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Haidi Giuliani e Cuba

 

Presidentessa del Comitato Italiano di Solidarietà con i Cinque Eroi

 

Italia-Cuba - Circolo Gino Donè

 

 

Come parte della lotta che il movimento di solidarietà italiano realizza per il ritorno dei Cinque Eroi a Cuba, il Centro Sociale Occupato “Camilo Cienfuegos” di Campi Bisenzio, Firenze ed il Circolo dell’Associazione di Amicizia Italia Cuba, hanno organizzato una giornata informativa. In tale contesto ho conosciuto personalmente Haidi Giuliani, sapevo che era una delle persone invitate in qualità di Presidentessa del Comitato Italiano di Solidarietà con i Cinque Eroi. Conoscevo la sua storia per la mia esperienza di lavoro nell’Istituto Cubano di Amicizia con i Popoli (ICAP), all’Avana, e per il tempo che oggi dedica ai giovani italiani.

Dopo i fatti di Genova 2001, nei quali durante la manifestazione del movimento “No Global” nel Summit del G-8, i partecipanti ad un corteo vennero picchiati, molti feriti, e un giovane morì, Haidi iniziò una dura battaglia.

Il giovane che perse la vita in quella manifestazione era suo figlio, Carlo Giuliani, e da allora, entrambi i nomi vengono automaticamente associati.

Manca ancora molto tempo all’inizio dell’incontro, così le dico che sono cubana e le chiedo di parlare con lei e di “prendere appunti”.  Mi regala in risposta un profondo sguardo con i suoi piccoli occhi e un dolce sorriso, mi prende la mano e mi porta con lei. Saliamo su una pericolosa scala di legno, che sinceramente credevo che lei non sarebbe stata in grado di salire, ma mi sbagliavo, ha davvero molta forza.

Rispetto alla questione dei Cinque Eroi e del lavoro con il Comitato in Italia mi spiega: “Dalla morte di mio figlio ho abbracciato molte cause giuste. Da quel momento ho dedicato la mia vita a chiedere giustizia per la sua morte e allo stesso tempo a portare avanti i valori per i quali Carlo è morto.

Anche appoggiare Cuba in questa battaglia è una causa giusta e necessaria, per questo ho accettato di presiedere il Comitato Italiano. La mia convinzione più importante è che è necessario lavorare soprattutto con unità per dare a Cuba tutto l’aiuto di cui ha bisogno, però per questo dobbiamo essere organizzati ed incisivi.

Ho avuto l’opportunità di conoscere Roberto, avvocato e fratello di René, mi ha spiegato molti dettagli. Come madre, come non capire la sua famiglia?

Soffro per la grande ingiustizia del Governo Italiano, che mi ha impedito di avere un processo giusto per mio figlio, per questo comprendo. Comprendo anche la crudeltà e il livello di ingiustizia al quale si può arrivare in un sistema nel quale domina solo il denaro.

Oggi in Italia abbiamo una grossa difficoltà, ed è la situazione della cosiddetta “sinistra” e la sua rappresentazione negli spazi istituzionali.

Il fatto che non abbiamo un gruppo parlamentare con una volontà di pronunciarsi a favore della causa dei Cinque in tale spazio è limitante, così come la falsa propaganda che realizzano i mass media rispetto a Cuba.

Il nostro maggior limite è la forza per replicare in questo contesto, per questo bisogna lavorare continuamente.

Nella provincia cubana di Camaguey, si è creato il primo museo che unisce la vita di due importanti giovani lottatori: Jesús Suárez Gayol e Carlo Giuliani. Rispetto a tale importante iniziativa commenta: “Erano molti anni che non mi emozionavo, che non piangevo: a Cuba mi succede in continuazione, ma per la felicità. Grazie all’Associazione di Amicizia AsiCuba Umbria, abbiamo potuto portare Carlo  a Cuba. Assieme all’ICAP, al Poder Popular e a Celso Mosquera, il Direttore del Museo, abbiamo aperto una sala in sua

memoria. È importante che a Cuba si parli di Carlo, perché il potere della repressione è forte ed è giusto che queste informazioni arrivino anche a voi. È utile per quelli che pensano che l’Italia è il paese della ricchezza, dovete sapere che esiste, ma solo per pochi, che migliaia di giovani non possono studiare, che non possono lavorare, che non possono avere figli. Oggi in Italia la gente non fa figli. È un paese che sta invecchiando perché non offre nessuna prospettiva, né sicurezza.

Ci dicono che stanno per cominciare, e mentre scendiamo le scale, io davanti e lei dietro, provo a chiederle un consiglio per i giovani cubani, lei si ferma e mi dice:  “Cuba per noi è un esempio. È il mondo a cui aspiriamo. Voi avete la missione di mantenerlo”.