La più vicina
e fedele collaboratrice di Fidel avrebbe compiuto 86 anni il 9 maggio
di
GUSTAVO
BECERRA
“Il
fiore più autoctono della Rivoluzione”, “Angelo custode”, “Coraggiosa
guerrigliera”, “Eroina della Sierra”… sono alcuni dei modi di definire
Celia Sánchez Manduley, quell’indimenticabile donna minuta che era anche
molto di più: era un immenso essere umano.
Ogni volta che
qualcuno in qualsiasi luogo di Cuba non riusciva a risolvere un
problema, anche personale, diceva pieno di speranza: adesso scrivo a
Celia.
Il 9 maggio
avrebbe compiuto 86 anni questa figura chiave della creazione del
Movimento 26 di Luglio nell’oriente dell’Isola, nella sopravvivenza
della guerriglia guidata da Fidel nei primi giorni sulla Sierra Maestra,
nell’organizzazione successiva della vita nelle campagne e nei territori
liberati dall’esercito ribelle, nell’affrontare le grandi sfide dei
primi decenni dopo il trionfo della Rivoluzione.
Nata a Media
Luna, nell’allora provincia d’Oriente, il 9 maggio del 1920, è morta
all’Avana l’11 gennaio del 1980 vittima di una cancro.
Sulla cima del
Pico Turquino, la montagna più alta di Cuba, c’è un busto di José Martí
realizzato dalla scultrice Gilma Madera per iniziativa di Celia e di suo
padre Manuel Sánchez che si proposero d’onorare in questo modo l’Eroe
delle guerre per l’indipendenza di Cuba nel XIXº secolo.
Furono queste idee
liberatrici che la coinvolsero nella nuova situazione rivoluzionaria
negli anni ’50.
Grazie alla sua
organizzazione nelle zone di Manzanillo, Pilón e Niquero i sopravviventi
della spedizione dello yacth Granma, dopo il fatale combattimento di
Alegría de Pio, furono localizzati dai contadini e condotti in salvo nel
cuore della Sierra Maestra.
Poi partecipò con
Frank País e altri dirigenti del Movimento 26 di Luglio alla prima
visita dei combattenti del piano alla guerriglia nella montagna e così
avvenne il suo primo incontro con Fidel Castro.
Dopo il suo
ritorno a Manzanillo Celia preparò e inviò sulla Sierra un gruppo di
rinforzo, mentre Frank trasmetteva a tutte le cellule del Movimento in
Oriente le istruzioni per selezionare i migliori combattenti.
Celia divenne la
fondamentale via di comunicazione dei guerriglieri e della direzione del
Movimento nel piano.
Da allora comincio
ad archiviare tutte le note, i messaggi o i documenti che passavano tra
le sue mani. Anche il più piccolo pezzo di carta macchiato di sangue...
e grazie a questo lavoro, dopo il trionfo del 1959 fondò quello che poi
si chiamò Ufficio degli Avvenimenti Storici del Consiglio di Stato che
poi dispose di portare tutti quei ricordi della campagna guerrigliera
dalla Sierra all’Avana, per la loro conservazione.
Erano reperti
preziosi e alcuni oggi si conservano nel Museo di Storia Militare della
Cabaña, come oggetti di guerra.
Il fondo dei
documenti conservati da Celia cominciò con una nota sua inviata al
comandante Camilo Cienfuegos del marzo del 1959 che diceva: “... per
organizzare la storia della Rivoluzione dato che tu scrivi così bene!”
Celia entrò
nell’Esercito Ribelle definitivamente come prima donna guerrigliera e
dopo l’ottobre del 1957 non scese più dalla montagna sino all’offensiva
finale della Battaglia d’Oriente.
Fu una delle
fomentatrici della realizzazione del battaglione di donne che portava il
nome della madre del luogotenente generale delle guerre d’indipendenza
cubane contro il colonialismo spagnolo, Mariana Grajales.
Celia aveva
un’assoluta fiducia in Fidel, che capiva perfettamente e non solo fece
compere i suoi orientamenti esattamente com’era indicato, ma pianificava
la forma in cui si dovevano realizzare, come lui decideva. Divenne la
sua miglior collaboratrice.
Sulla Sierra
Maestra lavorava come segretaria del Capo dei Ribelli, poichè si
occupava di tutto i rifornimenti per le truppe, le spese, la
ripartizione del bestiame tra i contadini delle zone liberate; fece sì
che si organizzassero ospedali, una rete telefonica, fattorie per
l’allevamento di maiali e pollame, creò saline e luoghi per la
conservazione della carne sotto sale per sostenere l’Esercito Ribelle.
Proteggeva i
contadini nelle relazioni tra loro e Fidel e non dimenticò mai gli
abitanti della Sierra, gli orfani e le famiglie dei martiri che
continuarono a contare con il suo appoggio anche negli anni successivi
al trionfo della Rivoluzione.
Il suo lavoro
instancabile, la maggioranza delle volte anonimo, continuò poi dopo il
1959.
Il 23 marzo del
1962 fu nominata segretaria della Presidenza del Consiglio e dei
Ministri e anni dopo divenne Ministro della Presidenza.
Dicono che era
come la giustizia umana ed esigente, una donna attenta ai particolari.
Quando morì era
membro del Comitato Centrale del PCC, Segretaria del Consiglio di Stato
e Deputata nel Parlamento per il municipio di Manzanillo, in provincia
di Granma.
Gli aneddoti che
raccontano le sue qualità umane sono infiniti.
La si ricorda come
una bambina coraggiosa, dinamica e attenta, ma la sua immagine di
guerrigliera non cancellò mai quella della donna in carne e ossa.
Celia è stata
molto più di un’eroina capace di far finta d’essere incinta o di
trascinarsi tra le spine di un bosco di marabù per burlare la
persecuzione feroce dei batistiani durante la lotta.
Adolfo Figueredo,
che creò con lei la prima cellula del Movimento 26 di Luglio a Pilón,
ricordava che nel giorno della Befana Celia andava a distribuite
giocattoli in tutto il paese e per farlo risparmiava tutto l’anno,
facendo salvadanai per il 6 gennaio. L’amore per i bambini lo aveva
dentro anche prima d’andare sulla Sierra.
Un elemento della
sua personalità era il suo senso estetico. Si dice che aveva la capacità
di trovare la bellezza nelle cose più insolite... Celia diceva anche he
una gonna fatta di tela di sacco poteva essere attraente e che un paio
di cioce ben disegnate non danneggiavano nessun abito. Da ragazza le
sue amiche la cercavano per farsi truccare e per valutare le mode
dell’epoca.
Era eccellente
nelle arti manuali e per questo partecipò al disegno delle uniformi
degli scolari e delle guayaberas da donna, delle decorazioni di luoghi
importanti come il Comando Generale di La Plata, nella Sierra Maestra,
del Parco Lenin, il polmone ecologico dell’Avana, del Palazzo delle
Convenzioni della capitale.
Ma non aveva forse
difetti? Sì. Fumava molto e beveva molto caffè e quEsti sono difetti.
Celia accendeva una sigaretta dopo l’altra, mangiava poco e quasi sempre
in piedi, appena toccava cibo... Dopo la Rivoluzione – lei era alta un
metro e 63 - pesava solo 55 chili, commentava Ricardo Vasquez in
un’intervista.
La storiografa
Maritza Acuña considera che la gran prova dimostrativa
dell’eccezionalità di Celia fu proprio la sua morte, quando le mancavano
quattro mesi per compiere 60 anni.
Sapeva d’avere una
malattia grave e l’avevano già operata a un polmone e invece di riposare
si dedicò di più al lavoro per aiutare con tutte le sue energie Fidel e
non perse mai il suo sorriso e il suo modo allegro di guardare la vita.
Questo si può
vedere nella foto che le scattarono il 30 novembre del 1979 a Santiago
di Cuba, 42 giorni prima di morire.
Per tutta questa
passione per tutta questa umanità è impossibile descrivere Celia con le
parole, perchè è stata una delle personalità più affascinanti della
storia di Cuba.
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