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I cinque cubani e l'ossessione di
George Bush
La sindrome anticastrista: una storia censurata dai media occidentali
I cinque agenti dell'intelligence dell'Avana che hanno smascherato il
terrorismo di Washington contro Cuba marciscono in galera da sette anni,
dopo una condanna per spionaggio. Sentenza inconcepibile, anche negli
Usa
di Saul Landau*
28 aprile 2006
Dovete pensare ai «Cinque cubani» come a delle vittime del disturbo
ossessivo-compulsivo che affligge George W. Bush. I fatti: cinque
giovani cubani, negli anni Novanta, furono inviati di nascosto negli
Stati uniti per infiltrarsi nei gruppi terroristici anticastristi. Ora
sono reclusi in carceri nordamericane. Funzionari del governo dell'Avana
ammettono di aver mandato quegli agenti dell'intelligence perché l'Fbi
non si impegnava a tener sotto controllo le attività eversive contro
Cuba. Ma, invece di prendere in considerazione le informazioni raccolte
da questi agenti sui progetti terroristici nei confronti dell'Isola, il
pubblico ministero del Dipartimento di giustizia di Miami, l'8 giugno
2001 li ha processati e condannati per spionaggio e complicità in
omicidio (l'abbattimento da parte della contraerea cubana di due piccoli
aerei Cesna usati dal gruppo terrorista controrivoluzionario dei
«Fratelli del Riscatto» che avevano violato per diverso tempo lo spazio
aereo cubano, ndr).
Tre anni fa, in un seminario di studiosi latinoamericani, un erudito
anticastrista dichiarò che «il processo alle spie cubane in Florida
avrebbe potuto tradursi in imputazioni di omicidio per il dittatore». Si
divertiva con la fantasia, sognando di far comparire Fidel Castro
dinanzi a un tribunale statunitense.
Un drappello di fanatici
La strategia del gruppo di pressione anticastrista che usava i cinque
cubani per tentare di intrappolare Castro funzionò. Il presidente Bush
junior era in debito con questo piccolo drappello di fanatici, non solo
perché avevano contribuito in modo sostanziale alla sua vittoria
elettorale del 2000, ma anche per aver fatto in modo che la gente
votasse presto e in massa e infine per aver aiutato a intimorire chi
faceva il conteggio dei voti in Florida. Inoltre avevano sostenuto, nel
2002, la rielezione di suo fratello Jeb a governatore della Florida. Il
nuovo presidente aveva cominciato a pagare il suo debito addirittura
prima dell'11 settembre. Nel fondo del suo cuore, Bush junior sapeva
distinguere i terroristi «buoni» da quelli «cattivi». (...) I terroristi
musulmani (una forma estremista di paganesimo) sono diventati i nemici
della libertà, mentre i terroristi anticastristi sono i difensori della
libertà.
L'Fbi, che, nel 2001, praticamente ha permesso fosse archiviato senza
soluzione il diabolico caso dell'antrace, aveva sprecato infinite ore a
seguire le tracce dei Cinque cubani, che a loro volta setacciavano i
gruppi terroristici.
La generosità di Bush si estendeva anche a persone meno importanti. Il
20 maggio 2002 il servizio segreto aveva permesso a Sixto Reynaldo Aquit
Manrique (noto anche come el chino - il cinese Aquit) di sedere qualche
fila dietro il presidente nella tribuna dalla quale questi aveva parlato
a Miami. Eppure, il servizio di sicurezza del presidente sapeva che il 2
novembre 1994 il reparto antiterrorismo dell'Fbi aveva arrestato Aquit,
dopo che con due complici erano entrati in un magazzino del Sudovest di
Miami-Dade armati di 40 litri di benzina, micce e un'arma semiautomatica
carica. Il Miami Herald del 4 novembre 1994 aveva riportato le parole
della polizia: «Quando gli agenti sono intervenuti, gli uomini avevano
già rotto una finestra cercando di entrare». Un tribunale della Florida
aveva condannato Aquit a cinque anni di detenzione. Poi,
inspiegabilmente, il governo aveva accettato che l'imputato si
dichiarasse colpevole di un reato minore, e questa mossa gli aveva
permesso di evitare la prigione e passare meno di due anni agli arresti
domiciliari. Il governo aveva trattato con indulgenza un soggetto
coinvolto in una chiara azione terroristica.
Un anno prima del suo reato commesso a Miami nel 1994, Aquit aveva
sparato con una mitragliatrice calibro 50 contro una nave cisterna
cipriota in acque cubane. Insomma, un «buon terrorista» si può sedere
vicino al presidente senza contraddire le nuove regole di sicurezza di
Bush Jr. Cercare di affondare una nave da carico e incendiare un
magazzino non costituiscono atti di terrorismo, se sono motivati da
intenzioni anticastriste. Anche Bush padre aveva trascurato le opinioni
dell'Fbi e del Servizio per l'Immigrazione e la Naturalizzazione (Ins)
quando aveva ordinato di interrompere la detenzione da parte dell'Ins
per Virgilio Paz e José Dionisio Suárez, entrambi rei confessi di aver
piazzato a Washington, nel 1976, una bomba sull'auto dell'ex ministro
degli Esteri cileno (del governo di Salvador Allende, ndr) Orlando
Letelier e della sua compagna nordamericana Ronni Moffitt per
assassinarli.
Il presidente Bush e suo fratello Jeb continuano ad accettare per le
loro campagne elettorali contributi e appoggi provenienti da terroristi
anticastristi, i quali hanno ucciso e messo bombe come gli pareva, ma
sono rimasti praticamente immuni da indagini e processi negli Stati
uniti. Dagli anni Settanta, l'Fbi possiede informazioni che evidenziano
il collegamento tra molti di questi leader estremisti e numerosi
omicidi, sabotaggi e altre forme di terrorismo contro Cuba, perpetrati
su bersagli che si trovavano anche in Giamaica, alle Barbados, in
Messico, a Panama o negli stessi Stati uniti, ma non ha preso
provvedimenti.Il presidente della Fondazione nazionale cubana-americana
(Fnca), Mas Canosa (ora defunto), e la sua organizzazione sono diventati
così sempre più ricchi e forti di agganci politici.
Quella volta a Panama
Il 17 novembre 2000, le autorità panamensi avevano arrestato quattro
cubani con precedenti penali di estrema violenza e vincoli stretti con
la Fondazione Nazionale Cubano-Americana. Le loro età, comprese fra i
cinquanta e i settant'anni, facevano di Luis Posada Carriles, Ignacio
Novo Sampol, Pedro Remón e Gaspar Jiménez il gruppo di «vecchiacci
assassini» della Fondazione. La polizia panamense aveva trovato
esplosivi nelle loro macchine a noleggio, con le loro impronte digitali
impresse sul pericoloso materiale. Funzionari dell'intelligence
dell'Avana avevano avvertito i colleghi panamensi che quei fondatori del
club «Uccidete Fidel» erano entrati nel loro paese per assassinare il
presidente cubano, che in quei giorni assisteva al summit dei capi di
stato latinoamericani. Posada Carriles, il leader, era fuggito da Cuba
nel 1959. Era stato agente di polizia durante il governo del dittatore
Fulgencio Batista. In seguito aveva dedicato la maggior parte della sua
vita a cercare di assassinare Castro, lavorando al servizio della Cia e,
secondo le sue stesse parole, per Jorge Mas Canosa. Nell'ottobre del
1976 Posada aveva collaborato con il suo collega terrorista Orlando
Bosch per far saltare in aria un aereo di linea cubano poco dopo uno
scalo alle Barbados. Proprio come Posada Carriles, il dottor Bosch si
era vantato del ruolo svolto in quell'atto terroristico che aveva
causato la morte di settantatré persone.
Le autorità venezuelane avevano arrestato entrambi i terroristi, ma
Posada Carriles aveva convinto il suo socio Mas Canosa a sborsare 50.000
dollari per corrompere i dirigenti della prigione. Dopo averli tirati
fuori dal carcere venezuelano, Mas Canosa aveva trovato loro lavoro
presso il colonnello Oliver North, che li aveva ingaggiati per la
«guerra sporca» dei contras in America Centrale. Un'operazione sulla
quale l'allora vicepresidente Bush senior esercitava un controllo non
proprio occasionale. Poi, nel 1990, in Guatemala, alcuni sconosciuti
avevano sparato in faccia a Posada Carriles, che, appena guarito, aveva
iniziato la sua attività terroristica contro il turismo cubano. Il 12
luglio 1998 si era vantato con un reporter del New York Times dell'aiuto
che gli aveva prestato Mas Canosa, a metà degli anni Novanta, allo scopo
di finanziare la sua campagna per piazzare una serie di bombe in
località turistiche dell'Isola, con l'intento di scoraggiare questa
attività. Una di quelle bombe aveva provocato la morte di un
imprenditore italiano, Fabio Di Celmo.
In quello stesso articolo del New York Times si leggeva che «Posada
Carriles, con un sorrisino nervoso, aveva definito la morte
dell'italiano come un incidente imprevisto». Aveva dichiarato, tuttavia,
di avere la coscienza a posto: «Dormo come un bambino». E aveva
aggiunto: «È un peccato che qualcuno sia morto, ma non possiamo
fermarci. Quell'italiano si trovava nel posto sbagliato al momento
sbagliato». Poi, il 20 aprile 2004 un tribunale di Panama aveva
dichiarato Posada Carriles e gli altri tre imputati colpevoli di
minaccia alla sicurezza pubblica e falsificazione di documenti, ma non
di tentato omicidio nei confronti di Fidel Castro. Posada Carriles era
stato condannato a otto anni di prigione, Novo e Remón a sette anni e
Jiménez a otto (sentenza vanificata, nel agosto 2004 da un atto della
presidentessa di Panama Mireya Moscoso, molto legata a Jeb Bush che
prima di lasciare il suo incarico al successore Torrijos aveva liberato
i colpevoli, li aveva messi su un aereo e li aveva mandati al sicuro
negli Stati uniti, ndr).
La benevolenza di Washington
Così, la benevolenza del governo Usa verso i terroristi tesi ad
annientare Cuba ha obbligato i servizi segreti dell'Isola a infiltrare
degli agenti a Miami. Dopo sei mesi di processo, la giuria, riunita in
camera di consiglio per quattro giorni, ha dichiarato i cinque agenti
cubani colpevoli di spionaggio e, per quanto riguarda Hernández, di aver
collaborato all'abbattimento degli aerei dei Fratelli per il riscatto.
Nel processo, però, gli avvocati delle «spie» avevano presentato
testimonianze che provavano come il governo cubano per quasi due anni
avesse avvertito le autorità degli Stati uniti del fatto che gli aerei
dei Fratelli per il riscatto avevano continuato i loro raid su Cuba,
addirittura lanciando volantini eversivi. (nell'agosto 2005 la Corte di
Appello di Atlanta, ritenendo fossero stati violati diversi diritti
degli imputati, ha revocato il verdetto e ha chiesto il rifacimento del
processo).
C'è un piccolo settore di Miami, dove l'ossessione anticastrista prevale
su qualunque altro accadimento e risalta come una evidente
contraddizione nella guerra di Bush contro il terrorismo. Anche il
candidato democratico John Kerry, pronto a dichiarare che se fosse stato
eletto avrebbe avuto mano dura con Castro, ha ceduto di fronte alla
stupidità del piccolo gruppo di esiliati di estrema destra che tiene con
forza nei suoi pugni minacciosi la politica Usa-Cuba. Intanto, cinque
coraggiosi cubani marciscono, ormai da sette anni, nelle prigioni degli
Stati uniti. Dovremo aspettare che la scienza medica perfezioni il
trapianto di spina dorsale perché un presidente degli Stati uniti riesca
a strappare la gestione della politica nei riguardi di Cuba dalle mani
di questi rabbiosi esiliati?
* Note:
Saul Landau è un ex ricercatore del Dipartimento di stato americano.
Attualmente, a Pomona, dirige i Programmi dei mezzi digitali del
Politecnico statale della California. Ha scritto quattordici libri, fra
cui: The Pre-Emptive Empire: a Guide to Bush's Kingdom, The Business of
America: How Consumers Have Replaced Citizens, We Can Reverse The Trend
e Assassination on Embassy Row, sull'assassinio a Washington nel 1976 di
Orlando Letelier, ex ministro di Salvador Allende. Assassinio
pianificato, tra gli altri, da Luis Posada Carriles, il terrorista che
ha lavorato con la copertura della Cia.
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