“RIFLESSI
CUBANI”
Una Cuba lontana dagli stereotipi del sigaro di Fidel
Castro, del basco con la stella del Che, del mojito di Hemingway e
delle jineteros. Una Cuba più viva e più vera, intima e
contraddittoria quella raccontata da Giulio Di Meo, fotografo
free-lance, casertano residente a Firenze, dove tiene corsi di
Fotografia sociale. Giulio è un fotoreporter con occhi profondi, che
lo spingono verso il reportage sociale, professionista da cinque
anni, da qualche tempo ha deciso di portare avanti i suoi progetti
fotografici autonomamente per avere massima libertà e indipendenza.
Dal 2004 lavora in stretto rapporto con l’Arci, collabora inoltre
con numerose altre associazioni impegnate nel sociale: Libera, Amici
Rom (Italia);E.C.O, M.S.T. “Sem Terra”, Roupasuja (Brasile); Alas de
esperanza (Perù); Nshc , Sos Villaggio del Fanciullo (Serbia), UiKi
Curdi (Turchia),ecc. . Per Di Meo la fotografia è prima di tutto un
atto d’amore; uno strumento con cui testimoniare e trasmettere la
vicinanza, l’amore verso tutti gli oppressi, gli emarginati, gli
ultimi del mondo. Ma rappresenta soprattutto un mezzo di denuncia
sociale, un megafono per dar voce a chi troppe volte viene ignorato,
“fotogrammi” per dar luce a realtà troppo spesso oscurate. Vincitore
di numerosi premi ha già all’attivo mostre analoghe su Serbia,
Kosovo, Thailandia, Equador, Brasile e Perù, utilizzando scene di
vita quotidiana per riflettere sulle contraddizioni, in questo
caso,dell’IslaGrande.
La fotografia come atto di denuncia in grado di
sensibilizzare chi vive a migliaia di chilometri di distanza. “Ma
una foto non deve dare risposte, non deve emettere sentenze, il suo
compito è quello di porre all’attenzione dell’osservatore situazioni
stimolo da cui partano degli interrogativi, delle riflessioni”.
Quelli cubani sono la prima parte di un progetto molto più vasto -
“Riflessi Antagonisti”-, che riguarderà diversi paesi sudamericani.
“Il titolo nasce dalla constatazione che la situazione sudamericana
è la conseguenza, il riflesso, appunto, della politica di
sfruttamento attuata prima dai colonizzatori europei e
successivamente dai governi e dalle lobby economiche statunitensi”.
Paesi con ampie zone al limite del sottosviluppo costantemente
depredati delle proprie risorse naturali. In Sudamerica il 30% della
popolazione è costretto a vivere con meno di un dollaro al giorno.
Ho deciso di iniziare il mio progetto da Cuba come luogo simbolo di
un continente che ha sempre cercato di ribellarsi.”. Cuba è un paese
sottoposto da oltre 25 anni ad embargo da parte degli U.S.A.,
quindi sicuramente la condizione economica cubana ha subito notevoli
“riflessi” e conseguenze. Nonostante quest’infamia dell’embargo,
Cuba ha raggiunto importanti traguardi sociali: ha la media di vita
più alta del continente (oltre 70 anni) e la più bassa mortalità
infantile (9 per mille), la più alta alfabetizzazione dell’America
Latina (96%, in Italia abbiamo il 98%). All’uscita dell’aeroporto
dell’Avana c’è un cartello che dice “Oggi 200 milioni di bambini nel
mondo dormono per strada, nessuno è cubano”. È propaganda politica,
ma è un dato inconfutabile. Se il primo riflesso riguarda le
drammatiche conseguenze sulla popolazione dell’embargo, il secondo
ha invece una concezione più interiore: “Ogni scatto non è la
realtà, ma soltanto una sua rappresentazione, è il fotografo che dà
la propria interpretazione attraverso l’obiettivo, fermando nel
tempo un preciso e irripetibile momento storico”. Immagini che
raccontano, descrivono senza esprimere giudizi, quelle di Di Meo,
che non vogliono essere
la Verità, ma più
semplicemente una fetta di essa. Insomma lo sguardo del fotografo
deve essere la sintesi della sua professionalità, sensibilità,
etica,dei suoi valori,dei suoi ideali…… della sua arte di
raccontare. “ Chi guarda una mia foto non stà guardando una fetta di
realtà-verità; ma più semplicemente solo il mio modo di
interpretare, di raccontare, di guardare-inquadrare quella
determinata realtà”. Quindi fotografie come semplici riflessi,
prodotto ultimo del guardare di un fotografo, con lo scopo nobile di
spingere chi le “guarda” a riflettere a sua volta…….ad
osservare,interpretare,semplicemente pensare.
LA CUBA DI GIULIO DI
MEO
Biografia
Giulio
Di Meo nasce a Capua (Ce) nel 1976. Fotografo professionista da
sette anni, particolarmente impegnato nel reportage sociale, da
qualche tempo, ha deciso di portare avanti i suoi progetti
autonomamente, per avere massima libertà ed indipendenza. La
passione per la fotografia nasce fin da piccolo, seguendo le orme
del padre, grande appassionato di fotografia che gli trasmette
l'amore per il “bianco e nero” e con cui scatta e condivide le prime
foto; successivamente, tale “passione”, cresce d'intensità con i
primi viaggi. Frequenta l'ISEF di Napoli, e consegue il diploma di
laurea presentando una tesi sulla fotografia sportiva intesa come
mezzo di espressione e strumento educativo. Negli anni successivi
continua a viaggiare (Jamaica,Thailandia, Tunisia) e a realizzare
fotografie e contemporaneamente cresce il suo impegno civile e
sociale; partecipa, inoltre, ad un workshop di uno dei migliori
fotoreporter italiani, Ernesto Bazan, a cui ora lo lega una grande
amicizia ed una immensa stima. Nel 2000, apre uno studio fotografico
a Ruviano, piccolo paese dove risiede. Ma si rende subito conto che
la fotografia di studio, quella di cerimonie, non rappresentano
minimamente il suo mondo. La sua fotografia è il “reportage
sociale”, uno strumento con cui testimoniare e trasmettere la
vicinanza, l’amore verso tutti gli oppressi, gli emarginati, gli
ultimi del mondo; un mezzo di denuncia sociale, un megafono per dar
voce a chi troppe volte viene ignorato, “fotogrammi” per dar luce a
realtà troppo spesso oscurate.. “Una foto non deve dare risposte,
non deve emettere sentenze, il suo compito è quello di porre
all’attenzione dell’osservatore situazioni stimolo da cui partano
interrogativi, riflessioni...”. Nel 2003 si trasferisce a Firenze
dove insegna ED. Fisica, e si dedica completamente alla sua
“passione”, che diventa sempre più un impegno, realizzando diversi
reportage in Sud America: a Cuba, in Perù, in Brasile e in Equador.
Dal 2004 lavora in stretto rapporto con l’Arci, collabora inoltre
con numerose altre associazioni impegnate nel sociale: Libera, Amici
Rom (Italia);E.C.O, M.S.T. “Sem Terra”, Roupasuja (Brasile); Alas de
esperanza (Perù); Por Cuba (Cuba); Nshc , Sos Villaggio del
Fanciullo (Serbia), UiKi Curdi (Turchia),ecc. . A partire dall'anno
2003 lavora all'ambizioso progetto fotografico “Riflessi
Antagonisti”: titolo che nasce dalla constatazione che la realtà
sudamericana è la conseguenza, il riflesso, appunto, della politica
di sfruttamento attuata prima dai colonizzatori europei e
successivamente dai governi e dalle lobby economiche statunitensi”.
Una prima parte di questo progetto si è tradotta nella mostra
intitolata “Riflessi Cubani” che dal 2005 è itinerante in alcune
città italiane: Siena, Bologna e Firenze. Nel 2004-06 collabora con
l'agenzia foto giornalistica “Dea press” e tiene, a Firenze, corsi e
workshop di reportage e fotografia sociale. Nel Giugno 2006,
inaugura la mostra intitolata: “Tra cielo e terra”, un tentativo di
dare voce e luce alla quotidianità della Favela di Santa Marta a Rio
de Janero. Per il 50° anniversario dell’Arci, ha realizzato il
calendario 2007 e il libro fotografico “Cinquant’anni di sguardi”,
un viaggio attraverso l'Italia e le decine di circoli della storica
associazione culturale italiana. Nel Maggio
2007 a Firenze,
è stata presentata la mostra: “Da soli non si può...Solidarietà,
cultura, diritti, cittadinanza”. In collaborazione con l'Attivarci e
con il Movimento Sem Terra Brasiliano, ha tenuto nel luglio del 2007
il primo Workshop di fotografia sociale in Brasile, nella stato del
Maranhao. Sono già in fase di progettazione per il prossimo anno
diversi workshop di fotografia sociale in vari Paesi del sud del
mondo. Di Meo, ama definirsi “fotografo di strada”, perchè solo
calandosi nelle diverse realtà, solo camminando tra la gente,
chiacchierando con vecchi e bambini, immergendosi completamente
nella vita sociale si può poi cercare di racchiudere il tutto in una
fotografia; fotografo del “quotidiano”, dei piccoli gesti, delle
cose semplici. Cercando attraverso le foto di sensibilizzare chi
vive a migliaia di chilometri di distanza; credendo ancora che un
mondo diverso, fatto di pace e giustizia sociale, è possibile; con
la speranza che anche una semplice foto può servire a qualcosa.
Siporcuba, ha incontrato Di Meo,
realizzando una breve intervista.
SPC: PERCHE' CUBA FOTOGRAFICA?
Per
me, Cuba è il simbolo di un continente, che da sempre cerca di
ribellarsi, di non assoggettarsi alle logiche di sfruttamento e
dominio da parte degli americani. Cuba e la sua rivoluzione, sono
stati il baluardo di quella indipendenza politica ed economica da
sempre sognata e sperata dai popoli sudamericani. Cuba, quindi, per
anni è stata un esempio, una luce, uno stimolo per tutto l’america
latina. Una piccola isola che non si è mai piegata alla potente
America, un piccolo sogno che non si è mai spezzato, neanche di
fronte alle difficoltà economiche. Per questo ho deciso di iniziare
la mia ricerca fotografica “Riflessi Antagonisti”, proprio da Cuba.
Quelli cubani sono la prima parte di un progetto molto più vasto che
riguarderà tutti i paesi sudamericani. “Il titolo nasce dalla
constatazione che la situazione sudamericana è la conseguenza, il
riflesso, appunto, della politica di sfruttamento attuata prima dai
colonizzatori europei e successivamente dai governi e dalle lobby
economiche statunitensi”.
SPC: QUALE E' LA DIFFERENZA CHE HAI RISCONTRATO TRA CUBA E GLI ALTRI
PAESI CHE HAI VISITATO?
È difficile rispondere ad una domanda del genere, perché in realtà
ogni luogo è diverso dall’altro. Ma spesso a Cuba mi sono sentito
come su un pianeta diverso, un luogo impensabile se non lo vivi in
prima persona, nessuna foto, ne testo, ne film può restituire la
poesia di quest’isola. Infatti, a me già risulta difficile
descriverlo con le foto, figurarsi con le parole. Comunque
l’aspetto che mi affascina di più è l’immensa vitalità, l’allegria,
la genuinità di questo popolo; caratteristica che nessuna crisi
economica ha mai scalfito. In altri paesi non è stato sempre cosi.
SPC: IN CUBA, QUAL'E' STATO IL TUO SOGGETTO PREFERITO E PERCHE?
Il mio unico soggetto sono le persone, quindi a Cuba sono “i
cubani”. Cerco di raccontare per immagini la quotidianità delle
persone, i gesti, le piccole cose, le storie di tutti i giorni;
quelle a cui spesso non diamo importanza ma rinchiudono l’essenza
delle nostre esistenze.
SPC: PERCHE LE TUE FOTO SONO IN B&N?
Per me la fotografia è il bianco e nero. La poesia della luce
catturata attraverso un obiettivo e restituita su carta nelle
tonalità, povere e alienate, dei bianchi e dei neri; questa è per me
la fotografia. Chiaramente è un discorso soggettivo, di parte,
netto; ma come sempre, almeno per me, si può stare da una parte
sola. Credo poi che il bianco e nero si sposi perfettamente con
Cuba. La magia di un luogo fuori dal comune, fuori dalle epoche,
dalle mode, dal tempo, che tanto si avvicina alle sensazioni che mi
regala la fotografia in b/n .
SPC: LASCIANDO PER UN ATTIMO L'ASPETTO ARTISTICO DI CUBA, COSA TI HA
COLPITO DELLA GENTE CUBANA?
L’umanità, e penso di aver detto tutto.
SPC: CREDI CHE TORNERAI A CUBA E SE SI, CON QUALE CONSAPEVOLEZZA?
A Cuba mi sento a casa, mi sento di stare in una società migliore.
Si, con tanti problemi e tanti aspetti da migliorare, ma soprattutto
con meno differenze e ingiustizie sociali che altrove. Ho comunque,
sempre quando riparto da Cuba, la paura che al mio successivo
ritorno tutto sia cambiato, tutto sia finito, che il sogno sia stato
definitivamente spezzato. Chiaramente spero ciò non accada e che
anzi, pian piano Cuba e i cubani, senza altri impedimenti e
limitazioni, senza “embarghi” d sorta, possano migliorare e portare
a termine quella lunga strada, faticosamente tracciata. Sicuramente,
tornerò.
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