|
SE NON AMMAZZI IN
TEMPO IL PADRE, PRESTO O TARDI IL PADRE AMMAZZATE
(da Euripide)
La svolta
finale di Bertinotti: finalmente nudo il transgender della
sinistra
22/03/2006
E il vento
non arrivava, le vele erano flosce, Menelao smaniava sotto il peso
delle corna e suo fratello Agamennone imprecava contro Artemide
che lì, in Aulide, gestiva un tempio e, nonostante il sacrificio
di buoi e capretti, non si decideva a spedire il congiunto Eolo a
soffiare verso Troia le navi dei principi greci. Anzi, Artermide
s’era pure indisposta per quei capretti, a lei cari,
sacrilegamente inceneriti sul suo altare. Tanto si indispose che,
tramite l’indovino Calcante, fece sapere ad Agamennone che lei si
sarebbe placata e i venti si sarebbero levati solo se il re le
avesse sacrificato la figlia, Ifigenìa. Mentre Odisseo e Diomede
portavano la fanciulla verso l’altare, Agamennone volse il capo
verso la Sinistra Europea, onde non vedere la figlia nel momento
del trapasso…
Ovviamente
questa vicenda, spudorata metafora dell’attualità, non finisce
qua. Racconterò l’epilogo in fondo. In un paese dove un mercenario
andato in Iraq per dare il proprio contributo alla mattanza viene
decorato con la massima onorificenza civile dalla massima autorità
dello Stato; dove la stessa massima autorità promuove a Cavalieri
della Repubblica le gazzettiere che meglio hanno cavalcato nel
Gran Premio del Genocidio Imperialista; dove giorno dopo giorno
le sinistre sedicenti vuoi alternative, vuoi radicali,
terrorizzate più dall’essere diverse che dai diversi (di classe),
masticano ed espellono coram
publico, perché se ne nutra, il nonsense assassino del
“terrorismo islamico”… in un paese come questo non dovrebbe far
spostare un sopracciglio il fatto che, dopo una decennale cura di
ormoni e di bisturi, su cui tutti chiudevano gli occhi, ci si sia
finalmente presentato dinanzi nudo come un verme, di sesso opposto
a quello delle origini e con in mano, come Giuditta, una testa
mozzata. Qualcuno mormora, piuttosto come Lecciso, vista la
frenesia autoespositoria, ma sarebbe recare un torto alla signora
che, per quanto come il Nostro finga di essere qualcosa che non è,
una soubrette nella fattispecie, il genere finora non l’ha
cambiato. Anzi, quello suo pare robustamente e piacevolmente
identitario.
Bertinotti, per togliersi anche gli indumenti intimi, s’è dato,
comprensibilmente, a un compagno di percorso, Riccardo -
“preferisco i marines ai tagliatori di teste” – Barenghi, il
quale, visti i miseri spifferi che nelle sue vele soffiava “il
manifesto”, anche lui ha sacrificato qualcosa pur di far volare
quelle vele nel generoso maestrale de “La Stampa”. Signorotto di
palazzo quanto Agamennone era sovrano dei greci, il prediletto
saprofita di Bruno Vespa e godibilissimo avversario per
Berlusconi, l’ex- sindacalista, firmatario storico di compromessi
a perdere, non s’è curato né di figlioli, né di sudditi. Ha preso
Ifigenìa, con il martello le ha sfondato il cranio, con la falce
le ha estratto il cuore e ha gettato le armi del delitto. Quindi
s’è presentato ai compiaciuti principi achei nuovo, sinistro,
pronto a sfracelli contro i residuali troiani e certo della
benevolenza degli dei che gonfiano vele, colmano forzieri e
assicurano, spesso fedifraghi, lunga vita.
L’infanticidio e simultaneo cambiamento di genere sono stati
l’apoteosi di un processo di lunga lena, subito dal pubblico
ammutolito e incredulo, partecipato dai democratici vocati al
bilancio partecipativo. Anche perché, con sottile preveggenza e
accorata sensibilità animalista, il Nostro s’era voluto circondare
di affettuose scimmiotte-vallette che non vedono, non odono e non
parlano. Mentre Ifigenìa, segregata negli appartamenti delle donne
e, secondo sacra tradizione burkizzata dalla testa ai piedi,
deperiva lentamente in attesa di essere immolata, si svolgeva la
di lui progressiva transustanziazione: al posto dell’anfibio o
dell’infradito, la scarpetta d’argento con il tacco a spillo;
sulle gote strati crescenti di cipria, sulle labbra toni sempre
più accesi di rossetto, un progressivo duplice gonfiore
all’altezza del portaocchiali in pelle di marxisti, di mese in
mese nuovi giri di perle attorno al collo liftato a nuovo, una
camicetta tagliata a misura di culo di dio. Sapeste l’invidia di
Platinette! Oggi è caduto anche l’ultimo indumento e il mutante si
è presentato al bollettino Agnelli, per poi scendere pietoso fino
a “il manifesto”, nello splendore della sua nudità integrale.
“Dopo le elezioni, subito subito, taglieremo la gola ad Ifigenìa
sull’altare di Artemizemolo, e gli offriremo in sposa la Partita
(doppia?) della Sinistra Europea… “
Usciamo di
metafora: Rifondazione non sarà più lei, semmai una correntucola
dentro al nuovo partito, di quelle che lui ha dimostrato come le
si possono spezzare le gambine ogni volta che, da accucciate,
provano ad alzarsi in piedi. Alle prossime elezioni niente
“comunista”, niente falce e niente martello: “E’ la svolta delle
svolte”, ha esclamato il transgender, accavallando le gambe come
Sharon Stone e mostrando finalmente al volgo e all’inclita le
nuove, redditizie vergogne. Tutto fervoroso, ha ricordato al socio
Riccardo-meglio i Marines - Barenghi i precedenti temerari atti
osceni in luogo pubblico come “la rottura con lo stalinismo” (da
tradursi: “con il comunismo”. Per molti si tratta di cose non
identiche, per lui sì), o “la scelta della non violenza” (che è
quella quando, per fortuna inascoltato dall’Iraq all’America
Latina, vaticinò il disarmo unilaterale di qualche miliardo di
persone). Questo messaggio, simile alle epistole di San Paolo che
trasformarono un anonimo casinaro antiromano di Palestina in una
triade divina, è poi corredato di fioretti vari, tutti intesi a
sollecitare la benevolenza delle divinità del vento; niente
classe, ma “persone” (si sgambettano meglio se sole) e semmai
“popolo” (ci sta dentro anche la Fallaci), a mare “tutto
l’impianto culturale della nostra storia” (ci pensa lui, con Toni
Negri e Padre Pio, a darcene uno tutto nuovo), basta con
l’eguaglianza e viva la libertà (e Rumsfeld gli sta preparando il
posto in prima classe, accanto al collaudato D’Alema, sul B52 per
l’assalto a Cuba, all’Iraq, alla Siria, all’Iran, alla Bielorussia
(la Palestina l’ha sistemata da tempo).
Infine,
Bertinotti s’è messo anche a sfottere: “Io mi rendo conto che il
mio partito, Rifondazione Comunista, non basta. E allora mi apro
al meticciato con associazioni, movimenti, persone che in questi
anni si sono appunto mossi a sinistra, contro la guerra, contro il
liberismo, sull’ambiente, sui diritti civili, ma che in un partito
comunista non entrerebbero mai. E allora
IO
(detto a caratteri nucleari) mi dichiaro disposto a entrare in un
nuovo soggetto politico”… visto che il Partito democratico (quello
di Rutelli-Fassino-Clinton-Cia) “non è un bidone”, ma è pieno di
“fascino e suggestione”, voglio fare “un’operazione analoga a
sinistra”. Ha detto proprio “a sinistra” e gli astanti hanno
dovuto nettarsi gli occhi dal fumogeno. Quel gigantesco fumogeno,
marca “antiberlusconismo”, sotto il quale già si celavano i citati
sintomi della mutazione. Come ogni nefandezza è consentita dalla
“guerra al terrorismo”, così tutto viene obliterato dallo
strombazzo della lotta a Berlusconi., il taumaturgo che agevola la
remissione dei peccati. Ma non era stata anche “di sinistra” la
rottura con il 900 della più grande emancipazione di oppressi e
sfruttati? L’annullamento della categoria dell’imperialismo,
proprio quando l’imperialismo si avventava sulle coste di fronte a
noi e si accingeva a squartare il mondo? Lo sbertucciamento della
Resistenza dalla quale era nato quanto di buono eravamo riusciti a
combinare dalla Repubblica Napoletana in qua? La rilettura delle
foibe in chiave fascista? L’ottundimento
New Age nel connubio
metafisico con dio e papa ritrovati? Il volo in formazione Usa
nella tormenta delle “rivoluzioni colorate” da Belgrado a Kiev, da
Tblisi a Beirut? Il pasto nudo delle ossa dei resistenti alla
tavola imbandita dai terroristi di Stato in Iraq, Palestina, Cuba
e Bielorussia con le posate della “spirale guerra-terrorismo”, del
“fondamentalismo islamico” e di Al Qaida? Le carezze al serial
killer Sharon, “uomo di pace”, con il contributo dell’emissario
Guido Caldiron, che sul bollettino personale del sovrano si faceva
saprofita della Grande Israele, e con il succedaneo dal
cognome-ossimoro, Gennaro Migliore, che inveiva contro l’assioma
“Intifada fino alla vittoria”? E addirittura i festini chic col
generone romano e con Valeria Marini, Cecchi Gori, Vespa,
Berlusconi e la fidanzata AN del figliolo?
Ogni
tanto, da qualche parte si udiva uno squilletto di tromba da gente
che mugugnava e parlottava di “paletti” da porre. Ma di fronte
alla prospettiva della buvette, del cellulare e del barbiere
gratis, dell’assessorato e della municipalizzata, usava i paletti
come stuzzicadenti per i residui dell’amaro boccone e si metteva
la cravatta. E il più spudoratamente stalinista degli
antistalinisti li stroncava di bulimia governista. Fummo in
pochini a metterci una pezza rossa allorché l’Agamennone di Viale
Policlinico, trattando base e quadri del partito come il parco
buoi di infausta memoria, come sempre in olimpica solitudine
proclamò la nascita del Partito della Sinistra Europea,
escrescenza tumorale di quello che era stato creato come il
rilancio della speranza, della dignità e della volontà di
attraversare il deserto dei tartari. Gli mettemmo sotto il naso lo
striscione “Bertinot-in-my-name”, ricordate. Reggendo lo strascico
del monarca, qualche dissidente-obbediente ci fece l’occhiolino
dal sottoscala del palazzo. Ci riprovammo quando, all’ultimo
congresso, tutti insieme avremmo potuto, sospinti dalla collera di
un partito ancora non passivizzato del tutto, bloccare la mano al
boia di Ifigenìa e rispedire nella selva il suo nume tutelare
Artemizemolo. Da “Autoconvocati del PRC” proponemmo uno
schieramento unito contro la minaccia mortale. Valvassori e
valvassini si sfilarono tutti e andarono a Venezia come il
bestiame vanamente mugghiante s’intruppa verso il mattatoio.
Ricordo
come, anni fa, tutto fosse già scritto, probabilmente fin dal DNA.
In un’assemblea dell’Ernesto di Roma, quando pareva che il
farfuglio di mugugni e paletti potesse essere razionalizzato in
una contestazione del sovrano, si erse come onda anomala nel mare
delle mortificazioni il coro: “E’ il nostro segretario
nazionale!”. In una riunione di circolo, tutto Ernesto, azzardai:
“Forse per quel che riguarda il segretario si potrebbe pensare
alla categoria della rinnegazione”. Manco poco che il muscoloso
segretariuccio, tale Massimiliano Ortu, non mi sbattesse fuori dal
circolo: “Non ti permettere di parlare così del nostro segretario
nazionale”. Nel corso di un’assemblea nazionale della medesima
corrente, una delle compagne storiche ritenne di concludere la
serie di denunce sullo stalinismo del capintesta, sulla sua foia
governista e consociativa, sulla repressione brutale di ogni
dissenso, sulle capriole ideologiche via via più funamboliche,
dichiarando: “Ma questo è un segretario anticomunista”.
L’iconoclasta fu schiacciata al suolo dall’anatema del
capocorrente: “Non ti azzardare mai più. E’ il nostro segretario!”
I segni
c’erano tutti, una pandemia. Non c’era bisogno di aruspici per
leggerli.
Ora,
corrente minoritaria PRC, irrilevante come sempre, dentro al
minestrone della S.E., un po’ ermafroditi anche loro, tutti questi
andranno al governo con il transgender. Faranno interventi
umanitari con l’ONU, con la Tavola della pace e con Attac, si
affiancheranno a Luisa Morgantini nel comandare al dialogo coloro
a cui sventrano i figlioli e le case, vorranno sottrarre le donne
al muliericidio maschile piuttosto che gli esseri umani al
capitalismo, precarizzerano i lavoratori purchè solo al 90%, si
inginoccheriano un po’ al panzerpapa e un po’ ai matrimoni tra
GLBT, andranno da Vespa, corruschi, ma andranno, deprecheranno il
fosforo vero e, di pari passo, l’Osama falso, comprenderanno la
Resistenza purchè non spari ai nostri ragazzi… Sotto la foglia di
fico dell’antiberlusconismo, continueranno a fornire coperture a
sinistra a chi gli assicura copertura di rendite. E vivranno più o
meno felici e contenti nella democrazia e nei diritti umani che
dalle fortune dello schiavismo dei corpi è passata – e neanche del
tutto – a quelle dello schiavismo delle menti. Non siamo magari
più il paese degli eroi e dei poeti, ma quello dei navigatori,
perbacco, lo saremo come mai prima!
Ma
coraggio, compagni. La storia di Ifigenìa non finisce lì. Mentre
Agamennone volgeva il capo per non assistere all’uccisione della
figlia, accadde il prodigio. Nell’istante prima di essere
sgozzata, Ifigenìa scomparve e al suo posto si vide una cerva. La
ragazza venne miracolosamente trasportata in Tauride per fungere
da sacerdotessa nel locale santuario. Per gli antichi Ifigenìa
era il prototipo mitico dell’inizianda, della fanciulla che passa
all’età adulta. I comunisti, che sono i bambini della storia,
avranno inevitabilmente la stessa sorte. Basta pazientare e
lavorarci: ci attendono a miliardi. Del resto, Agamenone fu poi
ammazzato dall’amante della moglie e Ifigenìa tornò nella sua
terra. Viva e vegeta.
|