STORIA
Gino Donè Paro e la spedizione del Granma
di
Giuliana Grando
Testo letto in occasione della visita a Venezia dei
due “Granmisti” cubani, Gilberto García Alonso e Arsenio García
Davila, in occasione del loro giro italiano in varie sedi delle
associazioni d’amicizia e solidarietà con Cuba.
“Il 25 novembre 1956 un gruppo di 82 uomini
partono dal porto di Tuxpan in Mexico, con una piccola imbarcazione
che chiamano Granma, diretti a Cuba. Gino Doné “el italiano”, come
lo chiamava Fidel è l’unico Europeo, l’unico Italiano e l’unico
Veneto a bordo. Era nato infatti il 18 maggio 1924 a Monastier
(Treviso) e al momento dell’imbarco aveva 32 anni. Gli altri
componenti dell’equipaggio, ardimentosi che pensavano di poter
combattere con pochi mezzi la dittatura di Batista, erano 78 cubani,
raccolti da Fidel Castro nelle file del Movimento del 26 luglio, un
argentino, Ernesto Guevara chiamato il CHE, un messicano (Alfonso),
un domenicano (Ramon). Sul Granma Gino entrò con il grado Tenente
del terzo plotone, che era comandato da Raul Castro. Non era la
prima volta che Gino indossava una divisa e partecipava ad una lotta
per la liberazione. L’ 8 settembre 1943 Gino Donè che, in quel
momento nell’esercito, si trova a Pola e con lo sbandamento
dell’esercito ritorna a casa e diventa partigiano con la Missione
Nelson e con il Comandante Guido, un ingegnere milanese
italo-americano operante nell’area della laguna veneziana. Alla
fine della guerra ricevette un encomio dal Generale Alexander e poi
emigrò a Cuba passando dal Canada. Spirito inquieto e curioso di
imparare (amava ricordare di aver fatto le scuole per
corrispondenza), si era fatto una buona conoscenza della storia e
del mondo e conosceva già l’opera politica e poetica di José Marti.
Nel 1950 s’imbarca clandestino e sbarca a Manzanillo, proprio nella
provincia del Granma dove sbarcherà la spedizione.
Nel 1951 lavora all’ Avana come carpentiere nella
grande Plaza Civica : l’attuale Plaza de la Revoluciòn. “La sera”,
racconta Gino, “mi sedevo sui scalini dell’Università, e ascoltavo
quello che dicevano i giovani studenti che si radunavano in piccoli
gruppi. I loro discorsi mi interessavano sempre di più, perchè mi
rendevo conto che si stavano organizzando contro Batista.” La svolta
decisiva avviene a Trinidad con l’incontro con Norma Turino
Guerra, giovane rivoluzionaria di ricca famiglia cubana, abitante
nella città di Trinidad, amica di Aleida March, futura seconda
moglie del Che. Successivamente Gino entra nel “Movimento 26
Luglio”, chiamato con la sigla “M-26-7”, dalla data dell’assalto dei
ribelli (il 26 Luglio 1953) alle caserme di Bayamo e Santiago di
Cuba.
Nel 1954 Gino sposò l’amatissima Norma Albertina
Turino Guerra e aggiunse il cognome materno, Paro, al suo cognome.
All’interno dell’organizzazione del Movimento “M-26-7”, Gino fu
incaricato a portare denaro in Messico su richiesta di Fidel Castro.
Il denaro serviva per comperare il battello Granma. Gino incontrò
così Ernesto Che Guevara, a cui si legò in modo particolare durante
la traversata e aiutò in occasione dei suoi attacchi d’asma. E’
stato Gino con i suoi uomini a ritrovare nel fitto delle mangrovia,
al momento dello sbarco, il Che, colpito da un attacco d’asma. In
quella spedizione persero la vita la metà degli uomini, da una parte
perchè attaccati dalle forze Batistiane, e dall’altra perchè si
trovarono in un terreno paludoso, in cui non avevano previsto di
sbarcare. Dopo lo sfortunato sbarco, che avvenne il 2 dicembre 1956
a Nikero, vicino a Manzanilla, ai piedi della Sierra Maestra, e dopo
la decimazione subita ad Alegria de Pio dai soldati batistiani, Gino
tornò clandestinamente a Santa Clara, dove nel Natale 1956 partecipò
ad azioni di sabotaggio contro postazioni militari, assieme
all’amica Aleida March. Ma nel gennaio 1957 ricevette l’ordine dal
“M-26-7” di andare all’estero allontanandosi da Trinidad. Gino era
ricercato, ed era sfuggito spesso agli agguati delle forze di
Batista.
Dopo mezzo secolo Gino ha detto che: “Dopo il
Desembarco del Granma, abbiamo fatto quello che abbiamo potuto, chi
in una forma e chi in un’altra. Io che ero straniero ero il più
indicato per starmene lontano e fare ciò che nella Sierra non avrei
potuto fare. C’era necessità di collegamenti, di notizie,
d’informazioni, di soldi, di armi, e di molte altre cose. Chi con le
armi e chi senza armi ha fatto quello che doveva fare. E anch’io”.
Dal 2003 al suo ritorno in Italia, a San Donà,
vicino alla famiglia e all’amata nipote Silvana Carnio.
è rimasto in contatto con i suoi compagni “granmisti”
a Cuba e in particolare Arsenio Garcia Davila, e Gilberto Carcia
Alonso con i quali ha partecipato alla sfilata del 1° Maggio 2004
dove ottenne una decorazione. In Italia prese contatto con i Circoli
dell’Associazione di Amicizia Italia Cuba del Veneto e italiani.
Gino Doné era anche amico e socio del Circolo Italia Cuba di Venezia
e partecipava assiduamente agli incontri pubblici, ma anche agli
incontri conviviali, in cui portava la sua allegria, il suo senso
leggero del vivere. Gino portava al Circolo il senso della
“quotidianità” delle azioni: per Gino infatti le azioni, anche le
più eroiche, se sono sentite come una necessità per chi come lui
aveva a cuore le ingiustizie, diventano fatti che fanno parte della
normalità di una vita, degnamente vissuta”.
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