Alla mercè del TLC
Come neoliberismo e
turbocapitalismo stanno dissanguando il “Pollicino d’America”.
Il Paese più piccolo e più densamente
popolato dell’America Latina (quasi 5 milioni di abitanti in un
territorio grande come il nostro Piemonte, più altri 2 milioni già
emigrati negli Stati Uniti alla ricerca di un lavoro), un passato
recente insanguinato da una guerra civile senza vincitori e con
molti sconfitti, un presente inesorabilmente segnato da povertà e
sfruttamento. In El Salvador l’orologio del progresso sociale è
fermo da più di mezzo secolo.
Se ai più questa nazione non riesce ad
offrire una pur minima opportunità di dignitosa sopravvivenza, per
altri rappresenta ancora un’ottima fonte di investimento e
ricchezza. Da alcuni anni per effetto degli accordi sul libero
commercio (o TLC), le grandi corporation degli Stati Uniti
sfruttano l’occasione per realizzare enormi profitti - soprattutto
nei settori delle telecomunicazioni e dell’energia - , dopo aver
acquisito le decotte aziende pubbliche a costi stracciati ed averle
riconvertite in efficienti macchine per far soldi. E in prospettiva
di un’evoluzione del TLC in tutta l’area centroamericana, la
privatizzazione di servizi come la scuola, la fornitura d’acqua e di
energia elettrica proseguirà - con ogni probabilità - fino al suo
totale completamento, portando ad un progressivo aumento delle
tariffe delle utenze. Secondo le previsioni più accreditate questo
succederà tra breve, mentre è già un fatto che in soli quattro mesi
la “canasta basica”, il paniere dei prodotti di prima necessità
(come mais, riso e fagioli) ha fatto registrare aumenti dei prezzi
del 50%, trainati anche dal continuo rialzo del petrolio.
Spalleggiati da un sistema di regole a
loro del tutto favorevole, imprenditori di tutto il mondo possono
costruire in El Salvador i loro impianti industriali beneficiando di
agevolazioni - non solo di natura fiscale - concesse dal governo,
senza essere obbligati a comprare le materie prime in Centroamerica,
pagando misere retribuzioni e trattenendo per loro tutti i profitti.
Incapaci di competere con i Golia stranieri, moltissime piccole e
medie imprese nazionali (soprattutto del settore tessile e caseario)
si trovano costrette a chiudere i battenti con pesanti ricadute
negative sui livelli occupazionali.
La disoccupazione, incubo di
moltissimi giovani, va aumentando nelle città come nelle zone
rurali, aggravata dai licenziamenti di massa attuati dalle imprese
pubbliche in corso di ristrutturazione o di privatizzazione; la
verità è che la maggior parte della forza lavoro attualmente
occupata trova impiego soltanto nel settore del cosiddetto “lavoro
informale”, caratterizzato da un’alta “flessibilizzazione”,
bassissimi salari e assenza di garanzie sindacali anche minime, o di
copertura sanitaria. Alle donne, i soggetti più deboli della società
salvadoregna, spettano quasi sempre i lavori più umili e faticosi -
nei campi o nelle maquilas, gli enormi stabilimenti tessili o
di elettronica che prosperano in tutto il Centroamerica grazie allo
sfruttamento e ai salari da fame -, perché sono proprio loro a
doversi prendere carico del mantenimento famigliare dopo essere
state abbandonate dai loro coniugi, come accade in svariati casi.
In El Salvador, un altro modo per
sbarcare il lunario è il piccolo commercio. Un esercito di venditori
di strada abusivi affolla le principali città alla ricerca di una
fonte di reddito alternativa al lavoro “tradizionale”, ormai
introvabile per i più. Così, camminando per le caotiche ed
irrespirabili calles della capitale, si possono incontrare
ovunque banchi di vendita improvvisati dove è possibile trovare di
tutto: dagli alimentari ai dvd pirata offerti a un dollaro.
Ma non finisce qui. L’introduzione del
TLC con gli Stati Uniti ha avuto e sta avendo effetti devastanti
soprattutto nel settore agricolo, a causa dell’inondazione sui
mercati locali dei prodotti alimentari nordamericani, molto più
competitivi grazie al loro minor costo e alle sovvenzioni
governative di cui possono godere gli agricoltori e gli allevatori
statunitensi. Tutto ciò si traduce, in termini sociali, nella
disperazione di migliaia di contadini e di piccoli agricoltori
falliti, ai quali non resta altra scelta che abbandonare le loro
case e i loro appezzamenti di poche manzanas di terra in
cerca di miglior fortuna nelle grandi città.
Grazie a questa sua spregiudicata
politica economica nei confronti dei vicini centroamericani, il
governo degli Stati Uniti può così passare all’incasso dei benefici
politici derivanti dal consolidamento degli ultimi TLC. In questo
modo la Casa Bianca avrà, di fatto, più controllo sulle già
indebolite economie della regione e sui loro docilissimi governi;
senza contare che avendo già stabilito una “testa di ponte” in
Centroamerica, avrà in futuro buon gioco ad imporre analoghi
trattati al resto del continente americano (Chavez & Co.
permettendo).
Mentre si avvicinano le elezioni
presidenziali ed amministrative del 2009, in Salvador la lotta
politica si fa, mese dopo mese, sempre più accanita. Lo stesso
ARENA, il partito di estrema destra che governa dalla fine della
guerra (1992), è lacerato da dissidi interni tra le varie correnti
politiche che aspirano al mantenimento del potere, tra cui la mai
decaduta casta militare, la vecchia oligarchia dei terratenientes,
e le nuove lobbies economico-finanziarie legate alla new
economy.
Sull’altro versante il FMLN sembra
godere di più coesione, dopo la scelta dei due candidati alla
Presidenza, Mauricio Funes e Salvador Sanchez Cerén. Il primo è un
ex-commentatore televisivo con una visione politica “moderata e
progressista”, molto popolare grazie alle sue inchieste
giornalistiche di denuncia; l’altro, candidato alla vice-presidenza,
con il suo passato da comandante guerrigliero rappresenta invece la
corrente più radicale e più a sinistra del partito.
Per il FMLN l’occasione è più che mai
propizia: sarà dunque il 2009 l’anno del cambio? Se sarà capace di
proporsi come forza di governo, il FMLN riuscirà ad ostacolare il
consolidamento di un sistema economico, voluto ed imposto dai
gringos e dalle multinazionali, che sta lentamente riducendo in
miseria la stragrande maggioranza dei salvadoregni?
Andrea Necciai
El Salvador, febbraio 2008 |