI. Per l'applicazione del presente Titolo
si autorizza il Segretario del Tesoro all'uso delle somme necessarie.
C) SANZIONI PREVISTE IN VIRTÙ DELLA LEGGE DEL COMMERCIO CON IL NEMICO.
La Sezione 16 della Legge del Commercio con il Nemico (50 U.S.C. app.16)
viene rettificata
1) dove dice "che qualsiasi"; vuol dire "a)" "qualsiasi che"
2) aggiungere alla fine ciò che segue;
b) 1) Il Segretario del Tesoro può imporre una sanzione civile di non
più di $ 50.000 alle persone che violino qualunque permesso, ordine,
regola, o regolamento emesso in conformità con la presente Legge.
2) Qualunque proprietà, fondi, titoli, documenti o altri articoli o
documenti, o imbarcazioni, compresi i profitti, apparecchiature,
mobili e arredamenti, che siano il soggetto di una violazione del
paragrafo 1) sarà, a discrezione del Segretario del Tesoro, confiscata
dal Governo degli Stati Uniti.
3) Le sanzioni previste a tutela di questa sotto-sezione non potranno
imporsi per:
a) Raccolta di notizie, investigazioni, o per l'esportazione o
importazione di, o la trasmissione di, informazioni o di materiali
informativi; o
b) attività educazionali o religiose, chiaramente definite, o attività
riconosciute dalle organizzazioni dei diritti umani, con una
frequenza, durata e numero di partecipanti ragionevolmente limitato.
4) Le sanzioni previste a tutela della presente sotto-sezione possono
essere imposte, ufficialmente dopo l'opportunità di una dimostrazione
del caso in accordo con le Sezioni 554 e 557 del Titolo 5, Codice
degli Stati Uniti."
5) L'analisi giudiziaria di qualunque sanzione imposta a tutela di
questa sotto-sezione potrà realizzarsi in accordo con ciò che è
previsto nella sezione 702 dal Titolo 5, Codice degli Stati Uniti.
D) APPLICABILITÀ DELLE SANZIONI. Le sanzioni disposte nella Sezione 16
della Legge del Commercio con il Nemico, si applicheranno alle
violazioni di questo Titolo nella medesima misura in cui dette
sanzioni si applicano alle violazioni in conformità con questa Legge.
E) UFFICIO DI CONTROLLO DELLE ATTIVITÀ DEGLI STRANIERI. Il
Dipartimento del Tesoro creerà e manterrà una succursale dell'Ufficio
di Controllo delle Attività degli Stranieri in Miami, Florida, con
l'intento d'incoraggiare l'applicazione della presente Legge.
Sezione 1711. DEFINIZIONI.
Come appare nella presente Legge, il termine "persona statunitense"
significa qualunque cittadino statunitense o straniero che sia ammesso
come residente permanente negli Stati Uniti, e tutte le corporazioni,
associazioni o altre organizzazioni strutturate in conformità con le
leggi degli Stati Uniti.
Sezione 1712. DATA DI ENTRATA IN VIGORE.
Il presente Titolo entrerà in vigore nella data in cui si approvi la
presente Legge.
* Traduzione non ufficiale.
PROGETTO DI LEGGE HELMS-BURTON:
Approvata nel 1995
dal Governo USA ed entrata in vigore nel medesimo anno quale ulteriore
inasprimento del blocco e di ingerenza nei confronti di Cuba.
ASPETTI ESSENZIALI
Nelle intenzioni degli autori, il presidente degli Stati Uniti
dovrebbe promuovere un blocco internazionale obbligatorio contro Cuba
che dovrebbe essere attuato dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU,
utilizzando il capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.
Tra le altre cose la legge prevede:
Sono proibiti i prestiti, i crediti o i finanziamenti da parte di
istituzioni o persone degli Stati Uniti a chi "negozi" con qualsiasi
proprietà espropriata dal governo di Cuba che sia rivendicata da una
"persona degli Stati Uniti".
Gli Stati Uniti si opporranno all'ammissione di Cuba nelle istituzioni
finanziarie internazionali e, nel caso qualcuna di queste istituzioni
approvasse un credito o qualche altra forma di assistenza a Cuba, gli
Stati Uniti sospenderanno i contributi a detta istituzione per un
importo uguale a quello concesso a Cuba.
L'Agenzia di informazioni degli Stati Uniti prenderà misure per
incrementare le trasmissioni televisive verso Cuba e informerà il
Congresso 45 giorni dopo l'approvazione della legge e,
successivamente, ogni tre mesi.
Non verrà permessa l'entrata, nel territorio doganale degli Stati
Uniti, di zucchero, sciroppi e melasse che siano prodotti da un paese
che abbia importato zucchero, sciroppi o melasse da Cuba.
Il presidente farà i passi necessari affinché l'Organizzazione degli
Stati Americani (OSA) crei un fondo speciale di non meno di 5 milioni
di dollari per impiegare a Cuba ispettori dell'OSA per i diritti
umani. Gli Stati Uniti sospenderanno il pagamento dei loro debiti
all'OSA, per non meno di 5 milioni di dollari, fino a quando questa
organizzazione accetti di fare quanto detto.
Non può essere fatto entrare nel territorio degli Stati Uniti
qualsiasi straniero che:
1) abbia confiscato, diretto o supervisionato la confisca, o converta
o abbia convertito a beneficio personale, proprietà rivendicate da
"persone degli Stati Uniti";
2) negozi con tali proprietà;
3) sia proprietario, funzionario o azionista di un ente che gli Stati
Uniti determinino, o vengano informati, che sia stato coinvolto nella
confisca, nei negozi, nell'uso, o ottenga beneficio da proprietà
rivendicate da una "persona degli Stati Uniti";
4) sia coniuge o figlio di una persona di cui al punto 1.
Si stabilisce la responsabilità delle persone menzionate nel paragrafo
precedente nei confronti dei nordamericani che reclamano le proprietà,
secondo i meccanismi stabiliti da questa legge, sotto la giurisdizione
esclusiva dei tribunali degli Stati Uniti i quali, inoltre,
sospenderanno l'applicazione del principio dell'immunità sovrana degli
Stati
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