NARRATIVA - LIBRI
José Lezama Lima
José Lezama Lima è
nato all’Avana nel 1910 e viene considerato dai critici e dagli
scrittori il poeta cubano più importante assieme a José Martí, uno
dei fondamentali della lingua spagnola nel XXº secolo.
Il suo stile,
barocco e colto, sostentato con le metafore e le tradizioni del
Secolo d’Oro, ha influito in numerosi poeti contemporanei.
Lezama ha diretto
le riviste Verbum (1937), Espuela de plata (1939) e Orígenes (1941-
1956), che lasciarono un segno indelebile nelle lettere cubane e in
ambito latino americano in generale. Nel 1966 pubblicò il suo
mitico romanzo Paradiso, dove sviluppa in prosa il suo sistema
poetico.
La sua
opera poetica include la Muerte de Narciso (1937), Enemigo rumor
(1941),Aventuras sigilosas (1945), Dador (1960) y Fragmentosa su
imán (1977).
José Lezama Lima
ha scritto anche numerosi libri di saggistica.
È morto all’Avana
nel 1976.
UN’ OSCURA
PRATERIA MI CONVITA
Un’oscura prateria
mi convita,
con distese
stabili e precise,
che girano in me,
nel mio balcone giacciono.
Dominano le loro
estensioni,l’indefinita cupola
d’alabastro si
ricrea.
Sull’acqua dello
specchio
è breve la voce a
metà di cento strade.
La mia memoria
prepara la sorpresa,
daino nel cielo,
rugiada, gran falò.
Senza ascoltare
che mi chiamano
penetro nella
prateria piano piano,
orgoglioso in un
nuovo labirinto d’inquietudine.
Li si vedono
illustri resti,
cento teste,
cornette, mille funzioni
aprono i loro
cieli e il girasole tace
Stupisci di
sorpresa in questo cielo
dove senza volere
tornano i passi
e suonano voci nel
suo centro con crepe.
Un’oscura prateria
sta passando
tra i due, vento o
carta leggera,
il vento ferito,
vento di questa morte
magica, unica e
già salutata.
Un passero e un
altro già non tremano.
HAI KAI IN GERUNDIO
Il toro di
Guisando
non domanda nè
come nè quando,
sta crescendo e
sta tremando.
Come?
Accarezzando la
schiena
dello scarafaggio
di piombo,
oro nel riflesso
d’oro contro la cupola.
Quando?
Nel muro raspando,
non so se resterò
o se sono già tra
le allusioni
di
Menandro.
Come?
Quando?
Sto tra i tori di
Guisando,
ma anche tra
coloro che domandano
come e quando.
Crescendo e
raspando,
e tremando.
La solitudine secondo José Lezama Lima
Questo è il testo
di una lettera scritta da José Lezama Lima alla sua carissima amica
Maria Zambiano, trovato come brutta copia e sena data in un block
notes di lavoro...
La Habana,
Amica carissima
Maria Zambiano, la penso molto spesso nella sua grande solitudine,
forse per la solitudine in cui io vivo e muoio. Perchè la fatalità
ha fatto sì che Lei, così meridionale, fatta per la più raffinata
conversazione e quelle amicizie che rendono eterno il quotidiano,
alla maniera teresiana spagnola, debba vivere in un posto freddo e
in solitudine.
Però quello che
non possiamo dimenticare e che tutti i giorni mi appare e mi
chiama, è questa grande solitudine. Penso a Nitzche tormentato dal
freddo dell’Alta Engadina, a Rilke, segregato nella solitudine da se
stesso, come la seta o i diamanti. Inoltre Maria, la sua solitudine
merita rispetto e l’ammirazione di tutti, è una solitudine che forma
parte del Suo mistero e del mistero dell’angelo che la custodisce.
Lei ha saputo assumere l’estrema dignità lì dove non ci sono domande
o risposte.
La solitudine e il
mistero della solitudine assunti come sacramenti, come la comunione
e la poesia totale della resurrezione che vola verso tutti noi,
senza inganni possibili. Ma Lei l’a ha preceduta, sapendo che la
sola soluzione era farla gigantesca, accettarla fino in fondo,
litigando con lei su un ponte mentre camminiamo con decisione verso
l’altra sponda.
Noi che La
conosciamo e che possiamo comprendere, anche se con tremante
approssimazione le motivazioni del suo gesto. Sappiamo che come
seguace di Nietzche, il pericolo vive in Lei nelle forme più sottili
della santità e ci fa tremare. A volte il mistero d’una vita viene
verso di noi che lo guardiamo con un certo timore, credendo
nell’ancestrale sapienza cinese e che tutta la vita ha intuizioni e
sette fulmini che la illuminano. La Sua innegabile formazione
teresiana è più chiara in questa solitudine terribile di freddo e di
silenzio.
Ho Sue notizie
grazie a Carlos Spotorno, che lavora nell’ambasciata di Spagna ed è
cugino del figlio di Ortega e Gasset. La vorrebbe davvero conoscere
perché conosce i Suoi lavori da anni - ne ha 26 - e forma parte di
una Spagna nuova, estremamente comprensiva e per nulla dogmatica. Se
si conosceranno sono certo che passeranno molte ore chiacchierando
insieme.
Suppongo che vedrà
spesso José Angel Valente che è un amico che ricordiamo molto. A
volte sogno che ritornerà qui. Le mando il mio libro “La cantidad
echizada”, con una serie di studi delle metafore e l’immagine, la
poesia e la resurrezione. Sono i miei lavori degli ultimi dodici
anni.
Ho letto con molta
attenzione il libro del mistico orientale “La sabiduria de los
profetas” che Lei mi ha inviato. Acuni capitoli sono molto belli,
sulla sapienza luminosa nel verbo di Ineph, la sua ripercussione
dell’immagine. Uno l’ho letto con vibrazioni sommerse, quelle che si
regalano i mistici, anche se io conosco poco i grandi mistici
orientali che erano letti da Ruysbrock, Tauler o dal Beato Enrique
de Suso. Qualche cosa è passata ai grandi mistici come San Juan de
la Cruz, Simon de Rojas o Fray Juan de los Angeles.
Mi scriva. Lei sa
che la solitudine habanera è grande quanto quella tra i ghiacci.
La bacia sulla
fronte.
J.J.L.
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