di ALDO GARUTI
Hanno parlato per giorni, settimane e mesi dello
sciopero della fame del presunto giornalista cubano Guillermo Fariñas,
cui sarebbe stato negato l'accesso ad Internet per la sua agenzia
d'informazione.
Se si "googlizza" il suo nome, vale a dire si fa una
ricerca su Internet, Guillermo Fariñas compare almeno 200.000 volte.
Eppure, non hanno speso una riga, per esempio, per i
quattro indigeni Mapuche che sono rimasti in sciopero della fame in Cile
per 60 giorni (http://webrebelde.blogosfere.it.
Come dice Gianni Minà, quella dei "reporter senza frontiere morali" è,
infatti, un esempio d'informazione a comando.
Verrebbe pertanto da pensare che si tratti di
giornalisti afflitti dalla sindrome ossessiva anticubana, al pari del
presidente George W. Bush e del suo entourage alla Casa Bianca.
Tale patologia si manifesta con tipici comportamenti
compulsivi, costituiti da martellanti e cicliche campagne informative a
senso unico.
Va detto che il suddetto disturbo potrebbe essere
conseguenza dell’aver subito un grave trauma, ad esempio aver visto da
bambini qualcosa di brutto, che precluda in seguito la necessaria
lucidità e serenità di giudizio nella professione giornalistica.
E’ però altresì possibile che il pensiero di tali
professionisti dell’informazione, al pari di altri grandi comunicatori
del panorama politico contemporaneo, sia invece ispirato dalla regola
aurea coniata dall’indiscusso talento propagandista di Paul Joseph
Goebbels: "Una bugia ripetuta mille volte si converte in una verità".
Prescindendo dalle cause, che al momento non si vuole
analizzare, cercherò invece di restituire al lettore un’informazione
possibilmente più oggettiva ed intellettualmente onesta, scevra cioè dai
suddetti tentativi di condizionamento mentale.
Va innanzi tutto detto su Reporters sans
frontieres (RSF), la fonte dell'articolo riportato ad es. il
03/02/2006 su "Repubblica"
(link:http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/esteri/cubafame/cubafame/cubafame.html)
che, lungi dall'essere giornalisti indipendenti, RSF è in realtà
un'organizzazione pagata dal governo statunitense e dai suoi alleati
europei per manipolare l'informazione e disinformare l'opinione pubblica
mondiale allo scopo di screditare quei Paesi, come ad es. Cuba ed il
Venezuela (ma non solo), le cui amministrazioni non sono funzionali agli
interessi imperiali.
L’attività più rilevante di RSF consiste nel
fabbricare ad arte notizie false, o stravolgerne strumentalmente la
realtà per realizzare operazioni con finalità meramente politiche. Allo
stesso scopo il governo degli Stati Uniti ha creato diverse
pseudo-agenzie del tipo della citata "Cubanacan Press" (alcune
delle quali costituite anche da una sola persona), generosamente
finanziate attraverso molteplici canali, alcuni dei quali leciti ed
altri no, secondo le stesse leggi USA, e pertanto non sempre noti al
contribuente dell'erario statunitense.
Personalmente ritengo auspicabile un
accesso ad Internet disponibile a chiunque, anche ad Haiti o nel Burkina
Faso e in tutti gli altri Paesi in via di Sviluppo, i cui popoli
affamati pagano invece le conseguenze di un sottosviluppo imposto dalle
politiche neoliberiste e fondomonetariste mondiali. Auspico altresì che
tale accesso, una volta soddisfatti i bisogni primari, possa in seguito
eventualmente essere utilizzato anche poi solo per scrivere notizie di
pura fantasia, false o comunque opinabili, e incluso anche da parte di
quei sedicenti giornalisti cubani "indipendenti" (Ma indipendenti da
chi? Sono quasi tutti regolarmente iscritti nel libro paga della Sezione
d'Interessi Nordamericana a L'Avana, che fa le veci dell’Ambasciata USA
a Cuba).
Tuttavia, io credo che una seria
informazione non possa prescindere dalla verifica dell'attendibilità
delle fonti, in questo caso il gruppo francese "Reporter sans
frontieres" (RSF). Occorre infatti precisare la vera natura di RSF,
giacché sui media dell'Unione Europea, in nome dell'incondizionata
sudditanza atlantica, essa deve essere invece scrupolosamente
sottaciuta.
RSF è, in effetti, un'organizzazione a
servizio del Dipartimento di Stato di Washington, espressamente pagata
dal governo degli Stati Uniti a scopo politico. Uno dei suoi obiettivi
principali, infatti, è proprio quello di screditare i governi
progressisti dell'America Latina, in primis Cuba, Venezuela e Bolivia,
ma non solo.
A tale scopo, RSF riceve cospicui
finanziamenti dal NED (National Endowment for Democracy), un organismo
che a sua volta dipende dal Congresso degli Stati Uniti e che è
incaricato di promuovere la politica estera statunitense, nonché da
USAID (United States Agency for International Development), altro
organismo attraverso cui gli Stati Uniti concedono i finanziamenti ai
Paesi poveri, a condizione però che i loro governi siano compiacenti con
gli interessi imperiali, in altre parole col ricatto.
Gli Stati Uniti, infatti, hanno
bisogno di orientare opportunamente l'opinione pubblica interna e dei
loro alleati internazionali con apposite campagne mediatiche planetarie
disinformative, propedeutiche alle guerre preventive, invocando poi,
secondo l’occasione, la lotta al terrorismo o la lotta contro il
narcotraffico. Per fabbricare il consenso, la menzogna è una componente
organica del potere egemonico degli USA, come ampiamente dimostrato con
l’invasione dell’Iraq alla ricerca delle famose armi di distruzione di
massa, mai rinvenute.
Ciò che fanno RSF e, più in piccolo,
Cubanacan Press, in realtà, è davvero un grave danno alla libertà
d'informazione dell'opinione pubblica e ciò, secondo me, spiega e
giustifica che di conseguenza i governi di quei Paesi che si sentono più
minacciati (a cominciare proprio da Cuba) prendano poi le opportune
contromisure.
La limitazione alla diffusione di
Internet a Cuba va invece più realisticamente posta in relazione alle
carenze tecnologiche che necessariamente la supportano e, in
particolare, alla rete telefonica nazionale, che non raggiunge le
abitazioni private se non in una percentuale piuttosto bassa (inferiore
al 7%) rispetto agli standard europei e, per lo più, con una diffusione
concentrata essenzialmente nella capitale.
Sebbene la digitalizzazione della
telefonia sia ormai stata estesa da ETECSA (la Società telefonica di
Stato), a tutte le province dell'isola, le infrastrutture restano pur
sempre quelle di un Paese del Terzo Mondo, per di più sottoposto dalla
superpotenza egemonica ad un cinico e genocida blocco economico,
commerciale e finanziario, il più lungo della Storia, puntualmente
condannato ogni anno nella sede delle Nazioni Uniti, in quanto
extraterritoriale ed illegale secondo le normative internazionali
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=28020, oltreché moralmente
ripugnante.
Da un punto di vista tecnico, va
inoltre osservato che, avendo poca banda a disposizione, Cuba non può
permettersi un alto volume di utenti. Per motivi non certo imputabili
alla volontà dei Paesi del Terzo Mondo, esiste infatti un divario
incolmabile tra l’accesso alle tecnologie dei Paesi più poveri ed i
Paesi a più alto sviluppo economico. Sarebbe pertanto assolutamente
privo di senso fare un paragone tra queste realtà ben diverse senza
tenerne debitamente conto.
La diffusione di Internet a Cuba
procede invece secondo criteri di priorità sociale e di progressiva
gradualità, privilegiando ad es. la diffusione dell'informazione medica
(attraverso la rete "Infomed" appositamente dedicata), la ricerca
universitaria, il sistema bancario e finanziario, quello postale e delle
telecomunicazioni, le imprese economico-commerciali e le strutture
turistiche (hotel, aeroporti internazionali, Internet points, ecc.).
Non posso esimermi dal ricordare che
tutte le scuole, anche quelle più remote di campagna (incluse quelle ove
non giunge la rete elettrica nazionale), sono dotate di computer, TV e
videoregistratori alimentati all'occorrenza da pannelli ad energia
solare (come del resto anche i consultori medici di campagna, presenti
capillarmente ovunque).
Ancora al riguardo, segnalo che in
quasi tutte le città si può trovare un "Club de Computación" per
i giovani dall'età scolare in poi che vogliano apprendere gratuitamente
l'uso del computer e farne pratica. Se davvero volesse deliberatamente
impedire l’accesso ad Internet alla popolazione, non si capirebbe allora
perché lo Stato cubano spenda così tante risorse per curare la
formazione informatica. Uno dei passatempi preferiti dei ragazzini sono
i videogiochi, il loro primo approccio all’uso del computer.
Ove non esistano gli Internet points
per l'accesso pubblico a Internet (a pagamento, più o meno agli stessi
prezzi che qui da noi in Italia), sono quasi sempre gli uffici postali
(presenti in tutte le città) che forniscono un apposito servizio d'invio
della posta elettronica, più limitato ma anche molto più economico
rispetto all'accesso a Internet vero e proprio.
In quasi tutti i principali hotel,
oltre ai turisti stranieri, è pertanto possibile incontrare cittadini
cubani connessi ad Internet e persino collegati in chat con i loro amici
all'estero.
Certo che le autorità cubane
esercitano un controllo al riguardo. Del resto le nostre autorità lo
fanno anche da noi. Evidenzio a tal proposito che il decreto Pisanu in
materia di anti terrorismo prevede l'obbligo per gli utenti di fornire
le generalità ed esibire un documento d'identità in qualsiasi punto
pubblico di accesso ad Internet nel territorio italico. Per non parlare
delle limitazioni personali in vigore negli Stati Uniti conseguenti al "Patrioct
Act", ivi compresi la sorveglianza, la violazione della privacy e lo
spionaggio nelle comunicazioni, anche senza le dovute autorizzazioni
giudiziarie, imposte ai cittadini statunitensi dopo la tragedia dell'11
Settembre, violazioni di cui è attualmente oggetto di uno scandalo
proprio l’Amministrazione Bush.
Al riguardo, vale la pena osservare
che Cuba è un Paese che ha pagato al terrorismo un pesante tributo di
sangue. E’ inoltre un dato inconfutabile che, nel continente americano,
la CIA ne è da sempre il principale sponsor ed artefice, con tutti i più
avanzati mezzi tecnologici possibili, in virtù delle immense dotazioni
finanziarie e dello strapotere economico, politico e militare degli
Stati Uniti.
RSF sarebbe moralmente più credibile
se, tra le priorità di cui potrebbe invece occuparsi, considerasse che
proprio il governo degli Stati Uniti, loro finanziatore (e che si
dovrebbe pertanto presumere aver a cuore la libertà d'informazione), la
prima cosa che ha fatto nell'intervento militare a Belgrado, è stata
quella di bombardare la sede della TV serba. Lo stesso ha fatto a
Baghdad con la TV irachena. In Iraq si sono portati al seguito soltanto
i più fedeli giornalisti "embedded", quindi hanno deliberatamente
bombardato l'hotel Palestine ove erano ospitati i giornalisti
internazionali, causando tra l'altro la morte del cameraman spagnolo
José Couso. In proposito RSF si era distinta escludendo categoricamente
la responsabilità USA, nonostante le flagranti prove dimostrate.
Poi le autorità d'occupazione
statunitensi hanno espulso dall'Iraq "Al Jazzera", colpevole di riferire
sugli effetti sulla popolazione civile dei bombardamenti USA che hanno
completamente raso al suolo la città di Fallujah. La catena araba, in
quella parte del mondo, era l'unico network diverso dalla CNN che poteva
coprire le notizie sui crimini contro l’umanità perpetrati "esportando
la democrazia", in nome della lotta contro il terrorismo.
Perciò l’Amministrazione Bush è
arrivata a pianificare il bombardamento della sua sede in Qatar, nel
Golfo Persico. Nel frattempo hanno deportato a Guantánamo il loro
corrispondente in Afganistan, il sudanese Sami al Hajj,
sottoponendolo a torture e a maltrattamenti inumani. Il suo caso è stato
oggetto di precisi rapporti di "Amnesty Internacional", ma RSF,
diretta dal giornalista francese Robert Ménard, non ha ritenuto di
occuparsene.
E’ quanto mai significativo
l’assordante silenzio in proposito di "Reporter sans frontieres".
Evidentemente, la proclamata difesa della libertà di stampa non è il
vero fine delle proprie campagne giornalistiche. Per RSF, alias Robert
Ménard, evidentemente, è molto più interessante cercare qualche pretesto
per attaccare la terribile "dittatura" cubana. Proprio per questo,
infatti, viene pagato.
Domando:
1] – Cos’ha da dire l'organizzazione
per la libertà di stampa "Reporter sans frontieres" su come la
libertà d'informazione è garantita nell'Iraq occupato dal Paese
presumibilmente più libero del mondo, gli Stati Uniti d’America?
2] – Per RSF, bombardare le TV,
imprigionare, torturare e uccidere i giornalisti scomodi per raccontare
una verità sulla guerra d'aggressione imperialista che non sia quella
riportata dalla CNN e dagli altri giornalisti "embedded", significa
forse esportare la democrazia e difendere la libertà di stampa?
3] - Perché lo stesso metro di
giudizio non si usa nei confronti di chi pratica la tortura (nei lager
di Guantánamo o di Abu Grahib, per esempio) o per chi occupa
illegalmente un Paese sovrano (l'Iraq, per esempio), massacrando il suo
popolo e distruggendo i suoi centri abitati (Fallujah, per esempio)?
4] – In base ai dati riportati
nell’articolo di Juan Carlos Camaño, Presidente della federazione
latinoamericana dei giornalisti (FELAP), nel Messico dell’attuale
Presidente Vicente Fox, filostatunitense, dalla metà degli anni Ottanta
in poi sono stati uccisi ben 54 giornalisti
http://italy.peacelink.org/latina/articles/art_15495.html.
"Ninguno de los 54 crímenes contra periodistas, ni las dos
desapariciones, dejaron saldo alguno en el orden investigativo. Nada de
nada". Cosa ne dice in proposito RSF?
5] - Le misure repressive sono sempre
spiacevoli, ma si può trascurare la circostanza che il provvedimento di
impedire l'accesso ad Internet sia stato preso nei confronti di un
presumibile mercenario pagato dal governo del Paese responsabile
del bloqueo e del terrorismo contro Cuba (gli Stati Uniti
d’America) proprio allo scopo di fornire pretesti, secondo una prassi,
tristemente consolidata, per aggressioni prima mediatiche, poi
diplomatiche ed infine militari?
6] – Cuba è probabilmente l'unico
Paese del continente americano dove non è mai stato assassinato un
giornalista. Per quanti altri paesi RSF trova spazio per citare nomi e
cognomi dei giornalisti cui sarebbe impedito l’esercizio della
professione? Nel Paese del più fedele alleato degli Stati Uniti in
America Latina, la Colombia narco-fascista del presidente Uribe, per
esempio, quando non sono ridotti al silenzio da minacce e intimidazioni,
i giornalisti vengono allora rapiti o uccisi.
Queste argomentazioni, evidentemente,
sono prive di interesse per chi spende tutte le sue energie per trovare,
seguire ed amplificare ogni più labile lamento provenga da parte di
qualsiasi sedicente giornalista cubano, ovviamente perseguitato
dall'oppressivo regime comunista che vuole perfidamente impedire
l'accesso ad Internet ai suoi cittadini. La tutela della libertà di
stampa da parte di RSF, in verità, non è altro che un mero pretesto per
operazioni politiche di bassa lega.
Per questo ritengo ora più che mai
necessario, di fronte alla pretesa imperiale delle guerre preventive,
evitare di prestarsi alle solite, squallide, avvilenti campagne
anticubane, posto che nessun Paese è perfetto e che naturalmente anche
Cuba è suscettibile di miglioramenti, che però sarebbero di certo molto
più facilmente realizzabili qualora il cosiddetto autoproclamato "mondo
libero" si decidesse a lasciarla vivere in pace e a rispettarne la
sovranità.
Sarebbe perciò auspicabile che il
governo dell’Unione manifestasse al riguardo una sensibilità diversa da
quella invece espressa dal governo Berlusconi, che nei confronti di Cuba
ha usato solo toni spregevoli ed infamanti.