STORIA
Fidel, Malcolm X e la «rivoluzione
negra»
di
Enrique Ubieta Gómez
Oggi 19 settembre si compie mezzo secolo
dall’incontro di Fidel e Malcolm X, nell’hotel Theresa de Harlem,
New York. Per intendere il contesto di quell’incontro, si devono
conoscere i fatti che lo circondavano: la Rivoluzione cubana
trionfante, presieduta dal suo giovane leader partecipava ad una
Sessione Generale delle Nazioni Unite.
Il governo nordamericano, prepotente, negava di dare
un trattamento ufficiale ai cubani ed i più importanti e sontuosi
alberghi di Manhattan chiusero le porte o posero condizioni
inaccettabili alla delegazione dell’Isola.
Il quartiere negro della città ed il suo Hotel
Theresa le apersero senza esitazioni.
Malcolm X facilitò il trasferimento dei cubani ed
organizzò una guardia a difesa nei dintorni dell’installazione.
Il Theresa si trasformò nel centro alternativo di una
nuova epoca che iniziava: migliaia di residenti di Harlem si
riunirono giorno e notte di fronte all’hotel, per acclamare e
sostenere la presenza di Fidel.
Erano anni d’aperta segregazione razziale negli
Stati Uniti: quartieri, scuole, ristoranti ed anche i posti a sedere
sugli autobus si riservavano in forma esclusiva per i bianchi e
molti leaders negri lottavano per i diritti civili della loro
comunità.
Malcolm X era allora un leader negro che combatteva
in forma prioritaria
la discriminazione razziale.
Per questo è importante segnalare l’istinto di classe
che condusse questi combattenti per i loro diritti a capire che la
Rivoluzione cubana rappresentava anche loro.
Il reportage sul fatto, pubblicato dalla rivista
Bohemia nell’ottobre del 1960, riferiva che: “Quando migliaia di
cittadini negri gridavano la notte scorsa ‘Vogliamo Castro’, quello
che gridavano in realtà era ‘Vogliamo un Castro’.
Malcom X dirà durante l’incontro che: “Finchè lo Zio
Sam parla male di Fidel, significa che questi fa bene le cose”.
Erano tempi di cambio ed in quella settimana
coincisero a New York Jawaharlal Nerhu dell’India, l’egiziano Gamal
Abdel Nasser, gli africani Sekou Touré della Guinea e Kwame Nkrumah
del Ghana, Nikita Jruschov dell’Unione Sovietica e Josip Broz Tito
della Yugoslavia, tra gli altri.
L’Assemblea formalizzava l’entrata dei 14 nuovi Stati
sovrani, 13 africani. Le strade di Harlem non solo si riempivano
di residenti ma anche di migliaia di latinoamericani che esprimevano
la loro solidarietà con Fidel e la Rivoluzione cubana.
Jruschov e Nasser andarono all’hotel per inocntrare
il rivoluzionario cubano.
“La presenza del leader della Repubblica Araba Unita
ha reso più complesso il panorama razziale di questo distretto —
scriveva Bohemia nel suo reportage—, aggiungendo contingenti arabi
alla mobilitazione generale”.
Nell’edificio delle Nazioni Unite si sferravano altre
battaglie: il disinteresse statunitense per il disarmo che
proponevano i sovietici; la complicità dell’organismo internazionale
con l’imperialismo nella guerra destabilizzatrice del Congo, che
tentava di far cadere il primo ministro Lumumba (poi assassinato);
il debito morale e materiale dei paesi occidentali mai saldato, con
i popoli africani; l’esempio della Rivoluzione cubana e la parola
affilata del suo leader.
Fidel rompeva il protocollo spontaneamente ed apriva
una nuova era d’irriverenza sociale e politica. Il suo discorso fu
interrotto 30 volte —in forma assolutamente inusuale—dagli
applausi. Gli arabi, gli asiatici, i rivoluzionari cubani,
s’incontravano per la prima volta, si applaudivano e si
appoggiavano reciprocamente.
L’ammirazione di Malcolm X per la Rivoluzione cubana
e la rapida radicalizzazione del suo pensiero avevano come sfondo il
contesto internazionale delle lotte popolari.
Per essere il leader dei negri, l’afroamericano si
sarebbe trasformato nel leader di tutti gli oppressi, un combattente
anticapitalista. Quel cambio radicale gli costò poi la vita.
Il Suo concetto di “rivoluzione negra” acquistò
rapidamente un senso classista : “Ora la rivoluzione negra si sta
sviluppando in Africa, e Asia e America Latina; e quando dico
“rivoluzione negra” —sono parole sue del 1964—, mi riferisco a
tutti coloro che non sono bianchi. I negri, i mulatti i rossi ed i
gialli, cioè gli sfruttai del sud, che include quelli del nord. Nel
1965 disse ancor più chiaramente: “Non è corretto classificare la
rivolta dei negri come un semplice conflitto razziale dei negri
contro i bianchi o come un problema puramente nordamericano. Quello
che vediamo è una ribellione globale degli oppressi contro gli
oppressori, degli sfruttati contro gli sfruttatori.
Nel 1964, il Che partecipò, rappresentando Cuba, ad
una sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite e Malcolm X lo
invitò a partecipare ad un incontro dell’ Organizzazione dell’Unità
Afro Americana —al quale partecipò Babu, un alto dirigente della
Tanzania, il cui capo di governo era allora Julius Nyerere.
Il Comandante guerrigliero non riuscì a partecipare,
ma inviò un messaggio solidale, che il leader afroamericano lesse.
Nel messaggio ricordava la visita di Fidel ad Harlem
e terminava con questa frase: “Uniti vinceremo!”. Sia la
Rivoluzione cubana che Malcom X erano preoccupati per i fatti del
Congo, perchè i rivoluzionari congolesi, dopo l’assassinio di
Lumumba, lottavano in condizioni disuguali contro il governo pro
imperialismo che era stato imposto.
Ma Malcolm X fu assassinato a sua volta il 21
febbraio del 1965.
“Tutti gli uomini liberi si devono impegnare a
vendicare il crimine del Congo”, aveva detto Che Guevara nelle
Nazioni Unite, e lo stesso Che, con un pugno di cubani, andò tra
aprile e dicembre del 1965 nelle selve congolesi, combattendo gomito
a gomito con i fratelli africani.
Malcolm X non vide sino a dove sarebbe giunto lo
spirito internazionalista della Rivoluzione cubana, che dieci anni
dopo si sarebbe impegnata nel processo definitivo di liberazione
dell’Africa nelle terre angolane.
“Per il popolo cubano l’internazionalismo non è solo
una parola, ma è qualcosa che abbiamo visto mettere in pratica a
beneficio di grandi settori dell’umanità”, ha affermato Nelson
Mandela il 26 luglio del 1999.
Un internazionalista nordamericano, negro come
Malcolm X, ha dedicato anche lui la sua vita alla lotta contro
l’ingiusto blocco economico del suo paese contro Cuba, e mi
riferisco al reverendo Lucius Walker, recentemente deceduto a New
York.
Sono momenti dell’altra storia delle relazioni tra
i popoli di Cuba e degli Stati Uniti, la storia della rivoluzione
negra, che un giorno dovremo scrivere.
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