Si poteva scommettere che oggi
Pierluigi Battista, sulle pagine del Corriere della Sera, avrebbe
usato le parole "satrapo" e "satrapia" con l'aggiunta dell'aggettivo
"tropicale" per definire Fidel Castro e la Rivoluzione cubana. Che
noia! Che superficialità di analisi (sic!) per il principale
quotidiano italiano! Ci si domanda perfino che titoli abbia Pierluigi
Battista per scrivere di America Latina se non riesce ad esprimere
altro che una sequela di termini come "satrapo", "gulag tropicale",
"dittatore sanguinario". Forse scriverli costituisce un titolo di
merito in certi ambienti, ma tali termini non contribuiscano in nulla
a spiegare 47 anni di Rivoluzione a Cuba. Stantie, schematiche,
scontate, soprattutto colpevolmente autoreferenti, appaiono tutte le
analisi sulla Rivoluzione cubana, soprattutto da quella sinistra che
nel condannare sempre e comunque Cuba vede una comoda maniera di
emendare il proprio peccato originale.
di
Gennaro Carotenuto
Fidel morirà. Probabilmente non
questa volta -auguro lunga e felice vita al Comandante- ma morirà e a
Miami potranno dar sfogo a tutta la volgarità della quale una
ex-classe dirigente rapace, estremista e mafiosa è capace. E loro,
Pierluigi Battista e sodali, saranno di nuovo lì a riciclare per
l'ennesima volta gli articoli che avevano cominciato a scrivere alla
caduta del muro di Berlino, nell'oramai remotissimo 1989. In tutti
questi lunghi 17 anni non hanno mai provato a spiegare a se stessi
prima che ai loro lettori perché Cuba non è caduta, perché Fidel non è
né Ceaucescu né Honecker, perché Cuba è oggi meno isolata che mai,
perché oggi può contare come mai nella storia sull'amicizia e il
rispetto della regione, e perché forse la rivoluzione non cadrà
neanche dopo la morte di Fidel.
Se la Rivoluzione cubana fosse stata
quella che descrive la stampa europea, Cuba sarebbe davvero caduta
nell'89. Ma Cuba è oggettivamente ben altro, anche se ai più conviene
far finta di non vedere. Ed è ben altro perché Fidel Castro e la
Rivoluzione incarnano la vera idiosincrasia di Cuba, quel nazionalismo
di José Martí, cosciente e progressivo, che sa che l'isola o sarà
indipendente o non sarà e che sotto gli artigli degli Stati Uniti non
può esserci futuro. La Rivoluzione, nel bene e nel male, è cubana, non
è calco o copia di un modello russo lontano. Se forse non tutti i
cubani sono convinti del socialismo o comunque non sarebbero disposti
a morirvi, sicuramente Cuba è fidelista. Fidelista in un sentimento
patriottico dalle radici profonde che nessuna amministrazione
statunitense può comprendere prima ancora che battere e che da 47 anni
è incarnato da Fidel Castro. E per questo progetto fidelista,
sicuramente, anche oggi, generazioni di cubani sono disposte a
battersi. Con Fidel e dopo Fidel. E vedremo cosa riserverà il futuro e
se la stampa italiana saprà spiegarlo.
Strano dittatore, Fidel Castro. E'
dittatore da mezzo secolo dell'unico paese del continente americano
che non ha conosciuto il dramma dei desaparecidos. Quasi un milione di
cittadini americani sono stati fatti sparire nel frattempo da
dittature e democrazie filostatunitensi in tutto il continente. E’
triste pensare che solo la dittatura di Fidel Castro abbia fatto da
argine al crimine contro l’umanità della sparizione forzata di persone
e del terrorismo di stato. Senza libertà di stampa, Cuba è pur sempre
l'unico paese al mondo dove in questi 47 anni non è mai stato
ammazzato un giornalista. E neanche un sindacalista, laddove in paesi
come il Brasile o la Colombia ne cade uno al giorno sotto i colpi dei
tagliagole pagati dalle imprese, spesso multinazionali del nord. A
Cuba, secondo i dati di Amnistia Internazionale, ci sono 300
prigionieri politici. Sono 300 prigionieri politici di troppo, ma
vivaddio, sono la metà dei detenuti nel "gulag tropicale" -quello sì-
di Guantanamo. È possibile rappresentare la Rivoluzione cubana, con
appena 300 prigionieri politici su 12 milioni di abitanti, e pure
condannando l’esistenza di anche un solo prigioniero d’opinione, come
un gulag a cielo aperto? È possibile rappresentare la repressione
politica come il tratto distintivo di questa esperienza? Sempre pronti
a giustificare le violazioni dei diritti umani e il terrorismo di
stato degli Stati Uniti e dei loro alleati, i nostri media sono
inflessibili solo verso Cuba e dimenticano scientemente 47 anni di
aggressione e di terrorismo di stato statunitense che ha causato
nell'isola 3500 morti. Gli argomenti che vengono usati per difendere
Israele, con le proprie frontiere continuamente violate come quelle
cubane, non sono validi per Cuba.
Strano dittatore, Fidel Castro. Da
tempo le redini del potere reale sono passate ad una generazione di
quarantenni nati e che hanno studiato nell'eccellente sistema
scolastico e universitario cubano. Quando i quotidiani italiani ed
europei si affannano a leggere tra le righe del momentaneo passaggio
di consegne a Raúl, scordano, non sanno o fingono di non sapere, che
già oggi a Cuba Fidel Castro ha un'infinita autorità morale, il
rispetto pressocché unanime della popolazione -lo ammette oggi anche
la BBC- ma ha da tempo ceduto ai giovani i gangli amministrativi dello
stato.
Il fatto che la dittatura cubana e
solo la dittatura cubana sia riuscita a risparmiare ai propri abitanti
la peggiore tragedia che l'umanità possa concepire, la morte per fame,
è allora la cartina tornasole del fallimento della democrazia liberale
in America. E' triste e paradossale che un sistema rappresentativo
faccia morire i bambini di fame mentre un sistema a partito unico sia
dichiarato dalla OMS come l'unico libero dalla denutrizione infantile.
Chi in questi anni ha votato democraticamente per Carlos Menem o
Fernando Enrique Cardoso ha votato anche per la denutrizione
infantile, risparmiata ai cubani, triste nemesi per chi si riempie la
bocca di democrazia a patto che sia formale e mai sostanziale.
Gli europei si scandalizzano quando
decine di milioni di latinoamericani -ogni giorno di più- trepidano
per Fidel e guardano a Cuba come un modello, come un esempio di
orgoglio, di dignità ma anche di soluzione pratica di problemi sociali
che le democrazie non hanno voluto o potuto risolvere. Le democrazie
rappresentative dell'America Latina straziata dal neoliberismo imposto
dagli Stati Uniti, hanno conosciuto i morti per fame, la riduzione
indiscriminata dei diritti civili, della scolarità, della salute. Il
socialismo a Cuba ha garantito gli ultimi e svantaggiato i primi. La
democrazia in America ha massacrato gli ultimi e favorito
spropositatamente i primi. Oggi l'America Latina è profondamente più
diseguale di quanto non fosse 47 anni fa laddove Cuba è infinitamente
più giusta di quanto non fosse quando era una colonia degli Stati
Uniti. Se la democrazia liberale fa morire i bambini di fame, come
potranno i latinoamericani non augurare lunga vita al Comandante Fidel
Castro?
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