In una riflessione ho
parlato dei lingotti d’oro depositati nei sotterranei delle Torri
Gemelle. Questa volta il tema è abbastanza più complesso e difficile da
credere. Quasi quarant’anni fa alcuni scienziati residenti negli Stati
Uniti scoprirono Internet, nello stesso modo in cui Albert Einstein,
nato in Germania, scoprì ai suoi tempi la formula per misurare l’energia
atomica.
Einstein era un gran
scienziato ed umanista. Contraddisse le leggi fisiche, fino ad allora
sacre, di Newton. Tuttavia le mele continuarono a cadere in base alla
legge della gravità da lui definita. Erano due modi diversi d’osservare
ed interpretare la natura, di cui si possedevano pochi dati ai giorni di
Newton.
Ricordo ciò che lessi
oltre 50 anni fa sulla famosa teoria della relatività elaborata da
Einstein: l’energia è uguale alla massa moltiplicata per il quadrato
della velocità della luce, denominata C: E=MC². Esistevano i soldi degli
Stati Uniti e le risorse necessarie per realizzare quella costosa
ricerca.
Il tempo politico,
dovuto all’odio generalizzato per le brutalità del nazismo nella nazione
più ricca e produttiva di un mondo distrutto dal conflitto, trasformò
quella favolosa energia in bombe che furono lanciate sulle popolazioni
indifese di Hiroshima e Nagasaki, occasionando centinaia di migliaia di
morti ed un numero simile di persone colpite dalle radiazioni che
morirono negli anni successivi.
Un chiaro esempio
dell’uso della scienza e della tecnologia con gli stessi fini egemonici
è descritto nell’articolo dell’ex ufficiale della Sicurezza Nazionale
degli Stati Uniti Gus W. Weiss, apparso originariamente nel 1996 sulla
rivista Studies in Intelligence, sebbene con reale diffusione nel 2002,
con il titolo Ingannando i sovietici. Nello stesso, Weiss s’attribuisce
l’idea di far arrivare in URSS i software necessari alla sua industria,
ma già infettati, con il fine
di portare al collasso
l’economia di quel paese.
In base alle note
prese dal capitolo 17 del libro Sul bordo dell’abisso: Storie della
guerra fredda raccontate dall’interno, di Thomas C. Reed, ex segretario
dell’Aeronautica degli Stati Uniti, nel 1972 Leonid Brezhnev disse ad un
gruppo di alti funzionari del Partito: ”Noi comunisti dobbiamo
continuare ad arare con i capitalisti per un periodo, abbiamo bisogno
dei loro crediti, della loro agricoltura e della loro tecnologia; però
continueremo con grandi programmi militari e per la metà degli anni 80
potremmo ritornare ad una politica aggressiva, ideata per avvantaggiarsi
sull’Occidente.” Questa informazione fu confermata nel 1974 dal
Dipartimento della Difesa nelle udienze innanzi al Comitato della Camera
sulla Banca e la Moneta.
All’inizio degli anni
70, il governo di Nixon propose l’idea della distensione. Henry
Kissinger aveva la speranza che “con il tempo, il commercio e gli
investimenti potrebbero ridurre la tendenza del sistema sovietico
all’autarchia”; considerava che la distensione avrebbe potuto “invitare
alla graduale abbinamento dell’economia sovietica con quella mondiale e
così incoraggiare l’interdipendenza, aggiungendo un elemento di
stabilità nella relazione politica”.
Reagan era incline ad
ignorare le teorie di Kissinger sulla distensione e a prendere in parola
il Presidente Brezhnev, però tutti i dubbi svanirono il 19 luglio 1981,
quando il nuovo presidente degli Stati Uniti s’incontrò ad Ottawa con il
presidente francese François Mitterand nel vertice economico del G-7. In
un colloquio a quattrocchi, Mitterand informò Reagan in merito ai
successi ottenuti dai suoi servizi segreti nel reclutamento di un agente
del KGB. L’uomo apparteneva ad una sezione che valutava i risultati
degli sforzi sovietici nell’acquisizione di tecnologia occidentale.
Reagan espresse grande interesse per le delicate rivelazioni di
Mitterand ed anche il suo ringraziamento per l’offerta d’inoltrare il
materiale al governo degli Stati Uniti.
Il dossier, chiamato
Farewell, giunse alla CIA nell’agosto del 1981. Risultava chiaro che i
sovietici da anni stavano realizzando attività di ricerca e sviluppo.
Visto l’enorme trasferimento di tecnologia in radar, computer, macchine
utensili e semiconduttori dagli Stati Uniti all’Unione Sovietica, si
poteva dire che il Pentagono stava realizzando una corsa agli armamenti
con se stesso.
Il Dossier Farewell
identificava inoltre centinaia d’ufficiali operativi, agenti in servizio
ed altre persone che fornivano informazioni attraverso l’Occidente ed il
Giappone. Durante i primi anni della distensione, gli Stati Uniti e
l’Unione Sovietica avevano stabilito dei gruppi di lavoro in
agricoltura, aviazione civile, energia nucleare, oceanografia,
informatica ed ambiente.
L’obbiettivo era
iniziare a costruire dei “ponti di pace” tra le superpotenze. I membri
dei gruppi di lavoro dovevano contraccambiare le visite nei loro
rispettivi centri.
Oltre
all’identificazione degli agenti, l’informazione più utile apportata dal
Dossier era costituita dalla “lista della spesa” e dai suoi obbiettivi
riguardanti gli acquisti di tecnologia negli anni a venire. Quando il
Dossier Farewell arrivò a Washington, Reagan chiese al Direttore della
CIA, Bill Casey, d’ideare un uso operativo clandestino del materiale.
La produzione ed il
trasporto del petrolio e del gas era una delle priorità sovietiche. Un
nuovo gasdotto transiberiano avrebbe dovuto portare il gas naturale dai
giacimenti di Urengoi in Siberia, attraversando il Kazakistan, la Russia
e l’Europa orientale, ai mercati in valuta dell’Occidente. Per
automatizzare il lavoro delle valvole, dei compressori e delle
installazioni di
immagazzinamento in
una impresa di tali dimensioni, i sovietici avevano bisogno di sistemi
di controllo sofisticati. Comprarono i primi modelli di computer nel
mercato aperto, però quando le autorità del gasdotto contattarono gli
Stati Uniti per acquistare il software necessario, furono respinti.
Imperterriti, i sovietici cercarono da un’altra parte; un’agente
operativo del KGB fu inviato per penetrare in un provider di software
canadese, nel tentativo d’acquisire i codici necessari.
L’intelligence
statunitense, avvisata dall’agente del Dossier Farewell, rispose e
modificò il software prima d’inviarlo.
Una volta giunti in
Unione Sovietica, i computer ed il software, lavorando insieme,
permettevano al gasdotto d’operare meravigliosamente. Però quella
tranquillità era ingannevole. Nel software che gestiva il gasdotto, vi
era un cavallo di Troia, termine usato per indicare delle linee di
software nascoste nel sistema operativo normale che fanno in modo che lo
stesso perda il controllo nel tempo o ricevendo un ordine dall’estero.
Con l’obbiettivo di
danneggiare i guadagni in valuta provenienti dall’Occidente e l’economia
interna russa, il software del gasdotto che controllava le pompe, le
turbine e le valvole era stato programmato per guastarsi dopo un
prudente intervallo e resettare – così si definisce – le velocità delle
pompe ed i valori delle valvole, facendole funzionare a pressioni molto
più alte di quelle sostenibili dai giunti e dalle saldature del
gasdotto.
“Il risultato furono
l’esplosione non nucleare e l’incendio più colossali mai visti dallo
spazio. Alla Casa Bianca, funzionari ed esperti ricevettero dai
satelliti infrarossi l’avvertimento di uno strano evento accaduto in una
località disabitata del territorio sovietico. Il NORAD (Comando della
Difesa Aerospaziale Nordamericana) temette che fosse il lancio di un
missile da un luogo dove non si conosceva ve ne fossero; o chissà la
detonazione di un dispositivo nucleare. I satelliti non avevano
percepito alcuna pulsazione elettromagnetica tipica delle detonazioni
nucleari. Prima che tali indizi potessero trasformarsi in una crisi
internazionale, Gus Weiss giunse da un corridoio per dire ai suoi
colleghi del CSN (Consiglio della Sicurezza Nazionale) di non
preoccuparsi, afferma Thomas Reed nel suo libro.”
La campagna di
contromisure basate sul Dossier Farewell fu una guerra economica.
Sebbene non ci furono
vittime dovute all’esplosione del gasdotto, per l’economia sovietica
rappresentò un danno significativo.
Come gran finale, tra
il 1984 ed il 1985 gli Stati Uniti ed i suoi alleati della NATO posero
fine a questa operazione, che si concluse efficacemente con la capacità
dell’URSS d’assicurarsi la tecnologia, in un momento in cui Mosca si
trovava tra la spada di un’economia difettosa e la parete di un
presidente statunitense ostinato a prevalere e porre fine alla guerra
fredda.
Nel già citato
articolo di Weiss, s’afferma che: “Nel 1985, il caso ebbe una svolta
singolare quando in Francia venne alla luce l’informazione sul dossier
Farewell. Mitterand arrivò a sospettare che l’agente sovietico fosse
stato un montaggio organizzato dalla CIA per metterlo alla prova e
decidere se il materiale sarebbe stato consegnato agli statunitensi o
tenuto dai francesi.
Partendo da questa
idea, Mitterand licenziò il capo dei servizi francesi, Yves Bonnet.”
Gus W. Weiss fu colui
che s’attribuì, come già detto, il sinistro piano per far arrivare in
URSS i software difettosi, una volta che gli Stati Uniti ebbero a loro
disposizione il Dossier Farewell. È morto il 25 novembre 2003, all’età
di 72 anni. Il Washington Post non ne riportò la morte fino al 7
dicembre, 12 giorni dopo. Riferì che Weiss “cadde” dall’edificio dove
risiedeva, il “Watergate” a Washington, affermando inoltre che un medico
legale della capitale nordamericana dichiarò la sua morte come un
“suicidio”. Il giornale della sua città natale, il Nashville Tennesean,
pubblicò la notizia una settimana dopo il Washington Post, avvertendo
che a quella data tutto ciò che potevano dire era che “le circostanze
della morte non si potevano ancora confermare.”
Prima di morire lasciò
scritte delle note inedite intitolate “Il dossier d’addio: l’inganno
strategico e la guerra economica nella guerra fredda”. Weiss si laureò
alla Vanderbilt University. Aveva frequentato corsi postuniversitari ad
Harvard ed alla New York University.
Il suo lavoro per il
governo si concentrò in questioni riguardanti la Sicurezza nazionale, le
organizzazioni d’intelligence e le preoccupazioni legate al passaggio di
tecnologia ai paesi comunisti. Lavorò con la CIA, con la Commissione
Scientifica della Difesa del Pentagono e con il Comitato dei Segnali
d’Intelligence della Comitato d’intelligence degli Stati Uniti.
Ricevette la Medaglia
al Merito della CIA e la Medaglia “Cipher” del Consiglio della Sicurezza
Nazionale. I francesi gli concessero la “Legione d’Onore” nel 1975.
Non lasciò
sopravvissuti.
Weiss, poco prima del
suo “suicidio”, si era dichiarato contro la guerra in Iraq. È
interessante tenere in considerazione che 18 giorni prima della morte di
Weiss, - il 7 novembre 2003 - si suicidò un altro analista del governo
di Bush, John J. Kokal (58 anni). Questi morì saltando da un ufficio del
Dipartimento di Stato, dove lavorava. Kokal era un analista dei servizi
segreti del Dipartimento di Stato per le questioni riguardanti l’Iraq.
Risulta da documenti
già pubblicati che Mikhail Gorbaciov s’arrabbiò quando incominciarono in
vari paesi gli arresti e le espulsioni degli agenti sovietici, siccome
non sapeva che il contenuto del Dossier Farewell era in mano ai
principali capi di governo della NATO. Il 22 ottobre 1986, in una
riunione dell’Ufficio Politico, convocata per informare i suoi colleghi
riguardo il Vertice di Reykjavik, aggiunse che gli statunitensi stanno
“agendo molto scortesemente e comportandosi come banditi”. Sebbene in
pubblico mostrasse un volto compiacente, in privato Gorbaciov definiva
Reagan “un bugiardo”.
Nei giorni finali
dell’Unione Sovietica, il Segretario Generale del PCUS dovette andare
alla cieca. Gorbaciov non aveva idea di ciò che stava accadendo nei
laboratori e nell’industrie d’alta tecnologia degli Stati Uniti;
ignorava completamente che i laboratori e le industrie sovietiche erano
state compromesse e fino a che punto.
Mentre ciò accadeva,
anche i pragmatici della Casa Bianca si muovevano alla cieca.
Il Presidente Ronald
Reagan giocava la sua carta per il trionfo: l’Iniziativa di Difesa
Strategica/ Scudo Stellare. Sapeva che i russi in questo campo non
potevano competere, perché non potevano sospettare che la loro industria
elettronica era contagiata da virus e cavalli di Troia, installati
dall’Intelligence degli Stati Uniti.
L’ex Prima Ministra
Britannica, nelle sue memorie, pubblicate da un’importante casa editrice
nel 1993 con il titolo Margaret Thatcher, gli anni di Downing Street,
riferisce che l’intero piano di Reagan riguardante lo Scudo Stellare e
l’intenzione di portare al collasso economico l’Unione Sovietica, furono
l’aspetto più brillante di quella amministrazione e che portò alla
caduta del socialismo in Europa.
Nel XVI capitolo
spiega la partecipazione del suo governo all’Iniziativa di Difesa
Strategica.
A giudizio della
Thatcher, la sua realizzazione fu la “decisione più importante” di
Reagan, “risultò essere la chiave della vittoria dell’Occidente nella
guerra fredda”. Impose “maggiore tensione economica e maggiore
austerità” alla società sovietica, in definitiva, le sue “implicazioni
tecnologiche e finanziarie furono per l’Unione Sovietica devastanti”.
Nel sottotitolo
“Rivalutando l’Unione Sovietica”, descrive una serie di concetti la cui
essenza è contenuta nei paragrafi testuali presi da quel lungo
passaggio, nei quali risulta il brutale complotto.
“All’inizio del 1983,
i sovietici devono avere incominciato a rendersi conto che il loro gioco
di manipolazione ed intimidazione stava per finire. I governi europei
non erano disposti a cadere nella trappola tesa dalla proposta di una
“zona libera da armi nucleari” in Europa. Continuarono i preparativi per
il dispiegamento dei missili Cruiser e Pershing. Nel mese di marzo, il
Presidente Reagan annunciò i piani degli Stati Uniti per un’Iniziativa
di Difesa Strategica (IDE), le cui conseguenze tecnologiche e
finanziarie sarebbero state per l’URSS
devastanti.”
[…] non ho il minor
dubbio della correttezza del dedicarsi ad insistere nel programma.
Analizzando retrospettivamente, mi appare ora chiaro che la decisione
originale di Ronald Reagan sull’Iniziativa di Difesa Strategica fu la
più importante della sua presidenza,”
“Formulando la nostra
visione dell’Iniziativa di Difesa Strategica, considerai quattro
differenti elementi. Il primo fu la scienza in se stessa.
“L’obbiettivo degli
Stati Uniti nell’Iniziativa di Difesa Strategica era sviluppare una
difesa nuova e molto più efficace contro i missili balistici.”
“Questo concetto di
difesa si basava nella capacità d’attaccare i missili balistici, in
qualsiasi fase del loro volo, dalla fase di spinta, quando il missile e
tutte le sue ogive e dispositivi si trovavano uniti, fino al punto di
rientro nell’atmosfera terrestre nella sua traiettoria verso il
bersaglio.”
“Il secondo elemento
che si doveva prendere in considerazione erano gli accordi
internazionali esistenti, che limitavano lo spiegamento di armi nello
spazio e dei sistemi di missili antibalistici. Il Trattato sulla
Limitazione dei Sistemi di Missili Antibalistici del 1972, corretto da
un Protocollo del 1974, permetteva agli Stati Uniti ed all’Unione
Sovietica di disporre di un sistema di missili antibalistici statico
fino a cento lanciamissili per difendere i propri silos dai missili
balistici intercontinentali.”
“Il Ministero degli
Esteri ed il Ministero della Difesa britannici hanno sempre insistito
nell’interpretazione più rigida possibile, per cui gli statunitensi – a
mio avviso, giustamente – hanno creduto che avrebbe significato la morte
sul nascere dell’Iniziativa di Difesa Strategica. Ho sempre cercato di
prendere le distanze da queste frasi e dichiarai in privato ed in
pubblico che non si poteva dire di aver concluso la ricerca se un
sistema era fattibile, finché non fosse stato provato con successo. Di
conseguenza, questo punto apparentemente tecnico era realmente una
questione d’evidente senso comune. Nondimeno si trasformò nella
questione che divise gli Stati Uniti e l’URSS nel vertice di Reykjavik,
in modo che guadagnò grande importanza.
“Il terzo elemento da
calcolare, fu la forza relativa delle due parti nella difesa contro i
missili balistici. Solo l’Unione Sovietica possedeva un sistema di
missili antibalistici (conosciuto come GALOSH), nelle vicinanze di
Mosca, che in quel periodo stava perfezionando. Gli statunitensi non
erano mai stati in possesso di un sistema equivalente.”
“I sovietici erano
inoltre più progrediti nell’armamento antisatellitare. Perciò vi era un
argomento forte basato sul fatto che i sovietici avevano già acquisito
un vantaggio inaccettabile in questo campo.
“Il quarto elemento
era ciò che implicava l’Iniziativa di Difesa Strategica nella
dissuasione. All’inizio provai abbastanza simpatia per la filosofia del
Trattato sulla Limitazione dei Sistemi di Missili Antibalistici, per la
quale più ultramoderna ed effettiva fosse stata la difesa, maggiore
sarebbe stata la pressione per procurarsi dei progressi enormemente
costosi nella tecnologia delle armi nucleari. Ho creduto sempre in una
versione con leggere condizioni della dottrina conosciuta come
“distruzione reciproca sicura”, MAD la sua sigla in inglese. La minaccia
di ciò che io preferisco chiamare “distruzione inaccettabile” che si
produrrebbe dopo uno scambio di colpi nucleare, era tale che le armi
nucleari costituivano un effettivo elemento di dissuasione non solo
contro la guerra nucleare, ma anche contro quella convenzionale.”
Incominciai a vedere
subito che l’Iniziativa di Difesa Strategica non avrebbe scalzato la
dissuasione nucleare, ma che l’avrebbe rafforzata. A differenza del
Presidente Reagan e di altri membri della sua Amministrazione, non ho
mai creduto che l’Iniziativa di Difesa Strategica avrebbe potuto offrire
una protezione al cento per cento, ma avrebbe permesso che un numero
sufficiente di missili degli Stati Uniti sopravvivessero ad un primo
colpo sovietico.”
“Il tema
dell’iniziativa di Difesa Strategica è stato quello che ha prevalso nei
miei colloqui con il Presidente Reagan e con i membri del suo governo
quando mi sono recata a Camp David il sabato 22 dicembre 1984 per
informare gli statunitensi dei colloqui sostenuti con il signor
Gorbaciov. Questa è stata la prima volta che ho sentito parlare il
Presidente Reagan dell’Iniziativa di Difesa Strategica. Ne ha parlato
appassionatamente. Si trovava al suo punto più idealista. Ha rilevato
che l’Iniziativa di Difesa Strategica sarebbe stata un sistema di difesa
e che la sua intenzione non era quella di trarre un vantaggio
unilaterale per gli Stati Uniti. Inoltre, ha affermato che nel caso in
cui l’Iniziativa di Difesa Strategica avrebbe avuto successo, sarebbe
stato disposto ad internazionalizzarla, perché fosse alla portata di
tutti i Paesi, e che l’aveva riferito anche al signor Gromyko. Ha
riaffermato il suo obiettivo
d’eliminare nel lungo
periodo le armi nucleari totalmente.
“Tali
osservazioni mi innervosirono. Ero terrorizzata nel pensare che gli
Stati Uniti fossero disposti a disfarsi dell’arduo vantaggio ottenuto in
materia di tecnologia, mettendolo a disposizione di tutto il mondo.”
“Quello che
sentì, ora che affrontiamo la discussione delle probabilità reali
piuttosto che una concezione ampia, era tranquillizzante. Il presidente
Reagan non simulava che loro sarebbero stati a conoscenza di dove
avrebbero potuto condurre tali ricerche. Tuttavia, insistette sul fatto
che – oltre ai precedenti argomenti a favore dell’Iniziativa di Difesa
Strategica – seguire il ritmo degli Stati Uniti avrebbe imposto
all’Unione Sovietica una pressione economica. Argomentò che non esisteva
un limite pratico per sapere fino a che punto il governo sovietico
avrebbe potuto trascinare il suo popolo sulla via dell’austerità.”
“Prendevo nota,
mentre parlavo con il consigliere alla Sicurezza Nazionale Bud McFarlane,
dei quattro punti mi parevano cruciali.
“I miei
funzionari avrebbero aggiunto dopo i particolari. Il Presidente ed io
concordammo un testo in cui s’esponeva la politica.
“La sezione
principale della mia dichiarazione esprime: “Ho parlato al Presidente
sulla mia ferma convinzione che il programma di ricerche dell’Iniziativa
di Difesa Strategica doveva continuare. La ricerca, ovviamente, è
consentita in base ai trattati esistenti tra gli Stati Uniti e l’Unione
Sovietica; e, ovviamente, sappiamo che i russi hanno già un loro
programma di ricerche e, secondo l’avviso degli Stati Uniti, hanno
oltrepassato le ricerche. Ci siamo messi d’accordo su quattro punti:
1, L’obiettivo degli
Stati Uniti, dell’Occidente, non era quello di raggiungere la
superiorità ma di mantenere l’equilibrio, tenendo conto dei progressi
dei sovietici; 2, Lo spiegamento legato all’Iniziativa di Difesa
Strategica, nei confronti degli obblighi imposti dai trattati, dovrebbe
essere una questione per il negoziato; 3, L’obiettivo generale era
quello di aumentare e non di calpestare, ovvero dissuadere; 4, Il
negoziato tra l’Est e l’Occidente doveva orientarsi verso il
raggiungimento della sicurezza con livelli ridotti di sistemi offensivi
da ambedue le parti. Ecco lo scopo dei negoziati riavviatisi tra gli
Stati Uniti e l’Unione Sovietica sul controllo delle armi, di cui mi
sento felice.
“In seguito, sono
venuta a conoscenza che George Schultz –allora segretario di Stato-
pensava che avevo concesso troppo agli americani nella redazione; ma
questo, di fatto, ci dava –sia a loro che a noi- una linea chiara e
difendibile, ed aiutava a tranquillizzare i membri europei della NATO.
Una giornata di lavoro molto proficua.”
Più avanti, con
il sottotitolo di “In visita a Washington: febbraio 1985”, Margaret
Thatcher esprime: “Nel febbraio 1985, ho visitato ancora una volta
Washington. I negoziati tra gli americani e l’Unione Sovietica sulle
armi nucleari erano ormai ripresi, ma l’Iniziativa di Difesa Strategica
continuava ad essere una fonte di discussione. Dovevo prendere la parola
alla riunione congiunta del Congresso nella mattinata di mercoledì 20
febbraio e ho portato da Londra, come regalo, una statuetta in bronzo di
Winston Churchill, che molti anni prima aveva avuto l’onore di questo
invito. Ho lavorato in modo particolarmente arduo su questo discorso.
Per pronunciarlo mi sarei servita del teleprompter. Sapevo che il
Congresso aveva visto lo stesso ‘Gran Comunicatore ‘ pronunciando
discorsi impeccabili ed avrei avuto una platea esigente. Quindi, decisi
di dedicarmi alla lettura del testo fino ad arrivare a pronunciarlo con
l’intonazione e l’enfasi giuste. D’altra parte, parlare con il
teleprompter è una tecnica completamente diversa da quella degli
appunti. Così il presidente Reagan mi prestò il suo
teleprompter ed io lo
portai all’Ambasciata britannica, dove ero alloggiata. Me l’aveva
procurato Harvey Thomas, che mi accompagnava e senza tenere conto del
fuso orario mi esercitai fino alle ore 4 del mattino. Non andai a letto
ed iniziai il nuovo giorno di lavoro con il mio solito cafè nero e le
mie vitamine; successivamente concessi delle interviste alla tv dalle
ore 6 e 45; andai dal parrucchiere ed alle ore 10 e 30 ero già pronta
per recarmi al Campidoglio.
Utilizzai il mio
discorso che affrontava ampiamente le questioni internazionali per dare
un forte appoggio all’Iniziativa di Difesa Strategica. L’accoglienza fu
favolosa.”
“Il mese
successivo (marzo 1985) morì il signor Chernenko e senza molto ritardo,
la successione del signor Gorbaciov alla direzione dell’Unione
Sovietica. Ancora una volta andai ad un funerale a Mosca: il tempo era
addirittura più freddo che al momento della morte di Yuri Andropov. Il
signor Gorbaciov doveva prendersi cura di tanti dignitari stranieri.
Comunque, ho avuto con lui un incontro di un’ora circa in quel
pomeriggio, nella Sala di Santa Catalina del Cremlino. L’atmosfera era
più formale che a Chequers, (l’ufficiale residenza di campagna dei
Primi Ministri britannici dal 1921), e la presenza muta, sardonica, del
signor Gromyko non aiutava. Tuttavia, gli potei spiegare le conseguenze
della politica che avevo convenuto a dicembre con il presidente Reagan a
Camp David. Ovviamente l’Iniziativa di Difesa Strategica era ormai la
preoccupazione principale dei sovietici in termini di controllo degli
armamenti.
Il signor Gorbaciov
portò con sé, come ci aspettavamo, un nuovo stile nel governo sovietico.
Parlava apertamente dell’orribile stato dell’economia sovietica, anche
se in quel momento si sosteneva ancora sui metodi della campagna del
signor Andropov per una maggior efficienza, piuttosto che su una
radicale riforma. Ne troviamo un esempio nelle misure draconiane
adottate da Gorbaciov contro l’alcolismo. Ma pian piano che l’anno
avanzava, non si evidenziarono dei miglioramenti nelle condizioni
dell’Unione Sovietica. Infatti, e come disse in uno dei suoi primi
rapporti il nostro nuovo e grande ambasciatore a Mosca, Brian Cartledge,
mio segretario privato degli affari esteri quando sono diventata Prima
Ministra per la prima volta, si trattava “domani l’omogeneizzato e, nel
frattempo, niente vodka”.
“I rapporti tra
la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica si raffreddarono a causa alle
espulsioni da me autorizzate di funzionari sovietici implicati in atti
di spionaggio.”
A novembre, il
presidente Reagan ed il signor Gorbaciov tennero il loro primo incontro
a Ginevra. I risultati furono scarsi – i sovietici insistevano sul fatto
di collegare le armi nucleari strategiche alla sospensione delle
ricerche sul tema dell’Iniziativa di Difesa Strategica – però nacque
subito una simpatia personale tra i due leader. Era evidente una certa
preoccupazione sul fatto che lo sveglio e giovane omologo sovietico del
presidente Reagan avrebbe potuto superarlo in abilità. Ma non fu così e
ciò non mi ha stupito assolutamente, giacché Ronald Reagan aveva tratto
una grande esperienza dai suoi primi anni come presidente del sindacato
degli artisti del cinema, negoziando su delle basi realistiche – e
nessuno era più realista del signor Gorbaciov.
“Durante il 1986
il signor Gorbaciov dimostrò molta arguzia nello sfruttare l’opinione
pubblica occidentale nel presentare proposte seduttrici, ma
inaccettabili, sul controllo delle armi. I sovietici parlarono
relativamente poco del legame tra l’Iniziativa di Difesa Strategica e la
riduzione delle armi nucleari. Ma non ebbero alcun motivo per credere
che gli americani fossero disposti a sospendere o fermare le ricerche
riguardanti l’Iniziativa di Difesa Strategica. Alla fine di quell’anno
si concordò un incontro tra il presidente Reagan ed il signor Gorbaciov
–assieme ai loro Ministri degli Esteri- a Reykjavik, in Islanda, per
discutere offerte importanti.”
“Il fatto era che
noi non potevamo fermare la ricerca sui nuovi armamenti. Dovevamo essere
i primi ad ottenerli. E’ impossibile fermare la scienza: non si fermerà
per essere ignorata.”
“A posteriori, si
può considerare che il Vertice di Reykjavik, tenutosi quel fine
settimana, dall’11 e 12 ottobre [1986], ha avuto un significato
assolutamente diverso da quello attribuitogli all’epoca dalla
maggioranza dei commentatori. Era stata tesa agli americani una
trappola. Durante il Vertice i sovietici fecero concessioni sempre più
grandi: per la prima volta convennero che gli elementi di dissuasione
britannici e francesi fossero esclusi dai negoziati sulle forze
nucleari di media portata; e che le riduzioni delle armi nucleari
strategiche dovevano lasciare, a ciascuna delle parti, gli stessi
quantitativi –e non solo una riduzione percentuale, che avrebbe dato un
netto vantaggio ai sovietici. Inoltre, fecero delle concessioni
importanti sulle cifre riguardanti le forze nucleari di media portata.
Quando il Vertice era sul punto di concludere, il presidente Reagan
suggerì un accordo mediante il quale tutto l’arsenale di armi nucleari
strategiche –bombardieri, missili Cruiser e balistici di lunga portata –
si sarebbe ridotto a metà in un termine di cinque anni e le più potenti
di queste armi, i missili balistici strategici, sarebbero stati
eliminati nel termine di dieci anni. Il signor Gorbaciov era ancora più
ambizioso; voleva che fossero eliminate tutte le armi nucleari
strategiche in un
periodo di dieci anni.
“Ma
improvvisamente, proprio alla fine, scattò la trappola. Il presidente
Reagan avrebbe concesso che per un periodo di dieci anni entrambe le
parti non si sarebbero ritirate dal Trattato sulla Limitazione dei
Sistemi di Proiettili Antibalistici, anche se sarebbe stato consentito
lo sviluppo e le prove compatibili con il Trattato.”
Però Reagan soffrì di
una strana amnesia sulla causa scatenante la brutale concorrenza
militare imposta all’URSS, con uno straordinario costo economico. Il suo
conosciuto diario non parla per niente del Dossier Farewell. Nei
suoi appunti giornalieri, pubblicati quell’anno, Ronald Reagan, parlando
del suo soggiorno a Montebello, Canada, esprime:
“Domenica 19
luglio (1981) L’hotel è una meravigliosa opera d’ingegneria, fatta
interamente in tronchi. La più gran capanna di tronchi del mondo.
“Ho avuto un
tête-à-tête con il ministro degli Affari Esteri Schmidt (Capo del
governo tedesco). Era veramente depresso e di un umore pessimista sul
mondo.
“Dopo ho
incontrato il presidente Mitterrand al quale ho spiegato il nostro
programma economico e che non avevamo niente a che fare con gli alti
tassi d’interesse.
“Quella sera
abbiamo cenato soltanto noi 8. I 7 capi di Stato ed il Presidente della
Comunità europea. Infatti, è diventata una conversazione informale sulle
questioni economiche, soprattutto per suggerimento della Prima Ministra
Thatcher.”
Il risultato
finale della gran cospirazione e della pazzesca e costosa corsa agli
armamenti, nei momenti in cui l’Unione Sovietica era economicamente
ferita a morte, lo narra nell’introduzione al libro di Thomas C. Reed,
George H. W. Bush, il primo Presidente della dinastia Bush, il quale ha
partecipato realmente alla Seconda Guerra Mondiale, scrivendo
testualmente:
“La guerra fredda
è stata una lotta a favore della stessa anima dell’umanità. E’ stata una
lotta a favore di un modo di vita definito per la libertà, da una parte,
e dalla repressione, dall’altra parte. Penso che abbiamo ormai
dimenticato quanto è stata lunga e dura quella lotta, e quante volte
siamo stati sul punto del disastro nucleare. Il fatto che questo non sia
avvenuto dà fede degli onorevoli uomini e donne di ambedue le parti che
hanno mantenuto la loro serenità e che hanno fatto quello che era giusto
–secondo il loro criterio- nei momenti di crisi.
“Questo conflitto
tra le superpotenze che hanno sopravissuto alla Seconda Guerra Mondiale,
è cominciato nel momento di tornare a casa alla fine della guerra. Nel
1948, l’anno della mia laurea all’Università di Yale, i sovietici hanno
cercato di bloccare l’accesso d’Occidente a Berlino. Questo blocco ha
portato alla creazione della NATO ed è stato seguito dalla prima prova
sovietica della bomba atomica, e divenne sanguinario con l’invasione
della Corea del Sud. Dopo di che si sono succedute quattro decadi di
confronto nucleare, delle guerre ove ognuna delle superpotenze
appoggiava la parte contraria nonché delle privazioni economiche.
“Ho avuto il
privilegio di essere il presidente degli Stati Uniti quando tutto questo
si concluse. Nell’autunno 1989 gli stati satelliti incominciarono a
liberarsi e rivoluzioni, generalmente pacifiche, si estesero in Polonia,
Ungheria, Cecoslovacchia e Romania. Nel momento della caduta del muro di
Berlino, eravamo consci che si avvicinava la fine.
“Dovevano
trascorrere ancora due anni perché prendesse fine l’impero di Lenin e di
Stalin. Ho ricevuto la buona notizia grazie a due telefonate. La prima
mi è arrivata l’8 dicembre 1991, quando Boris Yeltsin mi ha telefonato
da un padiglione di caccia vicino a Brest, Bielorussia. Recentemente
eletto presidente della Repubblica russa, Yeltsin si trovava con Leonid
Kravchuk,
presidente
dell’Ucraina, e con Stanislav Shushchevik, presidente della Bielorussia.
‘Oggi è successo un evento molto importante nel nostro Paese,’ ha detto
Yeltsin. “Ho voluto comunicarglielo personalmente prima che ne abbia
conoscenza dalla stampa: i presidenti di Russia, Bielorussia ed Ucraina
avevano deciso di sciogliere l’Unione Sovietica.
“Due settimane
dopo, una seconda telefonata ha confermato che l’ex Unione
Sovietica sarebbe
scomparsa. Mikhail Gorbaciov mi ha contattato a Camp David nella
mattinata di Natale 1991. Ci ha augurato un buon Natale a Barbara ed a
me dopo ha fatto un riassunto di quanto accaduto nel suo Paese: l’Unione
Sovietica non esisteva più. Tornava dalla tv nazionale dove si era
recato per confermare il fatto ed aveva trasferito il controllo delle
armi nucleari sovietiche al presidente di Russia. “Potete godervi una
tranquilla notte di Natale”, ci ha detto. E così, terminò tutto.”
Secondo un
articolo pubblicato dal giornale The New York Times, l’operazione ha
utilizzato quasi tutte le armi di cui disponeva la CIA –guerra
psicologica, sabotaggio, guerra economica, inganno strategico,
contro-intelligenza, guerra cibernetica- il tutto con la collaborazione
del
Consiglio di Sicurezza
Nazionale, il Pentagono e la FBI. Ha distrutto il combattivo apparato di
spionaggio sovietico, ha danneggiato l’economia e ha destabilizzato lo
Stato di quel Paese. Fu un completo successo. Se fosse stato al
contrario (i sovietici ai nordamericani) sarebbe stato visto come un
atto di terrorismo.
Il tema è
affrontato anche da un altro libro intitolato Eredità di Cenere, appena
pubblicato. Nella presentazione, si riferisce che “Tim Winer, è un
reporter del giornale The New York Times, che da venti anni scrive sui
servizi d’Intelligenza statunitensi e che ha ottenuto un Premio Pulitzer
per il suo lavoro sui programmi segreti di Sicurezza Nazionale. Ha
visitato l’Afghanistan ed altri Paesi per indagare, di prima mano, sulle
operazioni segrete della CIA.
Questo è il suo terzo
libro.
Eredità di Cenere
si basa su oltre 50.000 documenti, provenienti soprattutto, dagli
archivi della CIA, e centinaia d’interviste a veterani della suddetta
agenzia, compresi tre direttori. Offre una panoramica della CIA dalla
sua nascita, dopo la Seconda Guerra Mondiale, passando dalle battaglie
durante la guerra fredda e la guerra contro il terrorismo iniziata l’11
settembre 2001.
L’articolo di
Jeremy Allison, pubblicato da Rebelión nel giugno 2006, e quelli di Rosa
Miriam Elizalde, pubblicati il 3 ed il 10 settembre di quest’anno,
denunciano tali fatti sottolineando un’idea dei fondatori del software
libero, che segnalò: “più complesse sono le tecnologie, più difficile è
riscontrare tali azioni.”
Rosa Miriam ha
pubblicato due semplici articoli d’opinione di appena cinque pagine
ciascuno. Volendo, può scrivere un libro di molte pagine. La ricordo
bene il giorno in cui, giornalista molto giovane, mi chiese ansiosa,
niente di meno che in una conferenza stampa di oltre 15 anni fa, se
pensavo che potevamo resistere al periodo speciale che affrontavamo con
la scomparsa del campo socialista.
L’URSS è crollata
strepitosamente. Da allora abbiamo laureato centinaia di migliaia di
giovani del livello superiore. Quale altra arma ideologica ci rimane se
non un livello superiore di coscienza! L’avevamo già quando eravamo un
popolo in maggioranza analfabeta o semianalfabeta. Se ciò che si vuole è
conoscere le vere bestie, lasciate che prevalgano nell’essere umano gli
istinti.
Di questo argomento,
potremmo parlare molto.
Oggi il mondo è
minacciato da una desolante crisi economica. Il governo degli Stati
Uniti usa inimmaginabili risorse economiche per difendere un diritto che
viola la sovranità di tutti gli altri Paesi: continuare ad acquistare
con banconote di carta le materie prime, l’energia, le industrie di
tecnologia di punta, le terre più produttive e gli immobili più moderni
del nostro pianeta.
Fidel Castro Ruz
18 settembre 2007