Avana, 31/5 –
4/6/2005: INCONTRO MONDIALE CONTRO IL TERRORISMO, PER LA VERITA’ E
PER LA GIUSTIZIA – POSADA CARRILES, VEDOVA NERA AL CENTRO DELLA
RAGNATELA
Fulvio Grimaldi
Luis Posada Carriles l’abbiamo incontrato poche ore dopo
essere atterrati all’Avana per l’”Incontro Mondiale contro il
terrorismo, per la verità e per la giustizia”, convocato a tambur
battente da Fidel Castro non appena era divenuto di pubblico dominio che
il terrorista numero uno del mondo se la stava passando allegramente e
indisturbato nella sua patria di adozione e di lavoro, gli USA. Fu solo
dopo che la banda Bush, ultimo datore di lavoro e ufficiale pagatore del
settantasettenne delinquente cubano, naturalizzato venezuelano e
criminale cosmopolita, aveva avuto sentore che la bomba Posada stava per
essere fatta esplodere a Cuba, che alla magistratura statunitense venne
suggerito di fermarlo “per violazione delle leggi sull’immigrazione”,
una bagatella. Nei giorni successivi, l’operativo più efficiente del
terrorismo di Stato nordamericano
sotto una decina di amministrazioni USA, sarebbe
diventato la patata più bollente che mai inquilini di Washington si
sarebbero trovata tra le mani. Una patata così incandescente da
incenerire i vestiti del re e mostrare al mondo quale rovesciamento
della verità fosse la “guerra al terrorismo” condotta dalla potenza
terroristica più feroce e cinica mai apparsa sul pianeta. A bollire
questo tubero è stata Cuba.
Abbiamo incontrato il serial killer Posada nei due giorni
preliminari al convegno vero e proprio, quello guidato da Fidel, mentre
si materializzava nelle parole di centinaia di testimoni da America
Latina e oltre, sotto uno striscione che più inoppugnabile non si può:
“L’umanità ha sete di giustizia”, e illustrato da una serie di filmati
sulle mostruosità inflitte al Continente dalla progenie di Washington,
delle sua Scuola delle Americhe, dei suoi mandanti stragisti, alla
Kissinger, alla dinastia Bush, dinastia di affinità nazi fin dai tempi
in cui nonno Prescott lucrava con i gerarchi e gli industriali di Hitler
sul riarmo e poi sulle guerre di Hitler. In quei due giorni abbiamo
visto ricostruire l’identikit di Posada nel grido di dolore e di
indomita rabbia di Giustino di Celmo per un figlio, Fabio, fatto a pezzi
all’Avana nel 1997, da una delle tante bombe disseminate dall’operativo
Cia Posada Carriles nelle strutture turistiche cubane e nelle sue
istituzioni all’estero, in una campagna del terrore e delle guerre
biologiche che ha insanguinato l’isola per buona parte del secolo
scorso. Alla Scuola Cubana di Sport di Alto Rendimento abbiamo visto
consolidarsi la grifagna ombra di Posada nel racconto dei congiunti e
compagni, l’indimenticabile mezzofondista olimpico Alberto Juantorena in
testa, di quei giovanissimi schermidori della nazionale cubana – una
targa e una foto a testa nell’atrio – che precipitarono nel 1976 con
l’aereo della “Cubana” dinamitato tra Barbados e l’Avana dal noto
Posada: 73 vittime in tutto. E l’uomo, per il quale nessuna definizione
è adeguatamente descrittiva, ci è venuto addosso anche tra le lacrime di
Irma, figlia di Renè Gonzales, uno dei “cincos” imprigionati per
l’eternità, o poco meno, per aver scoperto e denunciato ai cannonieri
della “guerra al terrorismo” piani di massacri tipo Posada. Condannati
da una giustizia che è la nemesi di se stessa.
Poi i tre giorni al Palazzo delle Convenzioni, con un
Fidel presente per tutte le 12 ore giornaliere di lavoro a sottolineare,
ricordare, enfatizzare, approfondire, rischiarare quanto i pannelli dei
testimoni e degli investigatori venivano raccontando e documentando su
mezzo secolo, e passa, di orrori fascisti e terroristi statunitensi in
America Latina e ai quali Luciano Vasapollo, della Sapienza e della Rete
dei Comunisti, ha saputo affiancare il terrorismo economico dei giorni
nostri e collegare il filo insanguinato dell’Internazionale Nera
italiana, attiva ovunque si potessero lacerare carni e anime di popoli
per lo scompisciarsi nel lusso delle elites domestiche e colonialiste.
Posada Carriles come perno della strategia delle
dittature, dei desaparecidos, delle torture, degli assassinii mirati,
insomma del più scientifico e feroce terrorismo di Stato mai attuato.
Posada al servizio della Cia dai primi anni ’60, quando a ammaestrare e
criminalizzare quella che poi sarebbe diventata la mafia cubana,
condizionatrice di ogni esito presidenziale negli USA, c’era un certo
Porter Goss, oggi bushianamente capo della Cia. Posada assuntore di
manodopera mercenaria per Kennedy e la sua Baia dei Porci, probabilmente
non estraneo a quella vendetta di Dallas contro un presidente che non
arrivò a impegnare per la bisogna le sue forze aeronavali, venendo meno
all’annoso sodalizio criminale.
Hanno saputo gelarci il sangue con ricordi, documenti,
immagini, i congiunti, ricercatori, perseguitati, incarcerati, torturati
da Posada e dal progetto genocida di cui era protagonista insieme
all’immancabile compare, Orlando Bosch (oggi libero e prospero a Miami).
Hebe de Bonafini, madre di una, di tutte le “matite spezzate” di
Argentina, che ci ha toccato nel profondo con parole che vogliamo
contribuire a far vere: “I nostri figli vivono in tutti i rivoluzionari
del mondo, nei popoli che lottano contro l’imperialismo”. E Fidel: ”Una
cosa straordinaria: madri che hanno preso il posto dei loro figli e si
sono fatte avanguardie politiche del mondo!”. Vicente Rangel,
acclamatissimo vicepresidente della rivoluzione bolivariana, “che ora –
ha detto – diventa socialista, il socialismo del XXI secolo”, che
ribadisce la richiesta di estradizione venezuelana entro 60 giorni, a
termini del trattato del 1922: Posada è naturalizzato venezuelano, a
Caracas, con Bosch, ha pianificato il delitto della “Cubana”; a Caracas,
divenuto sotto presidenze filo-yankee dirigente della Disip (la Digos
venezuelana), trasmette ai suoi dipendenti i metodi di tortura appresi
dai maestri statunitensi, ordisce i piani per assassinare gli ex.-ministri
di Allende, Letelier e Pratts, il dirigente democristiano a Roma
Bernardo Leighton; sempre a Caracas mette in piedi una facciata, detta
“Impresa di Investigazioni Commerciali e Industriali”, per attività
terroristiche commissionategli, oltre che dalla Cia, da altri servizi
segreti latinoamericani: è il tempo delle bombe nelle ambasciate, nei
consolati, negli istituti cubani e di altri paesi da “avvertire”,
nonché dei primi tentativi di assassinare Fidel (Fidel:”Ricordo che
avevano trasformato una telecamera in fucile, ma poi l’attentatore non
se l’è sentita”); infine, è a Caracas che Posada, imprigionato per
l’attentato contro l’aereo cubano, sotto la presidenza di Carlos Andres
Perez, servo e sodale di Washington, nel 1985 evade uscendo indisturbato
dalla porta principale del carcere. Recuperato ai buoni uffici degli USA
in Centroamerica, ammaestra i contras salvadoregni nel terrorismo e
nella tortura contro il governo sandinista del Nicaragua.
Nel 2000, Posada piazza 15 kg di tritolo nell’Aula Magna
dell’università di Panama, sotto il palco da cui Fidel dovrebbe
indirizzarsi al vertice dei Capi di Stato. E’ arrestato insieme a tre
complici, ma la presidente Mireya Moscoso, intima di Bush, lo grazia nel
2004, due giorni prima della scadenza del suo mandato.
All’Avana continuiamo a essere inondati dal sangue della
macelleria statunitense applicata al “cortile di casa” e ora dal
terrorista mondiale promessa nuovamente ed esplicitamente a Cuba e,
prima ancora, al Venezuela dell’irrefrenabile motore antimperialista e
anticapitalista che è Hugo Chavez. Il lamento poetico del grande Thiago
de Mello che denuncia gli istruttori USA della sanguinaria dittatura
brasiliana; Eva Golinger, la quasi ancora adolescente investigatrice
nordamericana che nel suo “Codice Chavez” ha rivelato i retroscena del
golpismo e terrorismo antivenezuelano della cosca Bush; Hernan Uribe,
famoso giornalista cileno, che illustra gli antecedenti latinoamericani
degli USA nell’eliminazione di giornalisti scomodi, poi perfezionati in
Iraq. Sangue, fiumi di sangue, di orrori. Fidel si copre la faccia.
Mille delegati di 60 paesi ammutoliscono. Ma sugli schermi scorrono le
immagini della marcia del milione e mezzo sul Malecon il 17 maggio. In
contemporanea, Posada Carriles azzardava una conferenza stampa
televisiva in cui, tra l’altro, irrideva, da psicopatico schizzato,
all’uccisione di Fabio di Celmo. Poco dopo viene fermato, per
contravvenzione alle regole immigratorie. Non per essere lo strumento
assassino di una potenza cronicamente assassina. E come potrebbe? Come
potrebbe Bush? Che, se lo estrada, o lo processa sul serio, non solo
mette sotto accusa se stesso e tutta la genìa dei suoi predecessori, ma
si mette contro i micidiali padrini della mafia cubana. E se non lo fa,
forse incominceremmo a capire dove sta il terrorismo globale, a partire
da Posada e a finire con l’11 settembre. Il re è nudo e la patata è
bollente. E oggi a ridere, per la verità resuscitata, se non ancora per
la giustizia, siamo Fidel, Chavez, tutti noi. E gli occhi dei milioni di
violentati di America Latina, Iraq, mondo, saranno un po’ più
asciutti.