STORIA
Lo sciopero del 9 aprile del 1958
“L’esempio di
come un popolo può riprendersi dopo un rovescio”
GUSTAVO B.
ESTORINO – Speciale per SiporCuba
• Sono passati
50 anni, ma Samuel Hernández non dimenticherà mai l’odore di
polvere e di morte della canna della Thompson che uno sbirro
appiccicò al suo naso di bambino.
Era il 9
aprile del 1958, il giorno dello sciopero nazionale rivoluzionario
convocato dai combattenti del 26 di Luglio e da altre forze nella
città, con l’obiettivo di far cadere la dittatura di Fulgencio
Batista.
Samuel aveva
sette anni.
Si trovava
come molte altre volte nella casa del vicino, un uomo a cui era
affezionato come a suo nonno, che, come altre migliaia di lavoratori
che avevano risposto al richiamo, non si era presentato al lavoro
quel giorno.
“Dov’è”?
chiese lo sbirro mentre puntava la pistola al viso del bambino. “Se
non va a lavorare lo ammazziamo subito qui”. Effettivamente lo
sciopero fu brutalmente represso e schiacciato nel sangue dalla
polizia del regime, con un doloroso saldo di più di un centinaio di
combattenti uccisi, tra i quali Marcelo Salado, dirigente d’azione
nella capitale, uno dei più coraggiosi e promettenti quadri del
Movimento 26 di Luglio.
Lo sciopero
ebbe un carattere parziale per deficienze d’organizzazione e alcuni
concetti sbagliati che impedirono la mobilitazione dei lavoratori,
nonostante la condanna generale del governo da parte della
popolazione.
Alle undici di
mattina le principali emittenti de L’Avana e dell’interno del paese
interruppero le trasmissioni per annunciare lo sciopero generale,
mentre le milizie del movimento clandestino occupavano le strade per
fermare il transito.
Ci furono
molte azioni in tutte le province e alcune furono di notevole
importanza, ma nella capitale lo sciopero fu annullato nelle ore del
pomeriggio.
Nell’Isola lo
sciopero durò diversi giorni in realtà e ricevette l’appoggio dei
distaccamenti dei ribelli che combattevano nella Sierra Maestra.
Anche se in
generale non realizzò gli obiettivi della rivolta popolare che le
forze rivoluzionarie si erano proposte, fece tremare le squassate
fondamenta del sanguinario regime che vedeva come un fantasma
pericoloso l’inesorabile avanzata della lotta ribelle guidata da
Fidel Castro.
In quelle ore,
secondo Che Guevara, nel seno del movimento rivoluzionario si
muovevano due tendenze dei fronti detti La Sierra e Il Piano. “Ci
separavano differenze di concetti strategici” disse.
La Sierra era
sicuro di poter sviluppare la lotta guerrigliera con una strategia
di strangolamento e disturbo. Il piano pianificava la lotta
armata nella
città sino a coinvolgere la popolazione nello sciopero generale che
avrebbe fatto cadere Batista.
Di fronte a
queste due tendenze e con l’obiettivo d’ottenere l’unione
rivoluzionaria, Fidel emise un manifesto che convocava allo sciopero
generale e diede ordine ai distinti fronti d’incrementare le
attività combattive in appoggio alle azioni, per realizzarle nel
Piano.
Poco tempo
dopo, sulla Sierra Maestra, la direzione del Movimento 26 di Luglio
analizzava le cause dell’insuccesso dello sciopero, tra le quali
enumerava gli errori strategici dovuti all’inesperienza dei
combattenti del piano.
L’analisi
dimostrava che una strategia di lotta efficace era sviluppare una
guerra di disturbo dalle montagne verso la città, appoggiata dal
piano. Fu un’esperienza importante, assimilata dalla Rivoluzione che
iniziava la sua marcia inarrestabile verso la vittoria definitiva.
Dieci anni
dopo, nel pieno sviluppo del vittoria rivoluzionaria, riferendosi a
quello sciopero del 9 aprile del 1958 e alla generosa
partecipazione della gioventù in quell’azione Fidel disse: “Non
solo sostituirono un esempio straordinario d’eroismo, ma anche un
esempio di come un popolo rivoluzionario è capace di recuperarsi
dopo qualsiasi rovescio”.
Parlando di
Faustino Pérez, uno dei protagonisti, disse che: “Quel giorno si
lottò e si morì in tutta l’Isola”.
Furono
innumerevoli le quantità e le diversità di azioni di ogni genere e
importanza, le fermate e i tentativi di fermata del lavoro, i
sabotaggi e i combattimenti che pur senza ottenere di far cadere la
tirannia, mostravano ancora una volta l’irriducibile decisione di
lotta e sacrificio del popolo.
Come fatto
significativo lo stesso Faustino ricordava l’assalto alle emittenti
nazionali e le trasmissioni per i canali di richiamo allo sciopero;
l’assalto all’armeria dell’Avana Vecchia, la distruzione dei
contatori della luce, l’incendio dei distributori di benzina e dei
veicoli; l’interruzione del transito d’entrata e uscita dalla
capitale; i sabotaggi e le azioni a Guanabacoa, al Cotorro, a
Madruga, l’assalto all’emittente di Matanzas guidato da Enrique
Hart, il
deragliamento dei treni a Jovellanos, l’attacco alla caserma di
Quemado di Güines, l’interruzione della Carretera Central a Manacas,
le azioni del Condado a Santa Clara, la paralisi e il dominio
assoluto a Sagua la Grande, l’ assalto e il sabotaggio della
centrale elettrica di Vicente a Ciego de Ávila, azioni diverse a
Camagüey e la paralisi praticamente completa di tutto l’Oriente
dell’Isola per l’azione combinata delle forze guerrigliere e della
clandestinità, che segnarono quei giorni, i quali si sommarono a
numerose azioni di fronti guerriglieri in appoggio allo sciopero,
che inclusero l’intrepida presenza di Camino Cienfuegos nelle piane
del fiume Cauto. •
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