di
Gustavo
Becerra
Chi
ha visto le immagini trasmesse sull’incontro di ieri tra Fidel e Chávez,
ha anche ascoltato una conversazione amena, propria di due amici
sinceri, scherzosa, una riflessione profonda, con aneddoti e ricordi
condivisi, che ci hanno lasciato nuovamente il sapore della storia. Lì,
vestiti sportivamente, gioviali, commentando l’ampio ventaglio di
notizie di Granma e Juventud Rebelde di martedì 28, giorno
dell’incontro.
"Più di mille giovani di Guanatánamo inizieranno a
studiare come operai della costruzione”.
“Quanti?”, ha chiesto Chávez ammirato.
“Più di mille”, ha confermato Fidel, che ha letto ancora:
“Respinta la querela contro i torturatori di Abu Ghraib”.
“Guarda! È quello che ha promesso quel cavaliere là!”
“Ah! Il Premio Nobel”, ha puntualizzato il leader
bolivariano, riferendosi a Barack Obama. “Il Nobel della guerra!”
Ridono, accompagnati da Rosita, Rosinés e Gabriela che
ascoltano attente.
Chávez ricorda l’indimenticabile viaggio fatto con Fidel
a Canaima, nel 2001, in coincidenza con i 75 anni del Comandante in
Capo.
"Io guidavo una jeep militare, Fidel al mio fianco e la
sicurezza dietro. Tu lo sai, è un villaggio indigeno, bosco e selva, con
le cascate, il lago e il cammino di terra”, ricorda.
Condividono la complicità dell’intrepida avventura,
quando il venezuelano disse al cubano: "Fidel, tu ed io non abbiamo mai
camminato per la selva veramente. Dai, camminiamo”, e camminarono
sfidando gli avvisi della sicurezza personale, in un sentiero di selva,
con bejucos, alberi altissimi e Fidel davanti, avanguardia, saltando la
pietra verde e scivolosa e dimostrando che ‘non si scivola’, dove poi
passarono tutti gli altri.
E poi la cascata grande di El Sapo. Era pieno inverno, il
15 agosto", e Fidel, sempre con la sua incorreggibile ansia di sapere :
“Che velocità avrà l’acqua cadendo da lì”?
Chávez ricorda, orgoglioso, la geografia della sua
Patria, e che Fidel affermò allora: “Questo è il posto più bello del
mondo”!
Lo
stato d’animo molto buono e evidente. Chiedono a una delle bambine di
leggere ad alta voce dal Granma una nota sulla chiusura dell’incontro di
solidarietà con Cuba, in Brasile.
Rosinés legge visibilmente nervosa, sino a quando viene
interrotta dal dinamico scambio con suo padre, che ascoltando delle
lotte contro la dittatura brasiliana, ricorda ‘come un fulmine’ : “40
anni fa io stavo per diventare cadetto”.
“A quanti anni hai cominciato?”, gli chiede Fidel.
“Ne ho 56 e ne avevo 16. Terminavo il quinto anno e
stavo preparandomi per andare alla scuola militare”.
Poi racconta che in quel momento non gli piaceva la
scuola militare: “Io volevo fare il giocatore di baseball nella Grande
Lega”.
Entrò con quell’aspirazione, ma poi gli piacque la
scuola: “E allora sono giunto al mio: un soldato”.
Lì conobbe buoni maestri che lo illuminarono: “E mi
scontrai con Bolívar”, e li cominciò a formarsi il leader politico.
Il panorama nazionale del Venezuela e l’internazionale
marcarono il giovane cadetto: "Qui la Rivoluzione cubana, Fidel, Raúl e
tutti; il Che era morto da poco, lo avevano assassinato e poi le
dittature in sudamerica".
"Eravamo tre o quattro che c’identificavamo già con
Bolívar".
Chávez ricorda un fatto che segnò quasi un avvenimento,
quando : "Un gruppetto di cadetti, violando il regolamento, perchè alle
21.00 si doveva dormire, ascoltammo da Radio Habana Cuba un discorso di
Fidel, quel discorso che terminò dicendo ‘Se ogni lavoratore, parlando
del colpo militare in Cile e della morte di Allende, ‘se ogni operaio
avesse avuto un fucile tra le mani, il colpo fascista non ci sarebbe
stato”.
“E sentire quello ci stimolò molto. Udire Fidel”, ha
detto il presidente del Venezuela con voce ferma e profonda.
Il dialogo è continuato poi con aneddoti che concentrano
la realtà, su quando Chavez ‘s’inaugurò’ come paracadutista, senza
nascondere che sentiva una gran paura, doppia perchè era la prima volta
che saltava e anche la prima che prendeva un aereo.
Ma saltò per il Venezuela.
“Divenni comandante di un battaglione di paracadutisti,
anche se non avevo una carriera come tale, ma accettai senza dubitare
un attimo, perchè si deve sempre mettere al disopra la Rivoluzione, come
dici tu Fidel!”
E Hugo racconta che dopo otto o dieci giorni: “Io stavo
sulla porta dell’aereo, perchè il comandante doveva essere il primo”.
Ai cadetti davano lezioni in un’aula, nel cortile si
giocava a baseball e io correvo e cantavo con loro e spiegavo la storia
di Bolívar”.
Fidel e Hugo hanno conversato e scambiato ricordi su
quando Fidel andò alla nomina di Chávez il 2 febbraio del 1989 e c’era
anche Daniel, della Rivoluzione Sandinista e del sabotaggio economico,
la guerra armata imposta dall’impero, senza la quale il sandinismo
sarebbe continuato con successo.
Le immagini sono terminate così ma evidentemente il
dialogo con dimensioni di storia continua tra Fidel e Chávez ...