Emilio Vespa
di
Marco Travaglio
La notizia sorprenderà qualcuno, ma
carta canta: Bruno Vespa potrebbe essere in buona fede. Anzi in buona
Fede, nel senso di Emilio,come lo chiama familiarmente Al Tappone. La
prova? Eccola: una letterina inviata da Emilio Vespa alla Stampa, in
risposta a un'intervista di Beatrice Borromeo, che aveva osato dire quel
che pensa (come milioni di italiani) di Porta a Porta: “Ridicolo.
All'estero lo prendono in giro. È
privo di qualsiasi dignità. L'episodio di Vespa scambiato da Berlusconi
per il ‘dottor Fede' è significativo. Il conduttore mette a proprio agio
al di là della verità, non ponendo mai obiezioni per amore della
poltrona. Per questo i politici vanno lì e non da Santoro: sanno che non
gli succederà nulla. E questo, giornalisticamente, è inaccettabile… Con
la Vezzali mi sembrava imbarazzato persino Berlusconi! Poi ognuno dice
quello che gli pare… ma non capisco cosa c'entri con un programma
d'approfondimento.
Quella è adulazione”.
Comprensibilmente risentito, in quanto disabituato alle critiche, Emilio
Vespa s'è scagliato contro la Borromeo dandole della “valletta di
Santoro”, “cinguettante” e dotata di un misero “cervellino”. Poi ha
fornito la prova insuperabile dell'unanime apprezzamento di cui godrebbe
Porta a Porta nel mondo intero: “Pochi giorni fa Josè Maria Aznar, già
carismatico primo ministro spagnolo, ha lodato Porta a Porta definendola
la migliore trasmissione europea del suo genere e rammaricandosi che
altri Paesi, a cominciare dal suo, non la imitino… Aznar chiese
espressamente di essere invitato a Porta a Porta durante una sua visita
ufficiale e lo stesso ha fatto il primo ministro rumeno che verrà in
ottobre in Italia”. Ecco, ad avviso dell'insetto la qualità di un
programma di informazione si misura dal gradimento dei politici. Se i
suoi ospiti e aspiranti ospi ti ne parlano bene, vuol dire che il
programma è buono. Per lui, i padroni sono i politici, non i cittadini.
Infatti nel '93 proclamò tutto giulivo che il suo “editore di
riferimento” era la Dc di Forlani, appena indagato per Tangentopoli, col
quale inscenò un'intervista a braccetto, scorticandosi le ginocchia.
L'idea che il gradimento spetti al
pubblico che paga il canone e auspicherebbe, magari, eventualmente,
interviste con domande, non l'ha mai sfiorato. E nemmeno il sospetto che
Aznar (così “carismatico” da farsi trombare dal giovane outsider
Zapatero) voglia importarlo in Spagna perché i giornalisti spagnoli
fanno domande.
Il carismatico Aznar sa benissimo cosa
accade se un politico mente e la libera informazione lo sbugiarda,
peggio ancora se in campagna elettorale. Infatti lui, in campagna
elettorale, tentò di addossare ai baschi dell'Eta, anziché ad Al Qaeda,
la strage sui treni di Madrid. Avesse avuto a disposizione un Porta a
Porta con un insetto iberico in studio, avrebbe trovato una formidabile
cassa di risonanza per la sua carismatica maxi-balla e avrebbe rivinto
le elezioni. Invece, purtroppo per lui, dovette fare i conti con la
stampa e le tv spagnole pubbliche e private, che gli smontarono la
bufala in quattro e quattr'otto, facendogli perdere 10 punti. Più o meno
quel che è accaduto dieci giorni fa alla povera Sarah Palin al suo
esordio su una tv nazionale, scarnificata dall'intervistatore.
L'altroieri è toccato a John Mac Cain, che ha disertato il faccia a
faccia con Lettermann inventandosi un impegno inesistente ed è stato
subito sputtanato dal grande Dave, che gli ha dato del “bugiardo” in
diretta. Cose inimmaginabili in Italia, soprattutto per Emilio Vespa.
Qualche anno fa, intervistata nel docu-film di Sabina Guzzanti “Viva
Zapatero!”, Marcelle Padovani del Nouvel Observateu confessò sconsolata:
“Io sono incapace di raccontare Porta a Porta. Il mio giornale mi ha
chiesto di fare un pezzo sulle trasmissioni televisive. Ma non riesco a
sintetizzare che cos'è Porta a Porta per il pubblico francese, perché
non c'è l'equivalente, non esiste”. Porta a Porta è il sogno di tutti i
politici bugiardi del mondo che però, all'estero, devono limitarsi a
sognare. In Italia, invece, si prenotano con una telefonatina a Emilio
Vespa e lui, come ebbe a dire in una memorabile telefonat a intercettata
col portavoce di Fini, gli “confezioniamo addosso la trasmissione”.
Poi, certo, qualche rischio permane: è
lo stesso Emilio Vespa a rammentare che “Yasser Arafat e Simon Peres si
incontrarono a Porta a Porta per l'ultima volta”. Poi Arafat morì. Più
che Porta a Porta, Porta Sfiga.